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Full text of "Opere del cardinale Pietro Bembo"

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M^mmw^'^m^mmmmmmm^mm:m^ 


ITALIA-ESPANA 


EX-LIBRIS 
M.  A.  BUCHANAN 


GLI ASOLANI 


DEL    CARDINALE 


M.   PIETRO    BEMBO 


5QCKX: 


MILANO 


Dalla  òocie'a  Tipografica  de' Classici  Italiani  , 
contrada  di  s.  Margherila ,  N.°  1118.   > 


a^ 


) 


/Il 


LA  SOCIETÀ'  TIPOGRAFICA 

de'  classici   italiani 

A'  SUOI   ASSOCIATI 


s. 


I  e  la  fama  dì  uno  Scrittore ,  e  le 
moltiplici  edizioni  di  sue  opere  sono  ima 
prova  non  dubbia  de*  singolarissimi  pre- 
gi ,  di  cui  egli  seppe  spargere  i  suoi  li- 
bri ,  dovrà  a  buon  diritto  accordarsi  agli 
Asolani  un  luo^o  assai  eminente  nella  let" 


VI 

teraria  Repithldica.  Tanta  fu  difatti  la 
faìna  di  questo  libro  ,  die  a  tempi  del 
Bembo  non  era  riputato  ne  gentde  ,  ne 
uomo  di  lettere  chi  letto  now  lavesse.  Né 
gli  yìsolard  sol  tonto  ,  ma  le  altre  opere 
ancora  di  M.  Bembo  ,  e  specialmente  le 
Rime  e  le  Lettere  furono  tenute  sempre 
in  grandissima  estimazione.  Egli  fu  anzi 
uno  de"  fortunati  ristoratori  deW  italiana 
letteratura  ,  che  dopo  il  XIV.  secolo  già 
cominciato  avea  a  decadere.  Egli  ju  inol- 
tre ,  come  av^'erte  Parini  ,  il  primo  fra  i 
non  Toscani  ,  colla  purità  ed  eleganza  del 
suo  scrivere  in  lingua  volgare  a  dimostra- 
re evidenlemcnte  che  senza  esser  nato  ia 
quella  provincia  ,  che  ebbe  la  gloria  di 
dare  a  tutta  V  Italia  la  lingua  nobile  e  co- 
mune ,  si  poteva  eccellentemenle  comporre 
in  verso  ed  in  prosa  .  .  .  .  L' Italia  (ulta  , 
aggiunge  lo  stesso  Parini  ,  va  debitrice 
massimamente  a  costui  della  divolgazione  e 
dell'  uso  generale  ,  che  poi  e  scrivendo  e 
parlai  do  si  fece  della  volgar  lingua.  Per 
le  quali  ragioni  nulla  noi  abbiamo  trala- 
sciato affnchè  nelle  cose  ,  che  veniam 
pubblicando  di  un  tanto  Scrittore,  non  aves- 
se a  mancare  dal  cantn  nostro  riè  solleci- 
tudine ^  né  esattezza,  abbiamo  a  quest^  og- 
getto consuhnte  diligentemente  le  edizioni 
di  Aldo.,  dei  Giun>^i^  e  del  Giolito.  Nelle 
note  però ,  e  nella  Prefazione  ci  siamo 
ottenuti  'dia  magnifica  edizione  di  Ve- 
nezia   (  Hertìu  ,    172J.  f,^  )    eseguita   per 


LA    SOCIETÀ'   TIPOGRAFICA 
de'  classici    italiani 

XI. 

REALE  GOVERNO. 


OPERE 


DEL    CARDIINALE 


PIETRO  BEMBO 


TOLUME    PRIMO. 


y^^aAo  ^Jjr//'/u^^ 


Vlt 

tura  di  Ant.onfederìgo  Seghrzzl  ,  iiif:or' 
no  ni  preg'O  della  quale  vegga^l  il  C  ulte 
MtizzuclielU  nel  Volume  lì.  Parte  11. 

Vivete  felici 


I 

DEGLI    ASOLANI 

DI 

M.    PIETRO    BEMBO 

ne'  quali  si  ragiona  d'amore 
LIBRO  PRIMO, 


ARGOMENTO. 

Descrive  Asolo  Castello  del  Trivigiano ,  e 
introduce  tre  giovani  uomini ,  ed  altret^ 
tante  donne  in  un  giardino  a  parlar 
d"  Amore  ;  dyjve  Perottino  con  molte  e 
molte  ragioni  gli  arguisce  contra ,  e  lo 
hiashna  come  dannoso  e  reo ,  cagion  di 
-molti  mali. 


s, 


'uole  a'  faticosi  navicanti  esser  caro, 
quando  la  noi  te  da  oscuro  e  tempestoso 
nembo  assaliti  e  sospinti  né  stella  scorgono, 
né  cosa  alcuni  appar  loro  ,  che  regga  la 
lor  via  ,  col  segno  della  Indiana  pietra  ri- 
trovare la  tramontana  in  guisa  ,  che  quale 
vento  soffi  e  percuota  conoscendo  ,  uou  sia 
Bembo   Voi,  I.  i 


2  DEGLI    ASOLA.M 

Jor  tolto  il  potere  e  vela  e  governo  là  ,  dove 
essi  di  giiigiiere  procacciano  ,  o  almeno 
dove  più  la  loro  salute  veggo?)o^  dirizzare  : 
e  piace  a  quelli ,  che  per  contrada  non 
usata  camminano ,  qualora  essi  a  parte  ve- 
nuti ,  dove  parimente  molte  vie  faccian 
capo,  in  qual  più  tosto  sìa  da  mettersi  non 
scorgendo ,  stanno  in  sul  pie  dubitosi  e  so- 
spesi ,  incontrare  chi  loro  la  diritta  insegni, 
si  che  essi  possano  all'  albergo  senza  erro- 
re ,  o  forse  prima  che  la  notte  gli  soprag- 
giunga ,  pervenire.  Per  la  qual  cosa  esti- 
mando io  da  quello  ,  che  si  vede  a  venire 
tutto  dì ,  pochissimi  essere  quegli  uomini  , 
a*  quali  nel  peregriiiaggio  di  questa  nostra 
vita  mortale  ora  dalla  turba  delle  passioni 
soffiato,  ed  ora  dalle  tante,  e  così  al  vero 
somiglianti  apparenze  d'  opinioni  fatto  in- 
certo, quasi  per  lo  continuo,  e  di  calamità 
e  di  scorta  non  faccia  mesliero  ,  ho  sem- 
pre giudicalo  grazioso  ufficio  per  coloro 
adoperarsi  ,  i  quali  ,  delle  cose  o  ad  essi 
avvenute,  o  da  altri  apparate,  o  per  se 
medesimi  ritrovate  trattando ,  a  gli  altri 
uomini  dimostrano  come  si  possa  in  qual- 
che parte  di  questo  periglioso  corso  e  di 
questa  strada  a  smarrire  così  agevole,  non 
errare.  Perciocché  quale  più  graziosa  co- 
sa può  essere,  (i)  che  il  giovare  altrui?  o 


(t)  L'uomo  non  può  far  CQSa,  che  più    gli  couven- 
ga  ,  quanto  giovare  a  molti. 


Libro  T.  S 

pure  che  si  può  quaggiù  fare,  che  ad  uo- 
mo più  si  convenga  ,  che  essere  a  molti 
uomini  di  lor  bene  cagione  ?  E  poi  se  è 
lodevole  per  se  (  che  è  in  ogni  maniera 
lodevolissimo  )  un  uora  solo  senza  fallimen- 
to saper  vivere  non  inteso  e  non  veduto 
da  persona  ;  quanto  più  è  da  credere ,  che 
lodar  si  debba  un  altro ,  il  quale  e  sa  esso 
la  sua  vita  senza  fallo  scorgere  ,  ed  oltre 
acciò  insegua  e  dona  modo  ad  infiniti  altri 
uomini,  che  ci  vivono,  di  non  fallire?  !VIa 
perciocché  tra  le  molte  cagioni ,  le  quali  il 
nostro  tranquillo  navicar  ci  turbano ,  ed  il 
sentiero  del  buon  vivere  ci  rendono  so- 
spetto e  dubbioso  ,  suole  con  le  primiere 
essere  il  non  saper  noi  le  più  volte  ,  quale 
amore  buono  sia ,  e  qnal  reo  :  il  che  non 
saputo  fa  ,  che  noi  le  cose ,  che  fuggire  si 
dovrebbono  amando,  e  quelle  che  sono  da 
seguire  non  amando  ,  e  tal  volta  o  meno 
o  più  del  convenevole  ora  schifaudole  e 
ora  cercandole  ,  travagliali  e  smarriù  vi- 
viamo ;  ho  voluto  alcuni  ragionamenti  rac- 
cogliere ,  che  in  una  brigata  di  tre  nostre 
valorose  donne,  e  in  parte  di  madonna  la 
Reina  di  Cipro  pochi  di  sono ,  tre  nostri 
avveduti  ed  intendenti  giovani  fecero  d'a- 
more assai  diversamente  questionandone  in 
tre  giornate ,  affine  che  il  giovamento  e 
prò  che  essi  hanno  a  me  renduto  da  lo- 
ro ,  che  fatti  gli  hanno ,  sentendogli  ,  che 
nel    Tcro  nou    è   slato   poco  ,   possano    cziaii- 

•Lio  rendere  a  qualunque  altro  cosi  ora  da 


4  DEGLI      A50LVNT 

me  raccolil  piacesse  di  sentirgli.  Alla  cjual 
cosa  fare  ,  come  che  in  ciascuna  età  stia 
hene  l'udire  e  leggere  le  g^iovevoli  cose,  e 
specialmente  questa  ;  perciocché  non  ama- 
re come  che  sia  in  niuna  stagione  non  si 
può  ;  cjnando  si  vede  che  da  natura  insie- 
me col  vivere  a  tutti  gli  uomini  è  dato  , 
che  ciascuno  alcuna  cosa  sempre  ami:  pure 
io  ,  che  giovane  sono  ,  1  giovani  uomini  e 
]e  giovani  donne  conforto  ed  invilo  mag- 
giormente. Perciocché  a  molti  ed  a  molte 
di  loro  per  avventura  agevolmente  avverrà, 
che  udito  quello  ,  che  io  mi  profero  di 
scriverne,  essi  prima,  d'amore  poti  anno  far 
giudicio  ,  che  egli  di  loro  s'  abhia  fitto 
pruova.  Il  che  quanto  esser  debba  lor  ca- 
ro ,  né  io  ora  dirò,  ed  essi  meglio  potran- 
no ne  gli  altri  loro  più  maturi  anni  giudi- 
care. Ma  di  vero  siccome  nel  più  delle 
cose  r  uso  è  otiimo  e  certissimo  maestro  ; 
così  in  alcune  ed  in  quelle  massimamente 
che  possono  non  meno  di  noja  essere  ,  che 
di  diletto  cagione  ,  siccome  mostra  che 
questi  s'a  ,  l'ascoltarle  o  leggerle  in  altrui  , 
prima  che  a  pruova  di  loro  si  venga,  sen- 
za fallo  molte  volte  a  molfi  uomini  di  mol- 
to giovamento  è  slato.  Per  la  (i)  qual  cosa 
bellissimo  ritrovamento  delle  genti  è  da 
dir  che  sieno  le  lettere  e  la  scrittura,  nella 
qunl   noi   molte  cose  passale  ,    che  uon   po- 


(r)  Utilità  che  si  trae  dalle  lettere,  e  dalla  scrittura. 


Libro  I.  5 

trebbono  altramente  essere  alla  nostra  no- 
tizia pervenute  lulte  quasi  in  uno  specchio 
ritjuarJaiulo  ,  e  quello  di  loro  ,  che  faccia 
per  noi  raccogliendo  ,  dagli  altrui  esempi 
ammaestrati  ad  entrare  nelli  non  prima  o 
solcati  pelaghi  ,  o  camminati  sentieri  della 
vita,  quasi  j)rovati  e  nocchieri  e  viandanti 
più  sicuramente  ci  mettiamo.  Snnza  che  inlì- 
iiito  piacere  ci  porgono  le  diverse  lezioni , 
delle  quali  gli  animi  d'alquanti  nomini  non 
altramente,  che  faccia  di  cibo  il  corpo,  si 
pascono  assai  sovente,  e  prendono  insieme 
da  esse  dilettevolissimo  nodrimer.to.  Ma  la- 
sciando questo  da  parie  stare  ,  ed  alle  ra- 
gionate cose  d'  amore  ,  che  io  dissi  ,  ve- 
nendo ,  acciocché  meglio  si  possa  ogni  lor 
parte  scorgere  tale  ,  quale  appunto  ciascu- 
na fu  ragionata  ,  slimo  che  ben  fatto  sia  , 
che  prima  che  io  passi  di  loro  più  avanti, 
come  il  r.igionare  avesse  luogo  si  faccia 
chiaro. 

Asolo  (i)  adunque  vago  e  piacevole  castel- 
lo posto  ne  gli  estremi  gioghi  delle  nostre 
alpi  sopra  il  Triviglauo  è  ,  siccome  ogni 
uno  dee  sapere,  di  madoni^a  la  Reina  dì 
Cipro;  con  la  cui  famiglia  la  quale  è  elet- 
ta Cornelia^  mollo  nella  nostra  Citià  onora- 
ta ed  illuminata  ,  è  la  mia  non  solamente 
d'amistà  e  di  dimestichezza  congiunta  ,  ma 
ancora    di     parentado.    Dove    essendo    ella 


(0  Asolo  castello  del  Tiivigiauo. 


6  Dr.GLI   ÀSOLi^M 

questo  Settembre  passnlo  a'siioi  diporti  an- 
data avvenne  ,  cbe  ella  quivi  maiiiò  una 
delle  sue  damigelle  ,  la  qnale  peiciocchè 
bella  e  costumata  e  gentile  era  molto  ,  e 
percioccbè  da  bambina  cresciuta  se  Tavea  , 
assai  teneramente  era  da  lei  amata  ed  avu- 
ta cara.  Percbè  vi  fece  V  apparecchio  delle 
nozze  ordinare  bello  e  grande;  e  invitatovi 
delle  vicine  contrade  qualuiìque  più  ono- 
rato uomo  v'  eia  con  le  lor  donne  ,  e  da 
Vinegia  similmente,  in  suoni  e  canti  e  balli 
e  solennissimi  conviti  l'un  giorno  appres- 
so air  altro  ne  menava  festeggiando  con 
sommo  piacer  di  ciascuno.  Erano  quivi  tra 
gli  altri  ,  che  invitati  dalla  Beina  vennero 
a  quelle  feste  ,  tre  gentili  uomini  della  no- 
stra città  giovani  ,  e  d'  alio  cuore  ,  i  quali 
da'  loro  primi  anni  ne  gli  studj  delle  let- 
tere usati  ,  ed  in  essi  tuttavia  dimoranti 
per  lo  più  tempo,  oltre  acciò  il  pregio  d'o- 
gni bel  costume  aveano,  che  a  nobili  don- 
zelli s'  appartenesse  d'  avere.  Costor  per  av- 
ventura come  che  a  tutte  le  donne  ,  che 
in  que'conviti  si  trovarono,  sì  per  la  chia- 
rezza del  sangue  loro  ,  e  sì  ancora  molto 
più  per  la  viva  fama  de'  loro  studj  e  del 
Jor  valore  fosser  cari  ,  essi  nondimeno  pu- 
re con  tre  di  loro  belle  e  vaghe  giovani  , 
e  di  gentili  costumi  ornate,  /  ^iiali  tutti  e 
tre  di  que  dì  a  Pinegia  tornati  erano  per 
loro  bisogne  ;  perciocché  prossimani  eraa 
loro  per  sangue  e  lunga  dimestichezza  con 
esse  e  co'  loro  mariti  aveauo ,  più  spasso  e 


Libro  I.  '7 

più  sicurameute  sì  davano  ,  che  con  altre 
volentieri  sempre  in  sollazzevoli  ragiona- 
menti dolci  ed  oneste  dimore  traendo . 
Quantunque  Perottino  ,  che  cosi  nominare 
un  di  loro  m'  è  piaciuto  in  questi  sermo- 
ni  ,  poco  e  rado  parlasse  ,  ne  fosse  chi  ri- 
so in  bocca  gli  avesse  solamente  una  volla 
in  tutte  quelle  feste  veduto.  11  quale  ezian- 
dio molto  da  ognuno  spesse  volte  si  fura- 
va, siccome  colui  che  Tanimo  sempre  avea 
in  tristo  pensiero  ;  né  quivi  venuto  sareb- 
be ,  se  da'  suoi  compagni ,  che  questo  stu- 
diosamente fecero  acciò  che  egli  tra  gli  al- 
legri dimorando  si  rallegrasse ,  astretto  e 
sospinto  al  venirvi  non  fosse  stato.  Né  pu- 
re solamente  Perottino  ho  io  con  infinta 
voce  in  questa  guisa  nomato ,  ma  le  tre 
donne  e  gli  altri  giovani  ancora  ,  non  per 
altro  rispetto  ,  se  non  per  torre  alle  vane 
menti  de'  volgari  occasione  ,  i  loro  veri 
nomi  non  palesando  ,  di  pensar  cosa  in 
parte  alcuna  meno  che  convenevole  alla 
loro  onestissima  vita.  Conciossia  cosa  che 
questi  parlari  d' uno  in  altro  passando  ,  a 
brieve  andare  possono  in  contezza  de  gli 
uomini  pervenire ,  de'  quali  non  pochi  so- 
gliono essere  coloro ,  che  le  cose  sane  le 
più  volle  rimirano  con  occhio  non  sano. 
Ma  alle  nozze  della  Reina  tornando;  men- 
tre che  elle  cosi  andavano,  come  io  di'^si, 
un  giorno  tra  gli  altri  nella  fine  del  desi- 
nare ,  che  sempre  era  splendido  ,  e  da  di- 
versi giuochi  d'  uomini ,  che  ci  sogliou  far 


8  DEfil-T    ASOIANI 

ridere ,  e  da'  suoni  di  vai  j  strumenti  ,  e 
canti  ora  d'  una  maniera  ,  e  quando  d'al- 
tra rallii^Jato  ,  due  va£>lie  fauclulle  per 
mano  lenendosi  con  lieio  seinhiante  al 
capo  delle  tavole  ,  là  dove  la  Reina  sedea 
venute  riverenteine  ite  la  salutarono;  e  poi 
clic  r  tbbcro  salutata  amendue  levatesi  ,  la 
mam:iore  un  bellissimo  liuio,  che  nell  una 
mano  teneva,  al  petto  recandosi,  ed  assai 
maestrevolmente  toccandolo  ,  dopo  alquan- 
to S])azio  col  piacevole  suono  di  quello  ,  la 
soave  voce  di  lei  accordando  e  dulcissioia- 
menle  cantando ,  così  disse  : 

Io  vissi  pargoletta  in  festa  e  '«  gioco 
De*  rnÌK:i  pensier  di  mia  sorte  contenta; 
Or  sì  rn  affligge  ylmor  e  mi  tormenta^ 
Ch  ornai  da  tormentar  gli  amanza  poco» 

Credetti  lassa  aver  gioiosa  K'ita 

Da  prima  entrando  Amor  a  la  tua  cortei 
E  già  n*  aspetto  dolorosa    morte  : 
O  mia  credenza  come  in  hai  fdlita. 

][dentre  ad  Amor  non  si  commise  ancora^ 
Vide   Coleo  Medea  lieta  e  secura  : 
Poi  eli  arse  per  Jasoji  ^  acerba  e  dura 
Fu  la  sua  vita  injin  alV  uhini  ora . 

Delta  dalla  giovane  cantatrice  questa 
canzone,  la  minore  dopo  un  brieve  corso 
dì  suono  della  sua  compagna  ,  che  nelle 
prime  note  già  ritornava,  al  tenor  di  quel- 
le altresì  come  ella  la  lingua  dolcemente 
isQodaudo  >  in  questa  guisa  le  rispose. 


LlTKO     I.  g 

Io  iissi  pnrgohtta  in  doglia  e  ^n  pianto  , 
De  le  mie  scorte  e  di  ine  stessa  in  ira\ 
Or  sì  dolci  pensieri  Anìor  mi  spira , 
eia  altro  meco  ìion  sta  che  riso  e  canto. 

.Ari'i  giurato   Amor  ,   clC  a  te  gir  dietro 
Fosse  proprio  un  andar  con  na^'e  a  scoglio'. 
Così  la  ^nd^  io  teinea  danno  e  cordoglio^ 
Utile  scampo  a  le  mie  pene  impetro, 

Insin  quel  dì,  che  pria  la  vinse   Amore, 
Andromeda  ebbe  sempre  affanno  e  noia'. 
Poi  eh'  a  Perseo  si  die ,  diletto  e  gioia 
Seguala  viva ,  e  ìnorta  eterno  onore . 

Poi  clie  le  (lue  fuiiciiillc  ebber  fornite 
di  cantare  le  lor  cauzoiù,  alle  (jiiali  udire 
ciascuno  chetissimo  ed  attentissimo  era 
stato,  volendo  esse  partire  per  dar  forse  a 
gli  altri  sollazzi  luogo  ,  la  Reina  fatta  cliia- 
mare  una  sua  damii^ella  ,  la  quale  bellissi- 
ma sopra  modo,  e  pergindicio  d'ognun,  che 
la  \ide,  più  d'assai  che  ahra  che  in  quel- 
le nozze  v'  avesse  ,  sempre  quando  ella  se- 


ratamente  niaufiiava  di  darle  bere  la  ser- 


viva ;  le  impose  »  che  alle  canzoni  dello 
fanciulle  alcuna  n'aggiugnesse  delle  sue. 
P«}rchè  ella  presa  una  sua  viuola  di  mara- 
vi^^lioso  suono,  tuttavia  non  senza  rossore 
vecsendosi  in  così  palese  luos;o  dover  can- 
tare,  il  che  tare  non  era  us;j(a,  questa 
canzonetta  can  ò  con  tanta  piaceVolezza  e 
con  m^nieie  co4  nuove  di  melodia,  che 
alla  dolce  fiamma,  che  le  sue  note  ne'  cuori 
de    gli    ascoltanti    lasciarono,   quelle    delle 


IO  DEGLI    AKOLANl 

due  fanciulle  furono    spenti   e    freddi  car- 
boni : 

Amor  ^  la  tua  vìrtube 

]Si>ìi  è  dal  mondo  e  dalla  gente  intesa'. 

CJie  da  vìltate  offesa 

Segue  suo  danno ,  e  fugge  sua  salute . 

Ma  se  fosser  tra  noi  ben  conosciute 

Uopre  bue^  come  /<i,  dove  risplende 

Più  del  tuo  i'ii'o  raggio  : 

Dritto  cammino ,  e  saggio 

Prenderla  nostra  vita,  che  noi  prende  ; 

E  tornerian  con  la  prima  heltade 

Gli  anni  de  Voro  y  e  la  felice  etade. 

Ora  soleva  la  Reina  per  lo  continuo  , 
fornito  che  s'era  di  desinare  e  di  ve- 
dere e  udire  le  piacevoli  cose,  con  le  sue 
damig'OIe  ritirarsi  ne  le  sue  camere;  e  qui- 
\i  o  dormire,  o  ciò  che  più  le  piaceva  di 
fare  facendo,  la  parte  più  calda  del  gior-. 
no  separatamente  passarci  ;  e  così  concedere 
che  l'ali  re  dome  di  loro  facessero  a  lor 
modo  infìno  a  tanto,  che  venute  là  dal 
Tes])ro  ,  tempo  fosse  da  festeggiare  ;  nel 
qual  tempo  tutte  le  donne  e  gentili  uomi- 
ni e  suoi  cortigiani  si  raunavano  nelle  am- 
pissime sale  del  palagio  ,  dove  si  danzava 
gajamenle;  e  tutte  quelle  cose  si  facevano, 
che  a  festa  di  Pcina  si  conveniva  di  fare. 
Cantate  adunque  dalla  damigella  e  dalle 
due  fanciulle  queste  canzoni  ,  e  a  tutti  gli 
altri  sollazzi  di  quella  ora  posto  fine ,   leva- 


Libro  T.  ii 

tasi  clair  altre  donne  la  Heln^,  come  solca , 
e  nelle  sue  camere  raccoltasi ,  e  ciascuno 
slmilmenlc  partendo  ;  rimase  per  avventu- 
ra ultime  le  tre  donne  ,  che  io  dissi  ,  co* 
loro  giovani  per  le  sale  si  spaziavano  ragio- 
nando :  e  quindi  da'  piedi  e  dalle  parole 
portate  ad  un  verone  pervennero  ,  il  qua- 
le da  una  parte  delle  sale  più  rimota  sopra 
ad  un  bellissimo  giardino  del  palagio 
riguardava.  Dove  come  giunsero  maravi- 
gliatesi della  bellezza  di  questo  giardino , 
poi  che  di  mirare  in  esso  alquanto  al  pri- 
mo disiderio  soddisfatto  ebbero,  ora  a  que* 
sta  ,  ora  a  quella  parie  gli  occhi  mandan- 
do dal  disopra  ;  Gismondo  ,  che  il  più  fe- 
stevole era  de' suoi  compagni,  e  volentieri 
sempre  le  donne  in  festa  ed  in  onesto 
giuoco  teneva  ,  a  loro  rivoltosi  così  disse  : 
Care  Giovani,  il  dormire  dopo  '1  cibo  a 
questa  ora  del  di  quantunque  in  niuna 
stagion  dell'  anno  non  sia  buono  ;  pure  la 
state  ,  perciocché  lunghissimi  sono  i  giorni, 
come  quello  che  cosa  piacevole  è  ,  dagli 
occhi  nostri  volentieri  ricevuto  alquanto 
meno  senza  fallo  ci  nuoce.  Ma  questo  me- 
se si  incominciò  egli  a  perder  molto  della 
sua  dolcezza  passata,  ed  a  farsi  di  dì  in  di 
più  dannoso  e  più  grave.  Perchè  dove  voi 
questa  volta  il  mio  consiglio  voleste  piglia- 
re ;  le  quali  stimo  che  per  dormire  nelle 
vostre  camere  a  quest'ora  vi  rinchiudiate  ; 
io  direi  che  fosse  ben  fitto  ,  lasciando  il 
sonno  dietro  le  cortine  de'  nostri  letti  già- 


12  DECLT    ASOLAM 

cere  ,  che  noi  |<ass,tsslino  nel  giardino  ;  e 
quivi  ai  lezzo  nel  fresco  dell'erbe  riposti- 
ci o  novellando  ,  o  di  cose  dilettevoli  ra- 
gionando, li)i;annassimo  Cjuehla  (i)  incresciosa 
parte  dtl  ij;iorn(),  infin  che  l'ora  del  fesleg* 
fiiare  venula  nelle  sale  ci  richiamasse  con. 
gli  altri  ad  onorare  la  nostra  novella  spo- 
sa. Alle  donile,  le  quali  mollo  più  le  om- 
bre degli  alberi  e  gli  accorti  ragionamenti 
dei  giovani  ,  che  il  sonno  delle  coltre  re- 
gali e  le  favole  dell'  altre  donne  dilettava- 
no ,  piacque  il  consiglio  di  Gismondo.  Per- 
chè scese  le  scale  tutte  liete  e  festose  in- 
sieme con  lui  e  eoa  gli  altri  due  giovani 
ji'  andarono  nel  giardino.  Era  questo  giar- 
dino vago  mollo  e  di  maravlgliosa  bellezza, 
il  quale  oltre  ad  un  bellissimo  pergolato 
di  viti  ,  che  largo  ed  ombroso  per  lo  mez- 
zo in  croce  il  dipartiva,  una  medesima  via 
dava  a  gli  intranti  di  qua  e  di  là  ,  e  lun- 
go le  latora  di  lui  ne  la  distendeva  ,  la 
quale  assai  spaziosa  e  lunga  e  tutta  di  viva 
selce  (2)  soprastrata  si  cliiudea  dalla  parte  di 
verso  il  giardino,  solo  che  dove  facea  por- 
la nel  pergolato  ,  da  una  siepe  di  spesslssi- 
mi  e  verdissimi  ginepri,  che  al  petto  avreb- 
be potuto  giugnere  col  suo  sommo,  di  chi 
vi  si  fosse  accostar  voluto  ,    ugualmente  in 


(\)   Incrfscinsn  ,  cioè  tediosa  ,  nojosa. 
(a)  Snprtistrata  ,    cioè    selciala  :    e    lastricata    si    dicg 
quando  à  fatta  di  lastre. 


Libro  I.  i3 

ogni  parte  dì  se  la  vista  pascendo  dilette- 
vole a  risuardare.  Dall'  altra  onoiati  allori 
lungo  il  muro  viepiù  nel  cielo  montando, 
della  più  alla  parte  di  loro  mezzo  arco  so- 
pra la  via  facevano  in  maniera  folli  e  ga- 
stigati  ,  che  ninna  lor  foglia  fuori  del  co- 
mandato ordine  parca  die  ardisse  di  si 
mostrare  ,  ne  altro  del  muro  ,  per  qnauto 
essi  capevano,  vi  si  vedea  ,  che  dall'uno 
dello  latora  del  giardino  i  marmi  bianchis- 
simi di  due  lìnesire,  che  quasi  ne  gli  stre- 
mi di  loro  erano,  larghe  ed  aperte,  e 
dalle  quali  ,  perciocché  il  muro  v'era  gros- 
sissimo  ,  in  ciascun  lato  sedendo  si  jDotea 
mandar  la  vista  sopra  il  piano  ,  a  cui  elle 
da  alto  riguardavano.  Per  questa  dunque 
così  bella  via  dall'  una  parte  entrate  nel 
giardino  le  vaghe  donne  co' loro  giovani 
camminando  tutte  difese  dal  Sole,  e  que- 
sta cosa  e  quell'  altra  mirando  e  conside- 
rando e  di  molte  ragionando  pervennero 
in  un  pratello  ,  che  '1  giardin  terminava  , 
di  freschissima  e  minutissima  erba  pieno  e 
d'  alquante  maniere  di  vaghi  fiori  dipinto 
per  entro  e  segnato  ;  acllo  stremo  del  qua- 
le facevano  gli  allori  senza  legge,  e  in  mag- 
gior quantità  cresciuti  due  seìvette  pari  e 
nere  per  l'ombre  ,  e  piene  d'una  solitaria 
riverenza  ,  e  queste  tra  l'una  e  l'altra  di 
loro  più  addentro  davan  luogo  ad  una  bel- 
lissima fonte  nel  sasso  vivo  della  montagna, 
che  da  quella  pu'te  serrava  il  giardino  , 
maesirevolmeute  cavata  ,    nella    quale    una 


I4  DEGLI    ASOLANI 

vena  noti  mollo  grunJe  di  chiara  e  fresea 
acqua,  che  dei  monte  usciva,  cadendo,  e 
di  lei  che  guari  alta  non  era  dal  terreno  , 
i.i  un  canalin  di  marmo',  che  '1  nralello 
divideva  ,  scendendo  soavemente  si  facea 
sentire  ,  e  nel  canale  ricevuta  ,  quasi  tutta 
coperta  dall'erhe,  mormorando  s'affrettava 
di  correre  nel  giarditio.  Piaccjue  maiavi- 
gliosamenle  questo  luogo  alle  belle  donne; 
il  qu:ile  poi  che  da  ciascuna  di  loro  fu 
lodato,  madonna  Berenice,  che  per  eia  al- 
quanto maggiore  era  dell' altre  due,  e  per 
questo  da  esse  onorata  quasi  come  lor  ca- 
po ,  verso  Gismondo  riguanJando  disse:  deh 
come  mal  facemmo,  Gismondo,  a  non  ci  es- 
ser qui  tulli  questi  dì  yjassali  venute  ,  che 
meglio  in  questo  giardino,  che  nelle  nostre 
camere,  areinmo  quel  tempo  ,  che  ser^za  la 
sposa  e  Reina  si  corre  ,  trapassalo.  Ora  poi 
che  noi  qui  per  lo  tuo  avvedimento  più 
che  per  lo  nostro  ci  siamo ,  vedi  ove  a  te 
piare  che  si  segga  ;  perciò  che  l'andare  al- 
tre parli  del  glardia  riguardando  il  Sole  ci 
vi  ta  ;  che  invidiosamente,  come  tu  vedi, 
se  !e  riguarda  egli  tuttavia.  A  cui  Gismon- 
do ^  rispose  ;  Madonna,  dove  a  voi  così  pia- 
cesse, a  me  parrebbe  che  questa  fonte  noa 
si  dovesse  rifiatare;  perciò  che  l'erba  è  più 
lieta  qui  ,  che  altrove ,  e  più  dipinta  di 
fiori.  Poi  questi  alberi  ci  terranno  sì  il  So- 
le ,  che  per  potere  che  egli  abbia  ,  oggi 
Tìon  ci  sì  accosterà  egli  giammai.  Dunque  , 
disse  madonna  Bereaice,  sediamvicij  e  d§- 


Libro  I.  i5 

ve  a  te  piace  ,  quivi  si  stia  ;  ed  acciocché 
di  niente  si  manchi  al  tuo  consiglio  segui- 
re, col  mormorio  dell'acque,  clic  c'Invi- 
tano a  ragionare  ,  e  con  1'  orrore  di  que- 
ste ombre  che  ci  ascoltano  ,  disponti  tu  a 
dir  di  quello  ,  che  a  te  più  giova  t  he  si 
ragioni  ;  perciocché  e  noi  volentieri  sempre 
t' ascoltiamo  ;  e  poi  che  tu  ad  essi  cosi  va- 
go luogo  hai  dato  ,  meritamente  dee  in  te 
cadere  l' arbitrio  de'  nostri  sermoni.  Dette 
queste  parole  da  madonna  Berenice  ,  e  da 
ciascuna  dell'  altre  due  invitato  Gismondo 
al  favellare  ,  esso  lietamente  disse  :  Poscia 
che  voi  questa  maggioranza  mi  date,  ed  io 
la  mi  prenderò.  E  poi  che  fatta  di  loro 
corona  a  sedere  in  grembo  dell'erbetta  po- 
sti si  furono  ,  chi  vicino  la  bella  fonte  ,  e 
clii  sotto  gli  ombrosi  allori  di  qua  e  di  là 
del  picclol  rio  ;  Gismondo  accortamente 
rassettatosi,  e  pel  viso  d'intorno  piacevol- 
mente le  belle  donne  riguardate  ,  in  que- 
sta guisa  i  icominciò  a  dire:  Amabdi  donne, 
ciascuno  di  noi  ha  udite  le  due  fanciulle 
e  la  vaga  damigella  ,  che  dinanzi  la  Reina 
prima  che  si  levassero  le  tavole  ^  due  lo- 
dando Amore  ,  e  1'  altra  di  lui  dolendosi  , 
assai  vezzosamente  cantarono  le  tre  canzo- 
ni. E  perciò  che  io  certo  sono,  che  chiun- 
que di  lui  si  duole  e  mala  voce  gli  dà , 
non  ben  conosce  la  natura  delle  cose  ,  e 
la  qualità  di  lui ,  e  di  gran  lunga  va  er- 
rando dal  diritto  cammin  del  vero  ;  se  al- 
cuna di  voi  è ,  belle  donue,  o  di  noi ,  che 


l6  DEHI-I    ÀSOLANT 

SO  elle  ce  lìe  sono,  che  creda  insieme  co» 
Ja  fanciulli  primiera  ,  che  Amore  cosa 
buona  non  sia,  dica  sopra  ciò  quello  che 
ne  £;li  pare,  che  io  gli  risponderò;  e  dam- 
mi il  cuore  di  dimostrargli  ,  quanto  egli 
con  suo  danno  da  così  fatta  opiiìioue  in- 
gannalo sia.  La  qual  cosa  se  voi  fare- 
te ,  e  dorerete  voler  f  ire  ,  se  volete  che 
mio  sia  quello  ,  che  una  volta  donato 
mi  avete  ,  assai  bello  e  spazioso  campo 
aremo  oggi  da  favellare  :  e  così  detto 
si  tacque  Stellerò  alquaiUo  so]na  se  le 
oneste  donne  intesa  la  proposta  di  Gismon- 
do  ;  e  già  mezzo  tra  se  stessa  si  pentiva 
m-idonisa  B<ienice  d'avergli  data  troppa 
Jibertà  nel  favellare.  Pure  riguardando  che 
quantunque  egli  amoroso  giovane  e  sollaz- 
zt  vole  f()S!»e ,  per  tutto  ciò  sempre  altro 
che  modestamente  uon  parlava  ,  si  rassi- 
curò ,  e  con  le  sue  compagne  cominciò  a 
sorridere  di  questo  fatto  ;  le  quali  insieme 
con  lei  altresì  dopo  un  brieve  pentimento 
rassicurate  ,  s'accorsero  ,  raccogliendo  le 
parole  di  Gismondo,  che  egli  la  fiera  tri- 
stizia di  Perotlino  pugieva ,  e  lui  provo- 
cava nei  parhsre  :  perciò  che  sapevano  che 
egli  di  cosa  amorosa  ,  altro  che  male  ,  noa 
ragionava  giammai.  Ma  per  questo  niente 
rispondendo  Perottino,  ed  ognuno  tacen- 
dosi, Gismondo  ii  cotal  guisa  riparlò  :  Non 
e  maraviglia,  dolcissime  Giovani,  se  voi 
tacete:  le  quali  credo  io  più  tosto  di  lo- 
dare Amore,  che  di   biasimarlo  v'ingegne- 


Libro  T.  17 

reste,  siccome  qnelle  cui  egli  in  ninna 
cosa  puòavcr(r)  diservite  giammai, se  onesta 
Vergogna  e  sempre  in  donna  lodevole  non 
vi  ritenesse.  Quantunque  d'Amore  si  pos- 
sa per  ciascun  sempre  onestissimamente 
parlare  .  Ma  de'  miei  compagni  si  mi  ma- 
raviglio io  forte,  i  quali  dovrebbou,  se  bene 
altramente  credessero  che  fosse  il  vero, 
scherzando  almeno  favoleggiar  conlra  lui, 
aftìrie  ch'alcuna  cosa  di  cosi  beila  materia 
si  ragionasse  oggi  tra  noi,  non  che  dovessero 
essi  ciò  fare,essendovene  uno  per  avventura 
qui  che  siede,  il  qual  male  d'amor  giudi- 
cando tiene  che  egli  sia  reo,  e  sì  si  tace. 
Quivi  non  potendo-.i  più  na'^condere  Ferot- 
tino ,  alquanto  turbato ,  siccome  nel  volto 
dimostrava,  ruppe  il  suo  lungo  silenzio, 
co!<ì  dicendo:  Ben  m'accorgo  io,  Gismoodo, 
che  tu  in  qnesto  campo  me  chiami:  ma  io 
sono  assai  debole  barbero  a  colai  corso . 
Perchiè  meglio  farai ,  se  tu  in  altro  piano  e 
le  donne  e  Lavlnello,  e  me,  se  ti  pare, 
provocando  meno  sassosi  e  riucrescevoli 
aringhi  ci  concederai  poter  fare.  Ora  quivi 
furono  molte  parole  e  da  Gismondo  e  da 
Lavinello  dette,  che  il  terzo  compagno 
era,  acciò  che  Perottino  parlasse;  ma  egli 
non  si  mutando  di  proposito,  osiinalamen- 
te  il  ricusava.  11  che  madonna  Berenice  e 
le  sue  compagne  veggendo ,  lo  'ncoraincia- 


(i)  Dlscnite  j  cioè  non  ssrvite^  discompiaciute, 

Bembo   Kol.  I,  2 


l8  DEGLI     ASOLANl 

roii  tnltc  instaiiic'ineiìle  a  pregare,  clie 
egli  ,  e  \)c.r  y)iacer  di  cia<;ciino ,  e  per 
amor  di  loro  alcuna  cosa  dicesse,  deside- 
rose di  sentirlo  pailarer'e  tanto  ir.lorno 
acciò  con  dolci  parole  or  una  or  altra  il 
combatterono,  che  egli  alla  line  vinto  ren- 
dendosi, disse  loro  così:  E  il  tacere  e  il 
parlare  oggimai  ugualmente  mi  sono  dis- 
cari ,  perciò  che  ne  quello  debbo ,  né  que- 
sto vorrei.  Oim  vinca  la  riverenza,  Donne, 
che  io  a'  vostri  comandaraenli  sono  di  por- 
tar tenuto,  non  già  a  quelli  di  Gismondo, 
il  quale  poteva  con  suo  onore  miglior  ma- 
teria che  questa  non  è  proponendoci ,  e 
voi  e  me  e  se  slesso  ad  un  tratto  diletta- 
re: dove  egli  tutti  insieme  con  sua  vergo- 
gna ci  attristerà.  Perciò  che  né  voi  udire- 
te cose,  che  piacevoli  sieno  ad  udire,  ed 
io  di  nojose  ragionerò,  ed  esso  per  avven- 
tura ciò,  che  egli  non  cerca  sì  si  troverà, 
il  quale  credendosi  d' alcuna  occasion  dare 
a' suoi  ragionamenti  col  mio,  ogni  materia 
si  leva  via  di  poter  non  dico  acconciamen- 
te ,  ma  pure  in. modo  alcuno  favellare. 
Perciocché  ravvedutosi  per  quello  che  a 
me  converrà  dire,  in  quanto  errore  nou 
io  ,  cui  egli  vi  crede  essere  ,  ma  esso 
sia  che  ciò  crede ,  se  egli  non  ba  ogni 
vergogna  smarrita  ,  esso  si  rimarrà  di 
prender  l'arme  contra  '1  vero  :  e  quando 
pure  ardisse  di  prenderlesi  ,  fare  noi  po- 
trà ,  perciocché  non  j^Tì  sia  rimaso  che 
pigliare  .    O     armato  ,    o    disarmato  ,    ris- 


Libro  T.  iq 

pose  Gìsmondo ,  in  ogni  modo  ho  io  a 
farla  tcco  questa  voUa,  Perotll'io.  Ma  trop- 
po credi,  se  tu  credi  ohe  a  aie  riou  dehba 
riinauer  che  pigliare;  il  quile  uou  posso 
gran  fatto  pighar  cosa,  che  arma  co;ìtra  te 
non  sia.  Ma  tu  nondlmeao  armali;  che  a 
me  non  parrebbe  viiicere,  se  bene  ai  malo 
non  ti  vincessi.  Riser  le  donne  delle  paro- 
le di  due  pronti  cavalieri  a  battaglia  .  Ma 
Lisa,  che  l'uua  dell'altre  due  così  mi  pia- 
cque di  nominare,  a  cui  parca  che  Lavi- 
nelio  tacendosi,  occasione  si  fuggisse  di  par- 
lare ,  a  lui  sorridendo  disse:  Laviuello,  a  te 
fie  di  vergogna  ,  se  tu  combattendo  i  tuoi 
compagai,  (i)  con  le  mani  a  cintola  ti  sta- 
rai ,  egli  conviene  che  entri  in  campo  an- 
cor tu.  A  cui  il  giovane  con  lieta  fronte 
rispose:  Anzi  non  posso  io,  Lisa,  in  cotesto 
campo  più  entrare,  che  egli  di  vergogna 
non  mi  sia.  Perciò  che  come  tu  vedi,  poi 
che  i  miei  compagni  già  si  sono  (^)  ingag- 
giati della  battaglia  tra  loro,  onesta  cosa 
non  è,  che  io  con  un  di  lor  mettendomi, 
l'altro,  a  cui  solo  convien  rimanere,  fac- 
cia con  due  guerrieri  combattitore.  Non 
t'è  buona  scusa  cotesta,  Lavinello,  risposero 


(i)  Star  con.  le  mani  a  cintola,  vuol  dire  stare  in 
Ozio ,  senza  far  nulla  .  Boccac,  Si  tengono  le  mani  a 
tintola. 

(i)  In;;a;;giati^  cioè  sfidati:  ed  è  usato  nelle  Cento ^ 
e  da  M.  Cina.  Leggi  il  Vocabolario  del  Poreacchi  da  lui 
^S^unto  alla.  Fabbrica  del  Mondo. 


20  DEGLI    ASOLANI 

ìe  donne  quasi  con  im  dire  tutte  tre  .  E 
poi  Lisa  rafferraalesi  l'ai  tic  due,  che  a  lei 
Jasciavano  Ja  ri>po?!a,  seguitò.  E  non  ti 
varrà  nello  non  volere  pigliar  l'arme,  il 
difeiderli  per  cotcsta  via  .  Perciocché  non 
sono  questi  conihillimeiiti  di  raaniera,  che 
quello  si  dehha  osservare,  che  tu  di'  che 
da  due  incontro  ad  uno  non  si  vada.  Egli 
non  ne  muore  ninno  in  così  fatte  battaglie; 
entiavi  pure,  e  nppigliavili  (i)  comunque- 
mente  tu  vuoi.  Lisa  Lisy,  tu  hai  avuto  un 
gran  tot  lo ,  rispose  allora  Lavinello  cosi 
con  un  dito  per  ischcrzo  minacciati  dola 
gioohevolmentc.  Indi  all'allre  due  giratosi 
disse  :  lo  mi  tenni  teste,  donne,  tutto  buono 
estimando  per  lo  vedervi  inlenie  alla  zuffa 
di  cosior  due,  che  a  me  non  doveste 
volger  Taniiuo,  uè  dare  altro  carico  di 
trappornii  a  queste  contese.  Ora  poscia 
che  a  Lisa  non  è  piaciuto,  che  io  in  pace 
mi  stia;  acciò  che  almeno  doler  di  me  non 
si  possano  i  miei  compagni ,  lasciamgli  far 
da  loro  a  lor  modo  :  come  essi  rimar- 
ranno dalla  mischia,  non  mancherà,  che 
si('corae  i  buoni  schermidori  far  sogliono, 
che  a  se  riservano  il  sezzajo  assalto,  così 
io  le  lasctate  arme  ripigliando,  non  provi 
di  soddisfare  al  vostro  disio.  Così  detto  e 
risposto  e  contentato,  dopo  un  brieve  silen- 
zio di  ciascuno,  Perottitio  quasi  da  profon- 


(i)   Comunqucmente  ,  cioè  in  quel  modo  che» 


Libro  1.  2r 

do  pensiero  toltosi,  verso  le  donne  levando 
il  viso  disse:  Ora  piglisi  Gismondo  ciò  che 
egli  si  i^iiadagnerà,  e  non  si  penta,  po'^cia 
che  egli  sì  questo  argiiie  ha  rotto  ,  se  per 
avventura  e  a  lui  maggiore  acqua  verrà 
addosso,  che  bisogno  non  gli  sarebbe  d'a- 
vere, e  di  voi  ahramente  avverrà,  che  il 
suo  avvi'^o  non  sarà  stato.  Che  come  che 
io  non  speri  di  potere  in  maniera  alcuna, 
quanto  in  così  fatta  materia  si  converrebbe, 
di  questo  universale  danno  degli  nomini,  di 
questa  generalissima  vergogi-a  delle  genti 
Amore,  o  donne,  raccontarvi,  perciò  che 
non  che  io  il  possa  ,  che  uno  e  debole 
sono ,  ma  quanti  si  vivono  pronti  e  accor- 
ti dicitori  il  più,  non  ne  potrebbono  as^^ai 
bastevolmente  parlare.  Pure  e  quel  poco 
cbe  io  ne  dirò,  da  che  io  alcune  cose  ne 
Lo  a  dire,  parrà  forse  troppo  a  Gismondo, 
il  quale  altramente  si  fa  a  credere  che  s'.a 
il  vero,  che  egli  non  è,  e  a  voi  ancora 
potrà  essere  di  molto  risguardo,  die  giova- 
ni sete,  ne  gli  anni,  che  sono  avvenire, 
il  conoscere  in  alcuna  parte  la  qualià  di 
questa  malvagia  fiera .  Il  che  poi  cbe  esso 
ebbe  detto  fermatosi,  e  più  alquanto  tempo 
temperata  la  voce,  cotale  diede  a'  suoi  ragio- 
namenti principio.  Amore  (i),valorcseDonne, 
non  figliuolo  di  Venere  ,  siccome  si  legge 
nelle  favole  degli  scrittori,  i  quali  tuttavia 


(i)  Anore  da  (juali  £vsntj  sia  nato. 


22  DEGLI    ASOLANI 

in  questa  stessa  bugia  tra  se  medesimi  discor- 
dando 1)  fanno  per  avventura  figliuolo  di  di- 
verse Iddie,  come  se  alcuno  diverse  mad  ri  aver 
potesse,  uè  di  Marte,  o  di'  Mercurio,  o  di 
Volcano  medesimamente,  o  d'altro  Iddio,  ma 
da  soverchia  lascivia  e  da  pigro  ozio  degli  uo- 
mini oscnrisslmi  e  vilisslmi  genitori  nelle 
nostre  menti  procreato,  nasce  da  prima 
quasi  parto  di  malizia  e  di  vizio  ,  il  quale 
esse  menti  raccolgono,  e  fasciar  dolo  di  leg- 
gierissime speranze  poscia  il  ncdiiscono  di 
\aisi  e  stolti  ]^ensitri  ,  latte,  che  tanto  più 
abbonda  ,  quanto  più  ne  fugge  l'ingordo  ed 
assetato  ban*bitio.  Perchè  egli  cresce  in  brie- 
Te  tempo,  e  divien  tale  ,  che  egli  ne'suoi  rav- 
volgimenti non  cape.  Questi  come  che  di  pc 
co  nato,  vago  e  vtzzoso  si  dimostri  alle  sue 
nutrici  ,  e  maravigliosa  festa  dia  loro  della 
prima  vista,  egli  nondimeno  alterando  si 
"Va  le  più  volte  di  giorno  in  giorno,  e 
cangiando  e  tramutando ,  e  prende  in  pie- 
ciclo  spazio  nuove  facce  e  nuove  forme  di 
maniera,  che  assai  tosto  non  si  pare  plìj  quel- 
lo, die  egli,  quando  e' nacque,  si  parca.  Ma 
lattava  quale  che  egli  si  sia  nella  fronte, 
egli  mila  altro  ha  in  se  e  nelle  sue  ope- 
razioni ,  che  (i)  amaro  ;  da  questa  parola  , 
siccome  jo  mi  credo  ,  assai  acconciamente 
cosi  detto  la  chiunque  si  fu  colui  ,  il  quale 
prima  questo  nome  gli  die ,  forse  affine  che 


(i)  Amare  è  detto  da  Amaro. 


Libro  F.  23 

^ìi  uomini  lo  schliassero ,  già  nella  prima 
faccia  della  sua  voce  avvedutisi  ciò  che  egli 
era.  E  nel  vero  chiunque  il  segue  ,  ninno 
altro  guiderdone  delle  sue  fatiche  riceve  , 
che  amaritudine  ,  ninno  altro  prezzo  (i) 
merca  ,  ninno  appagamento  ,  che  dolore  ; 
perciocché  egli  di  quella  moneta  paga  i 
suoi  segnaci,  che  egli  lia  ;  e  si  n'ha  sempre 
grande  e  intìnila  dovizia  ;  e  molli  suoi  te- 
sorieri si  mena  seco,  che  la  dispensano  e 
distribuiscono  a  larga  e  capevole  misura,  a 
quelli  più  donandone  ,  che  di  se  stessi  e 
della  loro  libertà  hanno  più  donato  al  In- 
sini];hevole  signore.  Per  la  qual  cosa  non  sì 
debbono  rammaricar  gli  uomini  ,  se  essi 
amando  tranghioltono,  siccome  sempre  fan- 
no ,  mille  amari,  e  se'iiono  tutto '1  giorno 
infiniti  dolori;  conciosiacosacbè  così  è  di  loro 
usanza  ,  ne  può  altramente  essere  ;  ma  che 
essi  amino  ,  di  questo  solo  ben  si  debbono 
e  possousi  sempre  giustamente  rammarica- 
re. Perciocché  amare  senza  amaro  non  si 
può  :  ne  per  altro  rispetto  sì  sente  giammai 
e  si  paté  alcuno  amaro  ,  che  per  amore. 
Avea  dette  queste  parole  Peroltino  ,  quan- 
do madonna  Berenice,  che  attenlissimamen- 
te  le  raccoglieva,  così  a  lui  incominciò  Irap- 
ponendosi.   Peroltino  vedi  bene  già  di  quin- 


to Merca,  cioè  cerca  ^  e  quantunque  sia  dc'l  verso  ^ 
possiamo  anco  con  l'autorità  di  questo  illustre  scrittore  var 
lerctne  nelle  prose. 


24  DE©n    xaoLAN» 

ci  ciò  clie  tu  fui.  Perciocché  oìtra  die  a 
Glsmondo  dia  l'animo  di  pienamente  alle 
lue  proposte  rispondere,  siccome  a  me  ne 
par  di  vedere  ,  per  avventura  il  non  con- 
cederli le  sconce  cose  eziandio  a  inuna  di 
noi  si  disdice.  Se  pure  non  c'è  disdetto  il 
trametterci  nelle  vostre  dispute,  nella  qual 
cosa  io  per  me  luliavia  eira  «e  non  vorrei, 
o  esser  da  voi  tenuta  senza  rispetto  e  pre- 
suntuosa. Senza  rispetto  non  potrete  voi 
essere  Madonna  ,  né  presuntuosa  da  noi 
tenuta  parlando  e  ragionando,  disse  allora 
Gismondo ,  e  le  vostre  compagne  similmen- 
te ,  poiché  noi  tutti  venuti  qui  siamo  per 
questo  fare.  Percliè  trametletevi  ciascuna  , 
siccome  più  a  voi  piace  ,  che  queste  non. 
sono  più  nostre  dispute ,  che  elle  esser  pos- 
sano vostri  ragionamenti.  Dunque  ,  disse 
madonna  Berenice,  farò  io  sicuramente  alle 
mìe  compagne  la  via  ;  e  così  detto  a  Pe- 
rottino  rivoltasi  seguitò:  E  certo  se  tu  avessi 
detto  solamente,  Perottino,  che  amare  senza 
amaro  non  si  possa  ,  io  mi  sarei  taciuta  , 
ne  ardirei  dinanzi  a  Gismondo  di  parlare; 
ma  lo  aggiungervi ,  che  per  altro  rispetto 
amaro  alcuno  non  si  senta,  che  per  amore, 
soverchio  m' è  paruto  e  sconvenevole.  Per- 
ciocché così  potevi  dire  ,  che  ogni  dolorft 
da  altro  che  d'amore  cagionato  non  sia  ,  o 
io  hene  le  tue  parole  non  appresi.  Anzi  le 
avete  voi  apprese  hene  e  diritiamente  ,  ri- 
spose Perottino,  e  cotesto  stesso  dico  io 
Madonna ,  che  voi  dite ,   niuua    qualità   di 


Libro  I.  20 

dolore ,  niun  modo  di  rammarico  essere 
nella  vita  degli  uomini ,  che  per  cai^lnn, 
d'amore  non  sia  e  da  lui  ,  siccome  iiame 
da  SITO  fonte,  non  si  dlrivi  :  il  che  la  na- 
tura medesima  delle  cose  ,  se  noi  la  consi- 
deriamo ,  assai  ci  pnò  prestamente  far  chia- 
ro. Perciocché ,  siccome  ciascun  di  noi  dee 
sapere ,  tutti  i  beni  e  tutti  i  mali ,  che  pos- 
sono agli  uomini  ,  come  che  sia  ,  o  diletto 
recare  o  dolore  (r),  sono  di  tre  maniere  e 
non  più  :  deli'  animo ,  della  fortuna  e  del 
corpo.  E  perciocché  dalle  buone  cose  do* 
lore  alcuno  venir  non  può  ,  delle  tre  ma- 
niere de'  mali  ,  dalle  quali  esso  ne  viene , 
ragioniamo.  Gravose  febbri ,  non  usata  po- 
vertà ,  scelleratezza  e  ignoranza  che  sieno 
in  noi  ,  e  tutti  gli  altri  danni  a  questi  so- 
miglianti ,  che  infinita  fanno  la  loro  schie- 
ra ,  ci  apportano  senza  fallo  dolore  e  più 
e  men  grave  secondo  la  loro  e  la  nostra 
qualità  ;  il  che  non  avverrebbe  ,  se  noi  noa 
amassimo  i  loro  contrarj.  Perciocché  se  il 
corpo  si  duole  d'alcuno  accidente  tormen- 
tato,  non  è  ciò,  se  non  perché  egli  natu- 
ralmente ama  la  sua  sanità;  che  se  egli  non 
l'amasse  da  natura ,  impossi'bile  sarebbe  il 
potersene  alcun  dolere  non  altramente,  che 
se  egli  di  secco  legno  fosse  •  o  di  soda  pie- 
tra. E  se  d'alto  stato  in  bassa   fortuna    ca- 


(1)  I  beni  e  mali  che  ci  posson  recar  diletto  e  do- 
lete, sono  di  tre  uiaoiere. 


2^  DEGLI    ASOLA.NI 

cinti    a    noi    slessi    e' incicsciarao  ,     Tamore 
delle  ricchezze  il   fa,  e  <l<^,^li  onori,  e  del- 
l'altre soinii^lianti   rose,  che   per  lungo  uso, 
O  |)er  ele/.ioiie  non  sana  si   poi)   loro.  O  ide 
se  alcuno  è,  che  non    le    ami,    siccome    si 
le£:;i:;e  di  quel    filosofo,    che    nella     presnra 
della    sua     patria    uieiile    curò    di    salvarsi  , 
co'ih>nlo  di   quello,  che  seco    sempre    por- 
tav  ♦  ,  costui  certaroente  digli  amai  i  giuochi 
della  fortuna  non  sente  dolore.  Già  la  bella 
virtù  e  il  giovevole   intendere  ,    che   alber- 
i^ano   ne'  nostii    animi  ,    amali    sogliono    da 
ciascuno  essere  per  naturale  instinto  e  desi- 
derati ,  perchè  ognuno    da    occulto    pungi- 
mento  stimolato  della  sua  malvagità  e  della 
sua    Ignoranza    ravvedutosi    si    rammarica  , 
come  di  cose  dolorose.  E  se  pure  si  conce- 
desse alcuno  potersi  trovare  ,  il  quale  vizio- 
saraciite  e  senza  lume  d'intelletto  vivendo, 
non  s'attristasse  alle  volte  del  suo    mal    vi- 
vere ,  rome  che  sia  ,  a  costui  senza  dubbio 
o  per  (i)  diffalta  estrema  di  conoscimento, 
o  per  infilila  ostinazione  della    perduta   u- 
sanza  il  virtuosamente  vivere  e  lo  essere  in- 
tendente in  niun  modo  non    sarebbe  caro. 
Né  pur  questo  solamente  cade    negli  uomi- 
ni ,   ma  (gli    è    ancora    manifestamente    co- 
noscinlo   tielle  fiere,  le  quali  amano    i  loro 
fig1Iu«'li  assai   teneramente    per    lo  generale 
ciascuna  ;  mentre  essi    novellamente    parto- 


(\)  Diffalta  .  cioè  mancamtinto 


Libro  T.  27 

iki  iti  loro  cura  dimorano.  Allora  se  al- 
cun ne  muore  ,  o  vieri  lor  tolto  come  che 
«ia ,  esse  si  dogliono,  quasi  come  se  umano 
conoscimcJito  avessero.  Quelle  medesime  i 
loro  figliuoli  cresci  ali  e  per  se  slessi  vale- 
voli se  poi  strozzare  dinanzi  agli  occhi  loro 
si  veggono  e  sbianare,  di  niente  s'attrista- 
no ,  perciocché  esse  non  gli  amano  più.  Di 
che  assai  vi  può  esser  chiaro,  che  siccome 
ogni  fiume  nasce  da  qualche  fonte  ,  così 
ogni  doglia  procede  da  qualche  amoie  ;  e 
siccome  fiume  senza  fonte  non  ha  luo^o  , 
cosi  conviene  esser  vero  quello  che  voi 
diceste  ,  che  ogni  dolore  altro  che  d'amore 
non  sia.  E  perciocché  non  è  altro  l'amaro, 
che  io  dissi  ,  che  il  tormento  e  dolor  del- 
l' animo  che  egli  per  alcuno  accidente  in 
se  paté,  quel  medesimo  conchiudendo,  ma- 
donna ,  vi  raffermo  ,  che  voi  ripigliaste  , 
che  per  altra  cngione  amaro  alcuno  non 
si  sente  dagli  uomini  ne  si  pale  ^  che 
per  amore.  Taceva  da  queste  paiole  so- 
prappresa madonna  Berenice  ,  e  sopra  es- 
se pensava  ,  quando  Gismondo  sogghignan- 
do così  disse  :  Senza  fallo  assai  agevol- 
mente arcsti  tu  oggi  stemperala  ogni  dol- 
cezza d^Traore  con  Tamaro  d' ur  tuo  solo 
arg'^menlo,  Perottìno  ,  se  egli  ti  fosse  con - 
cedtUo.  Ma  perciocché  a  me  altramente  ne 
pare ,  quando  più  tem])0  mi  fie  dato  da 
rispor>derli  ,  roej»lio  si  vedrà  ,  se  cotesta 
tua  cotr.nta  amarl-tudine  si  potivà  rad.lolci- 
re.  Ora  insegnaci   quanto   quell'  altra    prò- 


2^  DEGLI     àSOLANI 

posta  sia  vera  ,  dove  tu  di'  che  amare  sen- 
za amaro  non  si  puole.  Quivi  ne  veniva  io 
testé,  rispose  Peroltino,  e  di  quello  che  io 
mi  credo  che  ciascun  di  noi  tuttavia  in  se 
sfesso  pruovi  ,  ragionando  potrei  con  assai 
brievi  parole,  Gismondo,  dimostrarloli.  Ma 
poscia  che  lu  pure  a  questi  ragionamenti  mi 
traesti ,  a  me  piace  che  più  stesamente  ne 
cer«"hiamo.  Certissima  cosa  è  adunque,  (r) 
o  donne,  che  di  tutte  le  tuiha/Joni  dell'a- 
nimo ninna  è  così  nojevole  ,  così  grave  , 
ninna  così  forzevole  e  violenta  ,  ninna  che 
così  ci  commova  e  giri  come  questa  fa  , 
clic  noi  Amore  chiamiamo  :  gli  scrittori 
alcuna  volta  il  chiaman  fuoco  ,  perciocché 
siccome  il  fuoco  le  cose  nelle  quali  entra  , 
egli  le  consuma  ,  così  noi  consuma  e  di- 
strugge amore  ;  ahmna  volta  furore  ,  vo- 
lendo rassomigliar  1'  amnnte  a  quelli  ,  che 
stati  sono  dalle  furie  sollecitati  ,  siccome 
d'Oreste  e  d'Ajace  e  d'alcuni  altri  si  scri- 
ve. E  perciocché  per  lun^a  spcrienza  si  so- 
no avveduti  ninna  essere  più  certa  infeli- 
cità e  miseria  ,  che  amare  ,  di  questi  due 
soprannomi ,  siccome  di  proprie  possessioni , 
hanno  la  vita  degli  amanti  privilegiata  per 
modo,che  in  ogni  libro,  in  ogni  foglio  sempre 
misero  amante,  infelice  amante  e  si  legge 
e  si  scrive.    Senza  fallo  esso  Amore    ninno 


(i)  Che  amar  non    si  può   lenza    amaro.    Amore   è 
stato  cbiamato  fuoco  e  furore. 


Libro  I.  29 

è  ,  che  piacevole  il  chiami  ;  niun  dol- 
ce ,  ninno  umano  il  nomò  giammai  :  di 
crudele,  d'acerho,  di  fiero,  tulle  le  car- 
te son  piene.  Lci^fjete  d'amore,  quanto  da 
mille  se  ne  scrive  ,  poco  o  niente  allro  ia 
ciascun  troverete  ,  che  dolore.  Sospirano  i 
versi  io  alcuno,  piangono  di  molti  i  libri 
intieri ,  le  rime,  gì'  inchiostri  ,  le  carte  ,  i 
volumi  slessi  son  fuoco.  Sospizioni  ,  ingiu- 
rie, nìmicizie,  guerre  già  in  ogni  canzone 
si  raccontano  ,  nella  quale  d'  amor  si  ra- 
gioni ,  e  sono  questi  in  amore  mediocri 
dolori.  Disperazioni  ,  ruhellioni  ,  vendette  , 
catene  ,  ferite  ,  morti ,  chi  può  con  V  ani- 
mo non  tristo  ,  o  ancora  eoa  gli  occhi 
asciutti  trapassare  ?  ne  pur  di  loro  le  lie- 
vi e  divolgale  favole  solamente  de  Poeti  , 
o  ancora  quelle  ,  che  per  esempio  della 
vita  scritte  da  loro  state  sono  più  giove- 
volmente ,  ma  eziandio  le  più  gravi  istorie 
e  gli  annali  più  riposti  ne  son  macchiati. 
Che  per  lacere  degl'infelici  amori  di  Pira- 
mo  e  di  Tisbe  ,  delle  sfrenate  e  illecite 
fiamme  di  Mirra  e  di  Bibli,  e  del  colpevo- 
le e  lungo  ei  ror  di  Medea  ,  e  di  lutti  i 
loro  dolorosissimi  fini  ,  i  quali  poslo  che 
non  fosser  veri  ,  si  furono  essi  almeno  fa- 
voleggiati da  gli  antichi  per  insegnarci  che 
tali  possono  esser  quelli  de' veri  amori:  già 
.di  Paolo  e  di  Francesca  non  si  dubita;  che 
nel  mezzo  de'  loro  disii  d'  una  medesima 
morte  e  d'  un  solo  ferro  amendue  siccome 
d'  un    solo    amore    trafitti    non    cadessero . 


3o  nECLl    ASOLA.NI 

INè  di  Tar(['.iinio  altresì  iìnijono  gli  scritto- 
li ,  al  (jualc  fu  l'amore,  che  di  Lucrezia 
il  prese  ,  e  della  piiv  «zioa  del  regao  ,  e 
dell'  eslijllo  insieme  ,  e  \lella  sua  morte 
cagione.  INè  è  ,  chi  per  vero  nou  tenga  , 
che  le  faville  d'  un  Troja.io  e  d'  una  Gre- 
ca tutta  l'Asia  e  tutta  l'Europa  racceu- 
dessero.  l'accio  mille  altri  esempi  somiglian- 
ti, che  cìascuiia  di  voi  può  e  nelle  nuove  e 
nelle  vecchie  scritture  aver  letti  molte  Ga- 
te. Per  la  qual  cosa  manifestamente  si  vede 
Amore  essere  non  solamente  di  sospiii  e. 
di  lagrime,  uè  pur  di  nioili  pai ticolaii,  ma 
eziandio  di  mine  d'antichi  seggi,  e  di 
poteri tissime  città  ,  e  delle  provi neie  istesse 
cagione.  Colali  sono  le  costui  operazioni ,  o 
donne;  colali  memorie  egli  di  se  ha  la- 
sciato ,  affine  che  ne  ragioni  chiunque  ne 
scrive.  Vedi  tu  dunque  Gismoudo,  se  vor- 
rai dimostrarci  che  Amore  sia  buono,  che 
non  ti  sia  di  mestieio  mille  antichi  e  mo- 
derni scrittori,  che  di  lui  ,  come  di  cosa 
rea  parlano,  ripigliare.  Detto  fin  qui  da 
Pc!  Ottino  ,  Lisa  in  seder  levatasi  ,  che  con 
la  mano  alla  gola  ,  e  col  braccio  sopra 
l'orlo  della  fonte  tutta  in  sul  lato  sinistro 
ascollandolo  si  riposava  ,  così  nel  dimandò 
e  disse:  Peroltino,  (juello  che  a  Gismondo 
faccia  mestiero  di  ripigliare  ,  egli  il  si  ve- 
da, che  t'ha  a  rispondere  ,  quando  ad  esso 
piacerà  ,  o  saia  tempo.  A  me  ora  rispondi 
tu  ;  Se  è  cagione  Amore  di  tanti  mali  , 
quanti    tu  di'  che  i  vostri  scrittori  gli  ap- 


Libro  T.  3r 

pongono  ,  perchè  il  fanno  eglino  Mdlo  ? 
rercioccliò  siccome  io  ho  letlo  alcuna  iia- 
ta  ,  essi  il  fanno  adorar  da  gli  uomini  ,  e 
consacrargìi  altari,  e  porgoiigii  voti  e  daii- 
nogli  l'ali  da  volare  in  cielo.  Cliiuiqne 
male  fa  ,  egli  ceìlamente  non  è  [delio  ;  e 
chiunque  Iddio  è  ,  egli  senza  dabhio  noix 
può  far  male.  Dunque  ,  se  ti  piace  ,  dim- 
mi come  questo  fatto  si  stia.  E  per  avven- 
tura elle  tu  in  ciò  a  madonna  Berenice  e 
a  Sahinetta,  non  meno  che  a  me  piacerai, 
le  quali  possono  altresì  ,  come  io  ,  altra 
\olta  sopra  questo  dnbhio  aver  pensato, 
ne  mai  perciò  non  ra'  avvenne  di  poterne 
dimandare  così  hene  ,  o  pure  così  a  tem- 
po ,  come  fa  ora.  Alle  cui  parole  couli- 
nuando  le  due  donne  ,  e  mostrando  che 
ciò  sarebbe  loro  parimente  caro  a  dover 
da  Perottiuo  udire,  esso  alquanto  pi  ima 
taciutosi  così  rispose  (i)  :  l  Poeti  ,  Lisa  , 
che  furono  primi  maestri  della  vita  ne' tem- 
pi ,  che  gli  uomini  roz/.i  e  salvaliclii  non 
bene  insieme  ancora  si  raunavano  ,  inse- 
enati  dalla  natura  ,  che  avea  dato  loro  la 
voce  e  lo  ingegno  acconcio  a  ciò  lare  ,  i 
versi  trovaroijo  ,  co'quali  cantando  ammol- 
livano la  durezza  di  quei  popoli,  che  usci- 
li  degli  alberi  e  delle  spelunche  senza  più. 
oltre  sapere  che  cosa  si  fossero  ,  a  caso  er- 
rando   ne    raeoavan    la    lor    vita  ,    siccome 


(i)  Amor  per  qual  cagione  è  chiamato  Dio. 


32  DEGLI    ASOLAM 

tìere.  IVò  gu.ìri  cantarono  quei  primi  mae- 
stri le  lor  canzoni  ,  c\\e  essi  seco  ne  trae- 
vano qiiei^li  uomini  sclvagj^i  invaghiti  delle 
lor  voci  ,  dove  essi  n'  andavano  cantando. 
^'è  altro  fu  la  dilettante  cetara  (i)  d'Orfeo, 
clie  le  vashe  fiere  da'  lor  boschi  ,  e  gli  al- 
ti alberi  dalle  ior  selve  ,  e  da'  lor  monti 
le  sode  pietre  e  i  precipitanti  fiumi  da'  lor 
corsi  ritoglieva  ,  che  la  voce  d'  un  di  quei 
primi  cantori  ,  dietro  alla  quale  ne  veniva- 
no quegli  uomini  ,  che  con  le  fiere  tra  gli 
alberi  nelle  selve  e  ne'  monti  e  nelle  rive 
de' liumi  dimoravano.  Ma  olire  acciò,  per- 
ciocché raunata  quella  sciocca  gente  biso- 
£];nava  insegnar  loio  il  vivere  ,  e  mostrar 
loro  la  qualità  delle  cose  ,  acciocché  se- 
guendo le  buone  dalle  ree  si  ritraessero  ; 
rè  capeva  in  quegli  animi  ristretti  la  gran- 
dezza della  natura  ,  e  nelle  loro  sonnac- 
chiose menti  non  poteva  ragliane  entrare,  che 
lor  si  dicesse;  trovarono  le  favole  altresì,  sot- 
to il  velame  delle  quali  la  verità,  (2)  sic- 
come sotto  vetro  trasparente  ricoprivano. 
A  questa  guisa  del  continuo  dilettandogli 
con  la  novità  delle  bu^ie,  ed  alcuna  volta 
tra  esse  scoprendo  loro  il  vero,  ora  eoa 
una  favola,  e  quando  con  un'altra  gl'inse- 
gnaroiio  a  poco  a  poco  la  vita  migliore .  la 


(i)  Orfeo  in  che  modo  al  snon  della  catara  traesse 
le  fiere  e  gli  alberi. 

(2)  Favole  perchè  trovate  . 


Librò  T.  33 

quel  tempo  adunque,  che  il  giovane  mon- 
do i  suoi  popoli  poco  ammaestrati  avea , 
fu  Amore  insieme  eoa  molli  altri  fatto  Lidio, 
siccome  tu  di',  Lisa,  non  per  altro  rispelto, 
se  non  per  dimostrare  a  quelle  gi>osse  gen- 
ti con  questo  nome  d'Iddio,  quanto  nelle 
umane  menti  questa  passione  poteva .  E 
veramente  se  noi  vogliamo  considerando 
trapassar  nel  potere,  che  Amore  sopra  di 
noi  ha,  e  sopra  la  nostra  vita,  egli  si  ve- 
drà chiaramente  i  ufi  ulti  essere  i  suoi  mira- 
coli a  nostro  gravissimo  danno,  e  veramen- 
te maravigliosi,  cagione  giusta  della  deità 
dalle  genti  datagli,  siccome  io  dico.  Per- 
ciocché quale  vive  nel  fuoco,  come  sala- 
mandra ,  quale  ogni  caldo  vital  penlutone 
si  raffredda  come  ghiaccio,  quale  come 
neve  al  sole  si  distrugge ,  quale  a  guisa 
di  pietra  senza  polso ,  senza  spirito,  mutolo 
ed  immobile  ed  insensibile  si  rimane.  Altri 
fia ,  che  senza  cuore  si  viverà,  a  donna, 
che  mille  strazj  ad  ogni  ora  ne  fa  ,  aven- 
dol  dato;  altri  ora  in  fronte  si  trasmuta, 
ora  in  albero ,  ora  in  fiera  :  e  chi  portato 
da  forzevoli  venti  ne  va  sopra  le  nuvole 
stando  per  cadere  tuttavia ,  e  chi  nel  cen- 
tro della  terra  e  negli  abissi  più  profondi 
si  dimora.  E  se  voi  ora  mi  dimandaste 
come  io  queste  così  nuove  cose  sappia , 
senza  che  elle  si  leggano,  vi  dico,  che  io  tutte 
le  so  per  pruova,  e  come  per  isperieuza  dotto, 
cosi  ne  favello.  Oltra  che  maravicrliosa  cosa 
e  il  pensare  clienti  e  quali  sieno  le  disa* 
Be.nbo   Voi.  /,  3 


34  DfGLI    ASOLACI 

guiglianze,  le  discor<lfinze  ,  gli  errori,  che 
Amore  nelle  menri  cle'servi  amaiili  traboc- 
cando accozza  co  gravosa  disparità  .  Per- 
ciocché chi  non  dirà  die  essi  siano  sopra 
Oi;ni  altr^  miseria  infelici,  quando  e  alle- 
grissimi sono  e  dolorosissimi  in  una  stessa 
ora  ,  e  dagli  occhi  loro  cadono  amare  la- 
gilme  con  Jolce  riso  mescolate,  il  che  bene 
spes'O  suole  avvenire?  o  quando  ardiscono 
e  temono  in  uno  medesimo  istante ,  onde 
essi  per  mollo  desiderio  pieni  di  caldo  e  di 
focoso  ardire  impallidiscono  e  tricmano 
dalla  £»elat,a  paura?  o  quando  da  diversissi- 
me angoscie  ingombrali  e  orgoglio  e  umil- 
tà, e  improntitudine  e  tiepidezza,  e  guerra 
e  pace  parimente  gli  assalgono  e  combatto- 
no ad  un  temp(>?  o  qua^ido  con  la  lingua 
tace  do  e  col  volto  parlano  e  gridano  ad 
alta  voce  col  cuore,  e  sperano  ,  e  disperano, 
e  la  lor  viia  cercano  ed  abbracciano  la  lor 
morte  iusÌLmemeute  ?  E  per  lo  continuo 
dando  l(io:;o  in  se  a  due  lontanissimi  afftt- 
ti  _,  il  che  non  suole  potere  essere  nelle  al- 
tre cose,  e  (la  es'^i  stracciatamente  qua  e 
là  in  uno  stesso  punto  essendo  portali,  tra 
queste  e  somiglianti  distemperatezze  il  senso 
si  dilegua  loro  e  il  cuore?  E  fannoci  a 
credere  (i),  che  vero  sia  quello,  che  alcun 
Filosofo    già  disse,  che   gli    uomini    hanno 


(0  Opinion  d'alcuni  Filosofi  che  gli  uomini  abhianq 
«lue  anime. 


Libro  T.  35 

due  anime  ciascuno,  con  l'una  delle  quali 
essi  all'un  modo  yoì'Iìo:io  .  e  con  l'altra 
vogliono  all'altro,  perciocché  egli  non  pa- 
re possibile,  che  con  una  sola  anima  sì 
debba  poler  voler  due  coiitrarj  .  Le  quali 
maniere  di  maraviglie  come  che  tutte  s'u- 
sino nell'oste,  che  Amor  conduce;  pur 
1'  ultima  ,  che  io  dissi ,  v'  è  più  sovente, 
che  aiira;  e  tra  molla  dissonanzia  d'intìni- 
ti  dolori  ella,  quasi  giusta  corda ,  più  spes- 
so al  suono  della  verità  risponde,  siccome 
quella,  che  è  la  più  propria  di  ciascuno 
amante,  ed  in  se  la  più  vera  ,  cioè  che  essi  la 
lor  vita  cercano ,  ed  abbracciano  la  lor  morte 
tuttavia  :  conciossia  che  mentre  essi  vanno 
cercando  i  diletti  loro,  e  quelli  si  credono 
seguitare,  dietro  alle  lor  uoje  inviati,  e 
d'esse  invaghiti,  siccome  di  ben  loro,  tra 
mille  guise  di  tormenti  discouvenevoli  e 
nuovi  alla  fine  si  procacciano  di  perire  , 
chi  in  un  modo,  e  chi  in  altro,  miseramen- 
te e  stoltamente  ciascuno .  E  chi  negherà 
che  stoltamente  e  miseramente  non  perisca, 
chiunque  da  semplice  follia  d'Amore  (i) 
avvallato  trabocca  alla  sua  morte  così  leg- 
giero? Certo  ninno,  se  noi  quei  che '1  fanno, 
a'  quali  spesse  volte  tra  per  soverchio  di 
dolore    e   per    mancamento  di  consiglio ,  è 


^0  Ai'vallatOy  cioè  circondai». 


36  DF.GM    ASOT.ANT 

coM  grave  il  vivere,  che  pure  non  rlie  la 
sellili  no,  anzi  essi  le  si  fanno  incontro  vo- 
lentieri, chi  perchè  ad  esso  pare  così  più. 
?5pecJ  ita  mente  che  in  altra  maniera  ,  poter 
/ìtiire  i  suoi  dolori  ,  e  chi  per  far  ve  lire 
almeno  una  volla  pietà  di  se  negli  occhi 
della  sua  donna ,  contento  di  trarne  sola- 
mente due  la<>i  ime  per  lijuiderdone  di  tutte 
le  sue  ]>ene .  INon  pare  a  voi  nuova  pazzia, 
o  donne,  che  gli  amanti  per  così  lievi  ed 
istrane  cai<ioni  cerchino  di  fuggire  la  lor 
propria  vita?  Certo  sì  dee  parere:  ma  egli 
e  pure  co^ì,  e  non  che  io  in  me  una  vol- 
ta provato  l'ahbia,  ma  egli  è  buon  tempo,  die 
se  Oli  foi.se  stillo  concedn'o  il  morire  a  me  sa- 
rchile egli  sempre  cai  issimo  stato  ,  e  sarebbe 
ora  più  che  mai.  A  questo  modo,  o  doi  ne  , 
s'ingtgnano  gli  amami  contro  al  corso  della 
natura  trovar  via,  la  quale  avendo  parimen- 
te ingenerato  in  tutti  gli  uomini  nal/o  amo- 
re di  loro  stessi  e  della  lor  vita  ,  e  ccnti- 
nua  cura  di  conservmlasi ,  essi  odiandola  e 
di  se  stes'ìi  nimici  divenuti,  amano  altrui; 
e  non  solamente  di  conservarla  non  curano, 
ma  spesNO  a  »cora  contro  a  se  medesimi  in- 
crudeliti voloniaiiamente  la  rifiutano  dispre- 
giando .  Ma  potrebbe  forse  dire  alcuno  , 
Peroltino,  colesle  son  favole  a  quistione 
d'iniamoralo  più  convenevoli,  siccome  le 
tue  sono,  elle  a  vero  argomentare  di  ra- 
gionevole  uomo.  Perciocché  se  a  te  ios.se 
stalo  così  caro  il  morire,  come  tu  di\  chi 
te  n'avrebbe   ritener    potuto,  essendo    così 


Libro  l.  87 

ia  mano  d'ogni  uomo  vivo  il  morire,  come 
non  è  più  il  vivere  i'i  }X»ter  di  (jueìli,  che 
sou  già  passali?  Queste  parole  j)lù  follemen- 
te si  dìco'io,  che  i  fatti  non  si  fanno  di 
leggiere.  Maravigllosa  cosa  è,  o  donne,  ad 
udir  cfuello  che  io  ora  dirò,  il  che  se 
da  me  non  fosse  slato  provato,  appena  che 
io  ardissi  d'immagìnarlomi,  non  che  di 
raccontarlo.  INon  è,  siccome  in  tulle  l'al- 
tre qualità  d'uomini,  ullima  doglia  il  mo- 
rire negli  amanti  ;  anzi  loro  molte  volte  in 
modo  è  la  morie  dii;egata,  che  già  dire  si 
può,  che  in  somma  e  strema  miseria  feli- 
cissimo sia  colui,  che  può  morire.  Percioc- 
ché avviene  bene  spesso  ,  il  che  forse  noa 
udiste  voi  donne  giammai,  né  credevate 
che  potesse  essere,  che  mentre  essi  dal  mol- 
to e  lungo  dolor  vinti  sono  alla  morte  vici- 
ni, e  sentono  già  in  se  a  poco  a  poco  par- 
tire dal  penoso  cuore  la  lor  vita,  tanto 
d'  allegrezza  e  di  gioja  sentono  i  miseri  del 
morire  ,  che  questo  piacere  confortando  la 
loro  sconsolata  anima  tanto  più,  quanto  essi 
meno  sogliono  aver  cosa  che  loro  piaccia, 
ritorna  vigore  negl' indeboliti  spiriti ,  i  quali 
a  forza  partivano,  e  dona  sostentamento 
alla  vita  che  mancava .  La  qual  cosa  quan- 
tunque paja  nuova,  quanto  sia  possibile  ad 
essere  in  uomo  innamoralo,  io  ve  ne  potrei 
testimonianza  donare,  che  l'ho  provata,  e 
recarvi  in  fede  di  ciò  versi  già  da  me  per 
lo  addietro  fatti,  che  lo  disciivouo,  se  a 
.me  non  fosse  dicevole  vie  più  il  piagnere. 


88  DEGLI    ASOLANI 

che  il  cantare  .  Oiilvl  corae  ria  cosa  moTt» 
di'-iafa  soprnggiujita ,  e  tiitla  in  se  siessa 
«iibltameiìte  recalasi  madonna  Berenice: 
deli,  disse,  se  questo  Iddio  ti  conceda.  Pe- 
rei lino  ,  il  \ivere  lieti»mente  lutti  gli  anni 
tuoi,  prima  che  tu  più  olire  vada  ragionan- 
do, dicci  quesli  tuoi  vtrsi.  Percioccliè  huo- 
na  pezza  è,  che  io  son  vaga  soramissima- 
mente  d'udire  alcuna  delle  tue  canzoni,  e 
certa  sono,  che  tu  le  ne  dicendo  diletterai 
in  si  em  emente  queste  altre  due  che  t'ascol- 
tano, ne  meuo  di  me  son  vaghe  d'udirti; 
j,ierciocchè  heu  sappiamo,  quanto  tra  gl'ià- 
tcndenti  giovani  sieno  le  tue  rime  lodate. 
A  cui  Peroni  no  un  profondissimo  sospiro 
con  le  parole  mandando  fuora,  in  questa  gui- 
sa rispose:  Madonna,  questo  Iddio  male  per 
me  troppo  bene  conosciuto,  i  miei  anni 
lieti  non  può  egli  più  fare,  né  farà  giam- 
mai, quando  ancora  esso  far  lieti  quegli  di 
tulli  gli  altri  uomini  potesse,  siccome  non 
puote  .  Perciocché  la  mia  ingannevole  for- 
tuna di  quel  bene  m'  ha  spoglialo  ,  dopo 
il  quale  ninna  cosa  mi  può  essere,  né  sarà 
mai  né  lieta,  né  cara,  se  non  quella  una, 
che  è  di  tutte  le  cose  ultimo  fine;  la  quale 
io  ben  chiamo  assai  spesso ,  ma  ella  sorda 
con  la  mia  fortuna  accordatasi  non  m'ascol- 
ta ,  forse  perché  io  soverchio  vivendo  ri- 
manga per  esempio  de' miseri  bene  luu^a-  j 
mente  infelice  .  Ora  po^^cia  che  io  ho  già 
preso  ad  ubbidirvi ,  e  ho  a  voi  fatto  pale- 
te  quello  ,  che  nascondere    arei    potuto  :  e 


Libro  I.  Sg 

sareLbe  il  meglio  stalo ,  che  Men  male  suo- 
le essere  il  morirsi  uom  tacendo ,  che  la- 
mentandosi'^ quantunque  le  mie  rime  da 
esser  dette  a  donue  liete  e  festeggiauti  uoq 
siano,  io  le  pure  dirò.  Mossone  a  pietà  i 
pieghevoli  cuori  delle  donne  queste  ultime 
parole  di  Perottino ,  quando  egli  che  eoa 
fatica  grandissima  le  lagrime  agli  occhi 
ritenne,  alquanto  riavutosi  così  iacomìn- 
ciò  a  dire  : 

Quand^  io  penso  al  martire  , 

jlmor  ^  che  tu  mi  dai  gravoso  e  forte  ^ 

Corro  per  gir  a  morte  ^ 

Così  sperando  i  ?niei  danni  finire  ; 
Ma  poi  eli  io  giungo  al  passo  , 

Clìèporto  in  questo  mar  d^ ogni  tor mento ^ 

Tanto  piacer  ne  sento , 

Che  Valma  sì  rinforza^  oncT  io  nolpasso, 
CosVl  viver  ni  ancidei 

Così  la  7norte  mi  ritorna  in  vita. 

O  miseria  infmita  , 

Che  tuno  apporta,  e  Valtra  non  recidei 

Lodavano  le  donne  e  gli  altri  giova- 
ni la  canzone  da  PerotlinO  recitala  ;  ed 
esso  interrompendogli,  soverchio  delle  sue 
loile  schifevole  ,  volea  seguitando  r.lle  pri- 
me proponile  ritornare  ;  se  non  che  ma- 
donna Berenice  ripigliando  il  parlare , 
almeno  d'sse ,  sii  di  tanto  contento  ,  Perot- 
tino, poiché  l'essere  lodato  con  tra  l'uso 
di  tutti    gli    altri    iiomiai    tu  pure    a    Jiojc». 


40  DEGLI    ASOLANI 

li  rechi  ,  the  dove  acconciamente  ti  ven- 
ga così  raf^ionando  alcun  de'  tuoi  versi 
ricordalo,  non  ti  sia  grave  Io  sporloci, per- 
ciocché e  noi  e  tutte  e  tre  ,  che  del  tuo 
onore  vaghissime  siamo  ,  ed  i  tuoi  compa- 
gni medesimamente  ,  i  quali  son  certa  che 
come  fiatello  t'  amino  ,  quantunque  essi 
altre  volte  possano  le  tue  rime  aver  udite, 
sollazzerai  con  tua  pochissima  fatica  gran- 
demente. A  queste  parole  rispostole  Perotti- 
no  che  come  potesse  il  farehbe,  così  rien- 
trò nel  suo  parlare:  E  che  si  potrà  dir  qui, 
se  non  che  per  certo  tanto  stremamente  è 
misera  la  (i)  sorte  degli  amanti  ,  che  essi 
vivendo  ,  perciò  che  vivono  ,  non  possono 
vivere  ;  e  morendo  ,  perciò  che  muojono  , 
non  possono  morire  ?  lo  certamente  non 
so  che  altro  (2)  succhio  mi  sprema  di  così 
nuovo  assenze  d'amore,  se  non  quest'uno, 
il  quale  quanto  sia  amaro  ,  siate  contente, 
giovani  donne  ,  il  cui  bene  sempre  mi  fie 
caro  ,  di  conoscere  più  tosto  sentendone 
ragionare ,  che  gustandolo.  ]Ma  o  potenza 
di  questo  Iddio  ,  non  so  qual  più  o  uoje- 
vole  o  maravigllosa  ;  non  si  contenta  di 
questa  loda,  ne  per  somma  la  vuole  de'suoi 
miracoli  Amore,  il  quale  perciocché  si  può 
argomentare ,    che    siccome    la  morte    può 


(0  Amanti  vivendo  non  possono  vivere,  e  moren-* 
do  non  possono  morire. 

(1)  Sugo  pare  ,  che  più  prnpriamenlt  iovrthhe  dirsi, 
ìkefgi  il    Vnraholnrìa  del  Porcacchia 


Libro  1.  ^r 

negli  amanti  cagionar  la  noja  del  vivere  , 
così  può  bastare  a  cagionarvi  la  vita  la 
gioja  che  essi  sentono  del  morire  ;  vuole 
talvolta  in  alcuno  non  solamente  clie  esso 
non  possa  raorire  senza  cagione  avere  alcu- 
na di  vita  ,  ma  fa  in  modo ,  che  egli  di 
due  manifestissime  morti  da  esse  fierissima- 
mente [assalito,  siccome  di  due  vite,  si  vi- 
ve. A  me  medesimo  tuttavia  ,  donne,  pare 
oltre  oani  maniera  nuovo  questo  stesso 
che  io  dico ,  e  pure  è  vero:  certo  così  noa 
fosse  egli  stato,  che  io  sarei  ora  fuori  d'in- 
finite altre  pene  ,  dove  io  dentro  vi  sono. 
Perciocché  avendo  giù  per  gli  tempi  addie- 
tro Amore  il  mio  mìsero  e  tormentato 
cuore  in  coceufissimo  fuoco  posto  ,  nel 
quale  stando  egli  ,  conveniva  che  io  mi 
morissi  ;  conciossiacosaché  non  avrebbe  la 
mia  virtù  potuto  a  cotanto  incendio  resi- 
stere ,  operò  la  crudeltà  di  quella  donna  , 
per  lo  cui  amore  io  ardeva  ,  che  io  caddi 
in  uno  abbondevolissimo  pianto  ,  del  qua- 
le V  ardente  cuore  bagnandosi,  opportuna 
medicina  prendeva  alle  sue  fiamme.  E  que- 
sto pianto  avrebbe  per  se  solo  in  maniera 
isnervati  ed  infievoliti  i  legamenti  della  mia 
vita  ,  e  così  vi  sarebbe  il  cuore  allagato 
dentro  ,  che  io  mi  sarei  morto  ,  se  stato 
non  fosse  ,  che  (i)  rassodandosi  per  la  (2) 


(r)    BassodanJosi,  cioè   facendosi  più  sodo, 
(1)    Cocitura  ,  il  Bete,  disse  Coltura. 


42  DEGM    ASOIANl 

toclliira    del    fuoco    tulio    quello  ,    che    il 
piatilo  sfeinperava  ,  cagione  fu  chi;  io    non 
mancai,   /n   questa  guisa  l'uno  e  l'altro  de* 
miei  ìi:;ìIì  prò  faceiìdonn,  e  da  due  morlalissi- 
mi  accidenti    per  la  loro    (i)   contraopera- 
zione  ,  vita  venendomene^  si   rimase  il  ruo" 
re  in  istalo  ;    ma  quale    stalo    voi    vedete  : 
conciossia    cosa    che  io  non  so  ,    quale  piii 
misera  vita  debl>a  potere  essere  ,  che  quel- 
la di  colui  è,  il  quale  da  due  morti  è  vi- 
vo tenuto,  e  perciocché    egli    doppiamente 
muore,  egli  si  vive.  Così  avendo   detlo  Pe- 
roni no  ,  fermatosi  ,  e  poi  a  dire  altro  pas- 
sar   volendo  :    Gismondo    con  la    mano  in 
ver  di  lui   aperta  (z)  sostandolo,  a  madon- 
na Berenice  così  disse  :  Egli  non   v' attien  , 
Madonna,  quello,  che  egli  v'ha  testé  pro- 
messo di    s])orvi  delle    sue  rime  ,  potendol 
fare.    Perciocché  <?gli  una  canzone  fé'  già  , 
che  di  questo  miracolo  medesimo  racconta, 
vaga  e  gentile,  e  non  la  vi  dice.    Fate  che 
égli  la  vi  dica ,  che  ella  vi  piacerà.  11    che 
udito,  la  donna  subitamente  disse:  Dunque 
ci  manchi    tu  ,    Perotlino ,    della    tua  pro- 
messa cosi  tosto?  O  noi  ti  credevamo  uom 
di  fede.  E  con  tai  parole,  e  con  altre  scon- 
giurandol  tutte  ,   non  solamente  a  dir   loro 
quella  canzone,  della  qnale  Gismondo    ra- 
gionava ,  ma  ancor  delle  altre  ,    se  ad  uo- 


(i)   Crntraoperazùone,  dot'  operazione  fatta  in  contrario^, 
(z)  Sostandolo  ,  cioè  fermandolo. 


Libro  I.  4,3 

pò  venissero,  di  quello  che  egli  dirdovea, 
il  constrinsero;  e  fattosi  ripromettere,  più 
d'  una  volta  ,  egli  alla  canzone  venendo  , 
con  voce  compassionevole  così  disse  : 

T^oi  r?ìi  poneste  in  foco  , 

Per  farmi  anzil  mio  dì ,  Donna^  perire. 

E  perchè  questo  mal  vi  parea  poco  , 

Co7  pianto  racl(ìo])piaste  il  mio  languire'. 

Or  io  vi  vo''  heti  dire  : 

Levate  V  un  martire  ; 

Che  di  due  morti  i    non  posso  morire. 
Però  die  da  V  ardore 

Uumor^  che  ven  dagli  occhi  mi  difende.'. 

E  che'l  ^yra/i  pianto  non  distempre  il  core^ 

Face  la  fiamma^  die  V asciuga  e''ncende. 

Cosi  quanto  si  prende 

L*  un  mal,  l'altro  mi  rende: 

E  gioita  quello  stesso  ,  che  ni*  offende» 
Che  se  tanto  a  voi  piace 

feeder  in  polve  questa  carne  ardita. 

Che  vostro  e  mio  mal  grado  è  sì  vivace  j 

Perchè  darle  giammai  quel  che  Vaita? 

Vostra  voglia  infinita 

Sana  la  sua  ferita  : 

Ond"  io  rimango  in  dolorosa  vita, 
E  di  voi  non  mi  doglio  , 

Quanto  d^Amor,  che  questo  vi  comporte'. 

yinzi  di  me,  di  ancor  non  mi  discioglio. 

Ma  che  poss^iol  con  leggi  inique  e  torte, 

j4mor  regge  sua  corte, 
CJìi  vide  mai  tal  sorte  , 

Tenersi  in.  vita  un  ugm  con  doppia  moì'te? 


44  DEGLI    ASOLANI 

E  CO'!!  dello  seguitò.  Parti  ,  Lisa,  che 
a  questi  miracoli  si  convenga  ,  che  il  lor 
facitore  sia  khlio  <;lji;imato?  Parli  che  non 
senza  cagione  qiie'  ])rimi  uomini  gli  abbia- 
no posto  cotal   nome  ?    Perciocché  tutte    le 

cose,  che  fuori   dell'uso  naturale  avveiigo- 
,  ...  .^     ' 

no,  le  q;ia'i  per  questo  si  chiamano   mira- 
coli ,  che  meraviglia  a  gli    uomini  recano  , 
o    i-itcie  o  vedute  ,    non   possono    proceder 
da   cosa  che  soprannaturale  non  sia,  e  tale 
sopra    tutte  le  altre    è    Dio.    Questo    nome 
adnnque    diedero    ad     Amore  ,    siccome    a 
colui  ,  la    cui     potenza    sopra    quella  della 
natura  ad  essi  parea  che  si  distendesse.  Ma 
io  a  diraostrarloti     più    vago  de'  miei    mali 
che  degli  altrui ,    non  ho    quasi    adoperato 
altro  ,  siccome  tu  hai  veduto  ,    che  la  me- 
moria   d'  una  menomissima   parte    de'  m.iei 
infiniti  e  dolorosi  martiri  ,   i  quali   però  in- 
sieme tutti  ,  avvenga  che  essi  di    !>overchia 
miseria  fare    esempio   mi    ])Olessero  a  tuito 
il   mondo    in   fede  della    potenza  di    questo 
Iddio  ,  se  bene  in   maggior  numero  non    si 
stendessero  ,  che  questi   sono  ,    de'  quali    tu 
hai  udito  ;    pure  a  comparazione  di    quelli 
di  tutti  gli  aUri  uomini  per  nulla  senza  f  dio 
riputar  si  possono  ,  o  per  poco.   Che  se  io  F 
t'    avessi    voluto    dipingere    ragionando    le  ' 
istorie  di  centomila    amanti  ,    che  si  lejoro- 
lao ,    siccome    nelle  Chiese    si    suo'e    fare  , 
nelle  quali  dinanzi  ad  un  Iddio  non  la  fe- 
de d*  un  uom  solo,    ma    d'infiniti  si    vede 
in  m.ille  tavolette  dipinta  e  raccontata  j  cer- 


Libro  T.  45 

to  non  altramente  maravigliata  tn  ne  save- 
sti  ,  che  sogliano  i  pastoii  ,  quando  essi 
primieramente  nella  città  d'alcuna  bisogna 
].ortati  ad  una  ora  mille  cose  veggono,  t  he 
son  loi'O  d' infinita  maraviglia  cagione.  i*ȏ 
perchè  io  mi  creda  che  le  mie  miserie  sien 
gravi  ,  come  senza  fallo  sono  ,  è  egli  per 
ciò  da  dire  che  lievi  sieno  1'  altrui  ;  o  che 
amore  lìe' cuori  di  mille  uomini  per  avven- 
tura non  s'  avventi  con  tanio  impeto  ,  con 
quanto  egli  ha  fatto  nel  mio  ;  e  che  egli 
cotante  e  cosi  strane  maraviglie  non  ne 
generi  ,  quante  e  quali  son  quelle  ,  che 
egli  nel  mio  ha  generate.  Anzi  io  mi  credo 
per  certo  d' avere  di  molti  compagni  a 
questa  pruova  per  grazia  del  mio  Signore  : 
quantunque  essi  utni  cosi  tulli  veder  si 
possano  da  ciascuno  e  conoscere ,  come  io 
me  slesso  conosco.  Ma  è  appresso  le  altre 
questa  una  delle  sciocchezze  (i)  degli  aman- 
ti ;  che  ciascuno  si  crede  essere  il  più  mi- 
sero ,  e  di  ciò  s' invaghisce  ,  come  se  di 
questa  vittoria  ne  gH  venisse  corona  :  nò 
vuole  per  niente  ,  che  alcuno  altro  viva  , 
il  quale  amando  possa  tanto  al  sommo  d'o- 
gni male  pervenire  ,  quanto  egli  è  perve- 
nuto. Amava  Argia  senza  fallo  oltre  modo; 
se  alle  cose  molto  antiche  si  può  dar  fede: 
la  quale  chi  avesse  udita  ,  quando  ella  so- 
pra le  ferite    del  suo  morto    marito    gitta- 


(i)  Sciocchezze  dejjli  amanti. 


46  DEGLI    ASOL.INI 

tasi  piagneva  ,  sio<ome  si  dee  pensare  che 
ella  facesse,  avrebl)e  ittteso,  che  ella  il  suo 
dolore  sopra  quello  d'ogni  altra  doleute 
riponeva.  Ki>puré  iegi^iuuìO  d' tvadna  ,  la 
quale  in  quella  medesima  sorte  di  miseria 
e  in  un  tempo  con  le»  pervenuta ,  sdegiian- 
do  alleramente  la  propria  vita  il  suo  morto 
marito  non  pianse  solamente  ,  ma  ancorai 
segui'o.  Fece  il  somigliante  Laodomia  nella 
morte  del  suo  :  fece  la  bella  Asiana  Pantea: 
fece  in  quella  del  suo  amante  la  infelice 
giovane  di  Sesto  questa  medesima  prova  : 
fecero  altresì  di  moit'  altre.  Perchè  com- 
prender si  può  ogni  stato  d'infelicità  potersi 
in  ogni  tempo  con  molti  altri  i assomigliare. 
Ma  non  di  ]egii;icr  si  veggono  ,  perciocché 
la  miseria  ama  sovente  di  star  nascosUj.  Tu 
dunque.  Lisa,  daiìdo  alle  mie  angosce  quella 
compagnia  ,  che  ti  parrà  poter  dare  ,  senza 
che  io  vada  tutte  le  istorie  ravvolgendo  , 
potrai  agevolmente  argomentare  la  potenza 
del  tuo  Iddio  tante  volle  più  distendersi  di 
quello  ch'io  t'ho  co' miei  esempi  dimostra- 
lo ,  quanti  possono  esser  qutlli,  ohe  amino 
come  fo  io ,  i  (piali  possono  senza  fallo 
essere  infmiti.  Perciocché  ad  Amore  è  per 
niente,  che  può  essere  ,  solo  che  esso  voglia, 
ad  un  tempo  parimente  in  ogni  luogo,  di 
cotali  prodezze  a  rischio  della  vita  degli 
amanti  in  mille  di  loro  insieme  insieme  far 
pruova  .  iLgli  così  giuoca  ,  e  quello  ,  che  a 
noi  è  d' inlìnite  la.'»rifne  e  d'inhuiti  torraea- 
ti    cagione,    suoi   scherzi  sono   e    suoi    risi 


Libro  T.  47 

non  aìtramenle  che  nostri  <lolorl .  E  già  iu 
modo  ha  se  avvezzo  nc\  nostro  sangae  ,  e 
delle  nosti^e  ferite  invaghito  il  crndele ,  che 
di  tutti  i  suoi  riìiracoli  quello  è  il  più  ma- 
raviglloso,  quando  egli  alcuno  ne  fa  ama- 
re ,  il  qual  senta  poco  dolore .  i^  perciò 
pochissimi  sono  quegli  amanti  (se  pure  al- 
cuno ve  n'è,  ch'io  noi  so)  che  possano 
nelle  lor  fiamme  servar  modo  ;  dove  in 
contrario  si  vede  tulio '1  giorno:  lasciamo 
slare  che  di  riposati,  di  (t)  riguardosi,  di 
studiosi,  di  filosofa  ìli,  molte  volle  (z)  ris- 
chievoli  andaiori  di  notte,  portatori  d'ar- 
me, saliiori  di  mura,  feritori  d'uomini 
diveniamo  ;  ma  tutlo  dì  veggiamo  mille  uo- 
m^ini ,  e  quelli  per  avventura,  che  per  più 
costanti  sono  e  per  più  saggi  riputati,  quan- 
do ad  amar  si  conducono,  palesemente  im- 
pazzare. Ma  perciocché  fatto  Iddio  da  gli 
uomini  Amore  per  queste  cagioni  ,  che  tu. 
vedi  Lisa,  parve  ad  essi  convenevole  dovei^*- 
gli  alcuna  forma  dare,  acciocché*  esso  più 
interamente  coaosciuto  fosse.  Ignudo  (3)  il 
dipinsero  ;  per  dimostrarci  in  quel  modo 
non  solamente  che  gli  amanti  niente  lnuuo 
di  suo ,  couciosia  cosa  che  essi  stessi  sieuo 
d'altrui  ;    ma    questo    ancora ,    che   essi  di 


(f)   Riguardosi  j  cioè  uomini  dì   riguardo,  e  di  rispetto. 

(a)  Rischievoli  ,  ciò  è  arrisicati  ,  arrischievoU  disse  il 
Eocene,  nella   Fiammetta. 

(3)  Amore  p  nchè  ignudo  fanciullo  ,  alato ,  con  la 
face,  con  l'arco,  e  con  gli  strali. 


48  DEr,LI    ASOLAM 

Ogni  loro  arbitrio  si  spogliano,  d'ogni  ra- 
gione rimangono  ignudi:  Fanciullo;  non 
perchè  ei;ii  si  sia  garzone,  che  nacque  in- 
sitnie  co' primi  uomini,  ma  perciò  che 
garzoni  fa  divenire  di  conoscimento  quei 
che  '1  seguono,  e  quasi  una  nuova  Medea 
con  islrani  veneni  aicuna  volta  gli  attempa- 
ti e  canuti  (i)  ribambire.  Alato;  non  per 
altro  rispetto  ,  se  non  perciò,  che  gli  aman- 
ti dalle  penne  de'  loro  stolli  disiderj  sosten- 
tati volan  per  l'aere  della  loro  speranza , 
siccome  essi  si  fanno  a  credere,  leggiermen- 
te iiifino  al  cielo.  Ohre  acciò  una  face  gli 
posero  jn  mano  accesa;  perciocché  siccome 
del  fuoco  piace  lo  splendore ,  ma  l'ardore 
è  dolorosissimo  ;  cosi  la  prima  apparenza 
d'ajmore ,  in  quanto  sembra  cosa  piacevole 
ci  diletta;  di  cui  poscia  l'uso,  e  la  sperien- 
za  ci  lonnenlano  fuor  di  misura:  il  che  se 
da  noi  conosciuto  fosse  prima  che  vi  si  ar- 
desse,  oh  quanto  meno  ampia  sarebbe  oggi 
la  signoria  di  questo  tiranno,  e  il  numero 
degli  amami  minoie,  che  essi  non  sono! 
Ma  noi  stessi  del  nostro  mal  vaghi,  sicco- 
me farfalle,  ad  essa  n'aiidiani  per  diletto; 
anzi  pure  noi  medesimi  snessc  volte  ce  rac- 
cendiamo :  onde  poi  quasi  Perilli  nel  pro- 
prio toro,  così  noi  nel  nostro  incendio  ci 
Teggiamo    manifestamente    perire .    Ma  per 


(0  Ribambi'-e  j  cioè  divzitar    bambini:    ed    è    vroprio 
de  vecchi  decrepiti  , 


Libro  T.  4c) 

dar  fine  alla  immai^ine  di  questo  iddio  ma- 
le i^er  gli  uomini  di  sì  diversi  colori  della 
loro  miseria  (i)  pennellata,  a  tulle  queste 
cose.  Lisa,  che  io  l'ho  delti-',  l'arco  v'ag- 
£,i unsero  e  gli  strali  ;  per  darci  ad  intendere, 
che    tali    sono  le  ferite,  che  Amore  ci  dà, 
quali    polrebboii    esser     quelle   d'  un  buou. 
arciere,    che    ci   sael tasse:  le  quali  però  in 
tanto  sono  più  mortali,  che  egli  lu'te  le  dà 
nel  cuore,  e  questo  ancora  più  avanti  han- 
no   di    male,    che  egli  mai    non  si  stanca, 
od  a  pietà  si  muove  ,   perchè  ci  vegga  ve- 
nir meno;  o  anzi   egli  tanto    più  s'atVretta 
nel  feiirci  ,  quanto  ci  sente    più    dt^holi   e 
più  mancare  .  Ora  io  mi  credo  assai   aper- 
tamente averli.  Lisa,  dimostrato  ,   quali  fos- 
sero  le  cagioni  ,   che  mosser   gli    uomini  a 
chiamare  Iddio  costui,  che  noi  Amore  chia- 
miamo ;  e  perchè  essi  così  il  dipinsero,  come 
lu  hai  veduto, il  quale  se  con  dritto  occhio  si 
mira,  non  che  egli  nel  vero  non  sia  Iddio,  il 
che    sarebbe  scelleratezza   pure   a  pensare , 
non  che  mancamento  a  crederlo  ;  anzi  egli 
)ion  è  altro,  se  non  quello  che  noi   mede- 
simi vogliamo  (2).   Perciocché  conviene  di 
necessità ,  che  amore  nasca   nel    campo  de* 
nostri  voleri ,  senza  il  quale,  siccome  pianta 
senza  terreno ,    egli    aver    luogo    non    può 
giammai.   E  il  vero  che  comunque   noi  ri- 
cevendolo nell'animo  gli  lasciamo  aver  pie. 


(i)  Pennellata  ,  cioè  dipinta  col  pennello. 
(a)  Amore  non  è  altro,  ctie  quanto  noi  stessi  vogliamo. 
Bembo  f^oL,  1*  4 


50  DEGLI    ASOLA.M 

e  nella  nostra  voloulà  far  radici,  egli  tanto 
prende  di  vigore  da  se  stesso ,  che  poi  ao- 
stro  mal  grado  le  più  "volle  vi  rimane  cou 
tante  e  così  pungenti  spiiìe  il  cuore  afUig- 
gtDdoci,  e  così  nuove  maraviglie  gcnuran- 
cloue ,  come  ben  chiaro  conosce  chi  lo  pruo- 
va  .  Ma  perciocché  io  buona  via  mi  sono 
teco  venutone  ragionando,  tempo  è  da  ritor- 
nare a  Gismondo  ,  il  fjuale  io  lasciai  dalla 
tua  voce  lichiamato  già  su  ne'  primi  passi 
del  mio  cammino,  avendo:ni  egli  dimanda^ 
to ,  come  ciò  vero  fosse,  che  io  dissi,  che 
amare  senza  amaro  non  si  puote.  Il  che 
quantunque  possa  sensta  dubbio  assai  esser 
chiaro  conosciuto  per  le  precedenti  ragioni, 
da  chi  per  avventura  non  volesse  a  suo 
danno  farsi  sofistico  contra '1  vero;  pure  sì 
perchè  a  voi  donne  maggiore  utilità  ne  se- 
gna ,  le  quali  perciocché  femmine  slete,  e 
per  qut'sto  meno  nel  viveic  della  forluna 
esei citate,  che  noi  non  siamo,  più  di  con- 
siglio avete  mcstiero,  e  sì  perchè  a  me  già 
nel  dolermi  avvialo  giova  il  favellare  bene 
in  lungo  de' miei  mali,  siccome  a' miseri 
suole  avvenire  ,  più  oltre  ancora  ne  parle- 
rò ;  e  cosi  forse  ad  un'  ora  a  voi  m'  ubri- 
gherò  ragionando  ,  e  disubrlgherò  consi- 
gliando ,  e  per  le  cose ,  che  possono  a  chi 
non  r  intendesse  di  molla  infelicilà  esser 
cagione ,  discorrendo  e  avvisando  .  Avea 
dette  quesiti  parole  Peroltino  ,  e  tacevasi 
apparecchiandosi  di  riparlare,  quando  Gis- 
mondo  risguardate   l'ombre   del  Soie,  che 


Libro  T.  5i 

alfjuanlo  erano  divenute  raaggioii ,  alle 
donne  rivoltosi  così  disse.  Care  donne,  io 
Lo  sempre  udito  dire,  che  il  vincere  più  ga- 
gliardo guerriere  ,  fa  la  vittoria  maggiore  . 
Perchè  di  quanto  più  rinforza  Perotlino 
argomentando  le  sue  ragioni ,  e  più  lunga- 
mente nella  iniqua  sua  causa  s'affatica  aguz- 
zando la  punta  del  suo  ingegno  di  parlare, 
di  tanto  egli  alle  mie  tempie  va  tessendo 
più  lodevole  e  più  graziosa  corona.  Ma  io 
temo,  se  io  gli  arò  a  rispondere,  che  non 
mi  manchi  il  tempo,  se  noi  vorremo,  sic- 
come usati  siamo  ,  all'  ora  del  festeggiare 
insieme  con  gli  altri  nel  palagio  ritrovarci. 
Perciocché  il  Sole  già  verso  il  vespero  s'in- 
china ,  e  a  noi  forse  non  fie  guari  più  d'al- 
trettanto spazio  di  qui  dimorarci  conceduto 
di  quello  ,  che  e'  è  passato  poiché  noi  ci 
siamo.  E  l'ora  è  sì  (i)  fuggevole  ,  e  cosi 
ci  pigliano  l'animo  le  vezzose  parole  di  Pe- 
roltino  ,  che  a  me  pare  d' esserci  appena 
appena  venuto.  A  cui  Sabinetta,  che  la  j)iù 
giovane  era  delle  tre  donne,  e  nel  princi- 
pio di  questi  ragionamenti  postasi  a  sedere 
neir  erbetta  sotto  gli  allori ,  quasi  fuori 
degli  altri  stando  e  ascoltando,  poiché  Pe-^ 
Trottino  a  favellare  incominciò  ,  niente  ancora 
avea  parlato,  anzi  acerbetta  che  no,  disse: 
Ingiuria  si  farebbe  a  Perottino,  se  tu  Gis- 
mondo  per  cotesto  dir  volessi,  che  egli  a 
ristringere  dovesse  avere    i    suoi    sermoni  . 


(!)  Fuggevole  y  cioè  atta  a  fuggir$^ 


52  DFGLT     ASOT.VM 

Parlisi  a  suo  lielTaglo  tgll  op;gl  ,  quanto  ad 
esso  })lace  ;  lii  ì;1ì  |>otrai  lisjìondere  poscia 
domani,  conciossiaiosacliè  e  a  noi  fie  più 
dilettevole  il  jùi^'iarcl  (fuesto  sollazzo  e  di- 
poi to  fnedesimanientc  dell'  altre  volte  ,  che 
qui  abbiamo  pia  dì  a  starci,  e  a  te  potrà 
essere  più  agevole  il  rispondere,  che  averai 
avuto  (juesto  niez/o  tenq^o  da  pensarvi  . 
Piacque  a  ciascuno  l'avviso  di  Sal)inetla,  fì 
cosi  conchiuso  che  si  facesse  in  quello  me- 
desimo luogo  il  seguente  giorno  ritornando, 
poic  lìè  o^;^nun  si  icicque ,  Peiottino  inco- 
minciò, .siccome  delle  vaghe  e  travagliate 
navi  sono  i  porli  riposo,  e  delle  cacciate 
fìeie  le  selve  loro,  cosi  de'  quislionevoli  ra- 
gionamenti sono  le  vere  conclusioni  ;  ne 
giova,  dove  queste  manchino,  molte  voci 
rotonde  e  segnate  raunando  e  componendo, 
le  quali  per  avventura  più  da  coloro  sono 
con  istudio  cercale,  che  più  da  se  la  veri- 
tà lontana  sentono,  occupar  gli  animi  degli 
ascoltanti  ,  se  essi  non  solamente  la  fronte 
e  il  volto  delle  ])arole  ,  ma  il  petto  ancora 
e  il  cuor  di  loro  con  maestro  occhio  rimi- 
rano- Il  che  temo  io  forte,  o  donne,  non 
domani  avvenga  a  Gismondo,  il  quale  più 
del  suo  ingegno  co  ìfidandosi ,  che  avendo 
risguardo  a  quello  di  ciascuna  di  voi,  o  pure 
alla  debole/za  della  sua  causa  rispetto  o  pen-  : 
siero  alcuno  ,  spei'a  di  questa  giostra  co- 
rona .  Nella  quale  sua  speranza  assai  gli 
sarebbe  la  fortuna  favorevole  stata,  più 
lungo  spazio  da  prepararsi  alla  risposta  coa-i 


Libro  I.  53 

cedendogli,  che  a  me  di  venire  alla  pro- 
posta non  diede,  se  e'^Vi  alla  verità  non  fos- 
se nemico.  E  perchè  ci^li  i'i  me  non  ritor- 
ni qnello ,  che  io  ora  apponj^o  a  lui ,  alla 
sua  richiesta  venendo  dico  ,  che  quantun- 
que volte  adiviene  ,  che  ruom  non  po'^^eg- 
ga  quello,  che  ei^li  desidera;  tante  volle 
egli  dà  luogo  in  se  alle  passioni,  le  quali 
ogni  pace  turb;indogli ,  siccome  città  da 
suoi  nemici  comhalluta,  m  continuo  tor- 
mento il  tengono  più  e  men  grave,  secon- 
do che  più  o  men  possenti  i  suoi  desiderj 
sono.  E  possedere  qui  chiamo  non  quello, 
che  suole  essere  ne' cavalli,  o  nelle  veste, 
o  nelle  case,  delle  quali  il  signore  è  sem- 
plicemente possessor  ch'amato,  quantunque 
non  egli  solo  le  usi ,  o  non  sempre,  o  non  a 
suo  modo,  ma  possedere,  dico  il  fruire  com- 
piutamente ciò ,  che  altii  ama  in  quella 
guisa  ,  che  ad  esso  è  più  a  grado.  La  qual 
cosa  perciocché  è  per  se  stessa  manifestissi- 
ma, che  io  altramente  ne  quistioni  non  fa 
nicstiero.  Ora  vorrei  io  saperda  te  Gismou- 
do,  se  tu  giudichi,  che  l'uomo  amante  altrui 
possa  quello,  che  egli  ama,  fruire  compiuta- 
mente giammai.  Se  tu  di'  ,  che  sii  ,  tu  ti  poni 
in  manifesto  errore,  perciocché  non  può 
l'uomo  quando  che  sia  fruir  compiutamen- 
te cosa,  che  non  sia  tutta  in  lui;  concio- 
siacosachè  le  strane  sempre  sotto  l'arbi- 
trio della  fortuna  stiano  e  sotto  il  casc>  ,  « 
non  sotto  noi ,  e  altri  quanto  sia  cosa  istra- 
Jia ,  dalla  suu  voce  medesima  si  fa  chiaro . 


54  DEGLI    ASOLA^'I 

Se  tu  dV,  che  no,  confessare  adunque  li 
bisognerà;  né  ti  potranno  gli  amanti  difen- 
dere, oGlsmondo,  che  chiunque  ama  ,  sen- 
ta e  sostenga  passione  a  ciascun  tempo .  E 
perciocché  non  è  altro  l'amaro  dell'animo  j 
che  il  fele  delle  passioni ,  che  l'avvelenano, 
di  necessità  si  conchiude ,  che  amare  senza 
amaro  non  è  più  (i)  fattibile  ,  che  sia  ,  che 
l'acque  asciughino,  o  il  fuoco  bagni,  o  le  nevi 
ardano,  o  il  Sole  non  dia  luce.  Vedi  tu 
ora  Gismondo  in  quanto  semplici  e  brie- 
\i  parole  la  pura  verità  si  rinchiude  ? 
Ma  che  vo  io  argomentando  di  cosa  , 
che  si  tocca  con  mano  ?  che  dico  io  eoa 
mano?  an^i  pur  col  cuore.  INè  cosa  è,  che  più 
a  dentro  si  faccia  sentire  ,  o  più  nel  mez- 
zo d'  ogni  nostra  midolla  penetrando  tra- 
figga r  anima  ,  di  quello  che  Amore  fa  , 
il  quale  siccome  potentissimo  veneno ,  al 
cuore  ne  manda  la  sua  virtù  ,  e  qua- 
si ammaestrato  rubator  di  strada  nella 
vita  de  gli  ucmini  cerca  incontanente 
di  por  mano.  Lasciando  adunque  da  par- 
te con  Gismondo  i  sillogismi  ,  o  donne, 
al  quale  più  essi  hanno  rispetto ,  siccome 
a  lor  guerriere ,  che  a  voi ,  che  ascoltatri- 
ci  siete  delle  n<;stre  quistioni  ,  con  voi  me 
ne  verrò  più  apertamente  ragionando  que- 
st'  altra  via.  E  yierciocchè  per  le  passioni 
dell'animo  discorrendo,  meglio  ci  verrà  la 


(0  Fattilile ^  cioè  allo  a  farsi» 


Libro  I.  55 

costui  amareìza  conoscluU ,  siccome  quel- 
la ,  che  egli  si  trae  «lalT  aloè  loro ,  poiché 
in  esse  col  ragionare  alquanto  già  iiitrati 
siamo,  e  a  voi  piace,  che  il  favellare  oggi 
sia  mio  ,  il  quale  poco  innanzi  a  Gismon- 
do  donalo  avevate ,  seguilando  di  loro  vi 
parlerò  più  lunga  tela  tessendovi  de'  lor 
iìli.  Sono  adunque,©  (i)  donne,  le  passio- 
ni dell'animo  queste  generali,  e  non  più, 
dalle  quali  tutte  le  altre  dirivando  in  loro  ri- 
tornano, soverchio  desiderare ,  soverchio  ral- 
legrarsi, soverchia  tema  delle  future  miserie, 
e  nelle  presenti  dolore  ;  le  quali  passioni 
perciocché  siccome  venti  contrarj  turbano 
la  tranquillità  dell'animo  e  ogni  quiete 
della  nostra  vita  ,  sono  per  più  segnato  vo- 
cabolo (z)  perturbazioni  chiamale  dagli  Scrit- 
tori .  Di  queste  perturbazioni  quantunque 
propria  d'amore  sia  la  primiera  ,  siccome 
quello,  che  altro  che  disiderio  non  è,  pure 
egli  non  contento  de' suoi  confini,  passa 
nelle  altrui  possessioni  soffiando  in  modo 
nella  sua  fiaccola ,  che  miseramente  tnttc  le 
mette  a  fuoco  ;  il  quale  fuoco  gli  animi 
nostri  consumando  e  distruggendo  trae  spes- 
se volte  a  fine  la  nostra  vita  ;  o  se  questo 
non  ne  viene ,  a  vita  peggior  che  mone 
senza  fallo  ci  conduce.  Ora  per  incominciar 
da  esso    (3)  desiderio ,    dico  questo    essere 


(i)  Passioni  dell'animo, 
(a)  Perturbazioni. 

(3)  Il  desiderio  è  capo  e   origioe  «li  tutte   1"  altre 
passioni. 


56  DEGLI    ASOLANI 

di  tutte  le  altre  ytassioni  origine  e  capo,  e 
da  questo  ot^ni  nostro  male  procedere  noa 
altramente,  tlie  faccia  ogni  albero  da  sue 
radici.  Perciocché  comunque  egli  d'alcuna 
cosa  s'accende  in  noi ,  incontanente  ci  so- 
sp'gne  a  seguirla  e  a  cercarla,  e  così  seguen- 
dola e  cercandola  ,  a  Irabocclievoli ,  e  di- 
sordinali pericoli  ,  e  a  mille  miserie  ci 
conduce.  Questo  sospigne  il  fratello  a  cer- 
care dalla  male  amata  sorella  gli  abboraine- 
Toli  abbracciamenti,  la  matrigna  dal  figlia- 
stro ,  e  alcuna  volta  (  il  cbe  pure  a  dirlo 
mi  è  grave)  il  padre  medesimo  dalla  ver- 
ginetta  figliuola,  cose  più  tosto  mostruose, 
che  fiere  ;  le  quali  ,  perciocché  vie  più 
bello  è  il  tacerle,  che  il  favellarne  ,  lascian- 
do nella  loro  non  dicevole  sconvenevolezza 
stare  ,  e  di  noi  favellando  ,  cosi  vi  dico, 
che  questo  disio  i  nostri  pensieri ,  i  nostri 
passi  ,  le  nostre  giornate  dispone  ,  e  scor- 
ge ,  e  trae  a  dolorosi  e  non  pensati  fini. 
IVè  giova  spesse  volte  ,  che  altri  gli  si  op- 
p»onga  con  la  ragione,  perciocché  quantun» 
que  d'andare  al  nostro  male  ci  accorgiamo, 
non  per  tanto  ce  ne  sappiam  ritenere:  o  se 
pure  alcuna  volta  ce  ne  rileniamo,  da  capo, 
come  quelli  che  il  male  abbiam  dentro  (i) 
al  vomito  con  maggior  violenza  di  stomaco 
ritorniamo.    E    avviene    poi ,    che    siccome 


(i)  lUtornare  al  vomito  proverbio  e    significa  Ritor^ 
tiare  al  mal/are  tralascialo. 


I 


LiKRo  T.  57 

quel  Sole  ,  nel  qual  noi  gU  ocelli  teneva- 
mo slamane  ,  quando  ei  surgela ,  ora  di- 
lungatosi fra  'I  giorno  abbaglia  obi  lo  rimi- 
ra ;  così  bene  scorgiamo  noi  da  prima  il 
nostro  male  alle  volte  ,  quando  ei  nasce  , 
il  quale  medesimo  fatto  grande  ,  accieca 
ogni  nostra  ragione  e  consiglio.  Ma.  non  si 
conlenta  di  tenerci  Amore  d' una  sola  vo- 
glia, quAsi  d'una  verga  sollecitati  :  anzi  sic- 
come dal  disiderar  delle  cose  tutte  le  altre 
passioni  nascono  ;  così  dal  primo  disiderlo, 
cbe  sorge  in  noi  ,  come  da  largo  fiume  , 
mille  altri  ne  derivano  ,  e  questi  sono  ne- 
gli amanti  non  men  diveisi  ,  cbe  iufiniti. 
Perciò  cbe  quantunque  il  più  delle  volte 
tutti  tendano  ad  un  line  ;  pure  percbè  di- 
versi sono  gli  obbietti  ,  e  diverse  le  fortu- 
ne dc"li  cimanti  ,  da  ciascuno  senza  fallo 
diversamente  si  disia^  Sono  alcuni,  cbe  per 
giugnere  quando  che  sia  la  lor  preda,  pon- 
gono tutte  le  forze  loro  in  un  corso  ,  nel 
quale  o  quante  gravi  e  dure  cose  s'incon- 
trano !  o  quante  volte  si  cade  !  o  quanti 
seguaci  pruni  ci  sottomordono  i  miseri 
piedi  !  e  spesse  fiate  avviene  ,  cbe  prima  si 
perde  la  lena,  cbe  la  caccia  ci  venga  imboc- 
cala. Alcuni  altri  possessori  della  cosa  amata 
divenuti  ,  niente  altro  disideraoo  ,  se  non  di 
mantenersi  in  quello  medesimo  stato  ,  e 
quivi  Ijsso  tenendo  ogni  loro  pensiero  ,  e 
in  questo  solo  ogni  opera,  ogni  tempo  loro 
consumando  ,  nella  felicità  son  miseri ,  e 
nelle  ricchezze  mendici,  e  nelle  loro  vcntu- 


58  DEGLI    Af;OLANl 

resciagurntl.   Altri  di  possessione  uscito  de" 
suoi   bfui,  ccrcn   di  rieutrarvi  ;  e  quivi  con 
mille  dure  condizioni  ,  con   mille    patii  ini- 
qui ,    in    prieghi  ,    in    lagiime  ,    in     strida 
consumandosi,  mentre  del   perduto  conten- 
de ,    poiìC    in    quistion    pazzamente    la  sua 
\ila.    Ma  non    si  veggono    queste    fatiche  , 
questi  guai  ,  questi  toimentl  ne'pi'inii  disii. 
Perciocché  siccorae  ndl'entrar  d'alcun  bos- 
co   ci    par    d' avere  assai  spedito    sentiero , 
ma  quanto  più  in  esso  penetriamo  cammi- 
nando, tanto  il  calle  più  angusto  diviene; 
così  noi  primieramente  ad  alcuno   obbielto 
dair  appetito    invitati ,    mentre  a    quello  ci 
pare    di    dover    potere    assai    agevolmente 
pervenire ,    ad  esso    più  oltre  andando    di 
passo  in  passo  troviamo  più  ristretto  e  più 
malagevole  il  cammino;  il  che  a  noi  e  del- 
le   nostre    tribolazioni    fondamento.    Perciò 
che  per  vi  pure  poter  pervenire,  ogni  im- 
pedimento   cerchiamo    di  rimuovere  ,    che 
il  ci  vieti  ;    e    quello   che    per   diritto  non 
si    può  ,    conviene    che    per    (   '   )    obbli- 
co  si  fornisca.    Ouinci    le   ire  nascono ,    le 
quistioni  ,    le    offese  :    e  troppo  più  avanti 
ne  se2[ue  di   maU' ,  ^die  nel    comi'iciaraento 
non  pnre  altrui  esser  possibile  ad  avvenire. 
Ed  affine  che  io  ogni   cosa   minila  raccon- 


(i)  Obblico  ^  !;i^nif>cn  torto,  e  in  prosa  non  r,  ch'io 
savpia,  usato  da  nitri.  TI  Pftr.  l'usò  una  volta  dura  legge 
d'Amor  ;  ma  benché  Obbliqua  i  e  lo  scrisse  per  q  ^  ed  u» 


LlBIlO    I.  ^ìc\ 

lancio  non  vada  ;  quante  volte  sono  da  al- 
cuno state  per  questa  cagione  le  morti 
d'  infiniti  uomini  desiderate  ?  e  per  avven- 
tura alcuna  volta  de' suoi  più  cari?  Quan- 
te donne  già  dall'appetito  trasportate  bana- 
no la  morte  de'  loro  mariti  procacciata  ? 
Veramente  ,  o  Donne  ,  se  a  me  paresse 
poter  dire  maggior  cosa,  che  questa  non  è, 
io  più  oltre  ne  parlei'ei.  Ma  che  si  può  dir 
di  più  ?  il  letto  santissimo  della  moglie  e 
del  marito  ,  testimonio  della  più  secreta 
parte  della  lor  vita  ,  consapevole  de'  loro 
dolcissimi  abbracciamenti ,  per  nuovo  disio 
d'  amore  essei-e  del  sangue  innocente  del- 
l'uno  col  ferro  delf  altro  tinto  e  bagna- 
to. Ora  facendo  vela  da  questi  duri  ed 
importuni  scogli  del  disio  ,  il  mare  del- 
l' allegrezza  fallace  e  torbido  solchiamo. 
Manifesta  cosa  vi  dee  adunque  essere  ,  o 
Donne,  che  tanto  a  noi  ogni  allegrezza  si 
fa  maggiore  ,  quanto  maggiore  negli  animi 
nostri  è  stato  di  quello  il  disio ,  che  a  noi 
è  della  nostra  gioja  cagione  :  e  tanto  più 
oltre  modo  nel  conseguire  delle  cercate 
cose  ci  rallegriamo ,  quanto  più  elle  da  noi 
prima  sono  state  cerche  oltra  misura  .  E 
pertnò  che  ninno  appetito  ha  in  noi  tanto 
di  forza  ,  ne  con  sì  possente  impelo  all' ob- 
bietto  propostogli  ci  trasporta  ,  quanto  quel- 
lo fa,  che  è  dagli  sproni  e  dalla  sferza 
d'amore  punto  e  sollecitato  ,  avviene  che 
ninna  allegrezza  di  tanto  passa  ogni  giusto 
segno  ,  di  quanto  quella  degli  amanti    pas- 


i 

60  DEGLI     ASOLAM  ^ 

sar  <;i  vede,  c|ua!ttlo  essi  iralcimo  loro  de- 
sitlerlo  veiii^our)  a  riva.  E  veramente  chi 
si  ìallcgreiel)l)e  colanto  d'nn  ]>icclo]o  ««gnar- 
Jo ,  o  chi  in  luogo  di  somma  felicità  por- 
rebbe due  li  eriche  parolelte  ,  o  un  hrieve 
toccftr  di  mano  ,  o  un'  altra  favola  cotale  , 
se  non  l'ama'ie  ,  il  quale  è  di  queste  stesse 
r»ov(]lu77.e  vago  e  disievole  fuor  di  ragione? 
cerio,  die  io  creda,  uiuuo.  ^è  per  ciò  è 
da  dire  ,  che  in  questo  a  miglior  coudizione, 
che  tutti  gli  altri  uomini  noiì  sono,  siaio  gli 
amanti;  quando  manifestamente  si  vede  ,  che 
ciascuna  (K'ile  loro  allegrezze  le  più  volte,  o 
per  dir  meglio  ,  sempre  accom]>agnaco  in- 
finiti dolori  :  il  che  negli  altri  non  suole 
avvenire ,  in  modo  che  quello  ,  che  una 
volta  soprava  !za  nel  sollazzo,  è  loro  mille 
fiale  renduto  nella  pena.  Senza  che  ninna 
allegrezza,  quaiulo  ella  trapassa  i  termini 
del  convenevole,  è  sana  (1)  ;  e  più  tosto 
credenza  fallace  e  stolta  ,  che  vera  allegrez- 
za si  può  chiamare.  La  (piale  è  ancna  per 
questo  dumosa  negli  amanti  ,  che  ella  in 
modo  gli  lascia  ebbri  del  suo  veleno  ;  che 
come  se  essi  in  Lete  avessero  la  memoria 
tuffata,  d'ogni  altra  cosa  fatti  dimentichi, 
salvo  che  del  lor  male  ,  ogni  onesto  ufi:- 
cio  ,  ogni  studio  lodevole  ,  ogni  oioiata 
impresa ,  ogni  lor  debito  lasciato  a   dietro, 


(t)  L'aUegrezze  che  passano    il    coavenevois,  nor 
son  Tore  allegrezze. 


Libro  T.  6f 

in  qucsla  sola  \iiii|)trevolmente  pongono 
liilti  i  lor  pensieri  :  di  che  no  i  soJdiuealtì 
"vergoc^na  e  clruino  ne  Segue  loro,  uia  oiire 
ciò  (juasi  di  se  slessi  nemici  diveuuli  ,  essi 
medesimi  volonlariamente  si  £in:iO  servi  di 
mille  dolori.  Qii.tnfe  notii  miseramente  pas- 
sa vegghiando  ;  quanli  giorni  sollecitamente 
perde  in  un  solo  pensiero;  quanti  passi 
misura  in  vano  ;  quante  carte  vei  gando  non 
meno  le  Lagna  di  lagrime,  che  d'inchiostri 
r  infelice  amante  alcuna  volta,  prima  che 
egli  un'ora  piacevole  si  guadagni?  La  qu.jl 
per  avventura  senza  noja  non  gli  viene  , 
siccome  di  lamentevoli  parole  spesse  volte^ 
e  di  focosi  sospiri ,  e  di  vero  pianto  me- 
scolala ,  o  forse  non  senza  pericolo  stan- 
do della  propria  persona  ;  o  se  alcuna 
di  queste  cose  noi  tocca  ,  certo  con  dolo- 
roso pungimento  di  cnore ,  che  ella  si  to- 
sto fuggendo  se  ne  porli  i  suoi  diletti  ,  i 
quali  egli  ha  cosi  lungamente  penato  per 
acquistare.  Chi  non  sa,  quanti  pentimeatì, 
quanti  scorni,  quante  mulazioni ,  quanti 
rammirichi  ,  quanti  pensieri  di  vendetta  , 
quante  fiamme  di  sdegno  il  cuocono  e  ri- 
cuocono  mille  volte,  prima  che  egli  un 
piacere  consegua?  Chi  non  sa,  con  quante 
gelosie,  con  quante  invidie,  con  quanti 
sospetti  ,  con  quante  emulazioni ,  ed  in  line 
con  quanti  assenzi  ciascuna  sua  brevissima 
dolcezza  sia  comperata  ?  Certo  non  hanno 
tante  conche  i  nostri  liti ,  né  tante  foglie 
muove  il  vento  in  questo  giardino,  qualora 


62  DEGLI     ASOLANI 

egli  più  verde  sì  vede  e  più  vestito,  quanti 
jìossono  ili  ogni  sollazzo  amoroso  esser  dolori. 
E  questi  medesimi  sollazzi  se  avviene  alciuja 
fiata  che  sieno  da  ogni  loro  parte  di  duolo 
e  di  maiiinconia  voti,  il  che  non  può  es- 
sere, ma  posto  che  sì,  allora  per  avven- 
tura ci  sono  eglino  più  dannosi  e  più  gra- 
vi. Perciocché  (i)  le  fortune  amorose  non 
sempre  durano  in  uno  medesimo  stato  ; 
anzi  clic  più  sovente  si  mutano,  che  alcu- 
na altra  delle  mondane  ,  siccome  quelle  , 
che  sottoposte  sono  al  governo  di  più  lieve 
siifnore,  che  tutte  le  altre  non  sono.  Il 
che  quando  avviene ,  tanto  ci  appare  la 
miseria  più  grave ,  quanto  la  felicità  ci  è 
parata  maggiore.  Allora  ci  lamentiamo  noi 
d'Amore  ;  allora  ci  rammarichiamo  di  noi 
stessi;  allora  e' incresce  il  vivere,  siccome 
io  vi  ])OSSo  col  mio  misero  esempio  in  queste 
rime  far  vedere.  Le  quali  se  per  avventura 
più  lunghe  vi  parranno  dell'  u«ato,  fie  per 
questo ,  che  hanno  avuto  rispetto  alla  gra- 
vezza de'  mìei  mali ,  la  quale  in  pochi  versi 
non  parve  loro  che  potesse  capere. 

/  pia  soavi  e  riposati  giorni 

Noìi  ebbe  uorn  mai,  né  le  più  chiare  notti  , 
Di  quel  eli  chb'io  ,  ìic  7  ^)ià  felice  stato^ 
ylllor ,  eli  io  incominciai  l! amato  stile 
Ordir  con  altro  pur ,  che  doglia  e  pianto , 


(0  Le  fortune  amoroie  non  durano  sempre   in  un 
medesimo  stato. 


LiBKo  1.  63 

Da  prima  entrando  a  Vaniorosa  vita. 

Or  è  mutato  il  corso  a  la  mia    vita  ; 
E  volto  il  gajo  tempo  e  i  Leti  giorni , 
CJie  non  sapeaii  che  cosa  fosse  un  pianto. 
In  gravi  tìiwa^liate  e  fosche  notti 
Col  bel  suggetto  suo  cangiar  lo  stile, 
E  con  le  mie  ^venture  ogni  mio  stato. 

Lasso  y  non  j?ii  credea  di  sì  alto  stato 
Giamviai  cader  in  cosi  bassa  vita. 
Né  di  sì  piano  in  così  duro  stile. 
Ma  7  Sol  non  mena  mai  sì  puri  giorni. 
Che  non  sian  dietro  poi  tant*  atre  notti  : 
Così  vicino  al  riso  è  sempre  il  pianto. 

JBen  ebbi  al  riso  mio  vicino  il  pianto  ; 
Ed  io  non  mei  sapea ,  eli  in  quello  stato 
Così  cantando ,  e  '/z  quelle  dolci  notti 
Forse  avrei  posto  fine  a  la  mia  vita , 
Per  non  tardar  al  fel  di  questi  giorni , 
Cìte  m'ha  sì  inacerbito  e  petto  e  stile. 

^mor  ,  tu  che  porgei  dianzi  a  lo  stile 
Lieto  argomento,  or  gV insegni  ira  e  pianto^ 
A  die  son  giunti  i  nùei  graditi  giorni  ? 
Qìial  vento  nel  fiorir  svelse^ l  mio  statOy 
E  se  fortuna  alla  tranquilla  vita 
Entro  gli  scogli  a  le  più  lunghe  nottil 

IT  son  le  prime  mie  vegghiate  notti 
Sì  dolcemente  ?  ji  7  nuo  ridente  stile , 
Che  potea  rallegrar  ben  mesta  vita  ? 
E  chi  sì  tosto  V  ha  converso  in  pianto  ? 
Cli  or f ossalo  morto  allor^quandó l  mio  stato 
Tinse  in  oscuio  i  suoi  candidi  giorni. 

Sparito  è  7  Sol  de' miei  sereni  giorni', 
E  raddoppiata  V  ombra  a  le.  mia  notti ^ 


64  DEGLI     ASOLA-NT 

Che  litccanpià  che  i  eli  d'ogni  altro  stato. 
Cantal  mi  tempo  ,  e  ""n  vago  e  ìieLo  stile 
Spiegai  mie  7\77ie,ed  or  le  spiego  in  pianto^ 
eie  ha  Jatto  amara  di  .n  dolce  vita .  jj 

Così  sapesse  o^nun  qual  è  mia  Dita  ' 

Jja  indi  in  qua ,  che  miei  festosi  giorni, 
Chi  sola  il  potea  far^  ìivolse  in  pianto: 
Che  pago  Tid  terrei  di  queste  notti 
Senza  colmar  dc^  miei  danni  lo  stile: 
Ma  non  ho  tanto  bene  in  questo  stato. 

Che  quella  fera ,  eli  al  mio  verde  stato 
JDiede  ili  Jiìorso  »  e  quasi  a  la  mia  vita^ 
Or  fii§ge  al  suon  del  mC  angoscioso  stile: 
Né  mai  per  rimembrarle  i  primi  giorni^ 
O  raccontar  de  le  presenti  notti  ^ 
Volse  a  pietà  del  mio  sì  largo  pianto , 

Ecco  sola  ni  ascolta^  e  col  mio  pianto 
yi ^eguagliando  V  suo  duix)  antico  stato 
Meco  si  duol  di  sì  penose  notti: 
E  se"*!  fin  si  prevede  da  la  vita  , 
yld  una  meta  Tan  questi  e  quei  giorni: 
E  la  mia  nuda  voce  fia  7  777/0  stile . 

Amanti.,   i    ebbi  già  tra  voi  lo  stile 

Sì  Vago,  dì  acquetava  ogni  altrui  pianto'^ 
Or  me  non  queta  un  sol  di  questi  giorni» 
Così  va-,  chi\i  suo  molto  allegro  stato 
Non  crede  mai  provar  noiosa  vita; 
Né  pensa  7  dì  delle  future  notti; 

Ma  chi  vuol,  si  rallegri  a  le  mie  notti  : 
Coni'  anco  quella ,  che  mi  fa  lo  stile 
'Torìuir  a  lùle,  e^n  odio  aver  la  vita: 
Cli  io  non  spero  giammai d" uscir  dipianto ^, 
Ella  sci  sa ,  die  di  sì  lieto  stato 


Libro  1.  65 

Tosto  mi  pose  in  così  tristi  giorni. 
Ite  ,  giorni  gioiosi ,  e  care  notti  : 

Che  7  bel  mio  stato  ha  preso  un  altro  stile , 
Per  pascer  sol  di  pianto  la  mia  vita. 

Voi  vedete,  o  donne,  a  che  porto  la 
seconda  fortuna  ci  conduce .  Ma  io  quan- 
tunque la  morte  mi  fosse  più  cara ,  pure 
vivo,  cliente  che  la  mia  vita  si  sia.  Molti 
sono  stati,  che  non  sono  potuti  vivere: 
così  viene  a  gli  uomini  grave  dopo  la  mol- 
ta allegrezza  il  dolore  (j).  Ruppe  ad  Arte- 
misia la  fortuna  con  la  morte  dei  marito 
la  felicità  de'  suoi  amori  ;  per  la  qual  cosa 
ella  visse  in  pianto  tutto  il  rimanente  della 
sua  vita,  e  alla  line  piangendo  si  morì;  il 
che  avvenuto  non  le  sarebbe,  se  ella  si  fosse 
mezzanamente  ne'  suoi  piaceri  rallegrata . 
Abbandonata  dai  vaiio  Enea  la  dolorosa 
Elisa  se  medesima  miseramente  abbandonò 
uccidendosi;  alla  qual  morte  non  traboc- 
cava ,  se  ella  meno  seconda  fortuna  avuta 
avesse  ne' suoi  amorosi  disii.  Né  parve  alla 
misera  INiobe  per  altro  sì  grave  1'  (2)  orbez- 
za  de'  suoi  figliuoli ,  se  non  perciò  ,  cbe  ella 
a  somma  felicità  l'averizli  s'avea  recato .  Così 
avviene,  che  se  le  misere  allegrezze  de  gli 
amajiti  sono  di  se  sole  ben  piene ,  o  a  mor- 


(0  Esempj  di  persone  a  cui  dopo  molta  allegrezza 

sia  venuto  grave  dolore . 

(2)  Orbezza,  cioè  privazione  f  ed  è  t'occ  nuova, 

Bembo  VoL  /.  5 


66  DEGLI    ASOLA.M  ^ 

ti  acerbissime  gli  conducono,  o  d'elerno 
dolore  ^li  fanno  eredi  ;  se  sono  di  mol- 
ta noja  fregiale,  elle  senza  dubbio  alcuno 
e  mentre  durano  gli  toi  mentano ,  e  parten- 
do nicle  altro  lasciano  loro  in  mano, 
che  il  pentimento,  perciocché  di  tutte  quel- 
le cose,  che  a  far  prendiamo,  quando  ci 
Tanno  con  nostro  danno  fallite,  la  peniten- 
za è  fine.  O  amara  dolcezza!  o  "venenata 
medicina  degli  amanti  non  sani!  o  allegrez- 
za dolorosa,  la  qual  di  te  nessun  più  dolce 
frutto  la'^ci  a'  tuoi  possessori ,  che  il  pentir- 
si !  o  vaghezza ,  che  come  fumo  lieve  non 
prima  sei  veduta,  che  sparisci,  né  altro  di 
te  rimane  negli  occhi  nostri,  che  il  piagne- 
re! O  ali,  che  bene  in  alto  ci  levate,  per- 
chè strutta  dal  Sole  la  vostra  cera  noi  con 
gli  omeri  nudi  rimanendo ,  quasi  novelli 
Icari ,  cadiamo  nel  mare  !  Colali  sono  i  pia- 
ceri,  donne,  i  quali  amando  si  sentono. 
Vegliamo  ora  ,  quali  sono  le  paure  (r). 
Fingono  i  Poeti,  i  quali  sogliono  alcuna 
volta  favoleggiando  dir  del  vero,  che  negli 
oscuri  abissi  tra  le  schiere  sconsolate  de' 
dannati  è  uno  fra  gli  altri,  cui  pende  so- 
pra '1  capo  un  sasso  grossissimo  ritenuto  da 
sottilissimo  filo.  Questi  al  sasso  risguardando , 
e  della  caduta  sgomentandosi,  sta  continua- 
mente in  questa  pena.  Tale  degl'infelici  i 
amanti  è  lo   stato,  i  quali   sempre  de' loro     ' 


(i)  Paure,  che  si  sentono  amando. 


Libro   I.  67 

possibili  danni  stando  in  pensiero,  quasi 
con  la  grave  mina  delle  loro  sciagure  so- 
pra '1  capo ,  i  miseri  vivono  in  eterna  pau- 
ra :  e  non  so  clic  per  lo  continuo  il  tristo 
cuore  dicendo  loro  tscitamente  gli  sollecita 
e  tormenta  seco  stesso  ai  ogni  ora  qualche 
male  indovinando .  Perciò  che  quale  è 
quello  amante,  che  degli  sdegni  della  sua 
donna  in  ogni  tempo  non  tema?  o  che  ella 
forse  ad  alcuno  altro  il  suo  amore  non  do- 
ni ?  o  che  per  alcun  modo ,  che  mille  sem- 
pre ne  sono  ,  non  gli  sia  tolta  a*  suoi  amo- 
rosi piaceri  la  via?  Egli  certamente  non  mi 
si  lascia  credere  ,  che  uomo  alcuno  viva  , 
il  quale  amando,  comunque  il  suo  statosi 
stia  ,  mille  volte  il  giorno  non  sia  sollecito  , 
mille  volte  non  senta  paura.  E  che  poi  di 
queste  sollecitudini  hassene  egli  altro  danno, 
che  il  temere?  Certo  sì ,  e  non  uno  ,  ma  in- 
finiti ,  che  questa  stessa  tema  e  pavento  sono 
di  molti  altri  mali  seme  e  radice.  Perciocché 
per  riparare  alle  mine  ,  che  lasciate  in  pen- 
dente crediamo  che  possano  cadendo  (i) 
stritolare  la  nostra  felicità;  molti  torti  pun- 
tegli con  gli  altrui  danni,  o  forse  con  le  altrui 
morti,  cerchiamo  di  sottoporre  a'ior  casi. 
Uccise  il  suo  fra  tei  cugino ,  che  dalla  lunga 
guerra  si  ritornava,  il  fiero  Egisto  temen- 
do non  per  la  sua  venuta  rovinassero  i  suoi 


(lì  Stritolarey  vuol  dir  proprio  sminuzzare:  ma  qui  si- 
gnifica Menomare f  far  minore.  Leggi  il  Vocabolario  dei 
Porcacchi  . 


68  DEGLI    ASOLàNI 

piaceri.  Uccìse  siinigliaiiie.neatc  T  impazzalo 
Oreste  il  suo  ,  e  dinan/.i  a  gli  aliali  degli 
Iddii  nel  mezzo  de'  sacrificanli  sacerdoti  il 
fé' cadere,  perchè  in  piò  rimanesse  l'amore 
che  egh  alla  sorella  portava.  A  me  mede- 
simo iacresce,  o  Donne,  l'andarmi  cotan- 
to tra  tante  miserie  ravvolgendo  .  Pure  se 
io  v'ho  a  dimostrare  quale  sia  questo  Amo- 
re,  che  è  da  Gismondo  lodalo  ,  come  buo- 
no ,  è  uopo ,  che  io  con  la  tela  delle  sue 
opere  il  vi  dimostri  :  delle  quali  per  avven- 
tura tante  ne  lascio  addietro  ragionando, 
quante  lascia  «la  poppa  alcuna  nave  goccio- 
le d'acqua  marina  ,  quando  più  ella  da 
Luoii  vento  sospinta  corre  a  tutte  vele  il 
suo  cammino.  Ma  passiamo  nel  (i)  dolore, 
ac'Mocchè  più  tosto  si  venga  a  fine  di  que- 
sti mali  .  Il  qual  dolore  quantunque  abbia 
le  sue  radici  nel  desiderio  ,  siccome  hanno 
le  altre  due  passioni  altresì  ;  pure  tanto 
egli  più  e  men  «^resce ,  quasito  prima  i  ri- 
vi deirallegiezza  i' bvjiio  por  Ho  più  o  me- 
no largamente  innaftl-ire.  Assai  sono  adun- 
que di  quegli  amanti ,  i  quali  da  una 
toita  gu»Utu;a  doilc  lor  donne,  o  da 
tre  parole  proverhiose  ,  quasi  da  tre  ferite 
tralitii,  non  pensaudo  più  oltre  quanto  elle 
spense  volte  il  sogliau  f »re  senza  sape.c  il 
percliè  ,  vaghe  d'  alcuno  tormentuz,zo  de'lo- 
ro  amami  ,    si  dogliono  ,    si  rammaricano  , 


{i^  Dolore]  che  si  senta  in  amore  < 


Libro  I.  69 

sì  tormenlano  senza  consolazione  alcuna. 
Altri  perchè  a  prò  non  può  venire  tie'suoi 
disii  ,  pensa  di  più  non  vivere.  Altri  per- 
chè venutovi  compiutamente  non  gode  ,  a 
questo  apparente  male  v'aggiugne  il  con- 
tuiuo  rancore  ,  e  fallo  veramente  esìstente 
e  grave.  E  molti  per  morte  delle  lor  don- 
ne a  capo  delle  feste  lor  pervenuti  s'attri- 
stano senza  fine  ,  ed  altro  già  ,  che  quelle 
fredde  e  pallide  immagini  ,  dovunque  essi 
gli  occhi  ed  il  pensier  volgono ,  non  viene 
loro  innanzi  ;  a'  quali  lutti  il  tempo  ,  sic- 
come né  anco  il  verno  le  foglie  a  tutti  gli 
alberi  ,  la  doglia  non  ne  leva  ;  anzi  siccome 
ad  alquante  piante  sopra  le  vecchie  frondi  ne 
crescono  ogni  primavera  di  nuove;  così  ad 
a'quanti  di  ques'i  amanti  duolo  sopra  duolo 
s'alimenta  ,  e  più  che  essi  dopo  le  loro  amate 
donne  vivono,  più  vivono  tormentati,  e  mi- 
seramente di  giorno  in  giorno  fanno  le  loro 
piaghe  più  profonde  pure  in  sul  ferro  ag- 
gravandosi, cliP  gf  impiaga.  Ne  mancherà  poi 
chi  per  crudeltà  della  sua  donna  dalla  cima 
della  sua  felici  à,  quasi  nel  profondo  d'ogni 
miseria  caduto,  a  doversi  dilungare  nel  mon- 
do, per  farla  ben  lieta  sì  dispone.  E  questi  nel 
suo  esiglio  di  ninna  altra  co«<a  è  vago  ,  se 
non  di  piangere  ,  niente  altro  desidera  , 
che  bene  stremamente  essere  infelice.  Que- 
sto vuole  ,  di  questo  si  pasre,  in  questo  si 
consola  ,  a  questo  esso  stesso  s' invia.  Ne 
Sole  ,  ne  Stella  ,  né  Cielo  vede  mai ,  che 
gli  sia  chiaro.    Non  erbe ,  non  fonti ,   non 


70  DEGLI     ASOLANI 

fiori  ,  non  corso  di  inormoranli  rivi  ,  noH 
\isla  di  vcrdcceianle  bosco,  non  anra,  non 
fresco,  non  ombra  veruna  gli  è  soave.  Ma  , 
soJo  ,  cbiuso  sempre  ne'  suoi  pensieri ,  con  I 
gli  occbi  pregni  di  lagrime  ,  le  meno  se- 
gnate valli,  o  le  più  riposte  selve  ricercando, 
s'ingegna  di  far  brieve  la  sua  vita,  talora  in 
cjualche  trista  rima  spignciido  fuori  alcun 
de'  suoi  rinchiusi  e  infiniti  dolori  ,  con 
qualche  tronco  secco  d'albero,  o  con  alcuna 
soletaria  fiera  ,  come  se  esse  l'intendessero, 
parlando  ed  agguagliando  il  suo  stato.  Ora 
daratti  il  cuore  ,  Gismondo  ,  di  mostrarci 
che  cosa  buona  amor  sia  ?  Che  amore  sia 
buono  ,  Gismondo  ,  daratti  1'  animo  dicci 
di  mostrale  ?  Conosciuti  adunque  separa- 
tamente questi  mali  ,  o  donne,  del  deside- 
rio ,  dell'  allegrezza  ,  della  sollecitudine  ,  e 
del  dolore  ,  a  me  piace  ,  che  noi  mescola- 
tamente e  senza  legge  alquanto  vaghiamo 
per  loro.  E  prima  che  io  più  ad  un  luo- 
go ,  che  ad  un  altro  m' invii ,  mi  si  para 
davanti  la  novità  de'  principj  ,  che  que- 
sto malvagio  lusinghiero  dà  loro  negh  ani- 
mi nostri  ,  quasi  se  di  sollazzo  e  giuoco , 
non  di  doglia  e  di  lagrime  e  di  manifesto 
pericolo  della  nostra  vita  fossero  nascimen- 
to. Perciocché  mille  fiale  adiviene,  che  una 
paroletta,  un  sorriso,  un  muover  d'occhio 
con  maravigìiosa  forza  ci  prendono  gli  ani- 
mi ,  e  sono  cagione  ,  che  noi  ogni  nostro 
bene,  ogni  onore,  ogni  libertà  tutta  nelle 
mani  d'una  donna  riponiamo,   e  più  avan- 


Libro  1.  ji 

ti  non  vediamo  di  lei.  E  tutto  il  giorao  sì  ve- 
de, che  un  portamento,  un  andare,  un  sede- 
re sono  l'esca  di  grandissimi  ed  inestinguibili 
fuochi.  Ed  oltre  acciò  quante  volte  avven« 
ne  ,  lasciamo  stare  le  parli  belle  del  cor- 
po ,  delle  quali  spesse  fiate  la  più  debole 
per  avventura  stranamente  ri  muove  ;  ma 
quante  volle  avvenne  ,  che  d'  un  pianto  ci 
siamo  invaghiti  ?  e  di  quelle ,  il  cui  riso 
non  ci  ha  potuti  crollare  di  stato  ,  una 
lagrimetta  ci  ha  falli  correre  con  frezzolo- 
si  passi  al  nostro  male  ?  A  quanti  la  palli- 
dezza d'una  inferma  è  stata  di  piggior  pal- 
lidezza principio  ?  e  loro  ,  che  gli  occhi 
vaghi  ed  ardenti  non  presero  ne'  dilettevo- 
li giardini,  i  mesti  e  caduti  nel  mezzo  del- 
le gravose  febbri  legarono  ,  e  furono  ad 
essi  di  più  perigliosa  febbre  cagione?  Quan- 
ti già  finsero  d'  esser  presi  ,  e  nel  laccio 
J)er  giuoco  entrati  ,  poi  vi  rimasero  mal 
or  grado  con  fermissimo  e  strettissimo 
nodo  miserabilmente  ritenuti  ?  Quanti  vo- 
lendo spegnere  i'  altrui  fuoco  ,  a  se  mf'de- 
girai  raccesero,  ed  ebbero  d'ajuto  mestie- 
ro  ?  Quanti  sentendo  altrui  ragif^nar  d'una 
donna  lontana  ,  essi  stessi  s'  avvicinarono 
mille  martiri  ?  Ahi  lasso  me  !  questo  solo 
vorre'  io  aver  taciuto.  Appena  ebbe  cosi 
detto  Perottino  ,  che  degli  occhi  gli  cad- 
dero alquante  subite  lagrime  ,  e  la  presta 
parola  gli  mnrl  in  bocca.  Ma  poi  che  ta- 
cendosi  ognuno  ,  vinti  dalla  pietà  di  quel- 
la vista  esso  si  riebbe ,  cosi  «oa  voee  rotta 


n2  DEGLI    ASOLANT 

e  spessa    seguitando  riprese  a  dire  :   Di  co- 
lai faville  ,  o  donne  ,    poiché  vede  gli  ani- 
mi nostri  raccesi  questo  vezzoso  fanciullo  e 
fiero  ,    agglugne    nutriraenlò    al    suo  fuoco 
di  speranza  e  di  desiderio  pascendolo  ;   de' 
quali  quantunque  alcuna    volta    manchi  la 
prima  in  noi^  siccome  quella  che  da  islra- 
ni  accidenti  si  crea  ,    non  perciò    menoma 
il  desiderio  ,  né  cade  sempre  con  lei.  Per- 
ciocché oltra    che  noi  dura  gente    mortale 
da  natura  tanto  più  d'alcuna  cosa(f)  c'in- 
vogliamo, quanto  ella  c'è  più  negata,    ha 
questo    Amore    assai    sovente    in    se  ,    che 
quanto  sente   più  in  noi  la    speranza  venir 
meno  ,    tanto    più    con    dlsiderj     soffiando 
nelle  sue  fiamme   le  fa  maggiori  ,    le  quali 
come  crescono,  così  s'aumentano  le  nostre 
doglie  ,  e  queste  poi  e  in  sospiri    e    in  la- 
grime   e    in    strida    miseramente    del  j)elto 
si  spargon  fuori  ,   e  le  più    delle    volle    in 
vano  :    di  che    noi  "Stessi    ravvedutici    tanto 
sentiamo  maggior  dolore,  quanto  più  a'ven- 
ti    ne  vanno  le  nostre  voci.    Così    avviene, 
che  delle  nostre    lagrime    spargendolo ,  di- 
viene maravigliosamente  il  nostro  fuoco  più 
grave  .     Allora  vicini  ad    ucciderci  ,   morte 
per  estremo  soccorso  chiamiamo.  Ma   pure 
con  tutto  ciò,     qTisntunque    il     dolerci    in 
questa  maniera  ci    accresca  dolore,    e    mi- 


(i)    e  invogliamo  ,    cioè  prendiamo  voglia  ,   detto  dal 
ftrbo  infogliare  usato  dal  Petr.  ,  da  Dante  j   e  dal  Bocc» 


Libro  I.  7.3 

sera  cosa  sia  1'  andarsi  così  lamcntautlo 
senza  fallo  alcuno  ;  è  lutlavia  (i)  ne'  gran- 
tli  dolori  alcuna  cosa  il  potersi  dolere.  Ma 
più  misera  e  di  più  guai  piena  è  in  ogni 
modo  il  non  poter  noi  nelle  nostre  doglie 
spandere  alcuna  voce  ,  o  dire  la  nociva 
cagione  ,  qualora  più  desideriamo  ed  ab- 
biamo di  dirla  roestiero.  Malvagissima  e 
dolorosissima  poi  fuor  di  misura  il  conve- 
nirci la  doglia  nascondere  sotto  lieto  viso 
Eolo  nel  cuore  ,  né  poter  dai'e  uscita  pure 
per  gli  occhi  agli  amorosi  pensieri ,  i  quali 
rinchiusi  non  solamente  materia  sostentan- 
te le  fiamme  sono ,  ma  aumentante  :  per- 
cioccbè  quanto  più.  si  stringe  il  fuoco , 
tanto  egli  con  più  forza  cuoce.  E  questi 
tutti  vengono  accidenti  non  meno  dome- 
stici degli  amanti  ,  che  sien  dell'  aere  i 
venti  e  le  piogge  famigliari  .  Ma  die 
dico  io  questi  ?  essi  pure  sono  infiniti , 
e  ciascuno  è  per  se  doloroso  e  ì:;rave. 
Questi  segue  una  donna  crudele  :  il  qua- 
le pregando^  amando,  lagrimando,  dolente 
a  morte,  tra  mille  angosciosi  pensieri  duris- 
sima fa  la  sua  vita  sempre  più  nel  disio 
raccendendosi.  A  colui  servente  d'una  pie- 
tosa divenuto  la  fortuna  niega  il  potere 
nelle  sue  biade  por  mano  :  onde   egli  tanto 


(0  II  potersi  dolere,  è  ne'  dolori  grandi  qualche 
sollevamento. 


74  DEGLI    ASOLANT 

più  (i)  si  snerva  e   (2)   si    spolpa ,  quanto 
più  vicina  si  vede  la  desiderala  cosa,  e  più 
vietata  ,    e    senlcsi    sciaguratamente ,    quasi 
un  nuovo    Tantalo  ,    nel   Ynezzo    delle    sue 
molte     voglie    consumare.     Quell'  altro    di 
donna  mulabile  fatto  (3)    mancipio  oggi  si 
vede  contento,  domani  si  chiama  itifelice; 
e  qil^li  le  schiume  marine  dal  vento  e  dal- 
l' onde     sospinte    ora  innanzi     vengono  ,    e 
quando    addieao    ritornano;     così    egli  or 
alto  ,  or  basso  ,  or  caldo  ,    or    freddo    te- 
mendo ,    sperando  »    niuna    stabilità     non 
avendo    nel  suo    stato  ,    sente  e    paté  ogni 
sorte  di  pena  .    Alcun   altro  solo  di  poca  e 
debole  e  colpata  speranza    pascendosi ,    so- 
stenta miseramente  a    più  lungo    tormento 
gli  anni  suoi.  E  fie ,  chi  mentre  ogni  altra 
cosa  prima  ,  che  la  sua  promessa  fede  ,    o 
il  suo  lieto  stato,  crede  dovere  poter    man- 
care e  rompersi,  s'avvede,  quanto  sono  di 
vetro    tutte  le    credenze    amorose  ,    e    nel 
secco  rimanendo  de'  suoi  pensieri  sta,  come 
se  il  mondo  venuto  gli  fosse  meno  sotto  a* 
piedi.    Surgono    oltre  a    queste    repentina- 
mente   mille  altre    guise  di    nuove   e  fiere 
cose    involatric?    d'  ogni    nostra    quiete  ,    e 
donatrici  d'infinite  sollecitudini,    e    di  di- 
versi tormenti    apportatrici.  Perciocché  al- 


(i)  Si  snerva  ,  cioè  perde  i  nervi, 

(a)  Si  spolpa  ,  cioè  perde  le  polpe. 

(3)  Mancipio  ,  cioè  servo.  Fetr.  Non  d'amor  Mancipi», 


LlRRO  T.  jS 

citno  piagne  la  saluta  infermità  della  sua 
donna,  la  quale  nel  corpo  di  lei  T  anima 
sua  miseramente  tormenta  e  consuma.  Al- 
cuno d'  un  nuovo  rivale  avvedutosi  ,  entra 
in  subita  gelosia  ,  e  dentro  tutto  ardendo 
vi  si  distrugge  con  agro  e  nimiclievole  ani- 
mo ,  ora  il  suo  avversario  accusando  ,  e 
ora  la  sua  donna  nou  iscusando  :  né  sente 
pace  ,  se  non  tanto  ,  quanto  egli  solo  là  si 
vedo.  Alcuno  dalle  nuove  nozze  della  sua 
turbato  ,  non  con  altro  cuore  gli  apparec- 
chi e  le  feste  ,  che  vi  si  fanno  ,  riceve  , 
ne  con  più  lieto  occhio  le  mira  ,  che  se 
elle  gli  arnesi  fossero  e  la  pompa  della  sua 
sepoltura.  Altri  piangono  in  molte  altre 
maniere  tutto  dì  da  subita  occasion  di 
pianto  sventuratamente  soprappresi  ,  delle 
quali  se  forse  il  caso  ,  o  la  virtù  alcuna 
ne  toglie  via  ,  in  luogo  di  quella  molte 
altre  ne  rinascono  più  acerbe  spesse  volte 
e  più  gravi  :  onde  vie  men  dura  condi- 
zione avrebbe  ,  chi  con  la  fiera  Idra  d' Er- 
cole avesse  la  sua  battaglia  a  dover  fare  , 
che  quegli  non  ha  ,  a  cui  conviene  delle 
sue  forze  con  la  ferezza  d*  Amore  far 
pruova.  E  quello  che  io  dico  degli  uomi- 
ni ,  suole  medesimamente  di  voi  donne 
avvenire  ,  e  forse  ,  ma  nou  1'  ahbìate  voi 
giovani  a  male  ,  delle  quali  io  non  ragio- 
no ,  come  ohe  io  mi  parli  con  voi ,  forse 
dico  molto  più.  Perciocché  da  natura  più 
inchinevoli  solete  essere  e  più  arrendevoli 
a  gli  assalti  d'Amore,  che  noi  non  siamo , 


76  DEGÙ   ASOLANT 

e  voi  le  vostre  fiamme  più  chiaramenle 
ardono,  «he  noi  le  nosire  non  sogllon  fa- 
re. (Hiaiitunqne  jioi  moill  particolaii  accl- 
denli  ,  che  a  ciascuna  SGprastanno  ,  vie 
più  ,  che  noi  non  siamo  ,  sopravvcdut.e  vi 
facciano  t  riguardose.  Olire  acciò  sono  i 
primi  ardori  ,  se  negli  animi  fanciulli  s'ap- 
prcivlono  ,  siccome  il  caldo  alle  tenere 
f rondi  ,  così  essi  loro  più  dannosi  :  se  nel- 
r  età  matura  si  fanno  sentire  ,  più  impe- 
tuosi senza  fallo  e  più  fieri  non  allramen- 
le  ,  che  il  cielo  soglia  fare  ,  il  quale  tanto 
più  sconciamente  si  turba  ,  quanto  più 
lungamente  chiaro  e  sereno  è  stato.  A 
questo  modo  o  giovani  o  attempati  che 
noi  di  questo  male  infermiamo  ,  a  strano 
passo  ,  a  dura  condizione  ,  a  molto  fiero 
partito  sta  isposta  la  nostra  vita  (().  Ma 
tutti  gli  amorosi  morbi  quanto  più  invec- 
chiano ,  siccome  quelli  del  corpo  ,  tanto 
mer.o  sono  ri'^anahiii ,  e  meno  alcuna  me- 
dicina lor  gicva.  Perciocché  in  amore  pes- 
sima cosa  è  la  lusinghevole  usanza  ,  nella 
quale  di  giorno  in  giorno  senza  considera- 
zione più  entrati  ,  quasi  nel  labirinto  tra- 
scorsi senza  (2)  goniilolo  ,  poi  quando  ce 
ne  piglia  di.Mo  ,  tornare  a  dietro  le  ]>iù 
volte  non  possiamo:   «d    ivviene  alcuna  fia- 


(i^  l'ìTìfi'Tirn'iì  ;  morose  qi;;into  più  invecchiano, 
tanto  meno  «od  rìspn;-''!)!. 

(2)  Gomitolo  è  qurlla  piìHa  di  refe  ^  che  si  fa  dipa* 
nanào,  A   Venezia  ti  chiama  gemo  d'acce. 


Libro  I.  77 

tfi    ohe  ili    niiiiiera    ci    (()    naturiamo  uel 
noslro  male,  chi  uscir  di  lui  eziandio    po- 
tcado  11011  vo^liimo.  Sono  poi  oltre  a  tut- 
to questo  le  kiiighe  discordie  crudeli,  sono 
le  bricvi  angosciose,  sono  le  riconciliazioni 
non  sicure:  sono  le  rin  sova^ioni  de^li  amo- 
li  passati   perigliose  e  gravi,  in  ([uanto  più 
le  seconde    fabbri    soglio  >o    sopravvenendo 
oLTendere  i  ricaduti    infermi  ,    che    le    pri- 
miere: sono  le  rimembran/.e  de' dolci    tem- 
pi perduti  acerbissime,    e  di  somma  infeli- 
cità è  miniera  l'essere  stalo  febee.    Duris- 
sime sono    le    dipartenze  ,    e  quelle    massi- 
mamente ,    che    con  alcuna    disiata  notte  e 
lamentata  ,    e  con   abbracciamento  lungo  e 
sospiroso  e    lagriraevole  si  chiudono  ,  nelle 
quali  e    pare   che    i  cuori    degli  ammti  si 
divellano  dalle  lor  libre  ,    o  schiantiusi  per 
lo  mezzo  in  due  parti.  Oimè  quanto  amare 
sono  le  lontananze  ,  nelle  quali    r.iuj  riso  si 
\ede  mai  nell'amante,  ninna  festa  il  tocca, 
niun  giuoco;  ma  fìsso  alla  sua  donna  stando 
ad  ogni  ora  col  pensiero  ,  quasi  con  gli  occhi 
alla  tramontana,  pa.^sa  quella  fortu  a  della 
Sua  vita  in  dubbio  del  suo  stato  ;  e  e-  n  un 
fiume  sempre  d'amarissime  lagrime  intorno 
al  tristo  cuore  ,  e  con  la    bocca  di   doleriti 
sospiri  ,    dove  col    corpo    esser    non    può  , 
con  r  animo  vi  sta  iii  quella  vece  ;   né  co- 


(i)   Ci  naturiamo  ,  cioè  ci  facciamo  abito    ni  tur  ale  ^ 
c  simh  aUa  nostra  Natura.   Verbo  nuovo. 


78  1)E(;t,i    asolam 

sa  vede  ,  come  che  poclie  ne  miri  ,  che 
non  gli  sia  materia  di  largo  pianto  :  sicco- 
me ora  col  mio  misero  esempio  vi  potete  , 
donne ,  far  chiare  ,  di  cui  tale  è  la  vita  , 
chente  suonano  le  canzoni  ,  e  vie  ancora 
pegi^iore  ,  delle  quali  per  avventura  que- 
sl'  altre  due  appresso  le  rammemorate  , 
poiché  tanto  oltre  sono  passato  ,  non  mi 
pentirò   di  ricordarmi. 

Poscia  che  V  mio  destin  fallace  ed  empio 
Ne  i  dolci  lumi  de  Vaìtrui  pletade 
Le  mie  speranze  accrhamente  ha  spento^ 
Di  pena  in  pena  e  d'uno  in  altro  scempio 
Menando  i  giorni ,  e  per  aspre  contrade 
Morte  chiamando  a  passo  infermo  e  lento. 
Nebbia  e  polvere  al  vento 
Son  fatto ,  e  sotto  V  Sol  falda  di  neve. 
CI  a  un  volto  segue  Valnui,  ov  ella  il  fugge'. 
Ed  un  pensier  la  strugge 
Cocente  sì ,  di'  ogni  altro  danno  è  leve, 
E  gli  occhi,  che  già  far  di  mirrar  vaglii^ 
Piangono,  e  questo  sol  par  che  gli  appaghi» 

Or  che  mia  stella  più  non  massecura. 
Scorgo  le  membra  via  di  passo  in  passo 
Per  cammin  duro ,  e^n  pensier  tristo  e  rio:, 
di'  io  dico  pien  d'error  e  di  paura , 
Ove  ne  vo  dolcntel  e  che  pur  lasso! 
Chi  mi  t'invidia ,  o  mio  sommo  desio  ? 
Così  dicendo  un  rio 
Verso  dal  cor  di  dolorosa  pioggia. 
Che  può  far  lagrimar  le  pietre  stesse  i 
E  perchè  sian  più  spesse 


Libro  I.  79 

V angoscie  mie,  con  disusata  foggia 
V  che  7  pie  movo ,  u  che  la  vista  giro, 
/litro  che  la  jnia  donmi  unqua  non  miro. 

Col  pie  pur  meco  e  col  cor  con  altrui 
Vo  camminando,  e  de  C interna  riva 
Bagnando  Jor  per  gli  occhi  ogni  sentero, 
Allor,  dì  io  penso:  ohimè,  che  son,  chefuil 
Del  mio  caro  tesoro  or  chi  mi  priva, 
E  scorge  in  parte,  onde  tornar  non  sperai 
Deh  perchè  qui  non  pero. 
Prima  dì  io  ne  divenga  più  mendicol 
Deh  che  -ù  tosto  di  piacer  mi  spoglia. 
Per  vestirmi  di  doglia 
Eternamente  ?  ahi  mondo,  ahi  mio  nemico 
Destin  a  che  mi  trai,  perchè  non  sia 
Vita  dura  mortai,  quanto  la  miai 

Ove  men  porta  il  calle  o  7  piede  errante  , 
Cerco  sbranuir  piangendo  anzi  dì  io  moj'a 
Le  luci,  che  desio  d^  altro  non  hanno'. 
E  grido,  o  dis  avventar  oso  amante. 
Or  se''  tu  al  fin  della  tua  breve  gioja, 
E  nel  principio  del  tuo  Lungo  affanno  ; 
E  gli  occhi ,  che  mi  stanno , 
Come  due  stelle  fissi  in  mezzo  a  Valma, 
E  7  viso  che  pur  dianzi  era  7  ìnio  Sole , 
E  gli  atti  e  le  parole. 
Che  mi  sgombrar  dal  petto  ogni  altra  salma. 
Fan  di  pensieri  al  cor  sì  dura  schiera  , 
Ci  te  maraviglia  è  ben ,  com  io  non  pera. 
Non  pero  già  ,  ma  non  rimango  vivo  : 
Anzi  pur  vivo  al  danno  ,  a  la  speranza 
Via  pia  che  jnorto  d'ogni  mia  mercede. 
Morto  al  diletto  a  le  mie  pene  vivo  9 


8o  DHGLl    ASOLAXI 

E  mancando  al  ^ioir  nel  duol  s'avanza 
Lo  cor,  cIl  o^nor  \nù  largo  a  pianger  rledc 
E  pensa  ed  ode  e  vede 
Pur  lei ,  che  l'arse  già  sì  dolcemente  , 
Ed.  or  in  tanto  amaro  lo  distilla  ; 
Né  sol  d""  una  favilla 
Scema  7  gran  foco  de  V accesa  mente  ; 
E  mi  fa  gir  gridando ,  o  destin  forte  , 
Come  ni  hai  tu  ben  posto  in  dura  sorte. 
Canzon ,  ornai  lo  tronco  Jie  ven  meno  ; 
Ma  non  la  doglia,  che  mi  strugge  e  sforza  : 
Ond"  io  ne  vergherò  qucsC  altra  scorza, 

Tacquesi  flnili  questi  versi  Perottino; 
e  poco  taciutosi  appresso  alcun  doloroso 
sospiro ,  che  parea  che  di  mezzo  il  cuore 
gli  uscisse,  verissimo  dimostratore  delle  sue 
interne  pene ,  a  questi  altri  passando  segui- 
tò,  e  disse: 

Lasso,  eli  L  fuggo,  e  per  fuggir  non  scampo^ 
Ne  '/«  parte  levo  la  mia  stanca  vita 
Dal  giogo,  che  la  preme ,  ovunque  i  vada; 
E  la  memoria  ,  di  eli  io  tutto  avimmpo^ 
yl  raddoppiar  i  nùci   dolor  ni  invila , 
E  testimon  lassarne  ogrd  contrada. 
.Amor,  se  ciò  t^ aggrada , 
yllmen  fa   con  nuidonna,  eli  ella  il  senta', 
E  là  ne  porta  queste  voci  estreme , 
Dove  Valta  mia  speme 
Fu  viva  un  tempo,  ed  or  caduta  e  spenta 
Tanto  fa  questo  esilio  acerbo  e  grave. 
Quanto  lo  stato  fu  dolce  e  soave. 


« 


Libro  T.  8r 

Se  in  nJpe  ocìn  passar  taura  fra  7  T>erde , 
Sospiro  e  pians^o^  e  per  pietà  le  chieggio^ 
Che  faccia  fede  al  del  del  mio  doLore\ 
Se  fonte  in  valle  ^  o  rio  per  canimin  verde 
Sento  cader,  con  s^li  occhi  jniei  patteggio 
A  farne  un  del  mio  pianto  via  maggiore'. 
6'  io  miro  in  fronda  ,  o'  n  fiore , 
Veggio  un,  die  dice ,  o  tristo  pellegrino^ 
Lo  tuo  viver  fiorito  è  secco  e  morto  : 
E  pur  nel  pensier  porto 
Lei,  che  ini  die  lo  mio  acerbo  destino  : 
Ma  quanto  pia  pensando  io  ne  vo  seco. 
Tanto  più  tormentando  Amor  vien  meco. 
Ove  raggio   di  S  l  Cerha  non  tocchi 
Spesso  ni*  assido  ,  e  più  mi  sono   amici 
D^  ombrosa  selva  i  più  riposti  orrori: 
dì  io  fermo'  Ipensier  vago  in  que'hcgii  occhi, 
eli  i  miei  dì  solean  Jar  lieti  e  jelici , 
Or  gli  empio?!  di  miserie  e  di  dolori  : 
E  perchè  più  jrìaccori 
L^  ingordo  error ,  a  dir  de*  miei  martiri 
T'^engo  lor,coniio  gliho  digiorno  in  giorno. 
Poi,  quando  a  me  ritorno. 
Trovo  mi  sì  lontan  da  miei  desiri, 
CIì  io    resto ,    ahi    lasso  !     quasi     ombra 

sott'  ombra , 
Di  sì  vera  pie  tate  Amor  rrC  imgondtra. 
Qualor  due  fiere  in  solitaria  piaggia 
Girsen  pascendo ,  simplicette  e  snelle 
Per  Verba  verde  scorge  di  lontano. 
Piangendo  a  lor  comincio,  o  lieta  e  saggia 
Vita  d'amanti ,  a  voi  nemiche  stelle 
Non  fan  vostro  sperar  fallace  e  vano. 
Bembo   Voi.  I,  6 


82  DEGLI    ASOLANI 

ZTn  bosco ,  un  mante ,  un  -piano , 

Un  piacer^  ini  desio  sempre  vi  tene. 

Io  (la  la  donna  mia  quanto  san  lungel 

Deh  ,   se  pietà  ii  punge^ 

Date  udienza  insieme  a  le  mie  pene. 

E  "n  tanto  mi  riscuoto,  e  veggio  espresso, 

(he  per  cercar  altrui  perdo  me  stesso. 

D^  firma  rivera  i  più  deserti  lidi 

Jir  insegna  Amor,  lo  mio  avversario  antico. 
Che  più  s^ allegra,  dovio  più  mi  doglio, 
lui  V  cor  pregno  in  dolorosi  stridi 
Sfogo  con  ronde;  ed  or  d^un  ond)iUco 
K  de  r  arena  li  fo  penna  e  foglio. 
Indi  per  più  cordoglio 
T'orno  al  bel  viso  ,  come  pesce  ad  esca, 
E  con  la  mente  in  esso  rimirando. 
Temendo  ,  e  desiando 
Prego  sovente,  che  di  me  gV  incresca. 
Poi  mi  risento ,  e  dico ,  a  pensier  casso, 
Dnv^è  ina  donna  ?  e'/z  questa  piango  e  passo, 

Canzon,  tu  viveiai  con  cpiesto  faggio 
ylppresso  a  F altra ,  e  rimarrai  con  lei  : 
E  meco  ne  verranno  i  dolor  miei . 

\\\  que'^ta  £;nisa,  o  donne.  Amore  da 
ogni  Jato  ci  afllii^ge;  cosi  da  ogni  parte, 
in  ogni  slato,  fiamme,  sospiri,  lagrime, 
angoscie ,  tormenti,  dolori,  sono  de-gl' in- 
felici amanli  seguaci ,  i  quali  ,  acciocché 
in  loro  compiutamente  ogni  colmo  di  miseria 
si  ritruovi  ,  non  fanno  pace  giammai,  uè 
pur  triegua  con  queste  lor  pene  fuori  di 
tutte  l'altre    qualità  di  viventi  posti    dalla 


Libro   I.  83 

lor  fiera  cri  ostinata  ventura.  Perciò  che 
sogliono  lutti  gli  animali  ,  i  quali  creati 
dalla  natura  procacciano  ia  alcun  modo  di 
mantener  la  lor  vita,  riposarsi  dopo  le  fa- 
tiche ,  e  con  la  quiete  ricoverar  le  forze  , 
che  sentono  esser  loro  negli  esercizj  (()  lo- 
gore ed  indebolite.  La  notte  i  gai  uccelli 
ne' lor  dolci  nidi  e  tra  le  froudi  soavi  de- 
e;li  alberi  ri'^lorano  i  loro  (2)  diurni  e 
spaziosi  giri.  Per  le  selve  giacciono  V  erra- 
jìonde  fiere.  Gli  erbosi  fondi  de'  fiumi  ,  e 
le  lievi  alghe  marine  per  alcuno  spazio  i 
molli  pesci  sostenendo  poi  gli  ritornano 
alle  loro  ruote  più  vaghi.  E  gli  altri  uomi- 
ni medesimi  diversamente  tutto  '1  giorno 
nelle  loro  bisogne  travagliati  ,  la  sera  al- 
meno agiate  le  membra  ,  ove  cbe  sia  ,  ed 
il  vegnente  sonno  ricevuto  ,  prendono  sicu- 
ramente alcun  dolce  delle  lor  faiiche  ri- 
sforo. Ma  gli  amanti  miseri  da  febbre  con- 
tinua sollecitati  né  riposo  ,  né  intramissio- 
ne,  nò  alleggiamento  hanno  alcuno  de'  lor 
mdi  :  ad  ogni  ora  si  dogliono  :  in  ogni 
tempo  sono  dalle  discordanti  lor  cure  , 
qua»i  Mezj  da  cavalli  distraenti  lacerati.  Il 
dì  hanno  tristo ,  ed  a  noja  é  loro  il  Sole , 
siccome  quello  ,  che  cosa  allegra  par  loro 
che  sia  contraria  alla  qualità  del  loro  sta- 
to ;  ma  la  notte  assai  piggiore  ,  in    quanto 


(0  Logore  y  cioè  consumate  ,  e  logorare  eonsumare, 
(2)  Diurni ,  cioè  di  ogni  giorno. 


^4  DrGLI    ASOLANI 

le  tenehrc  più  i:l'iiivitai>o  al  pianto,  che  la 
luce  ,  come  (juclJe  ,  clie  alla  miseria  sono 
più  con  Ibi  mi  ;  uclle  cjuali  le  vigilie  sono 
Junge  e  bagnate,  il  sonno  brieve  e  penoso 
e  {)avKntevoIr'  ,  e  spesse  baie  non  meno 
delie  vigilie  'lai  piatilo  medesimo  bagnato. 
Che  comunque  s'addormenta  il  corpo,  cor- 
re r  animo  e  rienlia  subitamente  ne'  suoi 
dolori  ,  e  cou  immaginazioni  paurose  ,  e 
con  p'iù  nuove  guise  d'angustia  tiene  i  sen- 
timciili  sgomentali  insidiosamente  e  tribo- 
lati ;  onde  o  si  lurba  il  sonno  e  rompesi 
ap]>ena  incominciato  ;  o  se  pure  il  corpo 
fiacco  e  llevole  ,  siccome  di  quello  biso- 
gnoso ,  il  si  ritieiìe  ,  sospira  il  vago  cuore 
sognando  ,  triemano  gli  spiriti  solleciti  , 
d'iolsi  l'anima  raaninconiosa ,  piangono  gli 
cecili  oaliivi  avvezzi  a  non  mcn  dormendo 
che  veugbiando  la  immagiuazion  fiera  e 
trisia  se^^uire.  Così  agli  amanti  quanto  sono 
i  lor  giorni  ])iù  amari  ,  tanto  le  notti  ven- 
gono più  dogliose,  e  in  esse  per  avventura 
tante  lagrime  versano  ,  quanti  hanno  il 
giorno  risparmiati  sospiri.  Né  manca  umo- 
re alle  lagrime  per  lo  bene  aver  fatto  la- 
grimando  degli  occhi  due  fontane,  ne  s'in- 
tercbiude  a  mezzo  sospiro  la  via  ,  o  men 
rotti  e  con  minor  impeto  escono  (e)  gli 
odierni  del  cuore,  perchè  de  (2)  gli  esterni 


^i)   GU  ordierniy  cioè  del  giorno  d'oggi, 
(%)  GU  esterni ,  cioè  del  giorno  d'  feri. 


Libro  T.  85 

tulio  r  aere  ne  sia  pieno.  Né  per  doglie  il 
duolo  »  né  per  lamenti  il  lamento  ,  né  per 
angoscie  Tangoscia  si  fa  minore  ;   anzi  ogni 
giorno  s'  arroge    al    danno  ,    ed  esso  d'  ora 
in  ora  divien  più    grave.  Cresce    l' amante 
nelle  sue  miserie  fecondo  di  se  stesso  a'suoi 
dolori.  Questi  è  quel  Tizio  ,  che  pasce  del 
suo  fegato  l'avoltojo  ;   anzi  che  il  suo  cuo- 
re a    mille  morsi  di    non    sopporlevoli    af- 
fanni   sempre    rinnuova.    Questi    è    quello 
Isione  ,    che    nella    ruota    delle  sue    molte 
angosce    girando  ,  ora  nella  cima  ,  ora  nel 
fondo  portato  ,    pure  dal   tormento  non  si 
scioglie  giammai  ;    anzi  tanto  più    forte    ad 
ogni  ora  ^i  si  lega  e  inchiodavisi ,    quanto 
più  legalo  vi  sta  e  più  girato.  Non    posso  , 
o  donne  ,  agguagliar  con  parole    le    pene  , 
con  le  quali  questo  crude!    maestro  ci    af- 
fligge ,    se  io  nello  stremo  fondo    degli  in- 
ferni   penetrando    gli  esempj  delle    ultime 
miserie  de' dannali  dinanzi  a  gli  occhi  non 
vi  (r)  paro  ,  e  queste  medesime  sono  ,  co- 
me voi  vedete  ,  per  avventura  men    gravi. 
Ma    è  da    porre  oggimai  a  questi   ragiona- 
menti modo  ,  e  da  non  voler  più  oltia   di 
quella  materia  favellare,  della  quale  quan- 
to più  si    parla  ,    tanto  più    a  chi    ben    la 
considera  ,    ne    resta    a    poter    dire.  Assai 
avete  potuto  adunque  comprender,  o  don- 
ne, per  quello    che    udito  avete,  che  cosa 


(i^   Paro  5  cioè  propongo^ 


86  DEGLI    ASOLANI 

araore  sì  sia ,  e  quanto  dannosa  e  grave  ; 
il  quale  incontro  la  maestà  della  natura 
scellerato  divenuto  noi  uomini  cotanto 
a  lei  cari  ,  e  da  essa  dell'  intelletto  ,  che 
divina  parie  è ,  per  ispezlale  grazia  donali, 
acciocché  cosi  più  pura  menando  la  nostra 
vita  ,  al  cielo  con  esso  (i)  s'  avacoiassimo 
di  salire,  di  lui  per  avventura  miseramen- 
te spogliandoci  ci  tiene  col  piò  attuffali 
nelle  brutture  terrene  in  maniera  ,  che 
spesse  volte  disavventurosamente  v'affoghia- 
mo. ?*è  solamente  né  men  chiari,  o  meno 
pregiati  così  fa  ,  come  voi  udite;  anzi  egli 
pur  coloro  ,  che  sono  a  più  alta  fortuna 
saliti  ,  né  a  dorali  seggi  ,  né  a  corone 
gemmate  risguardando,  con  meno  riveren- 
za e  pili  sconciamente  (2)  sozzandogli  so- 
vrasta miseramente  e  sopraggrava.  Perchè 
se  la  nostra  fanciulla  di  lui  si  duole  ac- 
cusandolo ,  dee  ringraziamela  Gismondo  » 
se  non  in  quanto  ella  contro  così  colpevo- 
le e  maiìifesto  micidiale  degli  nomini  por- 
ge poco  lamentevole  e  troppo  brieve  que- 
rela. Ma  io  ,  o  Amore  ,  a  te  mi  rivolgo 
dovunque  tu  ora  per  quest'aria  forse  a'no- 
stri  danni  ti  voli ,  se  con  più  lungo  ram- 
marico l'accuFo,  che  ella  non  fece,  non 
se  ne  dee  alcun  maravigliare,  se  non  come 


(i)   S'avacciassimo  ^  cioè  ci  affrettassimo. 

(z)  Sozzandogli  }CÌoèfìmbrattandoelij  Jucendegli  soisi» 


LibRO  I.  8t 

io  di  taulo  mi  sia  dalla  grave  (i)  pressura 
dti  tuoi  piedi  col  collo  riscosso  ,  che  io 
inori  ne  possa  mandar  queste  voci  ,  le 
quali  tuttavia  ,  siccome  di  stanco  e  fievole 
prii];ioiiiere  ,  a  quello  ,  che  alle  tue  molle 
colpe  ,  a'  tuoi  ii. finiti  micidj  si  converreb- 
he  ,  sono  certissimamente  e  roche  e  poche. 
Tu  d' amaritudine  ci  pasci  :  tu  di  dolor  ci 
fijuiderdoui  :  tu  degli  uomini  morlalissimo 
Iddio  in  danno  sempre  della  nostra  vita  ci 
mostri  della  tua  deità  fierissime  e  acerbis- 
sime pruove  :  tu  de'  nostri  mali  (2)  e'  in- 
disii  :  tu  di  cosa  trista  ci  rallegri  :  tu  ogni 
ora  ci  spaventi  con  mille  nuove  e  disusate 
forme  di  paura  :  tu  in  angosciosa  vita  ci 
fai  vivere  ,  e  a  crudelissime  e  dolorosissi- 
me morti  c'insegni  la  via.  Ed  ora  ecco  di 
me,  o  Amore,  che  giuochi  tu  fai?  il  qua- 
le libero  venuto  nel  mondo  ,  e  da  lui  as- 
sai benignamente  ricevuto,  nel  seno  de'miei 
dolcissimi  genitori  sicura  e  tranquilla  vita 
vivendo  senza  sospiri  e  senza  lagrime  i 
miei  giovani  anni  ne  menava  felice,  e  pur 
troppo  felice  ,  se  io  te  solo  non  avessi 
giammai  conosciuto.  Tu  mi  donasti  a  co- 
lei ,  la  quale  io  con  molta  fede  serven- 
do sopra  la  mia  vita  ebbi  cara;  e  in  quel- 
la servitù,  mentre  a  lei  piacque,  e  di  me 
le  calse  ,  vissi  buon  tempo  vie  più    che  in 


(i)  Pressura,   cioè  oppressione^  gravezza, 
(a)  C  indisii ,  cioi  ci  fai  vtiUr  desio^ 


88  DEGLI    ASOLANI 

qualunque  signoria  non  si  vive  fortunato. 
Ora  che  sono  io?  e  cp.ialt'  è  ora  la  mia  vita, 
o  Amore?  della  mia  cara  donna  spoi^llato, 
dal  conspeito  de' miei  vecchi  e  sconsolali 
genitori  diviso,  che  assai  liela  potevano  ter- 
minar la  lor  vita ,  se  me  non  avesser  gene- 
rato, d'ogni  conforto  ignudo,  a  me  mede- 
simo nojoso  e  grave,  in  trastullo  della  for- 
tuna lungo  tempo  di  miseria  in  miseria  por- 
tato, alio  stremo  quasi  favola  del  popolo 
divenulOj  meco  le  mie  gravi  catene  traendo 
dietro,  assai  debole  e  vinto  fuggo  dalle  gen- 
ti ,  cercando  dove  io  queste  tormentate 
membra  abbandoni  ciascun  die,  le  quali 
più  durevoli  di  quello,  che  io  vorrei,  an- 
cora tenendomi  in  vita  vogliono  che  io  pian- 
ga bene  infinitamente  le  mie  sciagure.  Oimè, 
che  dovrebbono  più  tosto  almeno  per  pietà 
de' miei  mali  dissolvendosi  pascere  ogglmai 
della  mia  morte  quel  duio  cuore  ,  che 
vuole,  che  io  di  così  penosa  vita  pasca  il 
mio:  ma  io  non  guari  il  pascerò.  Quinci  Pe- 
rottino  postasi  la  mano  in  seno,  fuori  ne 
trasse  un  picciol  drappo,  col  quale  egli, 
siccome  un'  altra  volta  fatto  avea ,  poi- 
ché egli  a  ragionare  incominciò,  gli  occhi, 
che  forte  piangevaiìo,  rascii'gandosi,  ed  es- 
so che  molle  già  era  divenuto  delle  sue  la- 
grime, per  avventura  fi'^o  mirando,  in  più. 
dirotto  pianto  si  mi^e,  queste  altre  poche 
parole  nel  mezzo  del  piai»nere  alle  già  det- 
te aggiungendo.  Ahi  int'eliee  dono  della  mia 
donna  crudele,  mii-ero  drappo  e  di  misero 


Libro  T.  89 

ufficio  istrumento,  assai    chiaro  mi    dimo- 
strò ella    (lonandomili ,    quale  tlovea    essere 
il  mio  stato.  Tu  solo  m'avanzi  per  guider- 
done deir  infinite  mie  pene.  Non  t'ineresea 
poiché  se' mio,  die  io,  quanto  aro  a  vive- 
re (  elle  sarà  poco  )  con  le  mie  lagrime  ti 
lavi.  Così   dicendo   con    ambedue   le    mani 
agli  occhi  il  si  pose,  da' quali  già  cadevano 
in   lauta  abbondanza   le  lagrime,    che  niua 
fu    o  delle  donne,  o  de'  giovani,  che  rite- 
ner le  sue  potesse.  11  quale  poiché  in  quel- 
la guisa  per  buona  pezza  chino  stando  non 
si  movea,  da' suoi   compagni  e  dalle  donne, 
che  già  s'erano    da  seder  levate ,  fu    molte 
volte  richiamato;  e  alla  fine,  perciocché  ora 
parca  loro  di  quindi  partirsi,  sollevato,  e  dol- 
cemente racconfortato.  A   cui  le  donne,  ac- 
ciocché egli  da   quel  pensiero    si     riavesse , 
il  drappo    addimandaroio,    vaghe  mostran- 
dosi di  vederlo  ;  e  quello  avuto,  e  d'una  ia 
altra  mano  recalo,  verso  la  porla  del  giar- 
din  camminando  tutte  più  volte  il  miraro- 
no volentieri  .  Perciocché  egli  era  di  sotti- 
lissimi  fili  tessuto,  e  d'ogn' intorno  d'oro  e 
di  seta   fregiato,  e  per   dentro    alcuno  ani- 
mahizzo  secondo  il  costume  creco  vasiamen- 
te  dipinto  v'avea  ,  e  molto  studio  ni    se  di 
maestra  mano  e    d'occhio    discernevole  di- 
mostrava.    Indi    usciti    del    bel    giardino  i 
giovani,  e  n^l  palagio    le   donne    accompa- 
gnate, essi,  perciocché  Perollino   non  volle 
quel  di  nelle   feste    rimauere,    del    castello 
scesero  ,  e  d'uno  ragionamento  in  altro  pas- 


gO  DEGLI    ASOLANI 

sarido,  acciocché  ci^li  le  sue  puni^enti  cine 
dimeulicasse,  quasi  tutto  il  rimanente  di 
quel  giorno  per  ombre  e  per  rive  e  per 
piagge  dilettevoli  s'aadaroiìo  diportando. 


9» 

DEGLI    ASOLANI 

DI 

M.     PIETRO     BEMBO 

ne'  quali  si  ragiona  d'amore 
LIBRO  SECONDO. 


ARGOMENTO. 

Introduce  Gìsmondo  a  rispondere  a  tutte 
V opposizioni  fatte  da  Perottino  cantra 
Amore,  ed  a  confutarle',  dove  con  mol- 
ti singolari  concetti  e  vivi  tratti  di  dot- 
trina, e  di  spiritoso  intelletto  loda  Amore^ 
e  racconta  i  frutti  e  le  dolcezze  che  da 
esso  si  cavano ,  dicendo  eli  egli  sempre  è 
buono  ,  e  non  può  esser  reo. 


A 


me  pare,  quando  io  vi  penso , 
nuovo ,  onde  ciò  sia ,  che  avendo  la  natura 
noi  uomini  di  spirito  e  di  membra  forma- 
ti ,  queste  mortali  e  deboli,  quello  durevo- 
le e  sempiterno ,  di  piacere  al  corpo  ci  fa- 
licbiarao,  quanto  per  noi  si  può,  general- 


g2  DECT.I     ASOLANI 

mente  ciascuno:  all'animo  non  così  molli 
lisguardano,  e  per  di  meglio,  pochissimi 
hanno  cura  o  pensiero.  Perciocché  ninno  è 
così  vile,  che  la  sua  persona  d'alcun  vesli- 
mento  non  ricnopra  :  e  molli  sono  coloro, 
che  nelle  lucide  porpore  e  nelle  dillcate 
sele,  e  nell'oro  stesso  cotanto  pregialo  fa- 
sciandola, e  delle  più  rare  gemme  illustran- 
dola, così  la  portano,  per  più  di  grazia  e 
più  d'ornamento  le  dare:  dove  si  veggono 
senza  fine  tutto  il  giorno  di  quegli  uomini, 
i  quali  la  lor  mente  non  solo  delle  \ere  e 
sode  virtù  non  hanno  vestita  ,  ma  pure 
d'alcun  velo  o  filo  di  buon  costume  rico- 
perta,  ne  alomhrata  si  tengono.  Oltre  a  ciò 
si  avviene  egli  ancora,  che  per  vaghezza  di 
cjuesto  peso  e  fascio  terreno,  11  quale  po- 
chi anni  disciolgono,  e  fanno  in  polve  tor- 
nare, dove  a  sosicuìmento  di  lui  le  cose 
agevoli  e  in  ogni  luogo  proposteci  dalla  na-  - 
tura  ci  bastavano;  noi  pure  i  campi,  le  sel- 
ve, 1  linmi,  il  mare  medesimo  sollecitatido, 
con  molto  studio  i  cibi  più  preziosi  cerchia- 
mo; e  per  acconcio  e  agio  di  lui,  potendo 
ad  esso  una  capannuccia  dalle  nevi  e  dal. 
Sole  difendendolo  soddisfare,  i  ])iù  lontani 
marmi  da  diverse  parti  del  mondo  raunaii- 
do  in  più  contrade  palagi  ampissimi  ^li  fon- 
diamo :  e  la  celeste  parte  di  noi  molte  vol- 
te, di  che  ella  si  pasca,  o  dove  abiti,  non 
curiamo,  ponendole  pure  innanzi  più  tosto 
le  foglie  amare  del  vizio,  che  i  frutti  dol- 
cissimi della  virtù,  nello  oscuro  e  basso  uso 


Libro  H.  gS 

di  quello  più  spesso  rinchiusa  tenendola , 
che  nelle  chiare  ed  alle  operazioiii  di 
questa  invitandola  a  soggiornare.  Senza  che 
qualora  avviene,  che  noi  alcuna  parte  del 
corpo  indebolita  e  inferma  sentiamo,  con 
mille  argomenti  la  smairita  sanità  in  lui 
procuriamo  di  rivocare,  a  gli  animi  nostri 
non  sani  poco  curiamo  di  dare  (i)  ri- 
covero e  medicina  alcuna  .  Sarebbe  egli 
ciò  forse  per  questo ,  che  perciò  che 
il  corpo  più  appare,  che  l'animo  non 
fa ,  più  altresì  crediamo  che  egli  ab- 
bia di  questi  provvedimenti  mestiero  ?  Il 
che  tuttavia  è  poco  sanamente  considerato. 
Perciocché  non  che  il  corpo  nel  vero  più 
che  Tanimo  degli  uomini  non  appaja  ;  ma 
egli  è  di  gran  lunga  in  questo  da  lui  evi- 
dentemente superato.  Conciossiacosaché  (2) 
l'animo  tante  facce  ha,  quante  le  sue  ope- 
razioni sono  :  dove  del  corpo  altro  che  una 
forma  non  si  mostra  giammai  :  e  questa  in 
molli  anni  molti  uomini  appena  non  ve- 
dono; dove  quelle  possono  in  breve  tempo 
essere  da  tutto  '1  mondo  conosciute:  e  que* 
sto  stesso  corpo  altro  che  pochi  giorni  non 
dura  ;  laddove  l'animo  sempiterno  sempi- 
ternamente rimane,  e  può  seco  lunghi  se- 
coli ritener    quello,    di    che    noi,  mentre 


(0  Ricovero  ,  vuol  dir  Ricetto. 

(2)  L'animo  ha  tante    facce  ,    quante    sono   le   sue 
«>peiaziom  . 


g4  DEGI.T    ASOLACI 

egli  nel  corpo  dimora,  T avvezziamo  .  Alle 
quali  cose  e  ad  iiifmite  altre,  che  a  queste 
ag^iugner  si  potrebbono  ,  se  gli  uomini  a- 
vessero  quella  considcraziofie,  che  loro  s'ap- 
parlcrreblie  d'avere,  vie  [nix  bello  sarebbe 
oggi  il  viver  nel  mondo  e  più  dolce,  che 
egli  è;  e  noi  con  bastevole  cura  del  corpo 
avere  molto  ;''ìi  l'aiiimo  e  le  menli  nostre 
ornando  e  m..  ,!io  pascendole,  e  più  ono- 
rata dimora  dando  loro,  saremmo  di  loro 
più  degni,  che  noi  non  siamo,  e  molta 
cura  porremmo  nel  conservarle  sane;  e  se 
pure  alcuni  volta  infermassero  ,  con  mag- 
giore sturilo  si  faiicherenimo  di  riparare  a'ior 
morbi,  che  noi  non  facciamo.  Tra'  <|uali 
quaiito  sembri  grave  quello  che  Amore 
addosso  ci  reca,  assai  si  può  dalle  parole 
di  Peroltino  nel  precedente  libro  aver  co- 
nosciuto. Quantunque  Gismondo  forte  da 
lui  discordando,  molto  da  questa  opinione 
lontano  sia.  Pei'ciocchè  venule  il  dì  seguen- 
te le  belle  donne  ,  siccome  ordinato  avea- 
no  (i)  »  appresso  '1  mangiare  co'  loro  gio- 
vani nel  giardino  ,  e  nel  vago  praticello 
accosto  la  chiara  fonte,esotio  gli  ombrosi 
allori  sedutesi,  dopo  alquanti  festevoli  motti 
sopra  i  sermoni  di  Peroltino  da  due  com- 
pagni e  dalle  donne  sollazzevolmente  gittati, 
aspettando  già  ciascuno  che  Gismondo  par- 


(i)  Appresso!  mangiare f  cioè  dvpo'l  mangiare,  ausato 
:o  dal  Boccaccio. 


Libro  H.  gS 

lasse,  egli  così  iucominciò  a  dire:  Assai  vez- 
zosamente fece  jeri,  sagge    e  belle  donne  _, 
Perottlno  ,  il  quale  nella  iìiie  della  sua  luu- 
ga  querimonia  ci  lasciò  piangendo ,  accioc- 
ché quello  ,  che  aver  nou  gli  parca  con  le 
parole  potuto   guadagnare  ,    le    I.igrime  gli 
acquistassero,  cioè  la  vostra  fede  alle  cose, 
che  egli  inlendea    di    mostrarvi.    Le    quali 
lagrime  tuttavia  quello,  che  in  voi  operas- 
sero ,  io  non  cerco  :  me  veramente  mossero 
tUe  a  tanta  pietà  de' suoi  mali,  che  io,  co- 
me   poteste    vedere,   non    ritenni    le    mie  . 
E  questa  pietà  in    me    non  pure   jeri  sola- 
'•  mente  ebbe  luogo:  anzi  ogni  volta,  che  io 
alle  sue  molte  sciagure  considero ,  ducimene 
più  che  mezzanamente,    e    sonomi    sempre 
gravi  le  sue  fatiche  ,  siccome    di    carissimo 
amico,  che  egli  m'è;  forse  non  guari  me- 
no, che  elle  si  siano  a  lui.  Ma  queste  me- 
desime lagrime,  che  in   me    esser    possono 
meritevolmente    lodate,    come    quelle    che 
Tengono    da    tenero    e    fratellevole  animo, 
veda  bene  Perottino ,  che  in  lui  non  sieno 
per  avventura   vergognose.    Perciocché    ad 
uomo  nelle  lettere  iuiin    da    fanciullo  assai 
profittevolmente  esercitato,  siccome  egli  è, 
più  si  conviene    calpestando    valorosamente 
la  nemica  fortuna  ridersi  e  beffarsi  de' suoi 
giuochi,  che  lasciandosi  sottoporre  a  lei  per 
viltà   piagnere    e    rammaricarsi    a    guisa   di 
fanciullo   ben  bittuto .   E  se    pure    egli  an- 
cora nou  hi  dagli  antichi  maestri  taato  di 


g6  Dr.GI.I    ASOL\NI 

sano  avveJiinenlo  appreso,  o  seco  d'animo 
dalle  culle  rerato,  che  egli  incontro  a'  col- 
pi d'uha  femmina  si  possa,  o  si  sappia  scher- 
mire, die  femmina  pare  che  sìa  la  fortuna, 
se  noi  alla  sua    voce    medesima    crediamo, 
assai    avrebbe    fallo    men  male,  e  cosa  ad 
noni  libero  più   convenevole    Perollino,  se 
confessando    la    sua    debolezza ,    egli    di    se 
slesso  doluto  si  fosse,  che  non  è  stalo  do- 
lendosi d'uno  strano  avere  in  altrui  la  pro- 
pria colpa  recata.  Ma  che?  egli  pure  cosi 
ha    voluto,  e  per   meglio    colorire    la    sua 
menzogna    e    il    sno    difello,    lamentandosi 
d'Amore,  accu'^andolo, dannandolo,  rimpro- 
verandolo, ogni  fallo,  ogni  colpa  volgendo 
in  lui,  s'è  sforzato  di  failovi  in  poco  d'ora 
di  libéralissimo  donatore  di  riposo ,  di  dol- 
cissimo apporlalor  di    gioja ,    di    santissimo 
conservatore  delle  genti,  che  egli  sempre  è 
stalo,  rapacissimo  rubator  di  quiete,  acer- 
bissimo    recator    d'atfanno  ,    scelleratissimo 
micidiale  degli    nomini    divenire  :    e    come 
se  (gli  la  sentina    del  mondo    fosse ^  in  lui 
ha  ogni  bruttura  della    nostra    vita  versata 
con  sì   alte  voci  e  così  diverse  sgridandolo, 
che  a  me  giova    di    credere    oggi  mai ,    che 
egli  più  avveduto   di  quello ,    che    noi    sli- 
miamo, non  tanto   per    nasconderci  le  suei 
colpe  ,  quanto  per  dimostrarci    la  sua  elo- 
quenza ,   abbia    tra  noi    di    questa    materia 
in  così  falla  guisa  parlalo.  Perciocché  dura, 
cosa  pare  a  me  che  sia  il  pensare,  che  egUj 


Libro  II.  ^y 

ad  alcun  eli  noi,  che  pure  il  (i)  pesco  dal- 
la meli  conosoiaino  ,  abbia  volulo  far 
credere  che  Amore  ,  senza  il  quale  niua 
bene  può  negli  uomini  aver  luogo,  sia  a 
noi  d'ogni  nostro  male  cagione.  E  certa- 
mente, riguardevoli  Donne,  egli  ha  in  uno 
canale  derivate  cotante  bugie,  e  quelle  così 
bene  col  corso  d'apparente  verità  inviate 
dove  gli  bisognava,  che  senza  dubbio  assai 
acqua  m'arebbe  egli  addosso  fatta  venire, 
siccome  le  sue  prime  minacce  sonarono  , 
se  io  ora  dinanzi  a  così  intendenti  ascolta- 
trici  non  parlassi ,  come  voi  sete ,  le  quali 
ad  ogni  rawiluppalissima  quistione  sciogliere, 
non  che  alle  sciolte  giudicare  ,  come  que- 
sta di  qui  a  poco  sarà,  sete  bastanti,  i.a 
qual  cosa  acciò  che  sei.za  più  oltra  tenervi 
incominci  ad  aver  luogo ,  io  a  gli  eltVtti 
me  ne  verrò,  solo  che  voi  alcuna  atlenzion 
mi  prestiate.  INè  vi  sia  grave,  o  Doiuie,  il 
presiarlami ,  che  più  a  me  si  conviene  ella 
oggi,  che  a  Perottino  jeii  non  fece.  Per- 
ciocché olire  che  lo  (2)  snodare  gli  aliiui 
groppi  più  malagevole  cosa  è  ,  ctie  ran- 
nodargli non  è  Slato,  io  la  verità  dinanzi  a 
gli  occhi  ponendovi  conoscere   vi   farò  quel* 


(i)  Avoertiscasi  la  pesca  fruUo,  posta  qui  in  genere 
neutro.  Né  può  dirsi ^  che  sig^nificni  l'albero^  poiché  il  sua 
contrapposto  Mela  è  frutto  ,  e  non  pianta ,  che  Melo  si 
chiama. 

(1)  Snodar  gli  altrui  groppi  j  cioè  sciogliere  f  districare 
gli  altrui  nodi  .  ■  4 

Bembo   Voi.  I,  7 


g8  DEGÙ    A8  0LANI 

lo,  die  è  somipamente  dicevole  alla  vostra 
cl)Vane    etadc,  e  st  nza    il  che    lutto    il  no* 
Siro  vivere  morie   più  tosto   cUiamar  si  può, 
che  vila:  dove  egli    la    menzogna  in  bocca 
recando    vi    dimostrò   cosa,   la   quale  posto 
che  fosse  vera,  non  che  a  gli    anni    vostri 
non  convenevole ,  ma  ella    sarebbe  vie  più 
a  morii,  che  ad  alcuna   qualiià  di  vivi  con- 
forme.  Avea  così  dello  Gi>>rnondo  ,  e  lace- 
vasi  :   quando   Lisa   verso  madonna  Berenice 
baldanzosamente    rigu  \r.lyndo ,     madonna, 
disse  ,    egli   si  \uo1e  che  noi    Gismondo  at- 
tentamente ascolliatno;  })oscia  che  di  tanto 
giova men lo  ci  hanno  a  dovere  essere  i  suoi 
sermoni  ;   la  qua!  cosa  se  egli  così  pienamen- 
te ci  atterrà,  come  pare  ohe  animosamente 
ci   prometta,  cerla  sono  che  Perotùno  abbia 
oggi  non   men     fiero  diftiiditore    ad  avere, 
che  egli  jeri   gagliardo    assalitore    si    fo<se . 
Rispose  maaonua  Berenice    a  queste  parole 
di   Lisa  non  so  che;  e  rispostole  tutta  lieta 
ed  aspettante    d'udire    si    taceva.   La  ondei 
Gismondo  così  preseadiie:   Una  cosa  sola,, 
leggiadre  donne,  e  molto  semplice  ngni  hoi 
io  a  dimostrarvi,  e  non    solamente  da   me,, 
e  dalla  maggior  parte  dtlle  nostre  fanciullei 
che  a  questi  ragionamenti    argomento  han- 
no dato,  ma  da  quanti    ci  vivono,  che  io 
mi  creda,    almeno  in  qualche    parte,  soloi 
che  da  Perotlino   conosciuta  ,    se  egli  purei 
così  conosce ,  come  ci  ragiona ,  e  questa  èl 
la  bontà  «l'Amore,  nella  quale  tanto  di  rioi 
pose  jeri  Perolliuo ,   quanto  allora    voi  ve-v 


Libro  II.  ^^ 

deste,  e  siccome  ora  vedrete,  a  gran  torto. 
Ma  perciocché  a  me  convieii  per  ia  folta 
selva  delle  sue  menzogne  passando  all'aper- 
to campo  delle  mie  verilù  far  via,  prima 
che  air  altra  parie  io  venga,  a'  suoi  ragio- 
namenti rispondendo  in  essi  porrem  mano. 
E  lasciando  da  parte  stare  il  uascimenio  , 
che  egli  ad  Amore  die,  di  cui  io  ragionar 
non  intendo  ,  questi  due  fondamenti  gittò 
jeri  Perottino  nel  principio  delle  sue  molte 
voci ,  e  sopra  essi  edificando  le  sue  ragioni, 
tutta  la  sua  querela  assai  acconciamente 
compose;  ciò  sono,  che  amare  senza  amaro 
non  si  possa  ,  e  che  da  altro  non  venga 
niuno  amaro  e  non  proceda  ,  che  da  solo 
Amore  .  E  peiciò  che  egli  di  questo  secon- 
do primieramente  argomentò,  a  voi  madon- 
na Berenice  ravvolgendosi,  la  quale  assai 
tosto  v'accorgeste,  quanto  egli  già  nell' en- 
trar de' suoi  ragionamenti  andava  tentone, 
siccome  quegli  che  nel  bujo  era;  di  quinci 
a  me  piace  d' incominciare  con  poche  pa- 
role rispondendogli,  perciocché  di  molle  a 
così  scoperta  menzogna  non  fa  ra.estiero . 
Dico  adunque  così:  che  folle  cosa  è  a  dire, 
che  ogni  amaro  da  altro  non  proced-i,  che 
d'amore.  Perciocché  se  questo  vero  fosse, 
per  certo  ogni  dolcezza  da  altro  che  da 
odio  non  verrebbe  e  non  procederebbe 
giammai;  conciossicosaché  tanto  contrario 
e  l'odio  all'amore,  quanto  è  dall'ama- 
ro la  dolcezza  lontana.  Ma  perciocché  da 
odio    dolcezza    niuna    procedere    non  può , 


lOO  DEGLI    ASOLANI 

che  Ogni  odio,  iu  qvianlo    è    odio,  attrista 
sempre  ogni  cuore,  ed  (i)  addolora;   pare 
altresì  che  di  necessità  si  conchiuda  »  che  da 
amore  amaro  alcuno  procedere  non  possa  in 
niun  modo  giammai.  Vedi  tu,  Pei  Ottino,  sic- 
come io  già  truovo  armi ,  con  le  qu-ili   ti  vin- 
co? Ma  vadasi  più  avanti  el  a  più  strette  (2) 
lotte  con  le  tue  ragioni   passiamo  .    Percioc- 
ché dove  tu  alle  tre  maniere  de'  mali   a))pi- 
gliatulotl ,    argomenti,    che    ogni  doglia  da 
qn.dche  amore,  siccome  ogni  fiume  da  qual- 
che fonte  si  deiiva,  vanamente  argomentando 
ad  assai  fievole  e  falsa  parte  t'appioli ,  e  cou 
fievoli  e  false  ragioni  sostentata.   Perciocché 
se  vuoi  dire,  che  se  noi  prima  non  amassi- 
mo alcuna  cosa,   niun  dolore  ci  tocchereb- 
be giammai ,  è  adunque  amore  d'ogni  nostra 
doglia  fonte  e  fondamento, e  che  perciò   ne 
segua,  che  ogni   dolore  altro  che  d'amore 
Doa  sia .     Beh     perchè     non  ci    di'    tu  an- 
cora così  :  che  se  gli  uomini  non  nascessero, 
essi   non  morrehhono  giammai:  è  adunque  il 
nascere  d'ogni  nostra  morte    fondamento, 
e  perciò  si  possa  dire  ,  che  la  cagion  della 
molte  di     ("esare  o  di  TNerone  altro    che  il 
lor  uascimenlo  stata  non  sia.   Quasi  che  le 
navi  ,  che  affondano  nel   mare  ,  de'  venti  , 
che    loro  dal    porto    aspirarono    secondi  e 


(1)  Addolora^  cioè  genera  dolore. 

fa)  Lotta  è  proprio  il  gioco  delle  braccia. 


Libro  ti.  i©i 

favorevoli  »  non  di  quelli  ,  che  V  hanno 
vìnte  nimici  e  centrar],  si  clebhano  con  le 
balene  rammaricare  ;  perciocché  se  del 
porto  non  uscivano  ,  elle  d:jl  mare  non 
sarebbono  state  (i)  ingozzate.  E  posto  che 
il  cadere  in  basso  stato  a  coloro  solamente 
sia  nojoso  ,  1  quali  dell'  alto  son  vaghi  , 
non  perciò  V  amore  ,  che  alJe  riccbt^zze  o 
agli  onori  portiamo  ,  siccome  tu  di'^esti  , 
ma  la  fortuna  ,  che  di  loro  si  spoglia  ,  ci 
fa  dolere.  Perciocché  se  l' amarle  parte 
alcu  ia  di  doglia  ci  recasse  nell'animo,  con 
r  amor  di  loro  ])os<;edendoIe  noi  ,  o  nou 
possedendole  verrebbe  il  dolore  in  noi.  Ma 
non  si  vede,  che  noi  ci  dogliamo,  se  non. 
perdendole.  Anzi  manifesfa  cosa  é  egli  as- 
sai ,  che  in  noi  nidla  aUro  il  loro  amore 
adopera  ,  se  noa  che  quelle  cose ,  che  la 
fortuna  ci  dà  ,  esso  dolci  e  soavi  c«  le  fa 
essere;  il  che  se  noQ  fosse,  il  perderle  che 
se  ne  face^se ,  ed  il  mancar  di  loro  ,  non 
ci  potrebbe  dolere.  Se  adunque  nell'  amar 
questi  beni  di  fortuna  doglia  alcuna  non 
si  sente  ,  se  non  ii  quanto  essa  fortuna , 
nel  cui  governo  sono  ,  gli  permuta  ,  co;i- 
ciossiacosachò  amore  più  a  grado  solamen- 
te ce  gli  faccia  essere  ,  e  la  fortuna  come 
ad  essa    piace  e    ce  gli  rubi  e    ce  gli  dia  ; 


(i^  Ingozzare  ,  cioè  sommergere  ,  è  certo  con  signi- 
fietziane  alquanto  dura  e  lontana  y  né  da  altri  usata  ehi* 
iappim. 


102  DEGLI    ASOLANI 

perchè  giova  ea^Vi  a  te  di  dire  ,  che  del 
dolore  ,  il  quale  le  loro  mutazioni  recano 
agli  uomini  ,  amore  ne  sia  più  tosto  ,  che 
Ja  fortutia  cagione  ?  Certo  se  mangiando 
tu  a  queste  nozze,  siccome  tutti  facciamo, 
il  tuo  servante  contro  tua  voglia  ti  levasse 
dinanzi  il  tuo  (i)  piattello  pieno  di  buone 
e  di  soavi  cose  ,  il  quale  egli  medesimo 
t' avesse  recato  ,  e  tu  del  cuoco  ti  ramma- 
ricassi ,  e  dicessi  che  egli  ne  fosse  slato  ii 
cagione  ,  che  il  condimento  delicato  sopra 
quella  colai  vivanda  ti  fece  ,  perchè  ella 
ti  fu  recata  ,  e  tu  a  mangiarne  ti  mettesti, 
pazzo  senza  fallo  saresti  tenuto  da  ciascu- 
no. Ora  se  la  fortuna  nostro  malgrado  si 
ritoglie  qne'heni,  che  ella  prima  ci  ha 
donali  ,  de'  quali  ella  è  sola  recatrice  e 
rapifrice  ,  tu  Amore  n' encolperai  ,  che  il 
condilor  di  loro  è  ,  e  non  ti  parrà  d'  im- 
pazzare ?  Cerio  non  vorrei  dir  così,  ma  io 
pure  dubito  ,  Pcrollino  ,  che  oggimai  non 
t' abbiano  in  colali  giudizj  gran  parte  del 
debito  conoscimento  tolto  ie  ingorde  ma- 
ni nconie.  Questo  medesimamente  senza  che 
io  mi  distenda  nel  parlare  ,  delle  ricchezze 
deli'  animo  ,  e  di  quelle  del  corpo  ti  si 
può  rispondere,  qualunque  sieno  di  loro  i 
ministraìori.  E  se  le  tue    fiere  alcun  de' lo- 


(0  Piattello  è  da  noi  detto  quel  che  altrove  si  chia^. 
mn  piatto  ,  ed  nwertiscasi  ,  che  Piattello  non  è  voce  dimi*. 
nuUva  ,  come  vogUonf  alcuni ,  ma  positiva. 


Libro  TT.  io3 

ro  poppanti  figliuoli  perdeado  si  dogllono, 
il  ca«o  tristo  ,  che  le  punge,  non  Tamore, 
che  la  natura  insegna  loro  ,  le  fa  dolere . 
D*  intorno  alle  quali  tutte  co-^e  oggimai 
che  ne  posso  io  altro  dire  ,  che  di  sover- 
chio non  sia  ,  se  non  che  mentre  tu  con 
queste  nuvole  ti  vai  ombreggiando  la  tua 
bugia  ,  ninna  soda  forma  ci  hù  ritratto 
dal  vero.  Se  per  avventura  più  forte  argo- 
mento non  volessimo  già  dire  che  fosse 
dell'  amaritudine  d'  Amore  quello  ,  dove 
tu  di',  che  Amore  da  questa  voce  amaro 
assai  acoonciameite  fu  così  da  ]>rima  detto, 
affine  «he  egli  bene  nella  sua  medesima 
fronte  dimostrasse  ciò  eh'  egli  era.  11  che 
io  già  non  sapea  ,  e  credea  che  non  Je 
somiglianze  de'  sermoni ,  ma  le  sostanze 
delle  operagioni  fossero  da  dovere  essere 
ponderate  e  riguar;late.  Glie  se  pure  le 
somiglianze  sono  delle  sostanze  argomen- 
to, di  voi  ,  donne  ,  sicuramente  m'  in-= 
cresce ,  le  quali  non  dubito  che  Perot- 
tino  non  dica  ,  che  di  danno  siate  alla 
vita  degli  uomini  ,  conciossiacosaché  così 
sono  inverso  di  se  queste  due  voci  Donne 
e  Dan^o  conformi,  come  sono  quest'altre 
due  Amore  e  Amaro  somiglianti.  Aveano 
a  piacevole  sorriso  mosse  le  ascoltanti  don- 
ne queste  ultime  parole  di  Gi^mondo  ,  e 
madonna  Bt-renice  'uttavia  sorridendo  al- 
l' altre  due  rivoltasi  cosi  riisso  ;  Male  ab- 
biam  procacciato,  compagne  mie  care ,  poi- 
ché sopra  di  noi  cadono  le  costoro  quislio- 


104-  DEGLI     ASOLANI 

ni.   A  cni  Sahimlia  ,    della   quale    la  giova- 
nella  età  ,    e  la    vaga    bellezza    facevano  la 
parole  ]ilù  saporose  e  più  care,  luUa   lii  ta 
e  piacevole  rispose  :   Madonna  ,  non   vi   da- 
te  "oja    di  eiò  ,  elle  non   ci    toccano   pure. 
Perciopchè  dimmi    tu,  (iismondo,  qua'don- 
ne  volete  voi  die  sien   di  dan    o  alla  vostra 
vita,   le  i;iovani,  o  le  vecchie?  Certo  delle 
i»iovani    secor»do    il    tuo    argomenlare    non 
potiai    dire  ,    se  non   che    elle    vi    giovino  , 
conciossiacosaché  giovani,  e  gio>ano  quella 
medesima    somighanza     hamo    in    verso  di 
se  ,    che  tu   delle  donne  e  del  danno  dice- 
sti. 11  che  se  tu  mi  doni  ,    a  noi  basta  egli 
cotesto  assai  :  le  vecchie  poi  sien   tue.    Sieu 
pure    di    Perottino  ,    rispose    lutto    ridente 
Gismoudo  :     la  cui   tiepidezza    e  le    piagne- 
\oli  querele  ,    poiché  le  somiglianze  hanno 
a  valere  ,  assai   sono  alla  fredda  e    ramma- 
richevole   vecchitzza    conformi.     A    me  ri- 
mangano   le  giovani  ,     co'  cuori   delle  quali 
li«  ti  e    festevoli   e  di    calde    speranze    pieni 
s'avvenne  sempre  il   mio  ,    e  ora   s'  avviene 
più   che    giammai  ,  e  cer'o  sono  ,    che  elle 
mi  giovino  ,  siccome  lu  di'.  A   queste    cosi 
fatte   parole  molle  altre  dalle    donne  e  dai 
giovali    dette     ne    fnioiio    l'uno    all'altro 
scluj  zevo'mente  ritorna'  do  le  vaghe  rimes- 
se <'e' vezzosi  parlari;  e  di  giuoco  in    giuo- 
co   per    a^ ventura    gauggiaiulo    più     oltre 
andata   «a»  jbhe    la   vjiga     compagnia,    n«  Ila 
auìle  srlo   Perotlino    si   tarea  ,    se  non    che 
Gismoudo  in  questa  mauiera  parlando  alla 


Libro  IT.  io5 

loro  piacevolezza  pose  modo.  Assai  ci  han- 
no, moite£T£;ìose  giovani,  dal  diritto  cammi- 
no de'  nostri  rn£;ìonamenti  traviali  le  somi- 
glianze di  Peroltino,  le  quali  percloccliè  a 
noi  di  più  giovamento  non  sono  ,  che  elle 
staie  sleno  utili  a  lui  ,  oggimai  a  dietro 
lascia'^do  più  avanti  ancora  de'  suoi  ram- 
marichi passiamo.  E  perchè  avete  assai 
chiaro  veduto,  quanto  falsa  l'una  delle 
sue  proposte  sia  ,  dove  egli  dice  che  ogni 
amaro  altro  che  d'  Amore  non  viene  , 
veggasi  ora  ,  quanto  quelT  altra  sia  vera  , 
dove  egli  afferma  the  amare  senza  amaro 
non  si  puoi  e.  Nt-lla  quale  una  egli  ha  co- 
taiìte  gni<e  d'amari  portate  e  rannate,  che 
assai  utile  lavorafor  di  c«mpi  egli  per  cer- 
to sarchile,  se  così  hene  il  loglio  ,  la  felce, 
i  vepri  ,  le  lappole  ,  la  carda,  i  primeggino- 
li ,  e  le  altre  erbe  inutili  e  nocive  della 
sua  possessive  scegllesse  ,  e  in  un  luogo 
gittasse  ,  come  egli  ha  i  sospiri  ,  le  lagri- 
me ,  i  tormenti  ,  le  angosce  ,  le  pene  ,  i 
dolor  tulli  ,  e  lulti  i  mali  della  nastra 
■vita  scegliendo  ,  quegli  solamente  sopra 
le  spalle  degì'  inno;*e  sii  araanii  gittali  e 
ammassali  .  Alla  qnal  co«a  fare  accioc- 
ché e^lì  d'  alcuno  appara  n^^e  principio 
incomi  'ciasse  ,  egli  prese  argome:>>o  dagli 
scrittori  ,  e  disse  ,  che  quanti  d'  Amor 
parlato  ,  quello  ora  fuoco  e  oja  furor 
nomi  'andò  ,  e  gli  am;mti  sempre  mi- 
sei'i  e  «tempre  infelici  chi;<m')!ìdo  ,  in  ogni 
lor  libro,  in  ogni  lor  foj^lio  si  dolgono,  si 


lof)  DEGLI     ASOLANI 

lamentano  di  Ini  ;  nò  pure  di  sospiri  o  di 
lai^'ime,  ma  di  feriie  e  di  morti  degli 
amanli  tutti  i  loro  volumi  sono  macchiali. 
Il  che  è  (\y  lui  con  assai  piìi  sonanti  paro- 
le dt-'tto,  che  con  alcuia  ragionevole  pruo- 
va  confermato,  siccome  quello,  che  non 
sente  d<l  vero.  Perciocché  chi  non  legge 
medesimamente  in  ogni  scrittura  gli  amoro- 
si piaceri?  Chi  no  i  truova  in  ogni  libro 
alunno  amante,  che  non  dico  le  sue  ventu- 
re, ma  pure  le  sue  beatitudini  non  raccon- 
ti? Delle  quali  se  io  vi  volessi  ora  recitare, 
quan'o  potrei  senza  molto  studio  rammen- 
tarmi; certo  pure  in  questa  parte  sola  tulio 
qnesto  giorno  logororei ,  e  temerei,  che 
prima  la  voce,  che  la  materia  mi  venisse 
m.'incala  .  Ma  percioccliè  egli  con  le  sue 
canzoni  i  gravi  rammarichi  degli  amanti  e 
la  fierezza  d'Amore  vi  volle  dimostrare;  e 
fece  bene  ,  perciocché  egli  non  arebbe  di 
leggiero  potuto  altrove  così  nuovi  argo<nen- 
ti  ritrovare  ,  come  che  a'  proprj  lestimonj 
non  si  creda  ;  pure  se  a  voi  donile  non 
ispiacerà,  io  altresì  con  alcuna  delle  mie, 
quanto  d'amore  si  lodino  gli  uomini  ,  e 
quinto  abbiano  da  lodar>;i  di  lui  ,  non  mi 
riirarrò  di  farvi  chiaro.  Volea  a  Gi^^mondo 
cia-^cuna  delle  donne  rispondere,  e  d're  che 
egli  dicesse.  Ma  Lisa,  che  più  vicina  gli 
era,  con  più  (:)  tostana  ri'-posta  fece  l'al- 
tre tacere  così  dicendo:    Dih    sì  (-iismondo 

(i)   Tostarla  f  cioè  tubita. 


Libro  IT.  107 

per  Dio  :  E  non  che  egli  ci  piaccia  ,  ma 
noi  te  ne  preghiamo;  e  dicoti  che  tu  nes- 
suna cosa  ci  potresti  fare  così  cara  come 
cotesta  ;  anzi  avea  io  per  me  già  pen- 
salo di  sollecitartene  ,  se  tu  non  ti  prof- 
ferevi .  Me  non  bisogna  egli  che  voi  pre- 
ghiate o  sollecitiate^  rispose  incontanente 
Gismondo .  Perciocché  delle  mie  rime , 
quali  che  elle  si  sieno  ,  solo  che  a  voi  gio- 
vi d'ascoltarle,  a  me  di  sporlevi  egli  somma- 
mente gioverà  :  E  oltre  a  ciò  se  voi  vi  de- 
gnaste per  avventura  di  lodarlemi,  dove  a 
Peroltiuo  parve  che  fosse  grave  ,  io  a  mol- 
ta gloria  il  mi  recherei,  e  rimarrevene  so- 
pra il  pregio  obbligato.  Cotesto^  l'arem  noi 
volentieri,  rispose  madonna  Berenice,  si 
veramente,  che  farai  ancora  tu ,  che  noi 
così  te  possiamo  lodare,  come  potcvam  lui. 
Dura  condizione  m'avete  imposta,  madonna, 
disse  allora  Gismondo ,  e  io  senza  condizio- 
ne vi  parlava  trop[)0  y'iù  vago  richiediiore 
delle  vostre  lode,  che  buono  stimatore  del- 
le mie  forze  divenuto.  Ma  certo,  avvenga- 
ne che  può,  io  né  pure  farò  pruova:  E 
qnesto  detto  piacevolmente  incominciò: 
Né  le  dolci  aure  estive  ^ 

Nè'l  l'ago  mormorar  cVonda  marina^ 

iSlè  tra  fiorite  ri\ie 

Donna  passar  leggiadra  e  pellegrina , 

Fi4r  giammai  medicina^ 

Che  sanasse  pensiero  infermo  e  grai'e; 

Cli  io  non  gli  aggia  per  nulla 

IH  quel  piac&r^  che  dentro  mi  trastulla 


108  DEGLI    ÀSOLANI 

L^ anima y  di  cui  tene  Amor  la  chiave-: 
Si  è  dolce  e  soave. 

Pendeano  dalla  bocca  di  Gismondo  le 
ascoltanti  donne  credendo  clic  più  oltre 
avesse  ad  andare  la  sua  canzona,  ed  egli 
tacendosi  diede  lor  segno  d'averla  fornita: 
La  onde  in  questa  maniera  madonna  Bere- 
nice a  lui  riicominciò .  Lieta  e  vaghelta 
canzona  dicesti,  Gismondo,  senza  fallo  alcu- 
no ,  ma  vuoi  tu  esser  per  cosi  poca  cosa 
lodato?  Madoiina  mia  no,  rispose  egli.  Ben 
vorrei  che  mi  dicesse  Perottino,  dove  sono 
in  questa  quelli  suoi  colanti  dolori  ,  ch'egli 
disse,  che  in  ogni  canzone  si  K'ggeano.  Ma 
prima  che  egli  mi  rispoada ,  oda  quest'al- 
tra ancora  : 

"Non  si  vedrà  giammai  stanca  né  sazia 

Qiipsta  m.ia  penna  ylmore 

Di  renderti  Signore 

Del  tuo  cotanto  onore  alcuna  grazia: 

A  cui  pensando  volentier  si  spazia 

Per  la  memoria  il  core; 

E  vede  '/  tuo  valore: 

OncV ei  prende  vigore^  e  te  ringrazia, 
jimor ,  da  te  conosco  quel  cJi  io  sono. 

Tu  primo  mi  levasti 

Da  terra ,  e  '«  ciclo  alzasti  ; 

Ed.  al  mio  dir  donasti  un  dolce  suonot 

E  tu  colei ^  di  eli  io  sempre  ragiono^ 

Agli  occhi  miei  mostrasti  ; 

E  dentro  al  cor  mandasti 


Libro  II.  jorj 

Pensier  leggiadri-  e  casti,  altero  dono. 
Tu  sei ,  /a  tua  mercè ,  cogion  dì  io  viva 

In  dolce  foco  ardeii<lo  ; 

Dal  qual  ogni  ben  prendo , 

Di  speme  il  cor  pascendo  onesta  e  viva: 

E  se  giammai  verrà,  dì  ì  giunga  a  riva. 

Là' ve'' L  mio  volo  stendo. 

Quanto  piacer  n  attendo , 

Più  tosto  noi  comprendo,  eh"  io  lo  scriva. 
Vita  gioiosa  e  cara 

Chi  da  te  non  C  impara.  Amor  non  ave. 

Assai  era  alle  intendenti  donne  piaciu- 
ta questa  canzone,  e  sopra  essa  lodandola 
diverse  cose  parlavano.  iMa  GismouUo ,  a 
cui  parca  che  l'ora  fuggisse,  siccome  que- 
gli che  avea  assai  lungamente  a  parlare, 
interrompendole  in  questa  maniera  i  suoi 
ragionamenti  riprese:  Amorose  giovani,  che 
le  m!('  rime  \\  piacciano,  se  cosi  è  come 
voi  dite  ,  a  me  piace  egli  sopra  modo.  Ma 
voi  alloia  le  vostre  lode  mi  darete,  quan- 
do io  ad  Amore  arò  date  le  sue  .  Percioc- 
ché onesta  cosa  non  è  ,  che  voi  prima  me 
di  così  bella  mercè  paghiate,  che  io  il  mio 
sì  poco  lavorio  vi  fornisca.  Ora  venendo  a 
Perottino,  quanio  egli  falsamente  argomenti, 
che  Tie'  versi  che  d'Amore  parlano  ,  niente 
altro  si  It-gg»,  ciie  dolore,  voi  vedete.  JNè  pure 
queste  ira  le  mie  rime,  che  uno  sono  tra 
gli  amanti,  solamente  si  leggono  lodanti  e 
ringrazianti  il  loro  signore,  ma  molte  altre 
ancora  ,  delle  quali  io  ,  perciocché  ad  altre 


no  DEGLI    ASOLANI 

parti  ho    a    venire ,    nò  bisogna    che  Umgo 
tempo  in  questa  sola  mi  dimori,  ragionan- 
do, secondo  che  elle  mi  verranno  in  bocca, 
alcuna  ne  racconterò  ,  per  Je  quali  voi  me- 
glio il  folle  error   di  Peroitino  compreude- 
rcle  .   E  certo  se  egli  avesse  detto,  che    più 
sono  stati  di  quegh  amanti,    che    d'Amore 
si  sono   ne'loio    scritti    doluti,    che    quelli 
non  sono  stati ,  che    lodati    di  lui  si  sono  , 
e  più  ragionevole  sarebbe  stato  il  suo  par- 
lare, e  io  per  poco  gliele  arei    conceduto  . 
INè  perciò  sarebbe  questo  buono  argomento 
stato    a    farci    credere  ,    che    amare  senza 
amaro  non  si  possa,  perchè  non  così  molti 
d'Amor  si  lodassero  ,  quanti  veggiamo  che  si 
lamentano    di    lui .    Perciocché ,     lasciamo 
stare  che  da  natura  più  labili  siamo  ciascu- 
no a  rammaricarci    delle    sciagure ,    che    a 
lodarci    delle    venture ,    ma    diciamo  così  , 
che  quelli ,  che    felicemente    amano  ,  tanta 
dolcezza    sentono    de'  loro    amori ,     che    di 
quella    sola    l'animo    loro    e  ogni  lor  senso 
compiutamente  pascendo,  e  di  ciò  interissi- 
ma  soddisfiizioiie  prendendo,  non  hanno  di 
prosa ,    né    di    verso ,    né    di  carte  vane  e 
sciocche    raestiero .   Ma    gl'infelici    amanti, 
perciochè  non   h^nno    altro    cibo  di  che  si 
pascere,  ne  altra  via  da  sfogar  le  loro  fiam- 
me ,  corrono  agli  inchiostri ,  e  quivi    fanno 
quelli  cotanti  romori,  che  si  leggono ,  simi- 
li a  questi  di  Perottino  ,  eh'  egli  cosi  calda- 
mente   ci    ha    raccontati .  Onde  non  altra- 
mente avviene  nella  vita  degli  amanti,  che 


Libro  IT.  in 

si  vegga  nel  corso  de  tìiiinl  adìvpnire ,  i 
quali  dove  sono  più  impediti,  e  da  più 
folta  siepe,  o  da  sassi  maggiori  allraversati, 
più  altresì  rompendo  e  più  sonanti  scendo- 
no, e  più  schiumosi:  dove  non  hauno  die 
gl'incontii ,  e  da  ninna  parte  il  loro  cam- 
mino a  se  vietalo  sentono  ri[*osa}ameiile 
le  loro  umide  bellezze  menando  seco  pura  e 
cheta  se  ne  vai. no  la  lor  via.  Cosi  gli  ^maa- 
ti,  quanto  più  nel  corso  de' loro  disii  haa- 
no  gl'intoppi  e  gl'impedimenti  maggiori  , 
tanto  più  in  essi  lotando  col  pensiero  ,  e 
lunga  schiumi  decloro  sdegni  traendo  die- 
tro, fanno  altresì  il  suono  de*  lor-»  lumenti 
maggiore.  Feliii  e  fortunati ,  e  in  ogni  l^ito 
godenti  de' loro  .«mori,  né  da  alcuna  op- 
posta diffìculà  nell'andare  ad  essi  ritenuti, 
spaziosa  e  tranquilla  vita  correndo  non  usa- 
no di  farsi  seni  ire.  La  qualcosa  se  così  è, 
che  è  per  certo  ,  né  potrà  fare  in  maniera 
Perottino  del  vero  co' suoi  (i)  nequitosi  ar- 
gomefili,  che  egli  pure  vero  non  sia,  po- 
trassi  dire ,  che  le  molte  rammaricazioni 
degli  amanti  infelici  sien  quelle,  che  faccia- 
no che  esser  non  ne  possano  ancora  de'  fe- 
lici ?  E  chi  dubita  che  egli  non  si  possa? 
Che  perchè  in  alcuno  famoso  tempio  dipin- 
te si  veggano  molle  navi,  quale  con  l'albe- 
ro fiacco  e  rotto  e  con  le  vele  ravviluppale, 
quale  tra  molti  scogli  sospinta  ,  o  già  soprav- 


(i)  Nequitosi  argomenti  j  tioè  pieni  it  ira.  e  di  neqiUiia» 


112  DEGLI    ASOLANI 

vi: ila  dall'onde  arare  [)ei-  i)erdata,  e  quale 
in  alcuna    |)iag«^ia  ,    sdrascita    testimonianza 
donar  i-iascuna    de' loro    trisii,  e  fortunosi 
casi  :  non    si   può  per  questo  dire ,  che  al- 
trettante state  no  I  sie<i   <[uelle  ,  che   posso- 
no lieto  e  felice  viagtjio  avere  avuio  ;  quau" 
tunque  elle,  siccome  di  ciò  non  bisognevo- 
li ,  alcuna    memoria    delle    loro   prospere  e 
seconde     navig.izioni    lasciata   non    abbiano. 
Ora  si  può  accorgere  Perottino  ,  come  sen- 
za volere  io  ripigliare  alcuno  antico  o  mo- 
derno   scrlllore ,    i     suoi    frigoli    argomenti 
ripigliati  e  rifiutati  per  se  stessi  rimangono. 
IMa    per  non     tenervi     io  in  essi     più    lun- 
gamente   che    uopo  ci  sia  ,    oggimai    negli 
amorosi  miracoli,  e  nelle    loro  discordanze 
passiamo:  dove  son  quelli,   che  vivono  nel 
fuoco,     come    salamandre;    e    quegli  altri, 
che  ritornano  in  vita  morendo,  e  muojono 
similmente  didla  lor  vita.    Alle  quali   mara- 
viiilie    sallo    Iddio,    che    io  non  so  che   mi 
rispondete,  che  io  di  Perottino  non  mi  ma- 
ravigli, il  quale,  o  folle  credenza  di  farlo- 
ci    a    credere ,  che    lo  rassicurasse ,  o  sfre- 
nato   disio    di    rammaricarsi  ,    che    lo    tra- 
portasse ;    no/1    solamente  noa  s'è  ritenuto 
di    cosi    vane    favole    raccontarci   per    ve- 
re ,   ma  egli    ancora    con    le    sue     canzoni 
medesime  ,    quasi    come  se  elle    fossero    le 
foglie    della     sibilla     Guinea  ,     o     le     vo<'i  W 
delle  indovuiatrici  cortine  di  Febo,  ce  l'ha 
volute  raccon fermare.    La  qual    cosa   tutta- 
via questo  ebbe  di  bene  in  se  ,    che  a  noi 


Libro  TI.  ii3 

1<3  sue  canzoni  ,  per  quello  che  io  di  voi 
m'  accorsi  e  in  me  conosco  ,  non  poco  di 
piacere  e  di  diletto  porsero  ,  raminorbi- 
dando  i^l'inacei  bili  nostri  spiriti  dall'asprez- 
za de'  suai  ruvidi  e  lieri  sermoni.  Le  quali 
se  lauto  di  verità  avessero  in  se  conside- 
randole, quanto  udendole  es-ie  hanno  avu- 
to di  novità  e  di  vai^hezza  ,  io  incontro  di 
Perolliuo  non  pai  1»  rei.  Ora  che  vi  debbo 
io  dire?  Non  sa  egli  per  se  stesso  ciascun  di 
noi  senza  che  io  parli  ,  che  queste  sono 
spezialissime  licenze  non  meno  degli  aman- 
ti ,  che  de'  poeti  ,  fìngere  le  cose  molte 
volte  troppo  da  ogni  forma  di  verità  lon- 
taie  ?  dare  occasioni  alla  lingua,  o  pure 
alla  penna  ben  nuove  ,  bene  per  addietro 
da  iiiu  IO  intese  ,  bene  tra  se  stesse  discor- 
danti e  alla  natura  medesima  importabdi 
ad  essere  sofftrute  giammai  ?  Dth  l^erot- 
ti  IO  come  se'  tu  folle  ,  se  tu  credi  ,  che 
noi  ti  ciediamo,  che  a  gli  amanti  sia  con- 
ceduto il  poter  quello,  che  la  natura  noa 
può  ,  quasi  come  se  essi  non  fossero  nati 
uomnii  ,  come  gli  altri  ,  soggiacenti  alle 
sue  leggi.  Dico  adunque  ,  che  i  tuoi  mira- 
coli altro  già  ,  che  menzogne  non  sono. 
Perciocché  niente  hanno  e.ssi  più  di  vero 
in  se  ,  di  quello  ,  che  de'  seminati  denti 
dall'  tirante  Cadmo  ,  o  delle  feraci  formi- 
che del  vecchio  Eaco  ,  o  dell'  animoso  ar- 
ringo di  Fetonte  si  ragioni  ,  o  di  mille  al- 
tre favole  ancora  di  queste  più  nuove.  ]Nè 
pure  incominci  tu  questa  usanza  ora  :  ma 
Bembo   VoL  I.  8 


it4  degm  asolani 

tutrl  gli  amami  ,  «.he  baniio  scritto  o  scri- 
■voi'O  ,  cosi  fecero  e  fanno  ciascuno  ,  o 
lieti  ,  o  ioforinnai  che  essi  stati  sieno  ,  o 
essere  si  truoviuo  de'  loro,  amori  ,  se  pure 
i  lieti  a  scriver»^,  delle  loro  giojc  ,  o  pure 
a  parlar' «e  si  dispongono  giammai  :  il  che 
suole  alcuna  volta  di  quelli  avvenire  ,  che 
Ira  gli  "zj  so.tvi  delle  muse  cresciuli  ,  poi 
nelle  dolci  palestre  di  Venere  eser^iiaudosi 
non  possono  solente  non  ricordarsi  delle 
loro  donne  primiere.  1  qUidi  le  |)iù  volte 
di  quelh  medesimi  affetti  fav'ol.ggiano  , 
che  fanno  i  dolorosi,  .ton  perciocché  essi 
alcuno  di  que' miracoli  provino  in  se,  che 
i  miseri  e  tristi  dico,  o  sovente  di  provare, 
ma  fan  nolo  per  porgere  diversi  suggetti 
agi' inchiostri  ,  acciocché  con  qui  sii  colori 
i  loro  fingijnenti  variando  ,  1'  amorosa  pin- 
tura riesca  agli  occhi  de'  riguardami  più 
■vaga.  Perciocthè  d*.l  fuoco  col  quale  si 
fatica  Pei  oi  ino  di  rinforz.ire  la  maraviglia 
degli  amorosi  avvenimenti  (i),  quali  carte 
di  qualun<|ue  lieto  amante  ,  che  scriva  , 
non  son  )  iene  ?  ^è  pur  di  fnoco  sola-iieu- 
te  ,  ma  di  ghi  'Ccio  in'^ieme  ,  e  di  quelle, 
cotante  (2)  dis.igguagìianze  ,  le  quali  più 
di    legglern  nelle    carte    s' accozzano  ,     che 


(1)  Le  carte  degV  innamorati  son  piene  di  fuoco  e  di 
ghiaccio. 

(z)  Disagguaglianze ,  cioè  inegualUà.  Di  saprà  ha 
usato  questa  voce  un'altra  volta.  IL  Petrarca  anche  l  usò.  e 
Dante:  m»  in  prosa  niun  altro  buono  autor  che  questo» 


Libro   II.  ii5 

nel  cuore?  Chi  noi»  sa  dire  che  le  sue  li- 
grime  sono  pioj^gia,  e  veiìti  i  suoi  S()S[)iri , 
e  mille  coiai  scherzi  e  giuochi  .f  atnaate 
noti  meri  festoso  ,  che  doglioso  ?  chi  non 
sa  fare  iticonlaiente  quelli  ,  che  egli  ami, 
saettatrice ,  fingtudo  che  gli  occhi  suoi  fe- 
riscano di  pu  ■geiili'.slme  saette?  La  qual 
cosa  per  avventura  più  acco  iciameute  tìn- 
sero gli  antichi  nomini ,  che  delle  caccia- 
trici  iNinfe  favoleggiarono  assai  spesso ,  e 
delle  loro  hoscarercie  prede,  pigliando  per  le 
vaghe  ninfe  le  vaghe  dome  ,  che  con  le 
pu  .te  de' loro  penetrevoli  sguardi  [)iendono 
gli  animi  di  qualunque  uomo  più  tìero. 
Chi  non  suole  ora  se,  ora  la  sua  donna  a 
mille  altre  più  nuove  sembianze  ancora  , 
che  queste  non  sono,  rassomigliare?  Aper- 
to e  comune  e  ampissimo  è  il  campo  ,  o 
Donne  ,  per  lo  quale  vanno  spazia  ido  gli 
scrittori  ,  e  quelli  massimamente  sopra  tut- 
ti gli  altri  ,  che  amando  e  d' amore  trat- 
tando si  dispongono  di  coglier  fruito  de'lo- 
ro  ingegni  e  di  trarne  loda  per  questa  via. 
Perciocché  oìtra  che  egli  si  tìngono  le  im- 
possibili cose  ,  non  solamente  a  ciastnin  di 
loro  sta,  qualunque  volta  esso  vuole,  il 
pigliar  materia  del  suo  scrivere  o  lieta  o 
dolorosa  ,  siccome  più  gli  va  per  l'animo  , 
o  meglio  li  mette ,  o  più  agevolmente  si 
fa  ,  e  sopra  essa  le  sue  menzogne  disten- 
dere e  i  suoi  pensamenti  più  strani  :  ma 
essi  ancora  uno  medesimo  suggeito  si  re- 
cheranno   a  diversi    fini ,  e  uno  il  si  dipi- 


ri  6  PROLI    ASOLA?!  I 

gneià  lieto  ,  e  1'  altro  se  lo  adombrerà  do- 
loroso: siccome  una  slessa  maniera  di  cibo 
per  dolce  o  amara  che  di  sua  natura  ella 
sia  ,  condire  in  modo  si  può ,  che  ella 
ora  questo  e  ora  quelT  aUro  sapore  averà 
secondo  la  qualità  delle  cose  ,  che  le  si 
pongan  sopra.  Perciocché  quantunque  molti 
amanti  fingendo  la  lontananza  del  loro 
cuore  a  lagrime  e  a  lamenti  e  a  dolorosi 
martirj  là  si  ritirino,  siccome  potete  ave- 
re udito  molte  fiale ,  non  è  per  questo  , 
che  io  altresì  in  una  delle  mie  fingendola 
a  maraviglioso  giuoco  e  a  dilettevole  sollaz- 
zo non  me  1'  abbia  recata.  E  acciocché  io 
a  voto  non  rugioui ,  udite  ancora  de'  miei 
miracoli  alcuno. 


Preso  al  primo  apparir  del  vostro  raggio 
Il  cor,  che""!!  fin  quel  dì  nulla  mi  tolse. 
Da  me  partendo  a  seguir  voi  si  volse  : 
E  come  quei  ,  che  trova  in  suo  viaggio 
Disusato  piacer  ,  non  si  ritenne  , 
Che  fu  negli  occhi  ,  onde  la  luce  uscia^ 
Gridando  a  queste  parti  Amor  niinvia^ 


Vedete  voi ,  siccome  fingono  gli  amaa 
li  ,    che  i    loro    cuori    con     piacere  e  co 
gioja  (li  loro   pure  partir  da  loro  si    posso- 
no ?  Ma  questo  non  è    ad  essi    còsa  molti 
ancora     maiavigliosa  .   Di  più  maraviglia    è' 
quello  che  segue. 


Libro  II.  itj 

Iticli  tanta  haìcìnnza  appo  voi  preSe 
IJ' ardito  fiurgitivo  a  poco  a  poco  , 
Clì ancor  per  suo  destili  lasciò   quel  loco 
Li  entro  passando^  e  più  oltra  si  stese  , 
Che  'n  quello  stato  a  lui  non  si  convenne'. 
Fin  clic  poi  giunto^  ov'era  il  vostro  core^ 
Seco  s'' assise  ,  e  più  non  parve  /ore. 

Già  potete  vedere  non  solamente  che 
i  nostri  cuori  da  noi  si  partono  ,  ma  che 
essi  sanno  eziandio  far  viaggio.  Udite  tut- 
tavia il  rimanente. 

Ma  quei^  romei  movesse  un  hel  desire 
Di  non  star  con  altrui  del  regno  a  parte^ 
O  fosse  l  ciel^  che  lo  scojgesse  in  parte , 
Ov^  altro  signor  mai  non  dnvea  gire  ^ 
Là  ^  onde  mosse  il  mio  ^  lieto  sen  venne: 
Co ù  can^iaro  albergo ,  e  da  queWora 
Meco^l  cor  vostro^  e  l  mio  con  voi  dimora. 

Non  sono  questi  miracoli  sopra  tutti 
gli  altri  ?  due  cuori  amanti  da  i  loro  petti 
parliti  dimorarsi  ciascuno  nell'  altrui  ,  e 
ciò  loro  no'ì  pure  sen^a  noja  ,  ma  ancora 
da  celeste  dono  avvenire  ?  Ma  che  dico  io 
qnesti  ?  Pgli  vi  se  ne  potrehbono  ,  da 
chiunque  ciò  far  volesse  ,  taiUi  recare  in- 
nai'zi  ^iochevoli  e  festevoli  tutti,  che  non 
se  ne  verrebbe  a  capo  aj^evolmente.  E  per- 
ciò questo  poco  aver  detto  volendo  che 
mi  basti  ,  Oi»^imai  i  tuoi  fieri  e  gravi  mi- 
racoli ,  Pcrottino,  quanto  facciano  per  te. 


Il8  DEGLI    ASOLANl 

tu  ti  puoi  avvcdere  ;  i  (|urili  però  fuHaTia 
se  so'^o  veri  perciò  ,  che  tu  ,  e  i  simili  a 
te  tristi  e  miseii  amanti  re  parliate  o  scri- 
viate, veri  debbono  essere  similmente  que- 
sti alt  li  vai;hi  e  cari  ,  poiché  di  loro  io  e 
i  simili  a  me  lieti  e  felici  amanti  ];arlan- 
done  o  scrivendone  ci  tra^fulliamo.  Per- 
chè ninna  forza  i  tuoi  ad  Amor  fanno  , 
che  egli  dolce  non  possa  essere  ,  più  di 
quello  che  facciano  i  miei  ,  che  egli  non 
possa  essere  amaro.  Se  sono  favole  ,  elle  a 
te  si  ritornino  per  favole  ,  quali  si  parti- 
rono ,  e  seco  ne  portino  la  tua  così  bea 
di])inta  immagine  ,  ai^zi  pure  la  immagina- 
ta dipintura  del  tuo  Iddio  ;  della  quale  se 
tu  schejzando  ragionalo  non  ci  avessi  quel- 
lo tanto  ,  che  detto  ne  hai  ,  io  da  vero 
alcuca  cosa  ne  parlerei,  e  arei  che  parlar 
ne.  Ma  ]>oichè  del  tuo  fallo  tu  medesimo 
ti  rijirei (desti  dicendoci  per  ammenda  di 
lui  ,  che  nel  vero  non  solamente  Amore 
non  è  Iddio  ,  ma  che  egli  pui  e  non  è  al- 
tro ,  che  quello  che  noi  stessi  vogliamo; 
se  io  ora  nuova  tenzona  ne  recassi  sopra  » 
non  sarebbe  ciò  altro  ,  che  un  ritessere  a 
guisa  dell'antica  Penelope  la  poco  innanzi 
tessuta  tela  Tacquesi  elette  queste  ]>aroIa 
Gismondo,  e  raccogliendo  yiresta mente  nel* 
la  memoria  quello,  (he  dire  appresso  que- 
sto dovea  ,  prima  che  egli  ripai lasse,  egli 
incominciò  a  sorridere  seco  slesso  ;  il  che 
vedendo  le  donne  ,  che  tuttavia  atteneleva-' 
no    che    egli    dicesse  ,     divennero    ancora 


Libro  11.  iig 

d'  udirlo  più  vai;hc'.  E  madonna  Bereni- 
ce (»)  alìegi^iato  di  se  un  giovane  alloro  , 
il  quale  nello  stremo  della  sua  selvetta  più 
vicino  alla  mormorevole  fonte  ,  quasi  più 
ardito  che  i^li  altri,  in  due  tioncbi  scliittti 
cresciuto  al  bel  fianco  di  lei  doppia  colon- 
na faceva  ,  e  sopra  se  medesima  recatasi 
dis^e  :  bene  va,  Gismondo  ,  poicliè  tu  sor- 
ridi ,  là  dove  io  più  pensava  che  ti  conve- 
ni>^se  di  star  sospeso.  Perciocché  se  io  non 
m'  ir,gaono  ,  sì  sei  tu  ora  a  quella  parte 
de' sermoni  di  Perottino  pervenuto  ,  dove 
egli  argomentando  dell'animo  ci  conchiu- 
se ,  che  amare  altrui  senza  passione  conti- 
nua uon  si  puote.  Il  qual  nodo,  come  che 
egli  si  stia ,  io  per  me  volonlier  vorrei  , 
e  perdoiiimi  Perottino  ,  che  tu  sciogliere 
così  potessi  di  leggiero  »  coms  fu  all'  antica 
Penelope  agevole  lo  stessere  la  poco  innan- 
zi tessuta  tela.  Ma  io  temo,  che  tu  il  pos- 
sa ,  così  mi  parvero  a  forte  (i)  subbio 
quegli  argomenti  avvolti  e  accomandati . 
Altramente  vi  parranno  già  testé  madon- 
na ,  rispose  Gismondo.  Ne  perciò  di  quel- 
lo ,  che  essi  iniino  a  qui  paruti  vi  sono  , 
me  ne  maraviglio  io  molto.  Anzi  ora  do- 
vendo io    di     questi    medesimi    favellarvi  , 


(ì)  Alleggiato  con  Vacctnto  acuto  sopra  l'i  ^  signifl-' 
C(t  alleggerito  ,   e  di  qui  viene  alle^giamento 

(i)  Subbio  è  quel  lesino  tondo  ,  dove  s'  avvolge  Iti 
tela  ,  da'  Greci  e  Latini  chiamato   Cilindro, 


120  Dr.r,LI     ASOLAMI 

siccome  voi  dirittamente  giudicavate  ,  a 
quel  riso  ,  clie  voi  vedeste  ,  mi  sospin- 
se il  pensare  ,  come  sia  vtnulo  fatto  a 
Peioltino  il  poter  cosi  beife  la  fioiite  di  si 
parevole  menzogna  dipigiiere  ragionando  , 
che  ella  abbia  tioppo  più  che  di  quello 
che  ella  è,  di  verità  sembianza.  Perciocché 
se  noi  alle  sue  parole  risguarilìamo  ,  egli 
ci  parrà  presso  che  vero  quello  che  egli 
vuole  che  vero  ci  paja  che  sia,  in  maniera 
n'  ha  egli  col  suo  (i)  sillogizzare  il  bianco 
in  vermiglio  lì tornato.  Perciocché  assai  pare 
alla  verità  conforme  il  dire,  che  ogni  volta 
che  l'uom  non  gode  quello  che  egli  ama  , 
egli  sente  passione  in  se.  Ma  non  può  l'uora, 
godere  compiutamente  cosa  che  non  sia 
tutta  in  lui.  Adunque  l'amare  altrui  non 
può  in  noi  senza  continua  passione  aver 
luogo.  11  che  se  per  avventura  ])ure  è  ve- 
ro ,  saggio  fu  per  certo  l'Aicniese  Timone, 
del  qual  si  legge,  che  schifando  parimente 
tutti  gii  uomini  ,  egli  con  ninno  volea  ave-  ; 
re  amistà  ,  ninno  ne  amava,  IL  saggi  sarem,  i 
noi  altresì,  se  questo  malvagio  affannalore 
degli  animi  nostri  da  noi  scacciando  ,  gli 
amici  le  donne  i  fratelli  i  padri  i  proprj 
figliuoli  medesimi,  siccome  i  più  stranieri, 
ugualmente  rifinfando ,  la  uoslia  vita  senza 
amore  ,  quasi  pelago  senza  oiula  ,  passere- 
mo :  solo  che  dove  noi  a  guisa  di  INaiciso 
amatori   divenir  volessimo  di   noi  sles'-i.  Per- 

(i)  Sillogizzare  vuol  dire  argomentare  ^  usar  $illogismij^ 


Libro  li.  12 1 

cìorcliè  questo  lanlo  credo  io  che  Perot li- 
no non  ci  vieti  ,  poirhè  in  noi  medesimi 
siani  sempre.  La  qual  cosa  se  voi  farete  , 
e  ciascun  altro  per  se  farà  ,  da  questi  suoi 
ar£;omenti  ammaeslrato ,  certo  so  o  che  egli 
a  brieve  andare  sioii  solamente  Amore  ave- 
rà  alla  vita  degli  uomini  tolto  via,  ma  in- 
sieme con  esso  lui  ancora  gli  uomini  stessi 
levatone  alla  lor  vita.  Pei  ciocché  (»)  ces- 
sando l'amare,  che  ci  si  fa  ,  cessano  le  con- 
suetudini tra  se  de' mortali,  Je  quali  ces- 
sando necessaria  cosa  è,  che  cessino  e  man- 
chino eglino  con  esso  loro  insiememente. 
E  se  lu  qni,  Perottino,mi  dicessi,  che  io 
di  così  fallo  cessamento  non  tema  ,  percioc- 
ché amore  negli  uomini  per  alcuno  nostro 
propoiimento  mancar  non  può;  conciossia- 
cosaché ad  amar  l'amico  il  padre  il  fratel- 
lo la  moglie  il  figliuolo  necessariamente  la 
natura  medesima  ci  dispone;  che  bisognava 
dunque ,  che  tu  d'Amore  più  tosto  ti  ram- 
maricassi, che  della  natura?  Lei  ne  dovevi 
incolpare  ,  che  non  ci  ha  fatta  dolce  quella 
cosa  ,  che  necessaria  ha  voluto  che  ci  sia  , 
se  tu  pure  così  amara  la  li  credi  come  tu 
la  fai.  Isella  qual  tua  credenza  dove  a  te 
piaccia  di  rimanerti,  senza  fallo  agiatissima- 
mente vi  li  puoi  spaziare  a  tuo  modo,  che 
compagno ,  che  vi  ci  venga  per  occupar- 
lali  ,  di  vero,  che  io  mi  creda,  non  avrai 
tu   ninno.     Perciocché  chi    è    di    così    poco 

(i)  Cessando  L'amare  cessano  le  consuetudini  de' mortali. 


122  DEGLI    ASOLANI 

diritto  cono«?riiiiento,  che  creda,  lasciamo 
stMie  uno  eh»-  ami  te,  o  ami<.o  o  coi)"ii.ii)-= 
to  che  eii;li  li  ^ia  ,  ma  pure  ohe  l'amare  uq 
\a'oroso  nomo,  una  santa  donna,  amar  le 
paci  le  I<ei*i  i  coslnmi  lodevoli  e  le  buone 
US-ÌU7»'  d'alcun  popolo  .  ed  esso  popolo  me- 
desiojo,  no;>  dico  di  dolore  o  d'at'fauuo  , 
ma  pure  di  ]>iacere  e  di  diletto  non  ci  sia? 
E  certo  tutte  queste  co«;e  sono  fuor  di  noi. 
Le  quali  poste  che  io  pure  ti  concedessi , 
che  affanno  recassero  a'  loro  amanti  per- 
ciocché elle  non  sieno  in  noi  ,  vorresti  tu 
però  ancora  che  io  li  concedessi  ,  che  Y  a- 
miare  il  cielo  ,  e  le  cose  belle  che  ci  son 
sopra  ,  e  Dio  stesso  ,  perchè  egli  non  sia 
tutto  in  noi;  concioS!>iacosachè  essendo  egli 
infinito  ,  essere  tutto  ia  co'^a  finita  noa 
può,  siccome  noi  siamo,  ci  fosse  doloroso? 
Certo  questo  non  dirai  tu  giammai  ,  per- 
ciocché da  cosa  beata  ,  siccome  sono  quel- 
le di  lassù  ,  non  può  cosa  misera  proveni- 
re. Non  è  adunque  vero  ,  Perottino  ,  che 
r  amore  ,  che  alle  cose  islrane  portiamo  , 
per  questo  ,  che  elle  islraue  sieno  (i)  , 
e*  impassio'.i.  Ma  che  diresti  tu  ancora  , 
se  io  tutte  queste  ragioni  do  landoti  ami- 
chevolmente ,  e  buono  facendoti  quello 
stesso  che  tu  argom<Miti ,  che  amare  altrui 
non  si  po<;sa  senza  dolore  ,  ti  dices«.i  ,  che 
questo    amar    Ir    d  >    ne  ,    che  noi     uomini 


vO  linpassionareyV$rb9  nuovo^  significa  metter  passione. 


Libro  U.  i  23 

facciamo,  e  che  le  (i)  donne  fanno  noi, 
non  è  amare  altrui ,  ma  è  una  parie  di  se 
amare,  e  per  dir  meglio,  l'altra  metà  di 
se  stesso  ?  percioccìiè  non  hai  In  letto  , 
che  primieramente  gli  uomini  due  facce 
aveano  ,  e  quattro  mani  ,  e  quattro  piedi 
e  l'altre  membra  di  due  de' nostri  corpi 
similmente?  1  quali  poi  partiti  per  lo  mez- 
zo da  Giove,  a  cui  voleano  torre  la  signo- 
ria ,  furono  fatti  colali ,  chenli  ora  sono. 
Ma  perciocché  eglino  volentieri  alla  lo- 
ro (2)  interezza  di  prima  sarehìsono  voluto 
ritornare,  come  quelli,  che  in  due  cotanti 
poteano  in  quella  guisa  ,  e  di  più  per  lo 
doppio  si  valevano,  che  da  poi  non  si  sono 
valuti ,  secondo  che  essi  si  levavano  in  pie, 
cosi  ciascuno  alla  sua  metà  s' appigliava  : 
il  che  poi  tutti  gli  altri  uomini  hanno 
sempre  fatto  di  tempo  in  tempo  ,  ed  è 
quello,  che  noi  oggi  Amore  e  amarci  chia- 
miamo. Perchè  se  alcuno  ama  la  sua  don- 
na, egli  cerca  la  sua  metà,  e  il  somiglian- 
te fanno  le  donne ,  se  elle  amano  i  loro 
signnri.  Se  io  co^iì  ti  favellassi  ,  che  mi  ri- 
sponderesti tu  o  Perottino  ?  Per  avventura 
quello  stesso  ,  che  io  pure  ora  d'  intorno 
a' tuoi  miracoli  ragionando  ti  rispondea  , 
cioè,  che  questi  son  giuochi  degli  uomini, 
dipinture  e  favole  e    loro  semplici    ritrova- 


ci)  Che  l'uomo  e  la  donna  erano  un  sol  corpo. 
(a)  Interezza  ,  vale  stato  intero. 


124  BEGLI    ASOLANI 

menll  più  tosto  e  pensamenti  ,  che  altra, 
]Non  so<)o  queste  dipiiUuie  degli  nomini  , 
ne  semplici  ritiovameiiii  ,  Perottino.  La 
natura  slessa  parla  e  ragiona  questo  cotan- 
to eh-*  io  t'  ho  (letto  ,  non  alcuno  uomo. 
!Noi  non  slamo  interi  ,  uè  il  ludo  di  noi 
medes'mi  è  con  noi  ,  se  soli  maschi  ,  e 
sole  femmine  ci  siamo.  Perciocché  non  è 
quello  il  tutto  ,  che  senza  altrettanto  sfar 
non  può  :  ma  è  il  mezzo  solamente  ,  o 
nulla  più  :  siccome  voi  Donne  senza  noi 
uomini,  e  noi  senza  voi  non  possiamo.  La 
qual  cosa  quanto  sia  vera  ,  già  di  quinci 
veder  si  può  ,  che  il  nostro  essere  o  da 
voi  o  da  noi  solamente  e  separatamente 
non  può  aver  luogo.  Oltre  che  eziandio 
quando  bene  separatamente  ci  nascessimo, 
certo  nati  non  potremmo  noi  vivere  sepa- 
ratamente Perciocché  se  ben  si  considera, 
questa  vWa  che  noi  viviamo  ,  di  fatiche 
iimnmerahlli  è  piena  :  alle  quali  tulle  por- 
tare ne  l'un  sesso  ne  l'altro  assai  sarebbe 
perse  bastante:  ma  sotto  esso  mancherebbe 
non  altramente,  che  facciano  là  oltre  l'A- 
lessandria tale  volta  i  caraaielli  d.i  lontani 
paesi  le  nostre  mercanzie  poi-tanti  per  le 
stanchevoli  arene,  quando  avviene  per  al- 
cun caso,  «he  sopra  lo  (i)  scrigno  dell'uno 
le  some    di    due  pongono  i   loro  padroiii  : 


(t)  Scrigno  è  la  gobba  de  cammelli.  Di  qui  L'Ariosto 
disse  Scrignuto  mostro  ^  parlando  di  Nano  gobbo. 


Libro  II.  i25 

clie  non  potendo  essi  durare  cadono  e 
rimangono  a  mezzo  cammino.  Perciocché 
come  potrebboiio  gli  iiomiui  arare  ,  editi- 
care  ,  navicare  ,  se  ad  essi  convenisse  an- 
cora quegli  altri  esercizj  fare  ,  che  voi  fa- 
te? 0  come  potremmo  noi  dare  ad  un  tem- 
po le  leggi  a' popoli  e  le  poppe  a' figliuoli, 
e  tra  i  loro  (i)  vagimenti  le  quisùoui  delle 
genti  ascoltare  ?  o  dentro  a'  termini  dtììe 
nostre  case  nelle  piume  e  negli  agi  riposan- 
do menare  a  tempo  le  gravose  prcgiiczze, 
e  a  cielo  scoperto  incontro  agii  assalitori 
per  difesa  di  noi  e  delle  nostre  cose  col 
ferro  in  mano  e  di  ferro  cimi  discorrendo 
guerreggiare?  Che  se  noi  uomini  non  pos- 
siamo e  i  vostri  ufficj  e  i  nosti  i  abbracciare, 
molto  meno  si  dee  dir  di  voi ,  che  di  mi- 
nori forze  sitte  generalmente,  che  noi  nou 
siamo  .  Quesio  vide  la  natura  ,  o  Donne  : 
questo  ella  da  principio  conoscea  ,  e  poten- 
doci più  agevolmente  d'una  maniera  sola 
formare,  come  gh  alberi,  quasi  una  noce 
partendo,  ci  divise  in  due,  e  quivi  nel- 
l'una metà  il  nostro,  e  nell'altra  il  vostro 
sesso  fingendone  ci  mandò  nel  mondo  in 
quella  guisa  abili  all'une  fatiche  e  all'al- 
tre, a  voi  quella  parte  assegnando  che  più 
è  alle  vostre  deboli  spalle  confacevole ,  e  a 
noi    quell'altra    soprappouendo,    che    dalle 


(0   Vagimento  è  la  voce  de  bambini  in  fasce  ,  e'I  verbo 
^  Vagire  ,  0  guaire. 


125  DEGM    ASOLANI 

nostre  più  forti   meijlio  [jliÒ  essere  che  dalle 
vostre   portala ,    lutliivia  eoa    sì    fatta  legge 
accotnaiidandoleci  ^    e    Ja    dura  n»  cessila  la 
maniera     mescola-ido    per<  ainendue    loro, 
che    e    a    voi    delia    nostra ,    e  a  noi  della 
vnstja  tornando   uopo,  l'uio   non  può  fare 
seoza  l'altro  ,  quasi  due  compagiu  ,  che  va- 
dano a   eaccia,  de' quali   l'uno  i\   paniere  e 
l'altro  il   nappo  rechi;  che  quantunque  essi 
camminando  due  cose  portino  l'uua  dall'al- 
tra sepaia«e,  non    [lerciò   poi,  quando  tem- 
po è  da   ricoverarsi,   fanno  essi  ancora  cosi 
pure    con    la    sua    separatamente  ciascuno; 
anzi  sotto  ad  alcuna  ombra  riposatisi  amen- 
due    si    pascono  (i)  vicendevolmente    e    di 
quello    del  compagno  e   del  loro.    Così  gli 
uomini  e  le  donne    destinati  a  due  diverse 
bÌM)gne   portare,  entrano  in  questa  faticosa 
cac«'ia  del  vivere  e  peHoro  natura  tali ,  che 
a  ci.^^cun   sesso  di  ciascuna    delle  bisogne  fa 
mesiiero  ,  e  così  poco  poderosi,  che  oltre  alla 
SUtt  metà  del  carico  nessun  solo  può  essere 
bastante  ,  sic»  ome  L  antiche  donne  di  Len- 
110  ,    e  le  guerreggevoli     4mazone  con  loro 
grave  dan    o  sentirono,  che  ne  fer  pruova: 
le  qn^tii    mentre    vollero  e  donne    essere  e 
nomi  li    ad  u  i   tempo  ,     per  quaiito   (2)  le  f 
loro    bctli'e  si  stenderono  ,    e    1'  altrui    sesso 


(i)   Vicend'volmente ^  vale  a  vccenda  ,  scambievolmenle y 
or  l'uno  or  l'ultra. 

(2)  Le  loro  balie  cioè  le  lor  forze  e  possanze* 


Libro  IT.  127 

affine  recarono,  e  il  loro.  Perchè  se  a  stato 
alcuno  venire  ,  né  in  islato  mantenersi  né 
gli  uomini  ,  né  ie  donne  non  possono  gli 
uni  senza  gli  altri  ,  né  ha  in  se  ciascun 
sesso  più  che  la  metà  di  quello  ,  che  biso- 
gno fa  loro  o  al  poter  vivere  ,  o  al  poter 
venire  alla  vita  ,  poiché  non  è  il  tutto 
quello,  siccome  io  dissi,  che  senza  allret- 
lanto  star  non  può  ,  ma  é  il  mezzo  sola- 
menie  ,  non  so  io  vedere,  o  Donne  ,  come 
noi  più  che  mezzi  ci  siamo  ,  e  voi  altresì  , 
e  come  voi  la  uostra  metà,  sicconii;  noi  la 
vostra,  uon  vi  siate,  e  infine  come  la  fem- 
mina e  il  maschio  sieno  altro,  che  uno  in- 
tero. E  certo  non  pare  egli  a  voi  così  sem- 
plicemente risguardaudo  ed  estimando,  che 
i  vostri  mariti  1'  una  parte  di  voi  medesi- 
me portino  sempre  con  esso  loro  ?  Deh 
non  vi  pare  egli  tuttavia  ,  che  da'  vostri 
cuori  si  diparta  non  so  che  ,  e  finisca 
negli  loro  ,  che  sempre  ,  dovunque  essi 
vadano ,  quasi  catena  ,  gli  vi  conginnga 
con  inseparabile  compagnia  ?  Cosi  è  senza 
fallo  alcuno  ,  essi  sono  la  vostra  metà  ,  e 
voi  la  loro  ,  siccome  io  quella  della  mia 
donna  ,  ed  essa  la  mia.  La  quale  se  io 
amo  ,  che  amo  per  certo  ,  e  sempre  ame- 
rò ,  ma  se  io  amo  lei ,  e  se  ella  me  ama  , 
non  é  tuttavia  ,  che  alcun  di  noi  arai  al- 
trui,  ma  se  stesso;  e  così  avviene  degli  al- 
tri amanti,  e  sempre  avverrà.  Ora  per  uou 
far  più  lunga  questa  tenzonasse  gli  aman- 
ti amando    tra  loro    amano  se   stessi  ,    essi 


I  28  DEGLI    ASOLANI 

dt'ono  poter  fruiiv  quello  ,  che  essi  amano 
senza  diil)bio  alrimo  ,  se  quello  è  vero  , 
che  tu  argomejuavi  ,  che  fuire  non  si  pos- 
sa s(>lainerite  deir  altrui.  E  se  essi  possono 
fruir  quello  ,  che  essi  amauo  ,  poiché  il 
nou   poter  fruire  è  solo  quello  ,  che  c'im- 

{)assiona,  non  veggo  io  che  ne  segua  quel- 
a  conchiusiore  ,  che  Ui  ne  traevi  ,  che 
Amore  tenga  1*  animo  degli  uomini  solleci- 
to ,  e  ,  come  ci  dicesti  ,  pei  turbato.  <,.otaIe 
è  il  noilo  ,  madonna  Berenice  ,  che  voi 
poco  avanti  ,  come  io  sciogliere  poiessi  , 
dubitavate  ;  colale  è  la  tela  di  Ferotlino  a 
quel  forte  subbio  ,  che  \oì  diceste  ,  acco- 
mandata ,  la  qual  nel  vero  a  me  pare  che 
più  tosto  una  di  quelle  d'  Aragne  ,  che  a 
quella  di  Penelope  stata  conforme  diie  si 
possa  che  sia.  Ma  non  yier  lutto  ciò  si 
pente ,  o  Donne  ,  ne  si  ritiene  in  parte 
alcuna  raffrenando  la  tiascorrevole  follia 
de'  suoi  ragionamenti  Ferottino  ;  anzi  pure 
per  questo  medesimo  campo  dell'  animo 
più  (r)  alla  scapestrata  »  quasi  morbido 
giumento  fuggendosi  ,  con  la  lena  delle 
paiole  vie  più  lunghi  e  più  stolti  discorri- 
menti ne  fa  il  suo  male  medesimo  dilet- 
tandolo. Ma  siccome  suole  alcuna  volta  del 
viandante  avvenire  ,  il  quale  alla  scella  di 
due  strade  pervenuto,  mentre  e' si  crede  la 


(t)  Alla    scapestrata f   cioè   alla    sciolta y    e   libera:  i 
usato  dal  Boccaccio. 


Libro  II.  r2q 

sua  pigliare  ,  per  quella  che  ad  altre  con- 
trade il  [>orta  mc'iteii(lf\si ,  quanto  egli  più 
al  destinalo  luogo  s'affretta  d'appressarsi, 
tanto  ))iù  da  esso  camminando  s'allontana; 
così  Perottino  a  dir  d'  Amore  per  le  pas- 
sioni dell'  animo  già  entrato  ,  mentre  egli 
si  studia  forse  avvisando  di  giugnere  al  ve- 
ro ,  quanto  più  s'  affanna  di  ragionarne  , 
tanto  egli  più  per  lo  non  diritto  sentiero 
avacciandosi  si  disparte  e  si  discosta  da  lui. 
La  qual  cosa  quantunque  con  semplici 
parole  così  essere  vi  potesse  da  ciascuno 
assai  apertamente  venir  dimostrata  ,  nondi- 
meno sì  perchè  alle  segnate  istorie  di  Pe- 
rottino  non  pare  disdicevole  ,  che  io  uà 
poco  più  partitaroente  ne  ragioni;  e  si 
ancora  perchè  il  così  latlameute  favellarne 
alla  materia  è  rirliit-sto  ,  dove  con  vostro 
piacer  sia  ,  alquanto  più  ordinatamente 
parlando  ,  cliente  sia  il  suo  erroie  ,  ni'  ac- 
costerò di  farvi  chiaro.  A  questo  risposto- 
gli dalle  belle  donne ,  che  tanto  di  loro 
piacere  era  ,  quanto  era  di  suo  ,  e  che 
dove  a  lui  non  increscesse  il  favellare , 
comunque  egli  il  facesse  ,  a  loro  V  ascol- 
tarlo non  rincrescerebbe  giammai  ;  esso 
cortesemente  ringiaziatenele  ,  e  g'à  atteso 
da  ciascuna ,  poiché  egli  ebbe  il  braccio 
sinistro  alquanto  iaverso  le  attende  iti  don- 
ne   (r)    sporto    in   fuori,     preg  indole    che 


(i)  Sporto  in.  fuori  y  cioè  nesso  y  o  disteso  fuori. 

Bembo    Voi,  /.  9 


l5o  DEGLI    ASOLANI 

al!cntamenle  V  ascoltassero  ,  perciocché  do- 
ve pocUe  delle  paiole  ,  che  egli  a  dire 
avea  ,  si  perdesse ,  uiente  gioverebbe  l'aver 
parlalo  ,  del  pugno  ,  che  xhiiiso  era  ,  due 
diU  forciitameiile  levando  in  verso  il  cielo 
cosi  IncomlDciò  e  di^se  :  In  due  parti  ,  o 
Donne,  diNidono  l'atiimo  nostro  gli  anti- 
chi l'ilosofì  ;  nell'una  pongono  la  ragione, 
la  quale  con  lemperalo  passo  movendosi 
lo  scorge  per  calle  spedito  e  sicuro  ;  dal- 
l'altra fanno  le  perturbazioni,  con  le  qua- 
li ISSO  (i)  tf.ivfilicando  discorre  per  dirot- 
tissimi e  dubbiosissimi  sentieri.  E  percioc- 
ché ogni  uomo  quello  ,  che  bene  pare  ad, 
esso  che  sia  ,  e  di  tener  disidera  ,  e  tenu- 
to si  rallegra  di  possedere  ;  e  similmente 
ninno  é  ,  vAw.  il  pendente  male  non  solle- 
citi ,  e  pochi  sono  coloro  ,  che  il  sopra  ca- 
duto non  gravi;  (2)  quattro  sono  gli  affet-. 
ti  dell'animo  altresì,  Di^iderio  ,  Allegrez- 
za, S(  licciludine  ,  e  Dolore,  de' quali  due 
dal  bene  o  jjesenle  o  futuro,  e  due  mede^ 
simamente  dal  male  o  avvenuto,  o  possi- 
bile ad  avvenire  hatino  oiigir)e  e  na.«>ci-- 
mento.  Ma  perciocché  ed  il  desiderar  del- 
le co>e,  dove  coii  sano  consiglio  si  faccia  , 
è  sano ,  vlove  da  to-  to  appeiiio  proced-i ,  è 
dann^'SO  ;  ed  il  rallegrarsi  no»  è  biasimalo 
in  alcuno,  se  non  in  quanto  egli  ha  1  ter- 


(i)   TraviiUcando y  eoe  trapassando, 
i'^ì  ^Jj^tù  dell'  animo  quanti. 


Libro  li.  i3r 

mini  del  convenevole  trapassali,  e  lo  schi- 
far de' mali,  che  avvenir  possono,  secondo 
che  noi  o  bene  o  male  lemiamo  ,  così  egli 
e  di  lodevole  pig'ia  qualità  e  di  vituperoso; 
quinci  avviene  ,  che  questi  tre  affetti  in 
buoni  e  in  i.on  buoni  dividendo,  a  quella 
pnrte  dell'  animo  ,  che  con  la  ragione  s'in- 
via ,  danno  J'  onesto  disiderio  ,  l'onesta  al- 
legtezza ,  Tonesto  temere;  alTaltia  gli  stre- 
mi loro,  che  sono  il  soverchio  di>iderare  , 
il  soverchio  i allegrarsi,  la  soveich.a  paura. 
Il  quarto  ,  che  è  de'  mali  presenti  la  ina- 
ninconia  ,  non  dividono  ,  come  gli  altri  , 
ma  perciò  che  dicono  d'  alcuna  cosa  ,  che 
avvenga  nella  vita  ,  il  prudente  e  cosUmle 
uomo  né  aftliggersi  né  attristarsi  giammai, 
e  soverchio  e  vano  sempre  essere  ogni  do- 
lore delle  avvenute  cose,  questo  solo  affet- 
to intero  pongono  nelle  perturbazioni.  Co- 
sì avviene  ,  che  tre  sono  le  sngge  e  rego- 
late maniere  degli  affetti  dell'animo,  e 
quattro  le  stolte  ed  intemperate.  Oltre  a 
ciò  perciocché  certissima  cosa  è,  che  male 
alcuno  la  natura  far  non  può,  e  che  sola- 
mente buone  sono  le  cose  da  lei  proceden- 
ti ,  le  tre  maniere  siccome  quelle  che  buone 
sono,  affermano  negli  uomini  essere  naiuiali 
altresì  ;  le  quattro  dicono  in  noi  fuoji  dei 
corso  della  natura  aver  liicgo  ,  quelle  ra- 
gionevoli affetti  secondo  natu:a,  quc^tt^  con- 
tro natura  disordinate  per  r.rb  izioni  chia- 
mando e  nominando.  Sono  dun(pi,j  due  , 
«iccome  di  sopra   s'  è  detto ,   le  strade  del- 


I§2  DEGLI    ÀSOLANI 

l'animo,    o  Doiiue  ;  T  una  della    ragione, 
per  la  quale  ogni  naturale  movimento  s'in- 
cammina ;  r  altra  delle  perturbazioni  ,  per 
cui  hanno  i    non  naturali    a'   loro    fraboc- 
caroenli  la  via.  Ora  non  credo  io,  che  voi 
crediate  ,    che    alruii    non    naturale    movi- 
mento possa  con   la  ragione  dimorare,  per- 
ciocché dimorando  con  esso  hi  bisognereb- 
be   che    egli    fosse    naturale  ;    ma    naturale 
come    può  esser    cosa  ,    che     naturale    non 
sia  ?    TNè  è  da  dire  altresì  ,    che    affetto  al- 
cuno naturale  si   mescoli   nelle  perluìbazio- 
ni  ,    conciossiacosaché   mescolandosi  tra    lo- 
ro ,  gli  bisognerebbe  essere    non   naturale  ; 
ma  naturale  ,    e    non    naturale    per    certo 
ninna    cosa    essere    può? e    giammai.    Divise 
adunque    le  passioni    dell'animo,    e  tratta- 
te nella   maniera    che  udito   avete  ,    recate- 
■vi     questo     sovente    per  la    memoria  .    che 
affetto     naturale     alcuno     non     può     negli 
animi    nostri     con     le     perturbazioni    aver 
luogo  .    Ora    ritorniamo    a     Perottino   ,    il 
quale  pose  Amore  nelle  pei  turbaaioni,  e  ra- 
gioniamo   così  :    che  se   amore  è  cosa,  che 
contro  natuia  ^enga  in   noi,  non  può  altro- 
ve essere  il  cattivello,  che   dove  l'ha  posto 
Perr.ttiuo.    Ma    se    egli    pure  è  affetto  agli 
animi  nostri    donato  dalla   natura,  siccome 
cosa ,  a  cui  buona  conviene    essere  altresì , 
con    1&    natura    camminando   non  potrà  ia 
maniera    alcuna    nelle    pertuibazioni    ree  e 
negli  affetti  dell'animo  sinistri  e  orgogliosi 
trapassare.  Ora  che  vi  voglio  io,  avvedute 


Libro  li.  i93 

Giovani,  o  pure  che  vi  debbo  io  più  olire 
dire?  Bisogtia  egli  che  io  vi  dimostri,  cbe 
naturale  è  l'amo  re  ia  noi?  Questo  si  fé' pur 
dianzi ,  qviando  noi  dell'  amore,  che  a'  padri, 
a' figliuoli ,  a' congiunti,  agli  amici  si  porta, 
ragionavamo.  Senza  che  io  mi  credo,  che 
noi  pur  voi,  «he  donne  siete,  anzi  ancora 
quc-ti  allori  medesimi  che  ci  ascoltano  ,  se 
essi  parlar  potessero,  ne  darebbono  testimo- 
nianza Di  poco  avea  così  detto  Gismondo  , 
quando  Lavinello  ,  il  quale  lungamente  s'era 
taciuto  ,  con  queste  parole  gli  si  fé' incontro: 
Cattivi  testimoni  aresti  trovalo,  Gismondo  , 
se  questi  allori  parlas'^ero  ,  a  quello,  che  tu 
intendi  di  provarci .  Perciocché  se  essi  ri- 
tratto fanno  al  primo  loro  pedale,  siccome, 
è  natura  delle  piante,  essi  non  amarono 
giammai.  Perciocché  non  amò  altresì  quella 
Donna,  che  primieramente  die  al  tronco 
forma ,  del  quale  questi  tutti  sono  rampol- 
li, se  quello  vero  è,  che  se  ne  scrive.  Male 
stimi,  Lavinello,  e  male  congiugni  le  cose 
da  natura  separate,  rispose  incontanente 
Gismondo.  Perciocché  questi  Allori  bene 
fanno  ritialto  al  primo  loro  pedale,  sicco- 
me tu  di',  ma  non  alla  donna,  la  quale  se 
atessa  lasciò,  quando  ella  primieramente  la 
buccia  di  lui  prese.  Questi,  come  anche 
quello  fece,  amano  ,  e  sono  amali  altresì  , 
essi  1.»  terra,  e  la  terra  loro,  e  di  tale  amor 
pregfìi    partoriscono   al    lor  tempo   ora  (i) 

(0   Talli ,  cioè  rampolli.  M.   Cino  uti   T»He. 


I  34  DEGLI    ASOLANI 

talli,  ora  (i)  orbacche,  orri  fiondi,  secondoF 
che  espo,  da   cui  lutti    nacquero,  partoriva, 
riè  mai   ha  fine  il  loro    amore ,    se  no>ì   in- 
sieme con   la   lor  vita  ;  il  che   volesse  Iddio, 
che   fosse  ne«li   uomini,  che  Perottino  noa 
arebhe    forse    ora    cagion    di    ]iiag  ere   cosi 
amaiameiite,  come  c£;li  fa   vie  più    spesso, 
che  io  non  vorrei.   Ma  la   donna  non  amò 
già  essendo  amata  ,  siccome   tu  ragioni  ,  la 
qua]   cosa     peiciocchè    fu    contro    naiuia, 
forse  meritò    ella  di  divenir    tronco ,  come 
si   "-crive  .   E  certo  che    altro  è  lasciando   le 
membra   umane   albero  e    legno  farsi  ,  che 
gli    affetti    naturali    abbandonando   molli  e 
dolcissimi  prendere  i  non  naturali ,  che  so- 
no così  asperi  e  così   duri?  Che    se    questi 
allori  parlassero,  e  le  nostre  parole  avessero 
intese,  a  me  giova  di  credere  ,  <he  noi  ora 
udiremmo,  che  essi  non  vorrebbouo  tornare 
lìoraini  ,   poiché  noi   co  »tro  la  natura  mede- 
sima operiamo  ,  la  qual   cosa    non    avviene 
in   loro,  co  ì   che  essi  buoni   testimoni  non 
fossero  ,  Lavi'ello,  a  quello,  «he  io  ti  ragio- 
no   E  aduiKjue  ,  né  bisogna  che  io  ne  que- 
stioni, o  Donne,  naturale  affv-ito  degli  ani- 
mi nostri  (2)  Amore  ,  e  per  questo  di   ne- 
cess'ià  è   buo'io  e  ragionevole  e  temperato. 
O 'de  quante    volte    avviene,    che    l'affetto 
de'  nostri    animi    non    è    temperato,   tante 


(O  Orbacche  son  le  coccole  dell'  ,  llnro. 

(2)  Amare  qf/ette  naturale  degli  animi  nvitrif 


Libro  IT.  i35 

volte  non  solamente  tagionevole  né  buono 
è  più,  ma  ej^Yì  di  necessità  aicora  non  è 
Amoi'e.  Udite  voi  ciò»  che  io  dico  ?  Vedete 
voi  a  che  parte  la  paura  e  semplice  verità 
m'  ha  portato  ?  Che  dunque  è  ,  potresterai 
voi  dire,  se  egli  non  è  Amore?  ha  egli 
nome  alcuno?  sì  bcie ,  che  egli  n'ha,  e 
molti,  e  per  avventura  quelli  stesisi ,  che 
Perol ti  iO  quasi  nel  principio  de'su'^i  sermo- 
ni gli  die  pure  di  questo  medesimo  ragio- 
nando quello ,  che  egli  d'Amor  si  credea 
favellare,  fuoco,  furore,  miseria,  infelicità, 
e  oltre  a  questi  se  io  porre  ne  gli  po'^so 
uno,  egli  si  può  più  acconciamente,  che  al- 
tro, chiamale  ogni  m:de  ;  perciocché  in 
Amore ,  siccome  poco  appresso  vi  fie  mani- 
festo, ogni  bene  si  rinchiude.  Che  vi  pos- 
so io  dire  più  avanti?  INè  v'ingannino  que- 
ste semplici  voci,  o  Donne,  che  senza  fati- 
ca escono  di  boccf*  altrui,  d'amore,  d'amante, 
d'innaiTiorato.  che  voi  crediate  che  incon- 
tanente amor  sia  tutto  quello,  che  è  detto 
amore;  e  lutti  sieno  amanti  quelli ,  che  per 
ama  iti  sono  tenuti  e  per  innamorati .  Questi 
nomi  piglia  ciascuno  per  lo  più  co'  primi 
disii,  i  quali  esser  possono  non  meno  tem- 
perali, che  altramente;  e  così  presi,  co- 
munque poi  vada  l'opera,  esso  pure  se  gli 
ritiene  ajutato    dalla    sciocca    e  (i)  bamba 


(  •  )  Bamba  ,  cioè  vana  ,  senza  fondamento  y  e  da  bam- 
hirto,   Boe, 


l86  DEGLI    ÀSOLÀNI 

opinione  degli  nomini ,  che  senza  di'^crczion 
fare  alciioa  con  diverse  appellazioni  alle 
diverse  operazion  loro,  così  chiamano  aman- 
ti quelli,  che  male  hanno  disposti  gli  alTet- 
li  (ieir  animo  loro  nelle  disiderale  cose  e 
cercate,  come  qnelli  che  gli  han  bene.  Ahi 
come  agevolmente  s'  ingannano  le  anime 
cattivelle  d(  gli  nominile  quanto  è  leggiera 
e  folle  la  falsa  e  misera  credenza  de' morta- 
li. Perottino  ,  tu  non  ami.  INon  è  amore, 
Peroltii'O,  il  tuo:  cmhia  sei  d'amante,  più 
tosto  che  amante,  Perottino.  Perciocché  se 
tu  amassi ,  temperato  sarebbe  il  tuo  amore; 
ed  essendo  egli  temperato,  uè  di  cosa,  che 
avvenuta  ne  sia,  ti  dorresti,  né  quello, 
che  per  te  avere  non  si  può,  disidereresli  tu 
o  cercheresti  giammai.  Perciocché  oltre  che 
soverchio  e  vano  é  sempre  il  dolore  per  se, 
stoltissima  cosa  è,  e  fuori  d'ogni  misura 
stemperata  ,  quello  che  avere  non  si  possa, 
pur  come  se  egli  aveisi  potesse,  andare  tut- 
tavia disiderando  e  cercando:  la  qual  follia 
volendo  significarci  i  poeti  ,  fecero  i  giganti, 
che  s'argomentassero  di  pigliare  il  cielo,  guer- 
reggianti  con  gì'  Iddii ,  a  cui  essi  non  erano 
haslanli.  Che  se  la  fortuna  l'ha  della  tua  cara 
donua  spoglialo ,  dove  tu  amante  di  lei  VO" 
glia  essere,  poscia  che  altro  fare  non  se  ne 
può,  non  la  desiderare ,  e  quello  che  per- 
duto vedi  essere ,  tieni  altresì  per  perduto. 
Amala  semplicemente  e  puramente,  sicco- 
me  amare  si  ])ossono  molte  cose ,  come 
che  daveile  ninna    speranza  ne  sia.    Ain* 


Libro  li.  187 

le  sue  bellezze ,  delle  quali  tanto  ti  mara- 
vigliasti già,  e  lodaslile  volentieri  ;  e  dove  il 
vederle  con  gli  occhi  ti  sia  tolto,  contenta- 
li di  rimirarle  col  pensiero,  il  che  niuno 
li  può  vietare.  E  in  fine  ama  di  lei  quello, 
che  oggi  poco  s'ama  ntl  mondo  ,  mercè  del 
vizio,  che  ogni  buon  costume  U^  discaccia- 
to, l'onestà  dico,  sommo  e  spezialissimo  te- 
soro di  ciascuna  savia  ,  la  qual  sempre  ci 
dee  esser  cara,  e  tanto  più  ancora  maggior- 
mente ,  quanto  più  care  ci  sono  le  donne 
amate  da  noi  ;  siccome  io  m' ingegnai  di 
fare  già,  che  ella  fosse  a  me  cara  nella 
persona  della  mia  donna  non  men  di 
quello,  che  la  sua  bellezza  m'era  graziosa; 
quantunque  ne  primi  miei  rlisii ,  siccome 
veggiamo  tutto  dì  a' cavalli  non  usati  essere 
la  sella  e  il  freno,  ella  dura  e  gravetta  mi 
fosse  alquanto  ncH'  animo  a  sopportare  .  Di 
che  io  allora  ne  feci  in  testimo;.io  questa 
canzone  :  La  quale  tanto  più  volentieri  vi 
sporrò,  graziose  giovani,  quanto  a  voi,  che 
non  meno  O'iesie  sete  cbe  belle,  ella  più 
che  alcune  dell'altre  già  dette  s'accon- 
vicne . 

Sì  riibella  d^ Amor  ^  né  sì  fugace 
Non  presse  erba  col  piede  ; 
Né  mosse  fronda  jfiai  ninfa  con  mano  ; 
Né  treccia  di  fin  oro  aperse  al  vento  ; 
Ne'n  drappo  schietto  care  meìnhra  accolse 
Donna  sì  vaga  e  bella '^  come  questa 
Dolce  nemica  nùa. 


l38  BEGLI    ASOLACI 

Q^Lieì^  che  nel  mondo,  e  pia  cK altro  mi  spiace, 
lìarle  i^oìte  si   lede^ 

Fanno  in  costei  pur  sovrdl  corso  umano 
Bellezza  e  castità  dolce  concento  : 
JJunu  mi  prese  il  cor^  come  Amor  volse; 
Li"  altra  l  impiaga  sì  leggiera  e   presta  , 
CK  ci  la  sua  doglia  oblia. 

Sola  in  disparte^  OT>ogni  oltraggio  ha  pace. 
Uosa  o  giglio  non  siede; 
Che  Vù  Ima  non  gii  assembri  a  mano  a  mano 
Avvezza  nel  desio  ,  dì  io  serro  drunlo  , 
C^uel  vago  fior  ^  cui  par  uom  mai  non  colse'. 
Cosi  r  appaga  ,  e  parte  la  ?n<  desta 
Secura  leggiadria. 

Caro  Armellin  ,  eli  innocente  si  giace , 
Vedendo  ,  al  cor  mi  rie  de 
Quel  li  d<4  suo  pensier  gentile  e  strano 
Bianchezza.,  in  cui  mirar  mai  non  mi  pento. 
Sì  novamente  rne  da  me  disciolse 
l,a  vera  maga  mia  ,  che  di  rubcsta 
Cangia  ogni  'Doglia  in  pia. 

£el  fiume  allor ,  ch'ogni  ghiaccio  si  sface, 
Tanta  falda  non  diede  , 
Quanta  spande  dal  ciglio  altero  e  piano 
Dolcezza ,  che  può  far  altrui  conlento , 
E  se  dui  dritto  corso  uncjua  non  tolse  : 
Ne  mai  s^  inlaga  mar  senza  tempesta  ,  > 
Che  si  tranquillo  sia. 

Come  si  spegne  poco  accesa  face  , 
Se  gran  vento  la  fu- de  ; 
Similemente  ogni  ]dacer  men  sano 
Vaghezza  in  lei  sol  d^ onestate   ha  spento, 
O  fortunato  il  velo ,  in  cui  s\rv  volse 


Libro    ti.  i3g 

L"* anima  saf^a  ^  e  lei^  cJiogni  altra  vesta 
liJen  le  si  convenìa. 
Questa  sita  per  altro  a  me  non  piace  , 
Che  per  lei .  sua  mercede , 
Per  cui  sola  dal  vuliio  ni  allontano: 

o 
Cli  avvezza  Calma  a  gir  là  'v'  io  In  sento  , 

Sì  eli  fUa  altrove  mai  orma  non  volse  ^ 

E  più  j*  invaga  ,  quanto  men  j'  arresta , 

Per  la  solinga  via. 
Dolce  desti n ,  che  cosi  gir  la  face  ; 

Dolci  del  mio  cor  prede; 

Cli  altrui  sì  presso  ^  a  me'' l  fan  sì  lontano'. 

asprezza  dolce  ^  e  mio  dolce  tormento  ^ 

Dolce  nìiracol     che  i>eder  ntn  siiolse  : 

Dolce  ogni  piaga  ^  che  per  voi  nd  resta 

Beata  compagnia. 
Quanto   ^mor  vaga^  par  hcltate  onesta 

Né  fu  giammai  ,  né  fia. 

Ora  perciocché  da  ritornare  è  là ,  on- 
de ci  dipartimmo,  quinci  comprender  po- 
tete ,  Donne  ,  e  qnale  sia  V  enore  di  Pe- 
rotllno,  e  dove  «gli  Tlia  prc^o.  Po»cioccliè 
dr>vei'do  e£;li  m^Hersi  per  quella  via  dell'a- 
nimo ,  che  ad  Amor  lo  scorgesse  nel  fa- 
vellare ,  egli  cifrando  per  altro  sentiero 
alla  contraria  regione  è  perveiiuto  :  per  lo 
quale  camminando  in  qu  die  tante  noje  si 
venne  i'ìcoatralo.  In  ([uelle  pene,  in  que' 
giorni  tristi  ,  in  quelle  notli  così  doiorose, 
in  quegli  scorni  ,  in  quelle  gelo'^le ,  in  co- 
loro die  uccidono  altrui,  e  talora  per  av- 
ventura se  stessi,  iu  que'Melil,  in  que'Ti- 


140  DEGLI    ASOLÀNI 

Zj  »  in  que'  Tantali  ,  in  ({iielll  Isioni  :  tra'' 
qiinli  iillimumenle  ,  quasi  come  se  egli 
nell'acqua  chiara  guatato  avesse,  egli  vide 
se  slesso  ,  ma  non  si  ricont)bbe  bene  :  che 
altramente  si  sarebbe  doluto ,  e  vìe  più 
vere  lagrime  arebhe  mandate  per  gli  occhi 
fuora  ,  che  egli  non  fece.  Perciocché  cre- 
dendo se  essere  amante  e  innamoralo  , 
mentre  egli  pure  nella  sua  donna  s'incon- 
tra immagiiiando,  egli  è  un  solitaiio  cervo 
divenuto,  che  più  a  guisa  d'Atleone  i  suoi 
pensieri  medesimi  ,  quasi  suoi  veltri ,  van- 
no sciaguratamente  lacerando:  i  quali  egli 
più  tosto  cerca  di  pascere,  che  di  fuggire, 
vago  di  terminare  innanzi  tempo  la  sua 
vita  ,  poco  mostrando  di  conoscer  quanto 
sia  meglio  il  vivere  ,  comunque  ali  ri  viva  , 
che  il  morire  ;  quasi  come  se  esso  oggimai 
sazio  del  mondo  ninno  allro  frutto  aspet- 
tasse viiù  di  cogliere  per  lo  innanzi  degli 
anni  suoi  ,  i  quali  non  rianno  appena  in- 
cominciato a  mandar  fuora  i  lor  fiori.  Che 
quantunque  così  (i)  smaghino  la  costui 
giovanezza  ,  Donne  ,  e  così  guauino  le  la- 
grime ,  come  voi  vedete  ;  non  perciò  ven- 
ne egli  prima  di  me  nel  mondo  :  il  quale 
pure  olire  a  tanti  anni  non  ho  var(-ati  , 
quanti  sarebbono  i  giorni  del  miiiorraese. 
Se  egli  di    due  ancora  fosse    minore  ,    che 


(1)  Smaghino  ,  cioè  affascinino  ,  affatturino ^  facciano 
parer  secchia  la  costui  giovanezza. 


l 


Libro  li.  141 

C"H  noa  è.  E  cotestui  ,  come  se  e»li  al 
ceiilinajo  s'appressasse,  a  guisa  clegl  infer- 
mi perduti  ,  chiama  sovente  ,  chi  di  que- 
ste contrade  levandolo  in  altri  paesi  nel 
rechi  ,  forse  avvisandosi  per  mutare  aria 
di  risanare.  0  sciagurato  Peroltino  ,  e  ve- 
ramente sciagurato  ,  poi  che  tu  stesso  ti 
vai  la  tua  disavventura  procacciando  ,  e 
non  conlento  della  tua,  cerchi  di  teco  far 
miseri  iusiemeraente  tutti  gli  uomini.  Per- 
ciocché tutti  gli  uomini  amano  ,  e  necessa- 
riamente ciascuno.  Che  se  gli  amanti  sem- 
re  accompagnano  quegli  appetiti  così  tra- 
occhevoli,  quelle  allegrezze  così  dolorose, 
quelle  così  triste  forme  di  paura  ,  quelle 
cotante  angosce ,  che  tu  di'  ,  senza  fallo 
non  solamente  tuui  gli  uomini  fai  miseri  , 
ma  la  miseria  medesima  constrigni  ad  esse- 
re per  se  stesso  ciascui  uomo,  faccio  le 
pene  di  quelle  maraviglie  così  Bere  del  tuo 
iddio  ,  che  tu  ci  raccontasti  :  le  quali  noa 
che  a  frtr  la  vita  degli  uomini  bastassero 
trista  e  cattiva  ,  ma  di  meno  assai  gl'infer- 
ni tutti  n'  averebbono  e  tutti  gli  abissi  di 
soverchio.  O  istoilo  ,  quanto  sarebbe  me- 
glio por  (lue  og'j^imai  alla  non  profittevole 
manincO:ìia,  che  og'ii  giorno  andare  meno 
giovevole  rammarichio  rincominciando,  ed 
alla  tua  salvezza  dar  riparo  ,  mentre  ella 
sostiene  di  riceverlo ,  che  ostinatamente 
alla  tua  perdezza  trovar  via ,  e  pensare 
che  la  natura  non  ti  dia  al  mondo  perchè 
tu  stesso  ti  venissi  cagiou  di  tortene  ,    che 


142  DEGLI    ISOLANI 

tra  queste  lamenlauze  favolose  vaneggiane 
(lo  e  quasi  al  vento  cozza  1  do  dal  ve  10  sen- 
tirne to  e  dalla  tua  salute  medesima  farti 
lontano.  Ma  lasciamo  ogi;imai  da  raxto  eoa 
le  su»'  menzogne  Perottino  ,  il  quale  jeri 
dal  mollo  dolor  sospinto,  e  m  'Ito  d'  Amor 
lamentandosi  alquanto  più  lu:  ga  m'ha  oggi 
fat.a  tenere  questa  parte  della  risposta  ,  che 
io  voluto  non  avrei  ;  né  siamo  noi  così  stolti. 
Donne,  che  crediamo  il  dolore  altro  e:he 
da  amore  non  essere,  che  pure  parte  alcu- 
na non  ha  con  Ini  ;  o  che  pensiamo ,  che 
amare  non  si  possa  senza  amaro ,  il  qual 
sa])ore  per  niente  negli  amorosi  condimeuti 
non  può  aver  luogo.  E  poscia  che  l'arme 
di  Perottino,  le  quali  egli  contro  Amore 
con  sì  fellone  animo  (i)  impalmate  s'avea, 
neir alimi  scudo,  siccome  quelle  che  di 
piombo  erano,  si  sono  rintuzzate  agevol- 
mente; veggiajiiO  ora,  quali  sono  quelle, 
che  Amoie  porge  a  chiunque  si  mette  in 
campo  per  lui  ,  come  che  Perottino  si  cre- 
desse jeri,  ih'  a  me  non  rimanesse  che 
pigliare.  Quaiitnique  io  né  tutte  le  mi  cre- 
da poter  prendere  ;  che  di  troppo  mi  ter- 
rei da  ])iù  ,  che  io  non  sono;  né  se  io  pure 
il  potessi,  mi  hasterehbe  egli  il  dì  tutto 
intero    a    ciò    fare ,    non  che  questo  poco 


(1)  Impalmate^  cioè  prese  in  mano  ,  e  fra  le  palme. 
Altre  volte  Impalmire  significa  dar  la  mano ^  e  la  Jei«  Ài 
sposare  una  .  Leggi  la  Fabbrica  da  me  regista. 


Libro  IT.  143 

d'ora  meiigglana  ,  che  m'è  data.  Tuttavia 
dove  egli  non  fosse,  dilettose  Giovani,  che 
voi  volente,  che  io  alcun' altra  cosa  ancora 
ne  sopra  ragionassi  alle  raccontate .  Di  nul- 
la vogliamo  ritenerti ,  rispose  mado  ^na  Be- 
renice prima  del  volere  delle  compagae 
raccertatasi,  ne  crediamo  che  f.tccia  luoi-o 
ali  resi.    Ed    a   noi  si  fa  tardi,  che  quello. 

I  •  •         •  I         •!  •  ».  ' 

che  tu  lucouiHKi  ndo  il  ragionare  ci  pro- 
mettesti, si  fornisca.  Ma  tu  per  avventura 
non  l'aff iettare.  Perciocché  come  a  te  j)3Ja 
d'avere  già  assai  lungamente  favellato  ,  se 
al  sole  guaiolerai,  il  (enipo  ihe  t'avanza  è 
mol'o  ii'fino  alle  frtSrhHore.  è  te  ne  dei 
maravii.liare,  pt-rtiocchè  più  per  tempo  ci 
venimmo  og^i  qui ,  clic  noi  non  IVmmo 
jeri .  Seiiza  che  qua  sdo  bene  j.iù  alquamo 
ci  dimorassimo  ,  sì  il  potremmo  noi  fare-, 
peiciocohè  il  festcgg'r  ve  non  ii.cominciò  a 
pezza  jeri  a  quello,  che  noi  crt-devamo  , 
quando  di  qui  ci  levammo  con  voi.  Perchè 
sicuramente,  Gismr-ndo,  a  tuo  grandissimo 
agio  potrai  ancora  di  ciò,  che  più  di  dire 
t'aggraderà,  lungamente  ragionare.  11  gio- 
vane ,  al  qurile  erano  le  parole  della  donna 
piaciute  ,  siccome  quegli ,  che  tuttavia  in- 
cominciava mezzo  seco  stesso  venir  temendo, 
non  dalla  strettezza  del  tempo  fosse  a' suoi 
ragionamenti  poca  ampiezza  conceduta;  ve- 
duto per  l'ombre  che  gli  allori  facevano, 
che  così  era  ,  come  ella  diceva  ,  e  sperando 
di  quivi  più  lunga  dimora  poter  fare,  che 
fatto  il  giorno  passato  non  aveauo  ;  conlento 


I44  DEGLI    ASOLAMI 

già  era  per  seguitare  :  Ed  ecco  dal  monte 
venir  due  colombe  volando  bianchissime 
più  che  neve,  le  quali  (i)  di  fillo  sopra  i 
capi  della  lieta  brigata  il  lor  volo  ratletien- 
do  srnza  punto  spaventarsi  si  posero  Tuna 
appresso  l'altra  iti  su  l'orlo  della  bella  fon- 
tana :  dove  per  alquanto  spazio  dimorate, 
mormorando  e  baciandosi  amorosamente 
stettero  non  senza  festa  dille  donne  e  de  i 
giovani,  che  tutti  chi  ti  le  miravano  con 
maraviglia.  E  poi  chi  iato  i  becchi  nelT  ac- 
qua cominciarono  a  bere  ,  e  di  questo  a 
bagnai  si  si  dlmesticamente  in  presenza  d'o- 
gnuno, che  alle  donne  pareano  pure  là 
più  dolce  cosa  del  mondo  e  la  più  vezzosa. 
E  menire  che  elle  cosi  si  bagnavano  fuori 
d'ogni  temenza  sicure,  una  rapace  aquila  di 
non  so  onde  scesa  giù  (ìì)  a  piombo  prima 
quasi ,  che  alcuno  avveduto  se  ne  fosse , 
preso  l'nna  con  gli  artigli  ne  la  portò  via. 
L'altra  per  la  paura  (3)  schiamazzatasi  nel- 
la fonte,  e  quasi  dentro  perdutane,  pure 
alla  line  riavutasi,  e  malagevolmente  usci- 
ta fuori ,  sbigottita  e  debole ,  e  tutta  del 
guazzo  grave,  sopra  i  visi  della  riguardante 


(i)  Di  fitto  ^  cioè  a  dirittura.  Boc,  Di  Jìtto  merìg- 
gio cioè  ijuaiido  il  Sole  più  a  dirittura  a  metzo  dì  per- 
cuote. 

(2)  A  piombo  ,  cioè  a  dirittura  piombando  ,  come  se 
da  alto  al  basso  Cadesse  piombo 

(3)  Schiamaizatati ,  cioè  con  grida  e  strepito  tu/" 
fatasi , 


Libro  11.  I45 

compagnia  il  meglio  che  poteva  b.itteado 
Tali  tutti  spruzzandogli  lentamente  s'andò  con 
Dio.  Avea  tralltte  le  compassionevoli  donne 
la  subita  presura  della  colombi  e  fu  il  ro« 
more  tra  lor  grande  di  cosi  fatto  accideu- 
te,  ne  poteano  ritìnare  di  maravigliarsi, 
come  quella  innocente  uccella  fosse  di  mezzo 
tutti  loro  cosi  sciaguramente  stata  ra[)ita  , 
la  maladetla  Aquila  mille  volte  e  più  per 
ciascuiia  bestemmiandosi ,  non  senzu  ram- 
marico de'  giovani  altresì  ,  e  tra  lor  tutti 
mescolatameite  chi  della  sciagura  dell'  una 
e  chi  dello  spaveato  dell'altra,  e  chi  della 
vaghezza  d'ambedue  e  della  loro  dimesti- 
chezza ragionava;  ed  ebbevi  di  quelli,  che 
pili  altamente  estimando  vollo.io  credere, 
che  ciò  che  veduto  aveano  ,  a  caso  non  fosse 
avvenuto.  Quiado  Gismoudo ,  poscia  che 
vide  le  donne  racchelae,  incominciò.  Se 
la  nostra  colomba  fosse  ora  dalla  sua  rapi- 
trice  in  quella  guisa  portata,  nella  qiule  fu 
già  il  vago  Ganimede  dalla  sua,  essere  po- 
trebbe meii  discaro  alia  sui  compagna  d'a- 
verla perduta ,  e  noi  a  torto  aremmo  la 
fiera  aquila  biasimata,  di  cui  cotanto  ram- 
maricati ci  siamo.  Ora  perciocché  il  dolerci 
più  oltra  in  quelle  cose,  che  per  noi  am- 
mendar no'i  si  possono,  è  opera  senza  fal- 
j  lo  perduta;  queste  nostre  doglianze  con 
'  quelle  di  Perotlino  dimenticando,  nella  bon- 
tà d'Amore,  per  venire  oggìmti  alle  prò - 
'  m.esse  ,  che  io  vi  feci,  entriamo.  Allora 
I  Lisa  ,  prima  che  egli  andasse  più  avanti, 
Bembo  Voi,  /.  io 


j46  degli  asolani 

tutta  |)iena  di  dolce  \erzo,  più  per  tenlar- 
lo  che  per  altro:  a  mal  tempo,   disse,  lasci 
tu  GÌsuio'.kIo  i  tuoi  lagioiiamenti  primieri, 
dopo    il    caso,   che   ci    h.i  ora  tutti  tenuti 
sospesi,  las(ùai)donegU.  Perciocché  se  dolore 
è  questo,  che  noi  sentiamo,  d'avere  in   pie 
alla  sua  nimica   la  nostra    misera  bestiuola 
■veduti;   e  amore  quell'altro,  che  d^lla  sua 
vaghezza    n'avea    ]>resi;    assai    pare  che  ne 
se^ua  chiaro,  che  insieme  e  amare  e  dolere 
ci  possiamo;    e    potrassi   qui   contra  te  dir 
quello ,  che    si   dice  tutto  di  ;  che  di  gran 
lupga  il   ])iù  delle  volte    sono    dal    fatto  le 
parole    lontane.    Quivi  Gismondo  verso  le 
donne  sorridendo   disse  ;  vedete  argomento 
di  costei  .   Ma  non  sei   però  tu  per  levarmi 
la  verilà  di  mano.  Lisa  ,  cosi  agevolmente, 
come    la    nostra  semplice    colomba  l'aquila 
di  te4è  fece;  che  io  ne  la  difenderò.  Tut- 
tavnha   lu   mi  ritorni   in  quelle  siepi,  delle 
quali   n'eravamo  usciti  pur   dianzi,  quando 
io  ti  conchiusi  che  del  perdere  delle  cose, 
che  noi  amiamo,  non  è  amore,  che  di  loro 
va^^hi  ci  fa,   ma  la  fortuna^  che  ce  ne  spo- 
glia ,    cagione.    Perchè  e    amare    e    dolere^ 
come  tu  di',  bene  ci  possiamo  ;  ma  dolerci 
per    cagion    d'Amore    non    possiamo.  Ultra 
che  l'amore,  che  tra  le  passioni  dell'animo 
si  mescola ,  non    è   amore ,  come    che  egli 
sia  detto  amore,  e  per  amore  tenuto  dalle 
più  genti.     Perchè  non  sono  io  per  dispo- 
sto di  più  oltra  distendermi  da  capo  nelle 
già  diittc  ragioni    d' intorno  a  questo  fatto, 


LlBR.O    li.  147 

o  ia  simili,  di  quello  che  allora  mi  stesi  ; 
come  che  io  molte  ve  n'avessi  dell'altre. 
Elle  assai  esser  li  possono  bastanti,  dove  tu 
per  avveutLira  in  su  l'ostinarti  non  ti  met- 
tessi; il  che  suole  tuttavia  essere  alle  volte 
difetto  nelle  belle  donne  non  altrajaente  , 
che.  so2:lia  essere  ne'  be'  cavalli  il  restio.  Se 

D  ... 

solamente  ne' be' cavalli,  rispose  Lisa  tutta 
nel  viso  divenuta  vermiglia,  cadesse  Gism ju- 
do il  restìo,  io,  che  bella  non  souo  ,  ed 
era  tuttavia  bella,  come  un  bel  fiore,  mi 
crederei  dover  potere  ora  parlare  a  m.io 
senno,  senza  che  tu  per  ostinata  m'avessi. 
Ma  perciocché  ancora  ne'  mal  fatti  cotesto 
vizio  e  più  spesso  per  avventura,  che  negli 
altri,  suole  capere,  sicuramente  tu  hai  tro- 
vata la  via  da  farmi  oggi  star  cheta ,  ma 
io  te  ne  pagherò  ancora  .  Poscia  che  tra  dì 
queste  parole ,  e  d'altre ,  e  del  rossor  di 
Lisa  si  fu  alquanto  riso  fra  la  lieta  compa- 
gnia, Gismondo  tutti  gli  altri  ragionamenti, 
che  sviare  il  potessero,  troncati ,  dirittamen- 
te a'  suoi  ne  venne  in  questa  maniera.  La 
bontà  d'Amore,  o  Donne,  della  quale  io 
ora  ho  a  ragionarvi,  è  senza  fallo  infinita: 
né  perchè  se  nequistioni^  si  dimostra  ella 
a£;li  ascoltanti  tutta  ciammai .  Nondimeno 
quello ,  che  scorgere  favellando  se  ne  può, 
cosi  più  agevolmente  si  potrà  comprendere, 
se  noi  quanto  ella  giovi ,  e  quanto  ella  di- 
letti,  ragioneremo,  conciossiacosaché  tanto 
ogni  fonte  é  maggiore  ,  quanto  maggiori 
sono  i  fiumi,  che  ne  dirivano.  Dico  adunque 


148  DEGLI     ASOLANI 

dal  giovamento  incomiiiciando,  che  senza 
fallo  tanto  ogi)i  cosa  è  più  (i)  giovevole, 
quanto  ella  di  più  beni  e  causa  e  di  più 
lUJiggiori  .  Ma  perciocché'  non  di  molti  e 
grandissimi  solamente  ,  ma  di  lutti  i  beni 
ancora  ,  quanti  unque  se  ne  fanno  sotto  '1 
cielo ,  è  causa  ed  origine  Amore ,  si  dee 
credere  che  egli  giovevole  sia  sopra  tutte  le 
altre  cose  giovevoli  del  mondo,  lo  stimo  , 
che  a  voi  sembri,  giudiciose  mie  Donne, 
che  io  troppo  ampiamente  incominci  a  dir 
d'Amore,  e  facciagli  troppo  gran  capo, 
quasi  come  se  porre  sopra  le  spalle  d'un 
mezzano  uomo  la  testa  d'Atalante  volessi. 
Ma  io  nel  vero  parlo ,  quanto  si  dee  ,  e 
niente  per  avventura  più.  Perciocché  po- 
nete mente  d'ogni  intorno,  belle  giovani,  e 
mirate  quanto  capevole  è  il  mondo,  quan- 
te maniere  di  viventi  rose ,  e  quanto  di- 
verse sono  in  lui.  JNiuna  ce  ne  nasce  tra 
tante,  la  quale  d'Amor  non  abbia,  siccome 
da  primo  e  santissimo  padre,  suo  princi- 
pio e  nascimento.  Perciocché  se  amore  due 
separati  corpi  non  congiugnesse  atti  a  ge- 
nerar lor  simili  ,  non  ci  se  ne  generereb- 
be ,  né  ce  ne  nascerebbe  mai  alcuna.  Che 
quantunque  per  viva  forza  comporre  in- 
sieme si  potessero  e  collegar  due  viventi 
polenti  alla  generazione ,  pure  se  amore 
non  vi  si   mescola ,  e  gli  animi  d'amendue 


(i)  Quali,  siano  le  cose  mi.'gsiornicnte  f^iovevoU> 


I 


Libro  IL  14^ 

a  uno  stesso  volere  non  dispone  ,  eglino 
potiebbono  così  starsi  mill'  anni ,  ohe  e>si 
non  genererebbono  giammai.  Sono  per  le 
mobìli  acque  nel  loro  Jempo  i  pesci  maschi 
seguitali  dalle  bramose  femmine  ,  ed  essi 
loro  SI  concedono  voghosamente  ,  e  così 
danno  modo  medesimamente  volendo  (j) 
alla  propagazione  della  spezie  loro.  Se- 
^uonsi  per  l'ampio  aere  i  vaghi  uccelli 
l' un  r  altro.  Seguonsi  per  le  nasconde- 
voli  selve  e  per  le  loro  dimore  le  voglio- 
se fiere  similmente.  E  con  una  legge  me- 
desima eternano  la  lor  brieve  vita  tutti 
amando  tra  loro.  INè  pure  gli  animanti  soli, 
clie  hanno  il  senso,  senza  amore  venire  a 
stato  non  possono  ne  a  vita ,  ma  tutte  le 
selve  degli  alberi  piede  né  forala  non  han- 
no ne  alcuna  qualità  senza  lui.  Che  ,  come 
io  dissi  di  questi  allori ,  se  gli  alberi  la 
terra  non  amassero ,  e  la  terra  loro  ,  ad 
essi  £;ià  non  verrebbe  fatto  in  maniera  al- 
cuna il  potere  (z)  impedalarsi  e  (3)  rin- 
verzire.  E  queste  erbuccie  stesse  ,  che  noi 
tuttavia  sedendo  premiamo ,  e  questi  fiori, 
non  arebbono  nascendo  il  lor  suolo  cosi 
Tago  ,  come  egli  è  ,  e  cosi  verdeggiante  ren- 
duto ,  forse  per  darci  ora    più   bel    tapcto 


V       (1)  Alla  propagazione  ,  cioè  alV  accreteimento  ,  all'ani* 
Jtliazione. 

(2)  Jmpedalarsi ,  cioè  far  pedale, 

(3)  Rinftrzire  y  eieè  tornar  verde. 


loO  PEGtT    ASOLAnT 

di  loro  ,  se  naiiiialissiino  amore  i  lor  semi 
e  le  lor  1. odici  non  avesse  col  terreno  ccn- 
ciiiTife  in  uiaiiitia,  che  elleno  da  lui  tem- 
perato ninore  desiderando  ^  ed  esso  voloti- 
laiian.ente  porgerdo^licle  ,  si  fossero  insie- 
me al  generare  accoidati  disici  erosamente 
l'uno  l'allro  abbracciando.  Ma  che  dico  io 
qnesli  fiori ,  o  queste  erbe  ?  Cerio  se  i  no- 
stri eenilori  amali  Ira  lor  non  si  fossero  , 
noi  non  saremmo  ora  qui,  ne  pure  altro- 
ve ,  ed  io  al  moiido  \enulo  non  sarei  , 
siccome  io  sono,  se  non  per  altro,  alme- 
no per  difendere  oggi  il  nostro  non  col- 
pevole Amore  dalle  fiere  calunnie  di  Pe- 
ro', tino.  INè  pure  il  nascere  solamente  dà 
agli  uomini  Amore ,  o  donne ,  che  è  il 
primo  essere  e  la  ])iima  vita  ,  ma  la  se- 
conda ancora  dora  loro  medesimamente  : 
né  so  se  io  mi  dico  che  ella  sia  pure  la 
primiera  ;  e  ciò  è  il  bene  essere  e  la  buo- 
na vita  ,  senza  la  quale  per  avventura  van- 
taggio sarebbe  il  non  nascere  ,  o  almeno 
lo  iiicontanevte  nati  morire.  Perciocché 
ancora  errercbbooo  gli  uomini ,  siccome 
ci  disse  Perottino  che  essi  da  prima  face- 
vano ,  per  li  monti  e  per  le  selve  ignudi 
e  pilosi  e  salvatlchi  a  guisa  di  fiere ,  senza 
tetto,  senza  conversazione  d'uomo,  senza 
dimestichevole  costume  alcuno  ,  se  Amore 
non  gli  avesse  inierae  raunando  di  comu- 
ne vita  posti  in  pensiero.  Per  la  qual  cosa 
ne'  loro  desiderj    alle   prime    voci    la    lin- 


Libro  IL  iHr 

:ina  (r)  snodando  lasciato  lo  stridere,  alle 
parole  diedero  cominciameuto.  T^è  ignari 
ragionarono  Ira  loro  ,  che  essi  gli  abilati 
tronchi  degli  alberi  e  le  jigiJe  s[)eliiì)che 
subitamente  dannate,  dirizz;iroi)0  le  capan- 
ne ,  e  le  dure  ghiande  trala'Jciando ,  cac- 
ciarono le  compagne  tìcre.  Crebbe  poi  a 
poco  a  poco  Amore  ne'  primi  uomini  in- 
sieme col  nuovo  mondo,  e  crescendo  egli 
crebbero  l'arti  con  lui.  Allora  primiera- 
mente i  consapevoli  padri  conobbero  i  lo- 
ro figliuoli  dagli  altrui  :  e  gli  cresciuti  fi- 
gliuoli salutarono  i  padri  loro  ,  e  sotto  il 
dolce  giogo  della  moglie  e  del  marito  n'an- 
darono santamente  gli  uomini  legati  eoa 
la  vergognosa  onestà.  Allora  le  ville  di 
nuove  case  s'empierono  ,  e  le  città  si  cin- 
sero di  difendevole  muro,  ed  i  lodati  co- 
stumi s'armarono  di  ferme  leggi.  Allora  il 
santo  nome  della  riverenda  amicizia  ,  il 
quale  onde  nasca  per  se  stesso  si  dichiara, 
incominciò  a  seminarsi  per  la  già  dimesti- 
cata terra  ,  e  indi  germogliando  e  crescen- 
do ,  a  spargerla  di  così  soavi  fiori  ,  e  di  si 
dolci  frutti  coronamela  ,  clie  ancora  se  ne 
tien  vago  il  mondo  :  come  che  poi  di  tem- 
po in  tempo  tralignando  a  (jj)  questo  no- 
stro maligno  secolo  il  vero  odore  antico  e 


(i)   Sni*dnndn ,   cioè  sciogliendo  il  nodo. 

(a'»  T'-filignando  ,  cioè  des;enfrandn  ,  non  seguendo  la 
via  diritta  de  nostri  maggiori  II  contrario  è  Allignare  ^ 
eh'  è  usalo  più.  abbasso  in  questo. 


j52  DECtI    ÀSOLANI 

la  prima  pura  dolt  t  zza  non  sia  passata,  la 
que'  lempi  nacquero  quelle  donne  ,  che 
nelle  fianìme  de'  lor  morii  mariti  animosa- 
mente salirono,  e  la  non  mai  bastevol- 
mente  lodala  Alceste  :  e  quelle  coppie  si 
trr^varono  di  compagni  co.nÌ  fide  e  così  ca- 
re; e  dinanzi  a  i^li  occhi  della  fiera  Dia- 
na fra  Pilade  ed  0>esie  fu  la  magnanima 
e  bella  contesa.  In  que'  tempi  ebbeio  le 
sacie  lettere  principio,  e  gli  amanti  accesi 
alle  lor  donne  cantaroiìo  i  primi  versi.  Ma 
che  vi  ve  io  di  queste  cose  leggiere  e  deboli 
alle  ponderose  forze  d'Amrre  lungamente 
ragionando?  Questa  macchina  istessa  cosi 
grande  e  così  bella  del  mondo ,  che  noi 
con  l'animo  più  compiutamente  ,  che  con 
gli  occhi  vediamo  ,  nella  quale  ogni  cosa 
è  compresa,  se  d'Amore  non  fosse  piena, 
che  la  tiene  con  la  sua  medesima  discoi'- 
devole  catena  legata  ,  ella  non  durerebbe 
ne  avrebbe  lungo  stato  giammai.  E  adun- 
que. Donne  ,  siccome  voi  vedete  ,  cagion  di 
tutte  le  cose  Amore  ;  il  che  essendo  egli  , 
di  necessità  bisogna  dire ,  che  egli  sia  al- 
tresì di  tutti  i  beni,  che  per  tutte  le  cose 
si  fanno  ,  cagione.  E  perciocché  ,  come  io 
dissi  ,  colui  è  più  giovevole  ,  che  è  di  più 
beni  causa  e  di  più  maggiori ,  conchiudere 
oggimai  potete  voi  slesse  ,  che  giovevolissi- 
mo è  Amore  sopra  tutte  le  giovevolissime 
cose.  Ora  parli  efili,  Perottino  ,  che  a  me 
non  sia  rimaso  che  pigliare?  o  pure  che  " 
non  sia  rimasa  cosa,  la  quale  io  presa  non 


Libro  IT.  i53 

fli^bìa  ?  Quivi  pillila  clic  altro  si  dicesse, 
tia|j  ostasi  inndcnna  Berenice,  e  con  la  sua 
siiiislia  mano  la  deslra  di  Lisa  ,  che  presso 
le  sedea  (i\  sirocchievol mente  prendendo 
e  slrii^ner.do,  ccn-e  se  ajutar  di  non  so 
che  la  volesse  ,  a  Gismoiido  si  rivolse  bal- 
danzosa, e  sì  gli  disse:  Poscia  che  tu  Gis- 
mondo  cosi  bene  dianzi  ci  sapesti  mordere, 
che  Lisa  Oi^giuiai  più  tcco  avere  a  fare  noa 
vuole,  e  per  avventura  clie  tu  a  questo  fine 
il  facesti,  acciocché  meno  di  noja  ti  fosse 
data  da  noi  ,  ed  io  pigliar  la  voglio  per  la 
mia  compagna  ,  come  che  tuttavia  poco 
maestra  (2)  battagliera  mi  sia.  ]Nfa  così  ti 
dico  ,  che  se  Amore  è  cagione  di  tutte  le 
cose ,  come  tu  ci  di',  e  che  per  questo  ne 
segua  che  egli  sia  di  tutti  i  beni ,  che  per 
tutte  le  cose  si  fanno,  cagione,  perchè  noa 
ci  di'  tu  ancora,  che  egli  cagion  sia  me- 
desimamente di  lutti  i  mali,  che  si  fanno 
per  loro?  la  qual  cosa  di  necessità  convie- 
ne essere  ,  se  il  tuo  argomentare  dee  aver 
luogo.  Che  se  il  dire  delle  orazioni ,  che  io 
so,  dee  essere  scritto  ad  Amore  perciò, 
che  per  Amore  io  sou  nata  ,  il  male  me- 
desimamente ,  che  io  dico ,  dee  essere  a  lui 
portato  ,  perciocché  se  io  non  fossi  nata  , 
non  nel  direi.  E  così  deeli  altri  uomini  e 
dell'altre  cose  tutte    ti    posso  conchiudere 


(i)  Sirocchievnlmente ^  cioè  da  sirocchia. 

(z)  Battagliera  ,  cioè  guerriera  ,  combattenti. 


1^4  DKGLT    A SOL ANI 

uinialmPDfe.  Ora  se  niiiore  non  è  meno  ori 
cine  fVi  liiltl  i  roali ,  (.he  egli  sia  di  tutti  i 
hini  fo?;danìei)to  ,  per  questa  laf^lonenon  so 
io  vedere,  elle  egli  eosì  nocevolissimo ,  co- 
me glovevolivssirao  non  sia.  SI  sapete,  sì 
Madonna,  che  io  mi  cieda,  rispose  in- 
contanente Gìsmondo.  Perciocché  non  vi 
sento  di  così  (i)  lahole  memoria  ,  che 
cgh  vi  dehha  f^ià  essere  di  niente  uscito 
quello  ,  che  io  pur  ora  vi  ragionai.  Ma  voi 
ne  volete  la  vostra  compagna  vendicare 
di  cosa  ,  in  che  io  ofttsa  non  l' ho  ,  in 
quelle  dispute  medesime,  delle  quali  n'era- 
vamo usciti  ,  altresì  come  ella  ritornando- 
mi. Perciocché  non  vi  ricorda  egli,  che  io 
dissi  ,  che  perciò  che  ogni  cosa  naturale  è 
buona  ,  Am(»re  ,  come  quello  che  naturai 
cosa  è,  buono  eziandio  è  sempre  ,  né  può 
reo  essere  in  .'dcuna  maniera  giam.mai  ? 
Perchè  egli  del  bene,  che  voi  fate,  è  ben 
Citgionc  ,  siccome  colui  ,  che  ])er  ben  fare 
solamente  vi  mise  nel  mondo  :  ma  del 
male,  se  voi  ne  fate,  che  io  non  credo 
perciò  ,  ad  alcun  disordinato  e  non  natu-- 
rale  appetito,  che  muove  in  voi,  la  colpa] 
ne  date  ,  e  non  ad  Amore.  Questa  viia  , 
che  noi  viviamo,  alfine  che  noi  bene  ope- 
riamo c'è  data,  e  non  perchè  male  facen- 
do la  usiamo  :  come  II  coltello  ,  che  alle 
bisogne  degli  uomini  fa  l'artefice,    e  dallo 


^i)  Lahole  vai  debile. 


Libro  IT.  iK5 

alimi:  se  voi  ad  uccidere  nomini  usarle  il 
Tcstro,  ed   io  il  mio,  a  noi  ne  veneLhe  la 
colpa  ,  siccome  del   misfallo    commetiilori  , 
non  air  artefice,  che  il  ferro  del  commes- 
so male  islriimento  ad  alcun  mal  fine  non 
fece.    Ma    passiamo  ,   se  \i  piace  ,  alla  dol- 
cezza d'Amore.  Quantunque,  o  Donne,  gran- 
dissimo incarico  è  questo  per  certo,  a  vo- 
lere con   parole  a^seguire    la  dimostrazione 
di  quella  cosa,  che  quale  sia  e  quanta,  si 
sente    più    agevolmente  ,    che  non    si  dice. 
Perciocché  siccome  il  dipintore  bene  potrà 
come  ''he  sia  la  bianchezza  dipignere  delle 
nevi ,    ma  la  freddezza    non  mai  :    siccom.e 
cosa  ,  il  giudicio  della  quale  al  tatto    sola- 
mente conceduto  sotto  l'occhio  non  viene, 
a  cui  servono    le  pinture  :    similmente    ho 
io  testé  quanto  sia  il  giovamento   d'Amore 
dimostrarvi   pure  in  qualche  parte  potuto: 
ma  le  dolcezze  ,  che  cadono  in  ogni  senso, 
e  come  sorgevole  fontana  assai  più  ancora, 
che  questa  nostra    non    è  ,    scprabbóndéaìo 
in  tutti  loro  ,    non    possono    nell'  orecchio 
solo     per  molto    che  noi  ne    parliamo  ,   in 
alcuna  guisa  capere.  Ma  una  cosa  mi  con- 
forta ,    che    voi    medesime    per    esperienza 
avete    conosciuto  ,    e    conoscete    tuttavia  , 
quali  elle  sono  :   onde  io  non  potrò  ora   si 
poco    toccarne    ragionando  ,    che    non    vi 
sovvenga    il  molto  :    il    che  per    avventura 
tanto  sarà  ,    quanto  se  del  tutto  si    potesse 
parlare.    Ma    dos  de  comincerò  io  ,    o  dol- 
cissimo mio  si^jnore?  e  che  prima   dirò   io 


.t5G  degli  asolani 

di  te  e  delle  tue  dolcezze  (i)  indicibili  , 
incomparabili,  iiifiiìi^e  ?  Insei^nalemi  tu, 
che  le  fai ,  e  siccome  io  vi  debbo  andare  , 
così  mi  scorgi  e  guida  per  loro.  Ora  per 
non  mescolare  favellando  quelle  parti  ,  cbe 
dilettar  ci  possono  separatamente  ,  delle 
dolcezze  degli  ocrhi  ,  che  in  amore  soglio- 
no essere  le  primiere  ,  primieramente  e 
separatamente  ragioniamo.  Il  cbe  avendo 
detto  Gismondo  ;,  con  un  brieve  silenzio 
fatta  più  attenta  Y  ascollante  compagnia 
così  incominciò.  Non  sono  ,  come  quelle 
degli  altri  uomini  ,  le  viste  degli  amanti  o 
donne  ,  né  sogliono  gì'  innamorati  giovani 
con  sì  poco  frutto  mirare  negli  obbietti 
delle  loro  luci ,  come  quelli  fanno  ,  cbe 
non  sono  innamorati.  Perciocché  sparge 
Amore  col  movimento  delle  sue  ali  una 
dolcezza  negli  occhi  de'  suoi  seguaci ,  la 
anale  d'ogni  (2)  abbaglìaggine  purgandogli 
fa  ,  che  essi  stati  semplici  per  lo  addietro 
nel  guardare  ,  mutano  subito  modo  ,  e 
mirabilmente  artificiosi  divenendo  al  loro 
uffizio  ,  le  cose ,  che  dolci  sono  a  vedere  , 
essi  veggono  con  grandissimo  diletto  ;  lad- 
dove delle  dolcissime  gli  altri  uomini  poco 
piacere  sentono  per  vederle  ,  e  il  più  del- 


(0  Indicihill ,  cioè  che  a  pieno   dir  non  si  possono. 
(a)  Abbcgliaggine  y  cioè  adombramento  ^   o  offuscamene 
lo  di  vista. 


Libro  II.  15-7 

le  volte  non  niiiao.  E  come  che  dolci  sie- 
no  molte  cose,  le  quali  tuUo  di  miriatno, 
pure  dolcissime  sopra  tutte  le  altre  ,  che 
veder  si  possano  per  occhio  alciiQO  giam- 
mai ,  sono  le  helle  donne  ,  come  voi  siete. 
Non  pertanto  elle  dolcezza  non  porgono , 
se  non  a  gli  occhi  degli  amauli  loro  ,  sic- 
come que'  soli  ,  a'  f[nali  Amore  dona  virtù, 
di  pas.ar  con  la  lor  vista  ne'  suoi  tesori. 
E  se  pare  alcuna  ne  porgono,  che  tu't - 
volta  non  è  uom  quegli,  a  cui  già  in  qual- 
che parte  la  voslra  vaga  bellezza  non  piac- 
cia ,  a  rispetto  di  quella  degli  amanti  ella 
è,  come  un  fiore  a  comparazione  di  tutta 
la  primavera.  Perciocché  avviene  spesse 
volte,  che  alcuna  bella  donna  passa  dinanzi 
a  gli  occhi  di  molti  uomini  ,  e  da  tutti 
generalmente  volentieri  è  veduta ,  tra' quali 
se  uno  o  due  ve  n'  ha  ,  che  con  diletto 
più  vivo  la  riguardino  ,  cento  poi  soa 
quelli  per  avventura  ,  che  ad  essa  non 
mandano  la  seconda  o  la  terza  guatatura. 
Ma  se  tra  que'  cento  l'amante  di  lei  si  sta» 
e  vedela  ,  che  a  questa  opera  non  suole 
però  essere  il  sezzajo  ,  ad  esso  pare  che 
mille  giardini  di  rose  se  gli  aprano  all'  in- 
contro, e  sent/esi  andare  in  un  punto  d'in- 
torno al  cuore  uno  ingombramento  tale 
di  soavità  ,  che  (j)  ogni  fibra  ne  riceve 
ristoro  ,    possente    a  scacciarne    qualunque 


(i)  O^ai  fibra  ,  cioè  tulle  Ig  interiora^ 


l55  DEGLI    AS0L\NI 

più  folta  noja  ,  le  possibili  disavventiirc 
della  \Ita  v' avessero  portata  e  lusciala . 
Egli  la  mira  iiiteatame.;te  e  rimira  con 
intìngevole  occhio  ,  e  per  tutte  le  sue  fat- 
tezze discorrendo  cou  vaghezza  solo  dagli 
amanti  conosciuta  ,  ora  risguarda  la  bella 
treccia  piii  simile  ad  oro  ,  che  ad  altro  , 
la  quale  ,  siccome  sono  le  vostre  ,  uè  vi 
sia  grave  ,  che  io  delle  belle  donne  ragio- 
nando tolga  r  esempio  in  questa  e  nell'  al- 
tre parti  da  voi  ,  la  quale  dico  lungo  il 
scave  giogo  della  testa  dalle  radici  ugual- 
mente partendosi ,  e  nel  sommo  segnando- 
lo cou  Jiiilta  scriminatura  ,  per  le  dere- 
tane parli  s'avvolge  in  più  cerchj  ;  ma  di- 
nanzi giù  per  le  tempie  di  qua  ,  e  di  là 
in  due  prendevoli  (i)  ciocchette  scendendo, 
e  dolcemente  ondeggianti  per  le  gote,  mo- 
bili ad  ogni  vegnente  aura,  pare  a  vedere 
un  nuovo  miracolo  di  puia  ambra  (  2  ) 
palpitante  in  fresca  (3)  falda  di  neve.  Ora 
scorge  la  serena  fronte  con  allegro  spazio 
dante  segno  di  sicura  onestà  ,  e  le  ciglia 
d'  ebano  piane  e  tranquille  ,  sotto  le  quali 
vede  lampeggiar  due  occhi  neri  e  ampi  e 
pieni  di  bella  gravità  con  naturale  dolcez- 
za mescolata  ,    scintillanti    come    due  stelle 


(i)   Ciocchette^  picciole  ciocche  di  capelli, 
(i)  Palpitante  ,  cioè  leggiermente  movendosi. 
Co)  Falda    è    quel  Jìocco   glande  e  largo    della  neve  , 
olic  cade  quando  nevica. 


Libro  li.  169 

ne'  lor  vaghi  e  vezzosi  giri  ,  il  di  che  pn- 
micraiiienie  mirò  in  loro  ,  e  U  sua  ve/ilii- 
iM  ini) le  volle  secr,  slesso  heaeJì<:einlo.  V^e- 
<ic  dopo  questi  le  moihide  guance  ,  la 
loio  tenerezza  e  bianchezzi  con  quella  del 
latte  appreso  rassomigliando  ,  se  non  ia 
quanto  alle  volte  coatendot^o  con  la  colo- 
rila freschezza  delle  mattutine  rose.  Né  la- 
scia di  veder  la  supposta  bocca  di  picciolo 
spazio  contenta  ,  con  due  ruhiuetti  vivi  e 
dolci  ,  avLMjli  forza  di  raccendere  desiderio 
di  basciargii  in  qialuncjue  più  fo'ise  fred- 
do e  svogliato.  Olire  a  ciò  quella  parte 
del  candidissimo  petto  riguardando  e  lo- 
dando ,  che  alla  vista  è  palese  ,  1'  altra  , 
che  sta  ricoperta  ,  loda  m-olto  più  ancora 
maggiormente  con  acuto  sguardo  mirando- 
la e  giudlcand'ìla  ,  mercè  del  vestimento 
cortese  ,  il  quale  non  toglie  perciò  sempre 
a'  riguarda  !  ti  la  v-tghez/a  di'  dolci  po;ni  , 
che,  resistenti  al  nurliilo  drappo  ,  soglioa 
bene  spesso  della  lor  formi  dar  fede,  mal 
grado  deli'  iisan;5a  ,  che  gli  nasconde.  Tras- 
sero queste  parole  ultime  gli  occhi  dell  i  lieta 
brigata  a  mirar  nel  petto  di  Sabi.neita  ,  il 
quale  parca  che  Gismo  ulo  più  che  gli  altri 
s'avesse  tolto  a  dipignere;  in  maniera  per  av- 
ventura la  vaga  fanciulla,  siccome  quella, 
che  garzonlsslma  era,  e  tra  per  questo  e  per 
la  caldi  stagione  d'  un  drappo  schietto  e 
sottilissimo  vestita ,  la  forma  di  due  pop- 
pelline  tonde  e  sode  e  crudelle  dimostrava 
per  la   conseazieute   veste.    Perciiò    eil.i    si 


l6o  DEGLI     ASOLAXr 

veri^ogiiò  veggciidosl  rigLiirdare  ,  e  più 
arebbe  t-itlo  ,  se  non  die  ma  doma  Bere- 
nice acc  >ria,si  di  ciò  .subiiameiite  disse  : 
Coleste  Ilio  amante  Gismondo  per  cerio 
molto  bildanzosamente  guata  e  per  minu- 
to ,  poiché  egli  intino  dentro  al  seno  ,  il 
quale  noi  nascondiamo  ,  ci  mira.  Me  non 
•vorrei  già  che  egli  guatasse  così  per  sottile. 
IVJadonua  t;>ccle  ,  rispose  Gismondo  ,  che 
•voi  ne  avete  (  )  una  buona  derrata.  Per* 
ciocché  se  io  volessi  dir  più  avanti  ,  io 
direi  che  gli  amanti  passano  con  la  lor 
\ista  in  ogni  luogo  ,  e  per  quello  ,  che 
appare  ,  agevolmente  1'  altro  veggono  ,  che 
sta  nascoso.  Perchè  nascondetevi  pur  agli 
altri  uomini  a  vostro  senno  ,  quanto  più. 
potete,  che  a  gli  amanti  non  vi  potete  voi 
tiascondere  ,  donne  mie  belle  ;  né  dovete 
altresì.  E  poi  dirà  Perottino  ,  elle  ciechi 
«ono  gli  amaiti  :  cieco  è  egli  ,  che  non 
vede  le  cose  ,  che  da  veder  sono  ,  e  noa 
so  che  sogni  si  va  ,  non  dico  veggendo , 
che  veder  non  si  può  ciò  che  non  è,  anzi 
pure  ciò  che  non  pu\  essere  »  ma  dipin- 
gendo ,  un  garzone  ignudo  ,  con  1'  ali  , 
col  fuoco,  con  le  saette,  quasi  una  nuova 
chimera  fingendosi  non  altramente,  che  se 
egli  mirasse  per  uno  di  qneHi  vetri  ,  che 
sogliono  altrui  le  maraviglie  far  vedere.  Ma 


(i)  Una    buona  derrata  ^    cioè  un   buon    mercato,    u» 
huoti  patto. 


Libro  II.  i6r 

tornanflorni  all'  amante  ,  del  quale  io  vi 
ragionava  ,  mentre  che  egli  queste  cose , 
che  io  v'  ho  delte  ,  e  quelle  ,  che  io  lac- 
cio rimira  ,  e  valle  con  lo  spirito  degli  oc- 
chi ricercando  ,  egli  si  sente  passare  un 
piacere  pei*  le  vene  tale  ,  che  mai  simile 
non  gliele  pare  avere  avuto  ,  onde  poi 
e'  ragiona  seco  medesimo  ,  e  dice  :  Questa 
che  dolcezza  è  che  io  sento  ?  o  mirabile 
forza  degli  amorosi  risguardamenti  ,  quale 
altro  è  di  me  ora  più  felice  ?  11  che  non 
diranno  giammai  quegli  altri  ,  che  la  ri- 
guardata donna  non  amano.  Perciocché  lad- 
dove amore  non  è,  sonnacchiosa  è  la  vista, 
insieme  con  1'  anima  in  que'  corpi  ,  e 
quasi  col  celabro  dormono  loro  gli  occhi 
sempre  nel  capo.  Ma  egli  non  è  perciò 
questa  ultima  delle  sue  dolcezze  ,  che  al 
cuore  li  passano  per  le  luci.  Altre  poi 
sono,  e  possono  ogni  ora  essere  senza  fine, 
siccome  è  il  vedere  la  sua  donna  spazian  - 
do  con  altre  donne  premere  le  liete  erbe 
de'  verdi  prati  ,  o  de'  puri  fiumicelli  le 
freschissime  ripe  ,  o  la  consenziente  schie- 
na de'  marini  liti  incontro  a'  soavi  zefiri 
camminando,  talora  d'amorosi  versi  di- 
scrivendo  al  consapevole  amante  la  vaga 
rena  ,  o  ne'  rìdenti  giardini  entrata  spicca- 
re con  r  unghie  di  perle  rugiadiose  rose 
dalle  frondi  loro  per  avventura  futuro 
dono  di  chi  la  mira  ,  o  forse  carolando  e 
danzando  muovere  agli  ascoltanti  tempi 
degli  strumenti  la  schielta  e  diretta  e  rac- 
Bemho  Voi*  /,  ii 


iGz  DEGLI    ASOLANI 

colla  persona  ,  ora  con  lenti  varclii  dcgoa 
di  molta  riverenza  mostrandosi  ,  ora  con 
cari  ravvolgimenti  o  incbiuevoli  dimore 
leggiadrissima  empiendo  di  vaghezza  tutto 
il  cerchio  ,  e  quando  con  più  veloci  ti-a- 
passamenli  ,  quasi  un  Irascorrevole  sole , 
negli  occhi  de'  riguardanti  percotendo.  E 
pure  queste  tutte  essere  possono  gioje  di 
novelli  amanti  ,  nò  ancora  molto  rassicu- 
rali ne'  loro  amori.  Che  se  di  quelli  ,  che 
a  pieno  godono  ,  volessimo  ragionare  ,  di 
certo  quanti  diletti  possono  tutti  gli  uomi- 
ni ,  che  non  amano  ,  in  tulli  gli  anni 
della  lor  vita  sentire  ,  non  mi  si  lasce- 
rebbe credere  che  a  quel  solo  aggiu- 
gnessero ,  che  in  ispazio  di  poca  ora  si  sen- 
te da  uno  amante  ,  il  qunle  con  la  sua 
donna  dimorando  la  miri  e  rimiri  sicura- 
mente ,  ed  ella  lui  con  gli  occhi  dislevoli 
e  vacillanti  dolcezza  sopra  dolcezza  bcendo 
l'uno  dell' allro  inebbriandosi.  Deh  perchè 
vo  io  nelle  cose,  che  o  poco  o  mollo  che 
placcano  alimi  ,  pure  e  piacevoli  sono  da 
se  il  ogni  modo  ,  e  come  che  sia  piaccio- 
no elle  sempre  a  chiunque  le  mira  ,  il 
tempo  e  le  parole  distendendo  ?  quando 
ancora  di  quelle ,  che  vedute  affanno  so- 
gliono recare  all'altre  persone,  a  gli  amanti 
alcuna  volla  sono  dolcissime  oltra  misura. 
O  care  e  belle  giovani,  quanto  sono  mala- 
gevolissime ad  investigarsi  pure  col  pensie- 
ro le  sanie  forze  d'Amore,  non  che  a  rac- 
contarsi.   Senza   fallo   quale   più   affannosa 


Libro  IT.  i6S 

cosa  può  essere  ,  clu^  il  veder  plan£;cre  i 
suoi  più  Cali?  e  clii  è  di  si  t'eii^jiiio  auimo, 
che  nelle  cadeDti  loro  lagrime  possa  tener 
gli  occhi  senza  dolore?  INou  per  tanto  que- 
sto atto  tale  ,  quale  io  dico  del  pia^^mre. 
Tede  fare  alle  volte  ramante  alla  sua  don- 
na,  la  quale  egli  ha  più  cara,  che  tuUo 
il  mondo,  vie  maggior  diletto  e  fesia  sen- 
tendone, che    d'inlìuiti    risi    non    soiiliono 

•  •  •  •       «  •  ^ 

tutu  gli  altri  uomini  sentire .  Tosto  che 
cosi  ebbe  deito  Gi'^mondo,  e  madonna  Be- 
renice cosi  disse;  Cotesto  non  vorrei  già 
io,  che  a  me  avvenisse,  che  il  mio  signore 
festa  e  diletto  delle  mie  lagrime  si  pren- 
desse. Anzi  ti  dico  io  bene,  che  io  mi  cre- 
do Gismondo,  se  io  il  risapessi,  che  io  ne 
gli  vorrei  male;  e  per  avventura  se  io 
potessi,    io  darei    a    lui    cagione  altresì  di 

} piagnere ,  e  ridereimi  poscia  di  lui  al- 
o  Vicontro.  Appresso  alle  cui  parole  se- 
guirono le  due  giovani  quello  a  Gis- 
mondo rafffn'm;iiido ,  che  elln  avea  detto  , 
aggiui»uendo  oltre  a  ciò,  clu  egli  corte  ia 
farebbe  a  spesso  piagnere  dinanzi  aili  sua 
donna,  per  darle  quel  piacere,  e  latte  in- 
sieme ne  ragionavano  sclurzev  ilm.  ite,  alia 
nuova  occasione  di  raotteggiirlo  appigliate^ 
con  grati  fes^a.  Ma  egli,  che  in  quest'arte 
rade  volte  si  lasciava  vi  icere,  poscia  <'he 
alquanti  le  ebbe  lasciate  cianciare  e  ridere, 
in  viso  mulonna  Bereniee  guirda  «do 
le  dsse:  Molto  dovele  esser  crudi  e  a -er- 
ba voi  iUAdouiiii  e  poco   compassiouevoltì  p 


l54  DEGLI   ÀSOMM 

poscia  che  voi  il  vostro  signore  vorreste 
far  piagli»  re.  Ma  io  non  vi  veggo  già  cosi 
fiera  nel  volto,  se  voi  non  m'ingannate, 
anzi  mostrate  vói  d'essere  la  più  dolce  cosa 
e  la  più  piacevole,  che  mai  fosse.  E  certo 
sono,  che  se  il  romitello  del  Certaldese  ve- 
duta  v'avesse ,  quando  egli  primieramente 
della  sua  celletla  uscì,  egli  non  arebbe  al 
suo  padre  chiesto  altra  Papera  da  rime- 
narne  seco  e  (i)  da  imbeccare,  che  voi. 
Tacque  a  tanto  Madou-na  Berenice  mirando 
con  un  tale  atto  mezzo  di  vergogna  e  di 
maraviglia  ne'  volti  delle  sue  compagne.  E 
Lisa  ridendo  ver  lei  ,  come  quella ,  che 
stava  tuttavia  aspettando  che  Gismondo 
co' suoi  molti  alcun'altra  ne  toccasse,  \)er 
avere  nel  suo  male  compagnia,  vcggendola 
in  quella  guisa  soprastare,  tutta  si  fé'  innan- 
zi, e  sì  le  disse:  Madonna  e' mi  giova  mol- 
to, che  iu  SU.1  voslro  oggimai  passi  quella  (2) 
gragnuola  ,  la  quale  pur  ora  cadde  in  sul 
mio.  lo  non  mi  debbo  più  dolere  di  Gis- 
mondo, poscia  che  ancor  voi  non  ne  sete 
rispariuiata.  Ben  vi  dico  io,  Madonna,  che 
egli  ha  oggi  rotto  (3)  lo  scilinguagnolo  . 
Di    che    io    vi    so   confortare,    che  non  lo 


(i)   Da  imbeccare^  cioè  da  darle  da  mangiare,   Bocc, 

nel  Proemio  della  quarta  giornata. 

(r)   Gragnuola  ,  cioè  grandine  ,  tempesta, 

(3}  Lo  scilinguagnolo  ,  cioè    il  JìLello  ^    che  vien  sotto 

la  lingua^  e  non  Lascia,  speditamente  parlare. 


Libro  IT.  i65 

tcntiale  più,  che  egli  pugne  ,  come  il  tri- 
bolo, da  ogni  lalo.  Già  m'accorgo  io.  che 
egli  così  è ,  come  tu  mi  di' ,  Lisa  ,  rispose 
madonna  Berenice.  Ma  vaiti  con  Dio, 
Gismondo,  che  tu  ci  sai  oggi  a  tua  posta  fare 
star  chete.  Io  per  me  voglio  esser  mutola 
per  lo  innanzi.  In  questa  guisa  rimanendo 
a  Gismondo  più  Ubero  l'altro  corso  de' suoi 
sermoni ,  dalle  donne  ispeditosi  ad  essi  pro- 
cedendo, cosi  disse:  Le  narrate  dolcezze 
degli  amanti,  o  Donne,  essere  vi  possono 
segno  e  dimostramenlo  delle  non  narrate, 
le  quali  senza  dubbio  tante  sono  ,  ed  alle 
volte  così  nuove ,  e  per  lo  continuo  cosi 
vive ,  che  egli  non  è  oggimai  da  maravi- 
gliarsi di  Leandro ,  se  egli  per  vedere  la 
sua  donna  pure  un  poco,  largo  e  periglioso 
pelago  spesse  vòlte  a  nuoto  passava.  Ora  en- 
trisi a  dire  dell'altro  senso,  il  quale  scorge 
all'anima  le  vegnenti  voci , 'di  cui  se  ben 
si  considera,  niente  sono  le  dolcezze  mino- 
ri .  Perciocché  in  quanti  modi  esser  può 
recamento  di  gioja  il  vedere  le  lor  donne 
agli  amanti ,  in  tanti  l'udirle  può  loro  es- 
sere similmente .  Che  siccome  uno  medesi- 
mo obbietto  diversamente  dagli  occhi  no- 
stri veduto  diversi  diletti  ci  dà,  così  una 
stessa  voce  in  mille  guise  dagli  orecchi  a- 
scoltata  ci  dona  dolcezza  in  mille  maniere. 
Ma  che  vi  posso  io  dir  più  avanti  d'in- 
torno a  questa  dolcezza,  chea  voi  siccome 
a  me  non  sia  chiaro?  Non  sapete  voi  con 
quanta    soddisfazione   tocchi  i    cuori  delle 


iB6  degli  asolani 

iunaniorate  giovani  un  sicuro  ragionar 
co' loro  signori  in  alcuno  solitario  luogo,  o 
for^-e  sono  graziose  oDibre  di  novelli  alberi 
nella  guisi  che  noi  ragioniamo?  dove  al- 
tri m  li  gli  ascolti,  rlie  Amore,  il  quale 
allnia  suole  essere  non  njcn  buono  coufor- 
latore  delle  paurose  menti,  che  egli  si  sia 
degli  ascoltali  ragioi, amenti  segreto  e  (i) 
guardingo  testimoìiio.  JNon  v'  è  egli  ancor 
|a'ese  di  quanta  tenenz/a  ingombri  due 
anime  amanti  un  vice:  devole  racconta' 
me;  lo  di  ciò  che  avvien  loro?  un  diraaii- 
dare ,  un  lispondere,  un  pregare ,  un  riu* 
graziare?  l^'on  v'  è  egli  manifesto  di  quan- 
ta g'.oja  dell'  una  ogni  parola  dell'  altra 
sia  piei  a  ?  ogni  sospiro  ,  ogni  mormorio, 
ogni  accento,  ogni  voce?  O  chi  è  quello, 
nel  cui  rozzo  petto  in  tanto  ogni  fuvilluzza 
d'amoroso  pensiero  spenta  sia,  che  egli  non 
conosca,  quanto  sia  caro  e  dilettevole  agli 
amanti  talora  recitare  alcun  lor  verso  alle 
lor  donne  ascoltanti  ,  e  talora  esse  recitan- 
ti ascoltare  ?  o  gli  antichi  casi  amorosi  leg- 
gendo incontrarsi  negli  loro,  e  trovar  negli 
altrui  libri  scritti  i  loro  pensieri,  tali  nelle 
calle  sentendogli,  quali  essigli  hanno  fatti 
nel  cuore,  ciascuno  i  suoi  affettuosamente 
a  quelli,  e  con  dolce  maraviglia  agguaglian- 
do? O  pure  con  quanta  soavità  ci  soglia 
gli    spiriti    ricercare  un    vago    canto    delle 


(i)  Guardingo  j  cioè  diivretOj  coruideral»  guardiano  » 


Libro  II.  1G7 

nostre  donne,  e  quello  massimamente,  che 
ìi  col  suono  di  alcun  soave  slromento  ac- 
corapaguato  ,  tocco  dalle  loro  dilicate  e  mu- 
siche mani?  con  quanta  poi  oltre  a  questa, 
se  avviene  che  elle  cantino  alcuna  delle 
nostre  canzoni ,  o  per  avventura  delle  loro? 
Che  quantunque  degli  uomini  quasi  pro- 
prie sieno  le  lettere  e  la  poesia ,  non  è 
egli  perciò  ,  che  siccome  Amore  nelle  no- 
stre menti  soggiornando  con  la  regola  degli 
occhi  vostri  c'insegna  le  più  volte  quest'ar- 
te, cosi  ancora  ne' vostri  giovani  petti  en- 
trato egli  alle  volte  qualche  rima  non  ne 
tragga  e  qualche  verso,  i  quali  poi  tanto 
più  cari  si  dimostrano  a  noi ,  quanto  più 
rari  si  ritrovano  in  voi.  Così  avviene,  che 
rinforzando  le  nostre  donne  in  più  doppj 
la  soavità  della  loro  armonia,  fanno  altresì 
la  nostra  dolcezza  rinforzare,  la  quale  pas- 
sando nell'anima  sì  la  diletta,  che  niuna 
più:  come  quella,  che  dalle  celestiali  ar- 
monie scesa  ne'  nostri  corpi,  e  di  loro  sem- 
pre disiderosa,  di  queste  altre  a  sapor  di 
quelle  s'invaghisce  più  gioja  sentendone, 
che  quasi  non  pare  possibile,  a  chi  ben 
m.ira,  di  cosa  terrena  doversi  sentire.  Benché 
non  è  terrena  l'armonia.  Donne;  anzi  pure 
in  maniera  con  Tanima  (i)  confacevole  , 
che  alcuni  furono  già,  cKe  dissero  essa  ani- 
ma   altro    non    essere,   che   armonia.    Ma 


(i)  Covfacevoh y  cioè  conveniente . 


l68  DEGLI    ASOLAM 

loinamlo  alle  nostre  donne,  in  tante  ma- 
niere, quante  io  dissi,  raddoppianti  i  con-' 
centi  loro,  quale  animo  può  essere  cosi 
tristo,  quale  cuore  co.^ì  doloroso,  quale  men- 
te così  carica  di  tempestosi  pensieri,  che 
udendole  non  si  rallegri  ,  non  si  raccon- 
forti,  non  si  rassereni?  O  chi  tra  tante 
dolce2ze  y)osto  e  tra  tante  venture  i  suoi 
amali  e  le  sue  disavventure  non  obblia  ? 
Leggesi  ne'  poeti ,  che  passante  per  gli  abis- 
si Orfeo  con  la  sua  celerà ,  Cerbero  ratten- 
ne  il  latrare ,  che  usato  era  di  mandar 
fuori  a  ciascuno  che  vi  passava.  Le  furie 
l'imperversare  tralasciarono,  gli  avoltoi  di 
Tizio,  il  sasso  di  Sisifo,  le  acque  e  le  me- 
le di  Tantalo,  la  ruota  d' Isione,  e  l'altre 
pene  tutte  dì  tormentare  soprastettero  i 
dannati  loro,  ciascuna  dalla  piacevolezza 
del  cauto  presa  il  suo  ufficio  non  mai  per 
lo  addietro  tralasciato  dimenticando.  11  che 
non  è  a  dire  altro ,  se  non  che  le  dure 
cure  degli  uomini,  che  necessariamente  le 
più  volte  porta  seco  la  nostra  vita  in  diver- 
se maniere  i  loro  animi  tormentati  ,  cessa- 
no di  dar  lor  pena,  mentre  essi  invagliitì, 
quasi  dalla  voce  d' Orfeo ,  cosi  da  quella 
delle  lor  donne ,  lasciano  ed  obbliano  le 
triste  cose.  11  quale  obblìamento  tuttavia 
di  quanto  rimi  dio  ci  soglia  essere  ne'  no- 
stri mali,  e  quanto  poi  ce  gli  faccia  oltre 
portare  più  agevolmente,  colui  lo  sa,  che 
lo  pruova.  Senza  che  necessario  è  agli  uo- 
mini alcuna  Hata  dare  a'  lor  guai  allegge- 


Libro  U.  jBg 

ramenlo ,  e  quasi  un  muro,  così  alcun 
piacere  porre  tra  l'animo  ed  i  neri  pensie- 
ri. Perciocchèsiccomc  non  può  il  corjio  nelle 
sue  fatiche  durare  senza  mai  riposo  pigliarsi, 
così  l'animo  senza  alcuna  trapposla  allegrezza 
non  può  star  forte  ne' suoi  dolori.  Tale  è 
la  dimenticanza  ,  o  Peroltino  ,  nella  qualu 
si  tuffa  la  memoria  degl'innamorati  uomi- 
ni ,  così  trista  ,  che  tu  dicevi.  Tale  è  la 
medicina  così  vcnenata  degli  amanti  ,  dia 
tu  ci  raccontasti  ,  tali  sono  gli  assenzi , 
tali  sono  r  ebbriezze  loi  o.  Ma  queste  dol- 
cezze nondimeno,  siccome  io  dissi  di  quelle 
degli  occhi,  se  avviene,  che  può  avvenire 
spesso ,  che  gli  orecchi  tocchino  di  quegli 
uomini  ,  che  delle  donne  ,  da  cui  elle 
escono  ,  amanti  non  sono  ,  non  crediate 
che  elle  passino  il  primo  cerchio.  Percioc- 
ché siccome  se  il  giardinajo  di  qua  entro 
lungo  la  doccia  di  questo  canale  passando 
non  ne  levasse  alle  volte  o  pietre  ,  0(1) 
bronchi  ,  o  altro ,  che  \i  può  cadere  tut- 
todì ,  ella  in  breve  si  riempirebbe  e  ritu- 
rerebfce  in  maniera  ,  che  poi  all'acqua  che 
vi  corre  della  fontana  essa  luos^o  dare  noa 
potrebbe  ;  così  quell'  orecchio  ,  che  Amo- 
re non  purga,  alle  picchianti  dolcezze  noti 
può  dar  via.  E  chi  non  sa  ,  che  se  noi 
tutti  qui  la  voce    udissimo  della    mia  don- 


(i)  Bronco  è  quel  petzo  di  legno  ,  che  rimane  d'  an 
ramo  quando  è  tagliato^ 


irjo  DKGLI    ÀSOLANI 

iia  ,  che  agli  orecchi  ci  venisse  in  qualche 
modo  ,  niuna  è  di  voi ,  che  quella  dolcez- 
za ne  sentisse,  che  sentire'  io  ?  E  cosi  fa- 
reste voi ,  se  il  soinigliantfe  avvenisse  de'vo- 
stri  signori  ,  che  nluua  tanta  gloja  di  sen- 
tir quegli  dell'  altre  p'glicrebhe  ,  quanta 
ella  farebbe  del  suo.  Ma  passiamo  più 
avanti.  E  perchè  io  ,  Donne  ,  per  le  dol- 
cezze di  questi  due  sentimenti  scorte  v'ab- 
bia ,  non  crediate  perciò  ,  che  io  scorgere 
vi  voglia  per  quelle  ancora  degli  altri  tre, 
che  io  potrei  pervenire  a  parte  ,  dove  io 
ora  andai  e  non  intendo.  Scorgavi  Amore , 
che  tutte  le  vie  sa,  per  le  quali  a  que' di- 
letti si  perviene  ,  che  la  nostra  umanità 
pare  che  disideri  sopra  gli  altri.  E  qua- 
le scorta  potreste  voi  più  dolce  di  lui 
avere  ,  ne  più  cara  ?  certo  niuna.  Esso 
que'  diletti  ci  fa  essere  carissimi  e  dolcissi- 
mi ,  quale  è  egli  ,  che  senza  lui  avuti  so- 
no ,  come  l'acqua,  di  ulun  sapore  e  di 
niuD  valore  parimente.  Perchè  pigliatelo 
sicuramente  per  vostro  duca,  o  vaghe  gio- 
vani. Ed  io  in  guiderdone  della  fatica , 
che  io  prendo  oggi  per  lui ,  nel  priego  , 
che  egli  sempre  felicemente  vi  guidi.  Ma 
tuttavia  venite  ora  meco  per  quest'  altra 
strada.  Dico  adunque  ,  che  oltra  i  ciiique 
seniime!Ul,  i  quali  sono  negli  uomini  stru- 
menti dell'  animo  insieme  ,  insieme  e  del 
corpo,  hacci  eziandio  il  pensiero,  il  quale 
perciocché  solamente  è  dell'animo,  ha  vie 
più  d'  eccellenza    in    se  ,    che    quelli   noa  i 


Libro  IT.  1-71 

"hanno  ;  e  di  cui  non  sono  partecipi  gli 
animali  con  esso  noi  ,  siccome  partecipi 
sono  di  tutti  gli  altri.  Perciocché  bene 
vedono  essi  ,  ed  odono  e  odorano  e  gu- 
stano e  toccano  ,  e  T altre  operagioni  de- 
gl' interni  sensi  esercitano  altresì,  come 
noi  facciamo  ;  ma  non  consigliano  ,  ne  di- 
scorrono in  quella  guisa  ,  ne  in  brieve 
hanno  essi  il  pensiero  ,  che  a  noi  nomini 
è  dato;  il  quale  tuttavia  non  è  di  maggior 
pregio  perciò  ,  che  egli  proprio  sia  degli 
nomini  ,  dove  quelli  sono  loro  in  comune 
con  le  fiere  ,  ma  per  questo  ancora  ,  che 
i  sentimenti  operar  non  si  possono,  se  non 
nelle  cose  che  presenti  sono  loro  e  ia 
tempo  parimente  e  in  luogo  ,  ma  egli  ol- 
tre a  quelle  e  nelle  passate  ritorna ,  quan- 
do esso  vuole ,  e  metlesl  altresì  nelle  fu- 
ture ,  e  in  un  tempo  e  per  le  vicine  di- 
scorre ,  e  per  le  lontane  ;  e  sotto  questo 
nome  di  pensiero  e  vede  ed  ascolta  ,  e 
fiuta  e  gusta  e  tocca  ,  e  in  mille  altre 
maniere  fa  e  rifa  quello  ,  a  che  non  sola- 
mente i  sentimenti  tutti  d'uno  uomo,  ma 
quelli  ancora  di  tutti  gli  uomini  essere 
non  potrebbono  bastanti.  Perchè  compren- 
dere si  può,  che  egli  più  alle  divine  qua- 
lità s'  accosta  ,  chi  ben  guarda  ,  che  alle 
umane.  Questo  pensiero  adunque  tale  ,  quale 
voi  vedete  ,  se  esercitando  le  sue  parti , 
siccome  buon  lavoratore  per  li  suoi  colti  , 
co4  egli  per  V  animo  s'adopra ,  che  è  suo , 
infinite  dolcezze  ci  rende  l'aiiimo  di  questa 


1-2  DEGLI    ASOLÀNI 

coltura  tanto  da  doverci  essere  di  quelle  del 
corpo  più  care  ,  c|nanto  è  esso  più  eccel- 
leiile  cosa  che  il  corpo.  Se  pigio  e  lento 
e  pieno  di  melensaggine  si  giace ,  lasciamo 
slare  che  dolcezze  non  se  ne  mietino  ;  ma 
cerio  io  non  veggio  ,  a  che  al  Irò  fine  sia 
r  animo  daio  al  corpo  ,  che  al  porco  si 
dia  il  sale  ,  perchè  egli  non  infracidisca  ; 
la  qual  cosa  avviene  negli  uomini  ,  die 
non  amano.  Perciocché  a  chi  non  ama  , 
niuna  cosa  piace;  a  chi  ninna  cosa  piace  , 
a  niuna  volge  il  pensiero  ;  dorme  adun- 
que il  pensiero  in  loro.  Ed  il  contrario  ne 
viene  degli  amanti.  Perciocché  a  chiunque 
ama,  piace  quello  che  egli  ama,  e  d'in- 
torno a  quello  che  piace ,  sovente  pensa 
ognuno  volentieri.  Perchè  si  conchiude,  (r) 
che  le  dolcezze  del  pensiero  sono  degli 
amanti  ,  e  non  degli  altri.  Le  quali  dol- 
cezze tuttavia  quante  sieno  ,  non  dirò  io 
già  ,  che  non  sarci  a  raccontarle  più  ba:- 
stante  ,  che  io  mi  fossi  a  noverar  le  stelle 
del  cielo  ;  ma  quali  se  noi  vorremmo  in 
qualche  parte  dirittamente  riguardare  , 
quanto  diletto  è  da  credere  che  sia  d'  un 
gentile  amante  il  correre  alla  sua  donna 
in  un  punto  col  pensiero,  e  mirarla,  per 
molto  che  egli  le  sia  lontano  ,  ad  una  ad 
una  tutte  le  sue  belle  parli  ricercando  ? 
Quanto  poi    ne'  costumi  di  lei    rientrato  la 

(r)  Le  dolcezze  del  pensiero  sono  degli    amanti  ,    • 
non  d'  altri,  ^ 


Libro  li.  lyS 

dolcezza  considerare,  la  cortesia,  la  leggia- 
dria ,  il  senno  ,  la  virtù  ,  l' animo  ,  o  le 
sue  belle  parti  ?  O  Amore  ,  benedette  sie- 
no  le  tue  mani  sempre  da  me  ,  con  le 
quali  tante  cose  m'  hai  dipinte  nell'anima  , 
tante  scritte  ,  tante  segnate  della  mia  dol- 
ce donna  ,  che  io  una  lunga  tela  porto 
meco  ad  ogni  ora  d'infiniti  suoi  ritratti  ia 
vece  d'  un  solo  viso  ;  ed  un  alto  libro  leg- 
go sempre  e  rileggo  pieno  delle  sue  paro- 
le, pieno  de'  suoi  accenti  ,  pieno  delle  sue 
voci,  ed  in  brieve  mille  forme  vaghissime 
riconosco  di  lei  e  del  suo  valore ,  qualora 
io  vi  rimiro,  cotanto  dolci  sutemi  e  cotan- 
to care  ,  non  picciola  parte  di  quella  viva 
dolcezza  sentendo  nel  pensiero ,  che  io  già 
operandolo  ella  ne'  loro  avvenimenti  mi 
sentia.  Le  quali  figure  posto  che  pure  da 
se  non  chiamassero  a  loro  la  mia  mente 
così  spesso,  si  la  c!iiamerebhono  mille  luo- 
ghi ,  che  io  veggo  tuttolì  ,  usati  dalla  mia 
donna  ora  in  un  diporto,  ed  ora  in  altro; 
i  quali  non  sono  da  me  veduti  più  tosto  , 
che  alla  memoria  mi  recano  ,  qui  fu  Ma- 
donna il  tal  giorno  ,  qui  ella  così  fece  , 
qui  sedette ,  (juinci  passò ,  di  qui  la  mirai; 
e  così  pensando  e  varcando  quando  meco 
stesso  ,  quando  con  Amore  ,  quando  con 
le  piagge  e  con  gU  alberi  e  con  le  rive 
medesime  ,  che  la  videro  ,  ne  ragiono.  La 
qual  cosa  ,  perciocché  a  me  pare  oggi  mai 
d'aver  compreso  che  a  clascunn  di  voi  piac- 
ciono molto    meglio  i  versi  e  le  rime,  che  i 


1-74  DEGLI     AS0LA.N1 

semplici  ragionamenti  non  fanno  ,  dimo- 
strare ancor  vi  posso  con  questa  canzone  , 
la  quale  non  ha  guari  del  cuor  mi  trasse- 
ro queste  medesime  con-trade  ,  che  della 
mia  donna  mi  sovvenivano  ,  e  udironlami 
tra  esse  cantare ,  siccome  io  1'  andciva  tes- 
sendo. 

Se''l  pensier,  che  m'ingombra^ 

Corri  è  dolce  e  soave 

]S!el  cor  ^  così  venisse  in  queste  rime  ^ 

Uanlma  saria  sgombra 

Del  peso ,  ond''  ella  è  grave , 

Ed  esse  ultime  van  ,  eli andcrian  priine: 

ylmor  più  forti  lime 

V seria  sovra  7  fianco 

Di  chi  ri  udisse  il  suono  : 

Io  ,  che  jra  gli  altri  sono 

Quasi  augello  di  selva  oscuro  umile, 

Andrei  cigno  gentile 

Poggiando  per  lo  del  canoro  e  bianco^ 

£  fora  il  mio  bel  nido 

Di  più  famoso  ed  onorato  grido. 
ikr«  non  eran  le  stelle  y 

Quando  a  solcar  quesC  onda 

Primier  entrai ,  disposte  a  tanto  alzarme^ 

Che  perchè  ylmor  favelle , 

JE  Madonna  risponda 

Ila  dove  più  non  potè  altro  passarme'. 

S'io  voglio  poi  sfogarme  y 

Si  dolce  è  quel  concento , 

Che  la  lingua  noi  segue, 

E  par  che  si  dilegue 


Libro  II.  lyS 

L,o  cor  nel  cominciar  delle  parole  : 

iVe  giammai  neve  al  Sole 

Sparve  così^  comUo  strugger  mi  sento  ^ 

'Tal  eli  io  rimango  spesso 

Coni  Liom,  che  vive  in  dubbio  di  se  stesso^ 
Legge  proterva  e  dura, 

»S'  a  dir  mi  sforza  e  punge 

Quei,  ondalo  vivo;  or  chimi  tiene  a  freno?, 

E  s''ella  oltra  niia  cura 

Dal  mondo  mi  disgiunge  , 

Chi  mi  dà  poi  lo  stil  pigro  e  terrenol 

Ben  posson  venir  meno 

Torri  fondate  e  salde  : 

Ma  eli  io  non  cerchi  e  brami 

Di  pascer  le  gran  fami , 

Che  "n  sì  lungo  digiuno  jimor  mi  dai  j 

Certo  non  sarà  inai; 

Si  fur  le  tue  saette  acute  e  calde , 

Di  che  7  rnio  cor  piagasti. 

Ove  negli  occhi  suoi  nascosto  entrasti. 
Quanto  sarebbe  il  meglio 

E  tuo  più  largo  onore  , 

Clì  i  avessi  in  ragionar  di  lei  qualcli  arte: 

E  siccome  di  speglio 

Un  riposto  colore 

Saglie  talor  e  luce  in  altra  parte-. 

Così  di  queste  carte 

Rilucesse  ad  altrui 

La  mia  celata  gioja  ; 

E  perchè  poi  si  moja  , 

Non  ci  togliesse  il  £fir  solins^hi  a  volo 

Da  Vuno  a  l'' altro  polo  : 

Là  dove  or  taccio  a  tuo  dannOy  con  cuiy 


lyS  DEGLI    ASOLACI 

S^  io  ne  parlassi  ,  avria 

Voce  nei  inondo  ancor  la  Jiamma  mia, 
E  forse  avi'etiirehbe  , 

C/i  ogni  tua  infamia  antica  , 

E  nulle  ali.e  qui'rele  acqueteresti', 

Cììuno  talor  direbbe  , 

Coppia  fedele  amica , 

QuanU  dolci  pensier  vivendo  avesti: 

yj  lori  ben  strinse  questi 

JS^odo  caro  o  felice , 

Che  sciolto  a  noi  dà  pace. 

Or,  poi  cK a  lui  non  piace, 

JìicogUebe  'voi  piagge  ì  miei  desiri, 

E  tu  sasso ,  die  spiri 

E)olcezza  e  versi  amor  d'ogni  pendice 

Dal  dì,  che  la  mia  donna 

Errò  per  voi  secura  in  treccia  e  '/z  gonna, 
E  se  gli  onesti  preghi 

Qualche  mei  cede  han  teco 

Faggio  del  mio  piacer  compagna  eterna^ 

Pietà  ti  stringa  e  piegJii 

yl  darne  segno  or  meco  , 

E  mova  da  la  tua  virtute  interna  , 

Chi  V  mio  danno   discerna  ; 

Siccìiè  s''altro  ini  sforza  , 

E  di  valor  mi  spoglia  , 

S'adempia  una  m'ui  voglia 

Dopo  tanto,  che''L  vento  ode  e  disperde: 

Così  mai  ci  doma  verde 

JSon  manchi  a  la  tua  pianta,  e  ne  la  scorza 

Qualche  bel  verso  viva, 

E  sempre  a  Vomìfra  tua  si  legga  o  scriva. 
Già  sai  Ui  .ben,  siccome 


Libro  U.  i^y 

Facean  qui  vago  il  cielo 
De  le  due  ciliare  stelle   i  santi  ardori  ; 
E  le  dorate  chiome 

Scopette  dal  bel  velo 

Spargendo  di  lontan  soavi  odori 

Evipiean   Cerha  di   fiori: 

E  sai  come  al  suo  canto 

Correlino  in  i^erso  l  fonte 

U acque  nei  Jiunie  ,  e  "l  monte 

Spogliar  del  bosco  intorno  si  vedea  , 

Cli  ad  ascoltar  scendea , 

E  le  fere  seg'tir  d.et'o  e  da  canto  ; 

E  ^ii  auiX(4letti  inermi 

Sovra  in   su  l'ali  star  attenti  e  fermi. 
Riva  frondosa  e  fo<sca  , 

Sonanti  e  gelida  acque  , 

Verdi  ,  vaghi ,  fioriti  e  lieti  campi , 

Chi  fiii ,  eli  oda  e  conosca 

Quanto  di  lei  vi  piacque  , 

E  meco  d'un  incendio  non  avvampil 

Chi  verrà  mai ,  che  stampi 

1^ andar  soave  e  caro 

Col  bel  dolce  costume , 

E  quel  celeste  lume  , 

Che  giunse  quasi  un  sole  a  mezzo  V  di6 

Sovra  le  notti  miei 

Lume  nel  cui  splendor  mirando  imparo 

A  sprezzar  il  destino^ 

E  di  salir  al  del  scorgo    V  cammino. 
Quando  giunte  in  un  loco 

Di  cortesia  vedeste  , 

D'' onestà  ,  di  valor  sì  care  formel 

Bembo   Voi.  /.  12 


178  DEGLI    ASOLANI 

Quando  a  si  dolce  foco 

Ul  sì  begli  occhi  ardeste  ? 

E  so ,  ch'Amor  in  voi  sempre  non  dorme. 

O  chi  ni  insegna  lorrne\ 

Che  l  pie  Leggiadro  impresse!. 

O  chi  mi  p<)n  tra  Verha  , 

CÌl  ancor  vestigio  serba 

Di  tpiella  bianca  man ,  che  tese  il  laccio^ 

Onde  uscir  non  procaccio  ; 

E  del  bel  jianco  ^  e  de  le  braccia  istesse. 

Che  stringon  la  mia  vita 

Sì ,  eli  io  ne  pero ,  e  non  ne  chieggio  aitai 
Genti ,  a  cui  porge  il  no 

Qiundi  7  pie  torto  e  molle  , 

E  quindi  Calpe  il  dritto  orrido  corno'. 

Deh  or  tra  voi  foss^  io 

Postar  di  quel  bel  colle , 

O  guardinn  di  queste  selve  intorno  : 

Q'iufito  riluce  il  giorno  , 

Del  mio  sostegno  andrei 

Ogni  parte  cercando  ^ 

Jinverentc  meli  nando 

Là  \>e  più,  fosse  il  del  sereno  e  queto^ 

E  l  seggio  ombroso  e  lieto  : 

/t^/  del  tu'igo  error  ni  appagherei  \ 

E  ba  'Ciando  V erbetta 

Di    nille  miei  sospir  farei  vendetta. 
Tu  nofi  mi  sai  quetar^  nò  io  t'incolpo: 

Pur  che  tra  queste  f rondi  , 

Canyon  rnia^  da  Le  genti  ti  nascondi. 

Ne  pure  i    luoi^lii    stati    alcuna    voi  ta 
delie  uostie  donne  ricevitori ,  o  quelli   che 


Libro  TI.  ijc^ 

più  spesso  ci  sogliono  di  loro  e:»sere  e  con- 
servatori fedelissimi  e  dolcissimi  renditorì, 
alla  raeale  le  ci  ritornano,  come  io  dissi: 
ma  in  ciascuna  parte  ancora  sempre  si  vede 
qualche  cosa  ,  nella  qual  noi  con  gli  ocelli 
della  testa  riguardando  nelle  nostre  don- 
ne ,  con  quelli  dell'  anima  miriamo  ,  di  lo- 
ro dolcissimamente  ricordandoci  per  alcu- 
no (i)  sembievole  modo.  Che  per  dir  pure 
di  me  stesso ,  come  fece  di  se  Perottino  ; 
certo  se  io  sono  ,  come  io  soglio,  alle  vol- 
te in  alcun  cammino ,  ninna  verde  ripa  di 
cliiaro  fiume ,  ninna  dolce  vista  di  vaga 
selva  scorgono  gli  occhi  miei  ,  e  di  lieta 
montagnetta  ninna  solinga  parte,  niun  fre- 
sco seggio  ,  ninna  riposta  ombra ,  niun  se- 
greto nascondimento  non  miro  ,  che  alla 
bocca  non  mi  corra  sempre:  Deh  fosse  or 
qui  la  mia  donna  meco  ,  e  con  Amore  , 
se  ella  tra  queste  solitudini  di  me  solo 
non  si  tenendo  sicura  pure  si  cercasse 
compagnia:  e  così  volto  il  pensier  ver  lei, 
poi  di  lei  meco  medesimo  in  lunga  gioja 
lunga  pezza  lunghi  ragionaraeali  non  tiri. 
E  dove  pr;r  lo  fuggir  del  Sole  la  sopravve- 
nuta ombra  dell^  terra  levando  il  colore 
alle  cose  mi  lievi  ,  e  tolga  la  vista  loro  , 
non  è  che  io  nella  tacita  notte  le  stelle 
mirando    non    pensi  :    Deh  se  queste    sono 


(i)  Sembievole  y  cioè   apparente  f    ch'abbia    sembianza^ 
0   sim'-glianza. 


tSa  DEGLI    ASOLAM 

delle  mondane   ventine  di-pensatrici,  qiia/e 
è  or  que!!  I  ,  clie  iiidesiinò  prima  la    dolce 
necessiià  de'  :niui  amori  ?    o  alla    vaga    lutia 
riguardando  ,     e     ii.  1    siio   freddo    argento 
fìsse  lene  ido    le  mie    lii''i  ,    io  n  >n   ra^ìoid 
tra  me  stesso:   ()•:  clii  sa,  clic  la   mia  don- 
na    ora     in     qne  lo    inedesimo    occhio  non 
mi  li  ,    che  io   init  o  ?    e  così  ella  di    me  li- 
corda!)dosi ,  come    iodi   lei  mi   ricordo,  non 
dica  :     Fo;se.    guarcU.no    gli    ocelli    del    mio 
Glsmoado  ,     ([.uilnjqiie    terra    egli    prema 
ora  col   pi -de,    te  o   ialina,  siccome  guardo 
io,  e  a  quesLa  guisa   in   uno  obbietlo  slesso 
e    le     uos-rc     luci    s'  awe  «gano  e     i  nostri 
pensieri  ?    (^o>l  ora    iu   un   mod)    e  quando 
ia    altro    iiell'  immaginar    pure     della     mia 
donna    rientrando    e    de'  nostri    amori    vie 
più    con    lei  ,    che  con   me  slesso    dimoro. 
Ma    elle    giova  ram memorar    quello  ,    che 
il  pensiero    ci  risveglia    nelle   lontane    con- 
lr.;de  ?    Già    nella  nostra     città  ninna  bella 
donna    mi   può    davanti  apparere  ,     che  io 
incontaaente    Udlle  bellezza  non   eatri     con 
l'animo  della   mia.   JNiuu   vago  glovaue  veg- 
go per   via  pie    innanzi  pie    solo  e    pensoso 
portar  se  stesso  ,  che  io  non  isti  mi  :    Forse 
peusa  costui     ora    della  sua  donna  ;    il  che 
istimare  rac  altresì  della  mia  mette  tantosto 
in  dolci-.simi   pensamenti.   E  se   nelle  nostre 
diportevoli    barcheUe    alle    volle    pigliando 
aria  ,    alquanto    dagli     strepiti     della    città 
m'  allontano  ,    a     ninna    parte    m'  avvicino 
de'  nostri  liti  ,  cl;e  a  me  non  paja  vedervi 


Libro  ti.  i^t 

la  trila  donna  andar  por  loro  spaziandosi  ài 
suono  cantando  delle  roche  onde,  e  mari- 
lìe  conche  co'i  vaghezza  fancinllesca  rlco- 
gllendo.  Infinite  ed  innumerabili  oUre  a 
queste  ,  e  tante  appunto  ,  quante  voi  me- 
desimi vogliamo,  sono  le  vie,  per  le  qnuli 
può  mandj.re  all'  animo  le  dolcezze  de'  di- 
letti già  passati  il  nostro  vago  e  maeslrc\0- 
Ìg  pensieio.  Perciocché  a  lui  né  passo  ,  né 
ponte  ,  né  porta  5Ì  ririchiude  .  ISon  cielo 
che  minacci ,  ron  mare  che  si  turbi ,  uon 
scoglio  che  s'  opponga  ,  lo  ritiene.  Amor 
gli  presta  le  sue  ali  ,  contro  le  quali  uiu- 
na  i;iginrla  può  bastare.  E  queste  ali  tut- 
tavia siccome  nelle  passate  gloje  a  sua  po- 
sta il  ritornano  ,  così  né  più  né  meno  , 
quandunque  ad  esso  piace  ,  nel  portano 
nelle  future.  Le  quali  posto  che  pure  per- 
dano dalle  passate  ,  in  quanto  le  future 
cosi  certe  non  sono  ,  si  avanzano  elle  poi 
da  quest'  altra  parte  ,  che  dove  della  suta 
dolcezza  una  sola  forma  ritorna  ntll'animo 
col  pensarvi  tale  ,  quale  ella  fu  ;  di  quel- 
la ,  che  ad  essere  ha  ,  perciocché  non  fu 
ancora ,  mille  possibili  maniere  ci  si  rap- 
presentano care  e  vaghe  e  dilettevolissime 
ciascuna.  Così  le  nostre  feste  e  prima  che 
avvengano  con  la  varietà  ,  ed  appresso  av- 
venute con  la  certezza  del  pensiero  dilet- 
tandoci, contii'ue  e  presenti  si  fanno  a  noi 
in  ogni  luogo  ,  in  ogni  tempo  ,  il  che  di- 
cono esser  propino  di  quelle  dogi'  Iddìi. 
Ora  per  ritornare  alquanto  addietro  per 


l82  DFGLl   ASOLANI 

quesla  dllellevolc  strada  ,  per  la  quale  indio 
a  qui  veuuli  ci  siamo,  poscia  die  ciascui»  di 
questi  tre  piaceri ,  che  io  dissi  ,  cotanti 
giuochi  ci  può  porgere  sep"aralamente ,  sic- 
come in  parte  ci  s'  è  ragionato  ,  quanti  è 
da  credere  ,  Donne  ,  che  porgan  tutti  e 
tre  congiunti  e  collegali?  Oin^è!  niun  con- 
dimeuto  è  così  dolce  ,  ninno  così  soave. 
Essi  sono  pur  tanti  e  tali  ,  che  malagevo- 
lissimamente con  la  sllroaliva  si  compren- 
d-ono  ,  non  che  con  la  lingua  si  racco pti- 
310  altrui.  Ma  perciocché  Peroltino  jeri 
nelle  passioni  di  quella  niiseiia  ,  che  egli 
amore  si  credea  che  fosse,  meltendosi  me- 
scolatamente s'  andò  per  loro  ravvolgendo 
e  ravviluppa»  do  lunga  ora  ,  a  me  non  lìe 
nojevole ,  che  noi  altresì  nelle  feste  di 
questa  felicità  ,  ,clie  io  so  che  è  Amore  , 
già  entrali  ,  alquanto  più  innanzi  ai^cora 
senza  ordine  erriamo  e  discorriamo  per 
loro.  INel  quale  discorrimento  se  avverrà 
che  davanti  ci  si  parino  le  gioje  degli  altri 
sentimenti  ,  le  quali  io  di  tacer  vi  propo- 
si ,  acciocché  elle  in  tutto  doler  eli  noi 
non  si  possano  ,  o  forse  s'accoida^sero  per 
lo  innanzi  di  lasciarci  ,  siccome  noi  ora 
avessimo  loro  lasciate  ,  la  quii]  cosa  Iddio 
non  voglia  ,  che  io  ne  starei  molto  male  ; 
noi  potremmo  far  quello  slesso  qui  ragio- 
nando ,  che  nelle  pur  dianzi  ricordate  ta- 
vole della  nostia  Tu  ina  desinando  e  cenan- 
do facciamo  Perciocché  delle  molte  manie- 
re di  vivanda  e  di  bcverascio  ,  che  dinaii' 

co        <  1 


Libro  IT.  i8^ 

zi  recate  ci  souo  ,  a  una  o  a  due  fermatici 
di    quelle    ci     satolliamo  ,    dell'  altre    tutte 
almeno    per    cnoiare    il    convito  ,    alcuna 
tazza  ed  alcun  tagliere  assaggiamo  solamen- 
te ed  assaporiamo  ;     così    ora    alla    pastura 
delle    dolcezze    de'  due  primi    sentimenti  e 
del  pensiero  stando  contenti   nel  ragionare, 
quelle    degli    altri  ,    dove    elle  ci    vengano 
dinanzi  ,  presone  il  sapore  ed.  il  saggio    la- 
sceremo   noi    andrire    con    la     loro    buona 
ventura.    Quantunque    io  per  me    no:ì  mi 
seppi    far  mai  cori  savio  ,    che  io   a  quella 
guisa    ne'  cotiviii    d'  Amore    mi    sia    s.ipnta 
rattemperare,  alla  quale  negli   altri   mi  rat- 
tempero tutto  dì.  ]Nè  con«iig]ieiei   io  già    al 
rostro  novello    sposo,    che    quando  Amore 
gli  porià  dinanzi   le  vivande  delle  sue  u'ti- 
me  tavole  ,  che  egli  ancora   non  ha    gusta- 
te ,    egli   di    quelle     coniento  ,    che  gu'^tate 
ha  ,  assaggiandole  ed  ass  iporanJo'e    partire 
le    si    laj^cirsse  ,    che    egli    se    ne    potrebbe 

Eentere.  Non  so  ora  il  coniglio  ,  <'he  voi 
elle  giova;ii  dareste  alla  sposa.  Ma  tornan- 
do alle  nostre  dolcezze  d;co  ,  <he  siccome 
quanta  sia  la  bellezza  del  dì  allora  più  in- 
teramente si  compre'ide  ,  qualora  più  al- 
lo 'nconlro  quanti  sicio  gì'  iicomodi  «'ella 
notte  si  considera  sot-ilnaente  :  <"osl  per  av- 
ventura gli  amorosi  giuochi  più  aperti  ci 
si  venanno  dimostrali  io  e  pi'J  chiari,  se 
noi  alquanto  alla  vita  dì  quelli  ,  che  nori 
amano  ,  porrem  mente.  Pei  ciocché  essi 
primieramente  uiuua    vaghezza  tenendo  di 


l84  DEGLI    ASOLANI 

se  m  edesi  ini  ,  siccoine  coloro  ♦  che  uou 
hanno  a  cui  jincire  ,  di  ninna  corlese 
maniera  cer'ano  (i)  d'  addestrar  la  loro 
persona  ,  ma  così  ahbantJonatamente  la 
portano  le  j-iù  voile,  ne  capello,  né  bar- 
ba ,  né  dtnte  ordii  af  dosi  ,  uè  mano  ,  né 
p^ede  ,  come  se  ella  ron  fosse  la  loro.  Ma- 
le e  disai^iatamente  vesiono  ,  alitano  disor- 
dinati e  maninronìosi.  ^è  fiiroiilia  ,  né  ca- 
vallo ,  né  barchetta,  né  giaidino  baino 
essi,  che  così  non  paja  ])iagneie,  cerne 
fanno  i  loro  signori.  Essi  l'on  hani  o  ami- 
cizie ,  essi  non  hanno  ccmyaj^nie.  INé  sono 
giovali  dagli  altri  ,  né  c^si  giovano  altrui. 
]Nè  dalle  cose  ,  né  d;tgli  uomini  pigliano  , 
o  da.'no  finito  alcuno.  Fuggono  le  piazze, 
fuggono  le  fesle,  fuggono  i  conviti,  ne'qualì 
se  pure  alcuna  volta  s'avvengono  dalla 
necessità  o  dalla  loro  sciaguia  portali,  ne 
costume  ,  né  [)arlare  ,  né  accoglienza  ,  né 
molto  ,  né  giuoco  hanno  essi  ,  che  villano 
e  salvatico  non  sia.  ^é  di  prosa  sovvieii 
loro  ,  né  di  verso.  Veggoìio  ,  ascoltano  , 
pensano  tulle  le  cose  ad  un  modo.  Ed  in 
bri  ève  ,  siccome  essi  di  fuori  vivono  pieni 
sempre  di  mentecattaggine  e  di  stordiglo- 
ne  ,  così  vive  l'anima  in  loro.  A'  quali  se 
voi  dlmaìidaste  ,  clienti  sono  ìe  dolcezze 
ed  il  frutto  ,  che  essi  sentono  del  loro  vi- 
vere dì  per  dì ,    essi  si   maraviglierebbono  , 


(i)  Addestrare f  cioè  adattar  y  accomodare. 


LiBno  li.  i85 

che  \r)\    parlaste  in     questa  maniera  ,  e  ri- 
sno:)'lerebbcnvi  ,  che  voi  avele  btiort    tem- 
po ,  ma  che  ti>i  a}k  altro  che  ncje  e    lin- 
ci cucitile  n  li    e    falche    non   servirono    citila 
lor   vita   «iararaai.  ]Ma  se  \oi  ad  adiauti   uè 
dimavJasle ,    essi     ycr    avvenliira    in    altra 
£»uisa   vi   li-ponclei chimono,  e  diiebbono  co- 
sì :    ()     Donne  ,    che  è    quello  ,    che    \0Ì  ci 
dima'idate  ?    Senza     namcio    sono    i  nostri 
avanzi  e  le  nostre  dolcezze  ,    e  non  si  pos- 
sono   raccontare.    Perciocché    inconla-jente 
che     Amore  con    t^li    cechi    d' alcuna  bella 
donna    piircieiamente  ci  fiere,  desiasi    T  a- 
irima     noslra  ,   che   infino    a    quella  ora    e 
giaciuta  ,    tocca    da    non  usalo   diletto  ,    e 
destandoci    ella  sente  destare  in  se  un  pen- 
siero ,    il     quale    d'  intorno    alla    immagine 
della  piaciuta  donna  con  maravigliosa  festa 
girando   accende  una  voglia  di  piacerle,  la 
quale  è  pei  d'  infinite  gioie  ,  d'i:  finiti  beni 
principio.   Mirabile  cosa    è  ad    eslimare  gli 
occulti  raggi  di  que.'to  primo  disio  ,    quali 
essi    sono.    Perciocché  non   solamente  ogni 
vena  empicno  di  soavissin^o  caldo  ,  e  tutta 
r  anima   iigombrano  di  dolcezza  ;    ma    an- 
cora   gli    spiiilì     rostri    raccendendo  ,    che 
senza     Amore    si    stanno    a  guisa    di    lumi 
spenli  ,   di  materiali  e  grosse  forme   ci    re- 
ca  o  ad     essere  i  omini  avveduti    e  gentili. 
C<  ncioS'^iaccsa<liè    per    piacere    alle    nostre 
donne,  e  per  la  loro  grazia  e  il  loro  amo- 
re  acquistare  ,  quelle  parli,  clic  più  lodar- 
si negli  altri  giovani  sentiamo,  sovente  cer- 


.t85  degli  asolani 

chiamo  d'aver  noi  ;  acciocché  per  loro  piS 
riguaiflevoli  Ira  i^!i  altri  uomini  e  più  pre- 
giati diveiiuli  ,  più  allresì  alle  nostre  don- 
ne gradiamo.  Onde  in  poco  spazio  tutte 
Je  prime  rustichezze  lasciate,  e  di  dì  in  dì 
e  d'  ora  in  ora  più  di  gentili  costumi  ap- 
prendendo, quale  si  dà  all'armeggiare,  quale 
ad  usar  magnificenze  si  dispone,  quale  ne' 
servigi  delle  corti  a  gran  Re  e  a  gran  Si- 
gnori si  fa  caro  ,  quaie  a  cittadinesca  vita 
s'  adoi  dina  ideile  onorate  bisogne  della  sua 
patria  ,  e  in  cortesie  il  tempo  ,  che  gli  è 
dato  ,  ispendendo,  e  quale  agli  studj  delle 
lettere  volto  il  pensiero  ,  o  le  istorie  degli 
antichi  leggendo  ,  se  stesso  con  gli  altrui 
esempi  fa  migliore  ,  e  diviene  simile  a 
loro  ,  o  neir  ampissimo  campo  della  filoso- 
fia mettendosi  e  in  dottrina  e  in  bontà  , 
come  albero  da  primavera  ,  cresce  di  gior- 
no in  giorno  ,  o  pure  nel  vago  prato  en- 
tra della  poesia  ,  e  quivi  ora  in  una  ma- 
niera e  ora  in  altra  cantando  tesse  alla 
sua  donna  care  ghirlande  di  dolcissimi  i 
e  soavissimi  fiori  ;  quale  poi  di  più  ab- 
bondevole ingegno  sentendosi  ,  o  da  più 
alto  amore  sollecitato  ,  di  diversi  co'^tumi 
sbanderà  ornai  do  ,  d'arme,  di  lettere,  di 
cortesie,  e  d'altre  parli  insieme  tutte  lo- 
date e  pregiate  ,  onde  egli  quasi  un  celeste 
arco  di  mille  colori  vestilo  ,  vaghissimo  si 
dimostrerà  a'  riguardanti .  In  questa  ma- 
niera ciascun  per  se  mentre  d'esser  carij 
ad   una  sola  donna  s'iugegnano  ,    si  fanno 


Libro  II.  187 

da  tulli  gli  ncmini  per  valorosi  tenere  e 
ptr  iif  molto.  Dove  se  dallo  spron  d'Amo- 
re I  unti  licn  fossero  stali  ,  per  avvtiituia 
conoseiiili  non  sartbbouo  da  persona,  o  per 
dir  yjiù  il  vero,  aon  si  conoscerebboro  essi 
stessi.  Così  quello,  cbe  uè  battitura  di  mae- 
stro, né  rciiipcce  di  padre,  uè  lusinghe  o 
fi^iìiderdcni ,  né  arte  o  fatica  o  ingegno  o 
ammaestramento  alcuno  non  può  fare,  fallo 
Amore  spesse  volte  agevolmente  e  dilette- 
volmente. E  certo  pieni  e  dolci  fruiti  «011 
queiiti  tra  quelli,  che  ci  rende  Amore,  i 
quali  sono  vcranier.te  diversissimi  e  sc/iza 
fine.  Perciocché  siccome  non  sono  tulle 
u:  a  le  maniere  dc^^li  arcanti  ,  ma  molte  , 
così  ucn  seno  tulle  una  le  guise  de'  nostri 
guadagni ,  ma  infiiiile  (i).  Sono  alcuni ,  che 
altro  che  Toneslà  pura  e  semplice  V  uno 
dell'altro  non  amano  ,  e  di  questa  sola 
tarlo  appsg'imctilo  ne  viene  alle  menti  lo- 
ro ,  qualunque  volta  essi  nell'  altezza  mi- 
rano de'  loro  disi»,  che  estim.are  senza  fallo 
non  si  può  ,  se  non  si  pruova.  Alcuni  dal- 
l'amorose  fiamme  più  riscaldali  ogni  dis- 
volere levando  de'  loro  amori ,  ninna  cosa 
si  niogaro  giammai,  ma  quello  che  vuole 
l'uno  ,  vuole  l'altro  subitamente  con  quello 
medesimo  affetto ,  che  esso  facea;  e  in  que- 
sta gni-^a  due  anime  c^overnando  con  un 
solo   filo  ad  ogni  possibile   diletto    fortuno- 


si) Frutti  dell'  amorg. 


i88  DEGLI    ASOI.ÀIVI 

samentc  si  faJino  via.  Aloiini  poi  tra  l'uiiy 
e  tra  l'altra  ] c^ti  di  queste  conienti zze  , 
ora  il  pregi')  tlclk  schiiil'à  oìJorando,  ora 
i  fj'utJi  della  diaif<:tiche/.:>a  procac  iaudo  , 
e  con  i'aj^ro  de!)' uà  il  dolce  dell'altra 
int"»colando  ,  un  s  pore  "^ì  dlKtevolc  ne 
condiscono,  che  d'altro  cibo  alle  loro  ani- 
me nò  prende  maraviglia  ,  uè  sori^e  disio  ■. 
Olire  a  ciò  a  fjuci'a  tiniidella  verginella 
inconnparf.bile  f>ta  porpO'  o  i  sai n li  e  le 
passale  del  suo  nuovo  e  accettevole  ama- 
dore.  Quest'altro  (i)  beano  le  IcUere  della 
sua  cara  donna  vergate  con  quella  mano, 
che  egli  ancor  tocca  licn  ha  ,  non  più  le 
noie  di  lei  leiii'endovi  ,  che  la  voce  e  il 
volto  e  ì\  cuore.  Quel]'  altro  mettono  iti 
Tin  mare  di  dolcezza  dicci  tremanti  parole 
dettegli  dalla  sua.  A  mòlli  la  lor  lunga- 
mente amata  donna,  e  affettuosamente  da- 
gli anni  più  teneri  vaghei'giata  ,  nel  bel 
colmo  delle  lor  fiamme  donerà  il  Cielo  a 
moglie  somma  e  onestissima  ventura  degli 
umani  disii.  E  alquante  saranno  alire  cop- 
pie di  cari  amanti  ,  le  quali  avendo  le  più 
calde  ore  della  loro  età  in  risguardo  e  ìq 
salvaticliczza  trapassate,  l'uno  scrivendo,  e 
l'altra  le^-^endo ,  e  amendue  fama  e  crido  ? 
solamente  di  cercar  dilettandosi  de'  loro 
amori  ,  poscia  clij  la  neve  delle  tempie  so- 
pravveauta   ogni    sospetto   ha  tolto  via,  se- 


(i)  Beano  ,  cioè  fanno  beato. 


Libro  IT.  189 

JeiHÌo  e  iHi^ìonando ,  e    gli   anticl>*    fuochi 
con  sicuro  tlUello  ricordando,  tranquilli  e 
riposali  mcr.ano  dolcissimo    lullo    il    rima- 
nente della  lor  vita  ,  ogni  ora   del  così  con- 
dotto  tempo  più  contenti.   Ma  che  v'andia- 
mo noi     pure    tuttavia    di    molti  amanti  i 
diletti   ragionando    e    le  venture  ,    quando 
d:::lle  sole  di  ciascuna  coppia    lunga  istoria 
tessere  se  uè  può  agevol:!:eiite?  Perciocché 
quale  diletto  è  da  dire   elle    sia     il    vedere 
qntlla  fronJe  ,  nella  quale   corrono  tutti  i 
pensici i  del  cuoie  nudi  e  semplici  ,  secon- 
do che  essi   nascono     e    risorgono     in   lui  ? 
Quale  mirando  ne' coralli   e  nelle  perle,  di 
cui  sono  mea  preziose  UUte  le  g.-mme  de- 
gli oiientali    tesori,    seutinie    uscir    quelle 
voci,  che  sono  didl' ascoltante  anima   rice- 
vute sì    voleiitieri  ?    QuJe    poi    tacendo    e 
mirando    far    più    dolce    uvi    silenzio  ,   che 
ra.il!e  parlari,  tutta  volta  con  lo  spirito  de- 
gli occhi    ragionando    cose  ,    che    altri  che 
Amore  né  può  intendere,   né    sa  dettare? 
Quale  per    mano   tenendosi    tutto    il    petto 
sentirsi  allagare  della    dolcezza    non  altra- 
mente,  che  se  un  fi  ime    di    calda  ra.'tnua 
ci  andasse  il  cuore,  e  le  midolle  torniando? 
Tacciansi  le    altre  cotante    dolcezze    e  cosi 
vive  ,  delle  quali  dire  si  può  ,  che  poi  che 
tale  è  la  nostra   vita  ,  quale    la    natura  ce 
la  fece  essere  poscia  che  noi  venuti  ci  sia- 
I  mo,  dolcissima  cosa  è  per  certo  accordarci 
;   col  suo    volere ,   e    quella    far    legge   della 
!   \ila,  che  eli  antichi  fecero  delle    cene  :  o 


IQO  DEGLI    ASOLANI 

partiti  ,  o  bei.  Oltre  a  ciò  quanta  ccuteii- 
tez^a  credete  voi  chj  sii  la  no-itra  ,  qua  ila 
soddisfazione,  quanta  pace,  d'ogni  nostro 
fatro,  d'ogai  uostro  accidcnfe  ,  d'ogni  ven- 
tura, d'ogni  sciagura,  d'ogai  oltraggio, 
d'og-.ii  piacere  ragionarsi  tra  due  con  quella 
medesima  sicurezza,  con  che  appena  suole 
altri  seco  medesimo  ragionare  ?  Di  nulla 
nascondere  la  nostra  compagna  anima  ,  e 
sapere  altresì  di  nulla  essere  da  lei  nascosi  ? 
Ogni  diletto,  og.ii  speranza  (r)  raccomu- 
nare, ogni  disio?  Ninna  fatica  schifare  per 
lo  suo  riposo  più  di  quello  che  ciascun  fa 
per  se  stesso  ,  ninna  gravezza ,  niun  peso  ? 
Bene,  male,  ogni  cosa  portar  dolcemente, 
acconci  con  lieto  viso  ,  siccome  di  vivere 
l'uno  per  l'altro,  così  di  morire?  Il  che  fa, 
che  a  ciascuno  e  le  seconde  cose  via  più 
giovano,  e  le  sinistre  offendono  meno,  in 
quanto  le  seconde  l'uno  col  piacere  dell'al- 
tro allettando  in  molti  doppj  crescono ,  e 
quell'altre  subitamente  partite,  e  da  cia- 
scuno la  metà  toltane  fralellevolmente  ,  già 
da  prima  perdono  della  loro  intera  forza  ; 
oltre  che  poi  e  confortando  e  consigliando 
e  ajulando  esse  si  dileguano  ,  come  neve 
sotti»  i  primi  soli ,  o  almeno  da  nuovi  di- 
letti aorabrate  si  negli  oblii  delle  passate 
cose  le  tufiìamo ,  che  appena  dir  si  può 
che  elle  ci  sieno  state.    Dicono  i  sonatori , 


(i)  Raccomunare^  cioè  metter  in  comune. 


LiCRO  IT.  'igi 

clie  quando  sono  due  liuti  bene  e  in  uua 
medesima  voce  accordati ,  chi  V  un  tocca  , 
dov e  l'altro  gli  sia  vicino  e  a  fronte,  amca- 
due  rispondono  ad  un  modo ,  e  quel  suo- 
no che  fa  il  tocco ,  quello  stesso  fa  l'altro 
non  tocco  e  non  percosso  da  persona.  O 
Amore,  e  qua'  liuti  ,  o  qua'  lire  più  con- 
cordevolmente  si  rispondono ,  che  due  ani- 
me che  s'amino  delle  tue?  Le  quali  non 
pur  quando  vicine  sono  ,  e  alcuno  acci- 
dente Tuna  muove  ,  amendue  rendono  un 
medesimo  concento  ,  ma  ancor  lontane ,  e 
non  più  mosse  l' una  che  l'altra,  finno 
dolcissima  e  couformissima  armou'a.  Peusa 
della  sua  cara  donna  il  lontano  amante 
volentieri  ,  quando  e'  può  ;  e  vedela  ,  e 
odela  col  pensarvi,  né  ella  con  più  diletto 
a  veruna  cosa  giammai  volge  l'animo,  che 
a  lui,  e  sono  certi  ci-iscu  io ,  che  quello 
che  l'uno  fa ,  faccia  l' altro  tuttavia  pari- 
mente. Perchè  noi  ci  maravigliamo  di  Ijao- 
domia  ,  alla  qu^le  ptr  mirar  nel  suo  lon- 
tano Protesilao  fosse  uopo  la  dipiota  cera 
della  sua  fignra.  A  questa  guisa,  donne,  e 
vicini  e  lontani  sempre  diletto,  sempre  sol- 
lazzi troviamo.  Perciocché  amore  ,  siccome 
il  sole  ,  quantunque  cangi  segao ,  sempre 
chiaro  si  mostra  però  a'  mortali ,  così  egli 
benché  alle  volte  muti  paese  con  noi  ,  pur 
tuttavia  in  ogni  luogo  de'  saoi  d  «ni  ci  fa 
sentire.  Egli  in  piano,  egli  in  monte,  egli 
in  terra ,  egli  in  mare  ,  egli  ne'  porti  e 
nelle  siguiezze ,  egli  nelle  fortune   e  negli 


ir)2  DEGLT     ASOLANI 

anischiamcnti  ,  ej^li  ad  uonriiiii,  e^ll  a  doiv- 
iic,  s  ccoine  la  sanila  ,  sempre  è   piaci^vole, 
sempre  giova.  Trastalia  uelle  rigiie  speluu- 
che  e  nelle    semplici    e    povere    capanae    i 
dilli  e  va_^bi   pastori.   Conforta  ne' morbidi 
pai  i^i  e   iieUe  dorate  camere  le   menti   pen- 
sose dvgli  ahi  Pie.    Tranquilla    le    noje    de' 
giudicanti  :   ristora    le    fatiche    de'  giierieg- 
giaiiti  ,  in   quelli  con   le    severe    lt?ggi  degli 
lumiini  la   piacevollssinìa    della    natura    me- 
scci indo ,  a  questi   nel   ra<  zzo  de'  noce  ilìs- 
simi  e  sansuluv'si   2uerrc£!t;i.iri     i>ure    e  ia- 
nocentissime   paci  recami»).  I*asce  i  giovani, 
sostiene  gli  attempali,  diletta  gli  u  li    e  gli 
altri  ,  e  sovente  fa  quello,  che  cotau'o  pa- 
re rt  vedere  maraviglioso  ;  coiìciossiacosachè 
e£;li  nelle  vecchie   scorze   ritorna    il    vigore 
dtrlle  fanciulle  piante  »  e  sotto  le  bionde  e 
]iscie  cotenne  insegna  est^ere  innanzi   tempo 
mille  (i)  vizzi    e    canuti   pensieri.    Piace   a' 
buoni  ,  dilet'a  i  sag2;i ,    è  salutevole    a  tut- 
ti.   Scaccia    la    tristizia  ,    toglie    la     manhi- 
conia  ,  rimuove  le  paure  ,  compone    le   li- 
ti ,   fa  le  nozze  ,  accresce    le  famiglie  .   In- 
segna    parlare,    insegna     tacere   ,     insegna 
cortesia.  Dolci  ci   fa  le  dipartenze,  percioc- 
ché più    cari  e  di    più   viva   forza    pieni  ci 
apparecchia  i  ritorni  loro  ,   dolcissimi  i  rì- 


(i)  Vizzo  ,  e  guizza  vuol  dire  rugoso  con  le  crespe  , 
e  {come  si  dice  a  Venezia  )  carne  Jìappa,  Qui  per  traila,^ 
zione  Vizzi  pensieri  vuol  dir  maturi. 


torni  e  le  dimore  ;  i  quali  col  pensiero 
delle  lor  gioje  ci  fauno  poi  essore  ogui 
noslra  lontananza  soave.  Lietissimi  c\  mena 
i  giorni  ,  ne' quali  ci  fanno  luce  e  risplen- 
douo  spesse  \olte  due  soli ,  ma  le  notti 
ancor  più  ,  siccome  quelle  ,  che  il  nostro 
sole  non  ci  toglioiio  perciò  sempre:  il  -^he 
quando  pure  non  avviene  ,  egli  non  mai- 
ca  per  lo  più  ,  che  il  sonno  cortese  quele 
medesime  feste  non  ci  apporti  e  non  q 
doni  ,  che  alle  vigilie  vengono  tolte  e  ne- 
gate ,  e  così  ci  miriamo  noi,  così  ragionia- 
mo insieme  ,  così  le  nostre  ragioni  contia- 
mo ,  cosi  per  mano  ci  prendiamo  ,  corate 
quelli  fanno  ,  che  più  veracemente  1'  ap- 
provano quando  che  sia.  Crescono  ogni 
giorno  le  dolcezze,  avanzano  ogni  notte  le 
venture  ;  ne  per  quelle  ,  che  sopravvengo- 
no ,  mancano  e  scemano  le  sottostanti  , 
anzi  siccome  belle  nevi  da  belle  nevi  so- 
praggiunte più  fresche  e  più  morbide  si 
mantengono  in  quella  maniera  ,  così  degli 
amorosi  sollazzi ,  sotto  le  dolci  copriture 
idegli  ultimi  più  dolci  si  conservano  i  pri- 
mieri. Ne  per  le  vecchie  le  nuove,  né  le 
d'oggi  per  quelle  d'jeri  (i)  menomano  e 
perdono  della  loro  forza  giammai  ;  anzi 
siccome  numero  che  s' accosti  a  numero 
;vie  maggior  somma  fa  ,  che  soli  e  separati 


(0  Menomano  ,  cioè  scemano,  si  /armo  minori» 

Bembo  VoL  I.  i3 


1^4  DEHLI     ASOLANl 

far  non  possoiio,  cosi  le  nostre  feste  posfe 
e  giunte  altre  con  altre  più  di  bene  ci 
porgono  ciascuna  ,  che  fatto  da  se  non 
avrt'l)J>oiio  .  Sole  bastano^  ,  accompagnate 
crescono.  Una  mille  ne  fa  ,  e  delle  mille 
in  hvieve  tempo  mille  ne  nascono  per  cia- 
scuna. Sono  aspettate  giocondissime  ;  sono 
nov  appetiate  venturose.  Sono  care  agevoli, 
in;  disagevoli  vie  più.  care  ;  in  quanto  le 
viatorie  con  alcuna  fatica  e  con  alcun 
sudore  acquistate  fanno  il  trionfo  maggio- 
jfe.  Donate,  rubate,  guadagnate,  guider- 
ionate  ,  ragionate  ,  sospirate  ,  lagriraate  , 
^rotte ,  reintegrate,  prime,  seconde,  false, 
vere  ,  lunghe  ,  brievi ,  tutte  sono  dilette- 
voli ,  tutte  sono  graziose.  E  in  brìeve ,  sic- 
come nella  primavera  prati,  campi,  selve, 
piagge ,  valli  ,  monti  ,  fiumi  ,  laghi  ,  ogni 
co?a  che  si  vede  è  vaga  :  ride  la  terra , 
ride  il  mare  ,  ride  Y  aria ,  ride  il  cielo  ;  di 
lumi  ,  di  canti  ,  d'  odori  ,  di  dolcezze  ,  di 
tiepidezze  ,  ogni  parte ,  ogni  cosa  è  piena  ; 
cosi  in  Amore  ,  ciò  che  si  dice,  ciò  che  si 
fa,  ciò  che  si  pensa,  ciò  che  si  mira  ,  tutto 
è  piacevole,  tutto  è  caro.  Di  feste,  di  sol- 
lazzi ,  di  giuochi  ,  d'  allegrezze  ,  di  piaci- 
menti ,  di  venture,  di  gioja  ,  di  riposo,  di 
pace  ,    ogni  stato  ,  ogni  anima  è  ripiena. 

INon    si  potea    rattener    Gismondo  del  ■ 
dire  già  tutto  in  su  le  lode  d*  Amore    con  i 
le  parole  e  con  1'  animo  riscaldato  ,   e  tut- 
tavia diceva,  quando  le  trombe,  che  nelle 
feste    della  Reina    le    danze    temperavano 


Libro  IL  rgS 

col  ìor  suono  ,    del    palagio    rimboraliaudo 
alla  bella  brigata  dello  incomincialo  festeg- 
giare dieder    seguo.  Perchè  parendo  a  cia- 
j    senno  di  doversi  partire  ,   e  levatisi  ,    disse 
I   loro  Gismondo  :  Queste  ed  altre  cose  assai 
I   per  avventura,  o  mie  Donne,  v'arebbono 
i   ragionato  gli  amanti  nomini,  se  voi  a  dir- 
j   vi  di  sopra    quali  sono  gli  amorosi  diletti  , 
I  gli    aveste    chiesti  e    dimandati.    Ed   a  me 
I  ora    non    picciolo    spazio    convien    lasciare 
'  del  mio    (i)    aringo  ,    che  io   correre  non 
posso.    Ma    Lavinello  ,    al  quale  tocca  do- 
mane   V  ultimo   incarico  degli    amorosi  ra- 
gionamenti ,    dirà  per  me  quello  ,    che   io 
dire  oggi    compiutamente    non  ho  potuto , 
come    io    volea  :    non    voglio    dire  dovea , 
che  io    sapea  bene  non  ci    essere  bastante. 
Allora  madonna    Berenice  già    insieme  eoo. 
gli  altri    verso    il    palijgio    inviatasi    disse  : 
come  che  ora    il  fatto  si  stia  ,    Gismondo  , 
del  tuo  avere  a  bastanza  ragionato  ,  o  no , 
noi  siatn  pure  molto  ben  contente,  che  di 
Lavinello  abbia  a  dovere  essere  il  ragionar 
di  domane  ,  il  quale  se  noi  non    conosces- 
simo più  temperato  nelle  sue  parole  ,    che 
tu  oggi  nelle  tue  non  sei  stato ,  io  per  me 
non  so  quello    che  io  mi    facessi  di  venir- 
ci. E  che  ho  io  detto ,   Madonna  ,    rispn- 


(t)  Aringo  da  molti  scritto  con  doppia  rr^è  lo  spazi» 
c&!  si  corre  ^  ed  è  voce  Provemmle, 


196  DEGLI     ISOLANI 

dea  Gìsmondo.  Ho  io  detto  altro  ,  che 
quello  clic  si  fa  ,  ed  ancor  meno  ?  Perchè 
se  io  cotanto  spiaciuto  vi  sono,  be»  li  so 
confortar,  Lavimllo  ,  che  tu  di  quello  ra- 
gioni ,  che  non  si  fa  ,  se  tu  le  vuoi  piace- 
re. Voleasi  Lavinello  pure  ritrarre  dal  do- 
ver dire  ,  recandone  sue  ragioni  ;  che  det- 
to se  n'  era  assai  ,  e  che  egli  non  era  og- 
gimai  agevole  appresso  due  tali  e  cosi  di- 
verse openioni  ,  e  così  ahbondcvol mente 
sostentate  dall'  uno  e  dall'  altro  de'  suoi 
compagni  recarne  la  sua  ,  e  quasi  darne 
sentenza.  Ma  ciò  era  niente  ;  perciocché 
alle  donne  pure  piaceva  ,  che  aucora  egli 
dicesse  ,  vaghe  d' avere  uditi  una  volta 
tu' ti  e  tre  q  uè' giovani  parlitamenle  ragio- 
Dare  ,  che  elle  sempre  tenuti  aveano  e  ri- 
putati per  da  mollo.  E  quando  bene  le 
donne  lasciate  di  m;^le  se  ne  avessero,  non 
se  ne  lasciava  Gismondo  ,  anzi  diceva  ;  O 
Lavinello  ,  o  tu  ci  prometti  di  dire  ,  o  io 
ti  fo  citar  questa  sera  diufinzi  la  Reina  ; 
che  io  disposto  sono  di  vedere,  se  i  patti, 
che  si  fanno  nelle  sue  nozze  ,  s'  hanno  a 
rompere  in  questa  maniera.  E  forse  avver- 
rà quello,  che  tu,  quando  i  palli  si  fece- 
ro ,  non  istimavi  ,  che  ti  converrà  poi 
dire  in  sua  presenza.  Non  si  tiene  ragiot^e 
ora  ,  rispondea  Lavinello  ,  mentre  il  fe- 
steggiar dura  ,  le  liti  ci  sono  sbandile. 
Puie  temendo  di  quello  ,  che  avvenir  gli 
potea  ,  disse  di  far  ciò  che  essi  voleano. 
E  con    queste    parole   giugueado   iu    su  le 


Libro  11.  197 

sale  ,  e  quivi  da  altri  giovani  cortigiani  , 
che  le  feste  inviavano  ,  vedute  le  belle 
donne  venire  ,  senza  lasciarle  più  oltre 
passare  ,  furono  invitate  tutte  e  tre  ,  e 
messe  ia  danza  ,  e  li  tre  giovani  si  rima- 
sero tra  gli  alui. 


'99 

DEGLI    ASOLANI 

DI 

M.     PIETRO    BEMBO 

ne'  quali  si  ragiona  d'amore 
LIBRO  TERZO. 


ARGOMENTO. 

Dopo  cììhajattoprima  parlar  Perottino  con- 
erà Cruore ,  e  poi  Gismondo  rispondergli 
e  difenderlo^  introduce  ora  in  questo  terzo 
libro  Lavinello  a  confutare  in  parte ,  e 
in  parte  approvar  Vopinioni  delV  uno  e 
delV  altro  ,  e  questo  alla  presenza  della 
Reina .  Finalmente  fa  allesso  recitando 
un  discorso  fattogli  da  un  Romito  ,  parla 
deir  amor  divino  ,  col  quale  sta  ogni 
bene^  e  dal  quale  ogni  male  è  lontano. 


N< 


on  si  può  senza  maraviglia  consi'le* 
rare  quanto  sia  malagevole  il  ritrovare  la 
verità  delle  cose  ,  che  in  qiiistion  ca  iono 
lutto  '1  giorno.  Perciocché  di  quante ,  come 


200  DEGLI    J^Sf)T.A.rCI 

che  sia ,  può  alcun  dubbio  nelle  nostre 
menti  «e/ieraisi  ,  niuua  pare  che  se  ne 
Teda  sì  poco  dubbiosa  ,  sopra  la  quale  ed 
in  prò  ed  in  contro  dispulare  non  si  possa 
verisimilmente  ,  siccome  siopra  la  contesa 
di  Perottino  e  di  Gismondo  nelli  dinanzi 
libri  raccolta  s'è  disputato.  E  furono  già 
di  coloro ,  clie  di  ciò  che  venisser  diman- 
dati ,  prometteauo  incontanente  di  rispon- 
dere. IN  è  mancarono  ingegni ,  che  in  ogni 
proposta  materia  disputassero  ed  all'  una 
guisa  ed  all'  altra.  11  che  diede  per  avven- 
tura occasione  ad  alcuni  antichi  filosofi  di 
credere  ,  che  di  nulla  si  sapesse  il  vero ,  e 
che  altro  già  che  semplice  opinione  e  sti- 
ma avere  no-a  si  potesse  di  che  che  sia. 
La  qual  credenza  quantunque  ed  in  que' 
tempi  fosse  dalle  buone  scuole  rifiutata  ,  ed 
ora  non  trovi  gran  fatto,  che  io  mi  creda, 
ricevitori  j  pure  tuttavia  è  rimaso  nelle  men- 
ti d' intìiiilì  uomini  una  tacita  e  comune 
doglianza  incontro  la  natura  ,  che  ci  tenga 
ìa  pura  midolla  delle  cose  cosi  riposta  ,  e 
di  mille  menzogne,  quasi  di  mille  buocie, 
coperta  e  fasciata.  Perchè  molli  sono ,  che 
disperando  di  poterla  in  ogni  quislion  ri- 
trovare ,  in  niuua  la  cercano ,  e  la  colpa 
alla  natura  portando  lasciala  la  cognizir^e 
delle  cose  vivono  a  caso.  Alui  poi  ,  e  vk  j)iù. 
molti  ancora  ,  ma  di  meno  »  olnevole  sen- 
timento _,  i  quali  ti'lia  ma]  i',t'vol('7za  del 
fatto  inviliti  o  ad  al'tiui  cjicicno  ciò  che 
ciascuno  ne  dice  ,  *:d  a  qualunque  senlea- 


Libro  III.  201 

za  udire  sono  quasi  dall'  onde  portali  ia 
quella  ,  Mccome  in  uno  scoglio  si  fermano, 
o  essi  ne  cercano  leggiermente  ,  e  di  quello, 
che  più  tosto  \iene  loro  trovalo ,  contenti 
non  vanno  più  avanti.  Ma  de'  primieri  non 
è  da  farne  lungo  sermone  ,  i  quali  a  me 
sembrano  a  male  recarsi ,  che  essi  sieno 
nati  uomini  più  tosto  che  fiere  ,  poscia  che 
eglino  quella  parte ,  che  da  esse  ci  discosta, 
rifiutando  privano  del  suo  fine  l'animo  ,  e 
del  nostro  maggior  ornamento  spogliano  e 
scemano  la  loro  vita.  A  rnest'  altri  si  può 
ben  dire  primieramente ,  che  egli  non  si 
dee  cosi  di  leggiero  a  rischio  dell'altrui  (i) 
erranza  porre  e  mandar  la  sua  fede,  quaU' 
do  si  vede  che  alcuni  da  particolare  affe- 
zione sospinti ,  altri  dalla  instituzioue  della 
vita ,  o  dalla  disciplina  de'  seguitati  studj 
presi  e  quasi  legati  a  ragionare  ed  a  scri- 
vere d'alcuna  cosa  si  muovono  ,  e  non  per- 
chè essi  nel  vero  credano  e  stimino  che 
cosi  sia  ;  senza  che  si  suole  egli  eziandio 
non  so  come  alle  volte  avvenire ,  che  o 
parlando  o  scrivendo  d'alcuna  cosa  ci  sot- 
t'  entra  nell'  animo  a  poco  a  poco  la  cre- 
denza di  quello  medesimo  che  noi  trattia- 
mo. E  poi  che  egli  non  basta ,  poscia  che 
essi  ne  cercano  ,  leggiermente   cercarne ,  e 


(1)  Erranza^  cioè  errore  y  usato  dal   Ecc.  nel  FU.  da 
Dante  e  da  Ciao,    Leggi    la  Fabbrica    corretta   dal    Por-, 

CUCCAI. 


202  DEGLI     ASOLA.ISI 

d'ogni  primo  irovamento  contentarsi ,  per- 
ciocché se  agli  altri  che  ne  hanno  cerco  , 
non  si  dee  subitamente  credere  tutto  rjuello 
che  essi  ne  dicono  ,  perchè  si  sono  ingan- 
nar potuti  ,  ne  a  noi  deveremo  credere 
subitamente  ,  che  ingannare  altresì  ci  pos- 
siamo ;  e  sì  ancora  perciò  che  la  debolez- 
za de'  nostri  giudicj  è  molfa  ,  e  di  poche 
cose  avviene ,  che  una  prima  e  non  molto 
considerata  e  con  lunghe  disputazloni  esa- 
minata opinione  sia  ben  sana.  Che  se  alla 
debolezza  de'  ne-^itri  giudicj  s' aggiunge  la 
oscurità  del  vero ,  che  naturalmente  pare 
che  sia  in  tutte  le  cose  ,  vedranno  chiaro 
questi  colali  niuna  altra  differenza  essere 
tra  essi  e  quelli ,  che  di  nulla  cercano  , 
che  sarebbe  tra  chi  assalito  da  conlrarj 
venti  sopra  il  nostro  disagevole  porto  non 
sperando  di  poterlo  pigliare  ,  levasse  dal 
governo  la  mano  ,  e  del  tutto  in  loro  ba- 
lia si  lasciasse  né  di  porto  né  di  lito  pro- 
cacciando ,  e  chi  con  speranza  di  doverlo 
poter  pigliare  pure  al  terreno  si  piegasse  , 
ma  dove  fossero  i  segni ,  che  la  entrata 
dimostrano  ,  non  curasse  di  por  mente.  La 
qual  cosa  non  faranno  quegli  uomini  e 
quelle  donne  ,  che  me  ascolteranno  ;  anzi 
quanto  essi  vedranno  essere  e  maggiore  la 
oscurità  nelle  cose  »  e  ne'  nostri  giudicj 
minore  e  meno  penttrevole  la  veduta ,  tan- 
to più  né  agli  altri  quistlonanli  ogni  cosa 
crederanno  senza  prima  diligente  conside- 
razione avervi  sopra  j  nò  quando  del  vero 


Libro  III.  2o3 

in  alcun  dubbio  cercheranno  ,  appagheran- 
no se  stessi  per  cercarne  poco  ;  e  meno  a. 
quello  che  trovato  averanno  ne'  primi  (i) 
cercari ,  comunque  loro  paja  potersene  sod- 
disfare ,  si  terranno  appagali  ,  estimando 
che  se  più  oltre  ne  cercheranno ,  altro 
ancora  ne  troveranno  ,  come  quel  tanto 
hanno  fatto ,  che  più  loro  soddisfarà.  Nò 
essi  della  natura  si  verran  dolendo ,  come 
quelli  fanno  ,  perciocché  ella  non  ci  abbia 
in  aperto  posta  la  verità  delle  conoscibili 
cose  ,  quando  ella  ne  1  argento  nò  l'oro  né 
le  gemme  ha  in  palese  poste  ,  ma  nel  grem- 
bo della  terra  per  le  vene  degli  aspri  mon- 
ti ,  e  sotto  la  rena  de'  correnti  fiumi ,  e 
nel  fondo  degli  alti  mari ,  siccome  in  più 
segreta  parte,  sotterrate.  Che  se  ella  que- 
sti più  cari  abbellimenti  della  nostra  ca- 
duca e  mortai  parte  ha ,  come  si  vede , 
nascosi  ,  che  dovea  ella  fare  della  veri- 
tà ,  non  bellezza  solamente  ed  adornamen- 
to ,  ma  luce  e  scorta  e  sostegno  dell'  ani- 
mo ,  moderatrice  de'  soverchievoli  disii  , 
delle  non  vere  allegrezze  ,  delle  vane  pau- 
re discacciatrice  ,  e  delle  nostre  menti  ne' 
suoi  dolori  serenatrice  ,  e  d'  ogni  male  ni- 
mica e  guerriera?  Le  cose  da  ognuno  age- 
volmente possedute  sono  a  ciascuno  pari- 
mente vili  ,  e  le  rare  giungono  vie  più 
care.    Quantunque    io    stimo    che    saranno 


(j)  Cercari  nome  ,  cioè  cose  eke  si  cercano  ,  quisiti^ 


204  DEGLI    ASOLÀNI 

molti  ,  che  mi  hiasimeranoo  in  ciò  ,  che 
io  alla  parie  di  queste  investigazioni  le 
dojiiìe  chiami,  alle  quali  più  s'acconvenga 
negli  iifficj  delle  donne,  dimorarsi  ,  che 
andare  di  queste  cose  cercando.  De'  quali 
tuttavia  non  mi  cale.  Perciocché  se  essi 
non  niegano  ,  che  alle  donne  1'  animo  al- 
tresì come  agli  uomini  sia  dato  ,  non  so 
io  perchè  più  ad  esse,  che  a  noi  si  disdica 
il  cercare  che  cosa  egli  sia ,  che  si  debba 
per  lui  fuggire  ,  che  seguitare  :  e  sono 
queste  tra  le  meno  aperte  qaislioni ,  e 
quelle  per  avventura  ,  d'  intorno  alle  qua- 
li siccome  a  (i)  perni  ,  tutte  le  scienze  si 
\olgono  ,  segni  e  bersagli  d' ogni  nostra 
opera  e  pensamento.  Che  se  esse  tultavolta 
a  quegli  ufficj  ,  che  diranno  que'  tali  esser 
di  donna ,  le  loro  convenevoli  dimore  non 
togliendo  negli  studj  delle  lettere  ed  in 
queste  cognizioni  de'  loro  ozj  ogni  altra 
parte  consumeranno  ,  quello  ,  che  alquan- 
ti uomini  di  ciò  ragionino  ,  non  è  da  cu- 
rare ,  perciocché  il  mondo  in  loro  loda 
ne  ragionerà  quando  che  sia.  Ed  ora  le 
quistioni  eziandio  di  La  vinello  il  terzo 
giorno  a  maggior  corona,  che  quelle  de'suoi 
compagni  non  furono  ,  recitate  ascoltiamo. 
Perciocché  cercandosi  il  dì  dinanzi  delle 
tre  donne  per    quelle ,    che    dimorar    con 


(i)  Perno  è  quel  legno  o  ferro  ^    che  pass»  per  mezz». 
'■a  rota  ^  e  sopra  il  quaLt  essa  si  gira^ 


Libro  111.  2o5 

esso  loro    solcano  ,    iitlio   andare   cbe    tlie 
fecero  nelle  feste,  e  trovato  che  elJeeiano 
nel    giardino  ,    e     la     cagione    risapu<asi  , 
pervenne  la  novella  di  bocca  in  bocca  agli 
orecchi  della  Reina  ,  la  quale  ciò  udendo, 
e  sentendo    che  belle  cose    si    ragionavano 
tra  quella  brigata  ,    ma  più  avanti    di  loro 
non    sapendole    perciò    alcuna     ben    dire  ; 
mossa  dal  chiaro  grido  ,    che    i  Ire  giovani 
aveano    di    valenti    e  di    scienziati ,    ne    le 
prese    talento     di     volere    intendere    quali 
stati  fossero  i  loro  ragionamenti.  Perchè  la 
sera  poscia  che  festeggiato  si  fu  ,  e  cenato  e 
confettato,  ne  altro  attendendosi,  che  quel- 
lo   che  la  Reina    comandasse  ,    ave.ìdo    ella 
tra  le  più  vicine  a  se    madonna    Berenice  , 
il    viso    e    le    parole    verso    lei    dirizzando 
lietamente  disse  :  Cliente  v'è  paruto  il  no- 
stro giardino,  madonna  Berenice,  questi  dì, 
e  che  ce  ne  sapete    dire  ?    perciocché    noi 
abbiamo  inteso  che  voi    con  vostre  compa- 
gne  vi  siete   stata.    Mollo  bene ,  Madama  , 
rispose  la  donna  al    dire  di  lei  levatasi    in- 
chinevolmente.  Egli  m'è  paruto  tale,  quale 
bisognava    che  egli    mi    paresse    essendo  di 
vostra    Maestà.     E    quivi    dettone    quello  , 
che  dir  se  ne  poteva,  cortesemente,  e  tal- 
volta   il  testimonio  di    Lisa  e  di    Sabinelta 
mescolandovi,  che  mollo  lontane  non   l'era- 
no ,  fece  tutte  l'altre  donne,  che  l'udiva- 
no e    veduto    non     V  aveano  ,    in    raanleia 
disiderose    di  vederlo    ancora  esse  ,    che   a 
loro  si  facea    già  tardi  che  la  Reina  si   le^ 


Oo6  DFGLr    ASOLAPfl 

vasse  ,  per  potervi    poi  andare  quella    sera 
ancora    col    giorno  ,    il    quale    tuttavia    di 
j»ran  passo    s' inchinava  verso    il  Marrocco 
per  nascondersi.  Ma  la  Rtìina    leggermente 
avvedutasene ,    poi  che   madonna    Berenice 
5Ì  tacque ,    nel    vero  ,    disse  ,    egli  ci  suole 
essere    di    diporto    e    di    piacere    assai.    E 
perciocché  buoni  di  sono  ,  che  noi  non  vi 
Marno  state  ,    e  queste  donne  per  avventu- 
ra piglierebbono  un  poco   d'  aria    volentie- 
ri »    noi  vi    potemo    andare  tutte  ora    per 
lo  fresco.  E  così  levatasi  ,  e  presa  per  ma- 
no  Madonna   Berenice  ,    con    tutte    V  altre 
scesa  le    scale  e    nel  bel  giardino    entrata  , 
lasciatene  molte  andare  chi  qua  chi  là  sol- 
lazzandosi ,  con  lei  ad  una  delle  belle  fine- 
stre   riguardanti    sopra  lo    spazievole  piano 
si  pose  a  sedere ,  e  sì  le  disse  :  Voi  ci  ave- 
te ben  detto  di  questo  giardino  molte    co- 
se ,  le  quali  noi  sapevamo  ,    come  che  voi 
ce   r  avete    fatte    maggiori  ,    che    elle    non 
sono.  Ma  de'  vostri  ragionamenti ,  che  fatti 
v'avete  ,  de'  quali  noi  ninna  cosa  sappiamo, 
e  nondimeno  intendiamo  che  sono  suti  così 
belli    e    così    vaghi  ,    non    ci  avete  perciò 
detto  cosa  alcuna.  Fatecene  partecipe  ,  che 
egli  ci  sarà  caro.  Perchè  ella  non  sapendo 
come  negargliele  ,    e  dopo  altre  parole  »    e 
dopo  molte  lode  date  a'  tre  giovani  ,    fatta 
dolqc.nente  sua  scusa,  che  ella  pure  a    ri- 
pensare tra  se  stessa  il  tutto  di  tanti  e  tali 
ragionamenti    non    si    sarebbe    di    leggiero 
arrischiata  ,  non  che  di  raccontargli  a  sua 


Libro  IIL  207 

Maestà  si  fosse  toiuta  bastante,  dalla  mag- 
ij;ioranza  data  primieramente  a  Gismondo  e 
dalla  sua  cagione  cominciatasi    non  rislelle 


*»• 


prima  di  dire,  che  ella  tutte  le  parti  de'ser- 
raoni  di  Perotlino  e  di  quelli  di  Gismondo 
brievemente  raccogliendo  ,  la  somma  delle 
loro  quislioni  al  meglio  che  ella  seppe  le 
ebbe  isposta ,  avendo  sempre  risguardo  che 
come  donna  e  come  a  Reina  gli  espouea. 
La  Reina  uditala  ,  e  parendole  Ja  macchia 
e  r  ombra  aver  veduta  di  belle  e  conve- 
nevoli dipinture ,  sentendo  che  Lavinello 
avea  a  dire  il  di  seguente  ,  si  dispose  di 
volerlo  udire  ancora  essa  ,  e  d'  onorare  sii 
bella  compagnia  quel  dì  che  ella  potea 
con  la  sua  presenza  ,  e  dlssegliele.  Il  che 
alla  donna  fu  molto  caro  ,  parendole  che 
se  la  Reina  vi  venisse ,  ogni  materia  do- 
vesse potere  essere  tolta  via  a  chiunque  di 
così  fatti  ragionamenti  e  di  tale  dimora 
fosse  venuto  in  pensiero  di  parlarne  meno 
che  convenevolmente.  Erasi  già  col  fine 
delle  parole  di  madonna  Berenice  ogni  lu- 
ce del  dì  partita  dal  nostro  emispero,  e  le 
stelle  nel  cielo  aveano  cominciato  a  ripren- 
dere da  ogni  parte  la  loro.  Perchè  con 
€{ue]la  di  molli  torchi  la  Reina  e  l' altre 
donne  risalite  le  scale  s'andarono  alle  loro 
camere  per  riposarsi  ,  nelle  quali  come  f(,'. 
con  le  sue  compagne  madonna  Bere.iice  , 
detto  loro  ciò  che  con  la  Reina  ragionato 
avea  tanta  ora  ,  e  il  suo  pensiero  ,  manda- 
rono di  presente  per  li  tre  giovani,  i  quali 


20?^  DEfJLI    ASOLÀNl 

•\  e  liuti  disse  madonna  Berenice  a  La  vinel- 
lo :  Lavinello ,  egli  t' è  pure  venuto  fatto 
nuello,  di  che  osai  Gisinondo  ti  minacciò  t 
sappi  che  ti  converrà  dire  m  presenza  di 
madonna  la  Reina  domane.  E  fatto  loro 
inlcndere  come  la  novella  era  ita  ;  e  al- 
quanto  sopra  ragionatone  ,  licenziatigli  , 
a'  bisogni  della  notte  e  al  sonno  diedero 
le  loro  ore.  Ma  venuto  il  dì,  e  desinatosi, 
e  ciascuno  alle  sue  dimore  ritornato  ,  pre- 
sa la  Reina  quella  compagnia  di  donne  e 
di  gentili  uomini  ,  che  le  parve  dover  pi- 
gliare ,  con  le  tre  donne  e  co'  tre  giovani 
n'andò  nel  giardino,  e  messasi  ancor  lei  a 
sedere  sopra  la  verde  e  dipinta  erbetta  al- 
l' ombra  degli  Allori  ,  come  V  altre  in  su 
due  bellissimi  origlieri  ,  che  quivi  posti 
dalle  sue  damigelle  1'  aspettavano  ,  e  cia- 
scuno altro  delle  donne  e  degli  uomini 
secondo  la  loro  qualità  chi  più  presso  di 
lei  e  chi  meno  rassettatisi  ,  altro  che  il 
dire  di  Lavinello  non  s'  altendea  ,  il  quale 
fatta  riverenza  alla  Reina  incominciò  :  Po- 
scia che  io  intesi  Madonna  esser  piacere 
di  vostra  Maestà  ,  che  io  in  presenza  di 
voi  ragionassi  quello  ,  che  alla  picciola  no- 
stra brigata  di  questi  due  dì  avere  a  ragio- 
nare mi  credea  ,  stetti  buona  pezza  sopra 
me  alla  debolezza  del  mio  ingegno  ,  e  al- 
l' importanza  delle  cose  propostemi  ,  e  al 
convenevole  di  vostra  Altezza  ripensando  , 
e  pareami  aver  mal  fatto  ,  cenando  io  alle 
nostre  donne    e   a'  miei    compagni  promet- 


Libro  ITI.  209 

tendo  di  dire  accettai  questo  peso.  Percioc- 
ché quaatuiiqiie  io  allora  estimassi  come 
che  sia  poter  per  avveutura  soddisfare  al 
loro  disio  ,  iioiidimeDO  tosto  che  io  mi 
pensai  che  le  mie  parole  alle  vostre  orec- 
chie doveauo  pervenire  ,  e  la  immagine  di 
voi  mi  posi  innanzi  ,  subitamente  e  le  mie 
forze  più  brievi  ,  e  la  materia  più  ampia  es- 
sere m'app'irvoao  d'assai,  che  elle  non  m'e- 
rano per  Io  addietro  parute.  Perchè  io  mi 
tenni  essere  a  stretto  partito  infinoattavito  , 
che  air  infinita  vostra  naturale  umanità  ri- 
volto il  pensiero  da  lei  confortato  ripresi 
animo,  estimando  di  non  dover  potere  er- 
rare ubbidendovi  ;  perciocché  io  d'  ogni 
niio  possibile  fallo  ne  la  conoscea  vie  mag- 
giore. Oltre  che  poi  più  altre  parti  d' in- 
torno a  questo  fatto  considerate  compresi» 
che  se  la  fortuna  avendo  risguardo  alla 
grandezza  delle  cose  che  dir  si  poleano  , 
avea  loro  maggiore  ascoltatrice  e  più  alta 
giudice  apparecchiata  ,  ciò  a  me  non  do- 
I  vea  essere  discaro  ,  quando  da  voi  e  per- 
i  dono  dove  io  errassi  ,  e  ajuto  dove  io 
mancassi  ,  venire  abbondevolmente  mi  po- 
i  tea  ,  e  non  altro.  Senza  che  se  io  risguar- 
do più  avanti  ,  buona  arra  mi  \  nò  esser 
questa  di  dovere  ancora  poter  vincere  la 
presente  quistìone  da  Gismoudo  proposta- 
ci ,  e  da  lui  e  da  Perottino  disputata  ,  il 
vedere  allo  ascoltamento  de'  miei  amorosi 
ragionamenti  datami  la  Reina  di  Cipri  ,  la 
(jual  cosa  non  avvemie  degli  loro.  Vaglia- 
Membo   VoL  I,  J4 


jrO  DEGLI    ÀSOLANI 

mi  adunque    il  così  ]>reso    di  voi 
Madonna  ia  quella  parte  ,    che  io  il  pren- 
do ,    e    aspiri    ora    in  ciò ,    che  io  debho 
dire,  il  dolce  raggio  della, vostra  salutevo- 
le   (i)    assiJenza  ,    nell'ampio   favor    della 
quale  distendt.udo  le  sue  ali  il  mio  piccio- 
lo   e  paufoso  ardire  con  buona    licenza  di 
voi      incominceiò  .     Comportevoli    poteauo 
essere  ameiidue  le  opinioni.  Madonna,  jcri 
a    voi    dalle    nostre    donne    e    loro    questi 
giorni    da'  miei    compagni    recitate  ,    e    di 
volontà  si  sarebbe  la  lor  lite  terminar    po- 
tuto senza  nuovo  giudicio  alcuno,  se  l'uno 
dalla    noja    e    F  altro    dalla  gioja    che  essi 
amando  sentono ,  sollecitati  la  giusta  misu- 
ra   nel    giudicare    passata  non  avessero  ,  e 
la  libertà  del  dire  portata  ciascuno  in  trop- 
po   stretto    e   rinchiuso    luogo.    Perciocché 
per    conpreudere    in    brieve     spazio    tutto 
quello   in    che  essi  occuparono  lunga  ora  , 
se  come    hanno  voluto    dimostrarci    1'  uno 
che    Amore    sempre    è  reo  ,    né  può    esser 
buono,  e  l'altro  che  egli  sempre  è  buono, 
uè  può  reo  essere ,  avessero  così  detto  che 
egli  è  buono ,  e  che  egli  è  reo  ,    e  oltre  a 
ciò    non    si    fossero    iti    ristrignendo  ,      di 
meno  si    sarebbe  potuto    fare  di    dare  ora 
questo  disagio  a  vostra  Maestà  d'ascoltarmi. 
Perciocché    nel  vero  cosi  è  ,    che    Amore  , 
di  cui  ragionato  ci  s' è  ,  può  essere  e  buo- 
no e  reo  ,    siccome    io  m'accosterò    di    far 


;i,   Assidi'nza  è  latto  del  sedsre y    assistenza^   presene 
zay  accomodato  a  sedere. 


Libro  ITT.  2n 

ior  clilaro.  E  quantunque  di  queste  lor 
tali  e  così  falle  opinioni  maniieslameale 
ne  segua  convenirsi  di  necessità  confessare 
che  almeno  V  una  non  sia  vera  ,  percioc- 
ché esse  tra  se  si  discordano  ,  non  per 
tanto  eglino  sopra  ciò  in  cotal  guisa  le  ve- 
le diedero  de  i  loro  ragionamenti ,  che 
senza  fallo  e  Y  una  e  1'  altra  sono  potute 
agli  ascoltanti  parer  vere  ;  o  almeno  quale 
sia  la  men  vera ,  sciorre  non  si  può  age- 
volmente ,  il  che  tuttavia  che  amendue 
sieno  false  non  è  picciol  segno,  conciossia- 
cosaché la  verità  ,  quando  ella  è  tocca  , 
saghe  quasi  favilla  fuori  delle  bugie  subi- 
tamente manifestandosi  a  chi  vi  mira.  E 
certo  molte  cose  ha  raccolte  Perottino  , 
molte  novelle,  molli  argomejili  recali,  per 
dimostrarci  che  Amore  sempre  è  amaro , 
sempre  è  dannoso  ;  molti  dall'  altra  parie 
Gismondo  in  farci  a  credere  ,  che  egli 
altro  che  dolcissimo  e  giovevolissimo  es- 
sere non  possa  giammai.  L'  uno  doglio' 
so ,  r  altro  festoso  è  stalo.  Quegli  pian- 
gendo ha  fatto  noi  piagnere ,  questi  mot- 
teggiando ci  ha  fatti  ridere  più  volte.  E 
mentre  che  in  diverse  maniere  ciascuno  e 
con  più  (i)  amminicoli  s' é  ingegnato  di 
sostentare  la  sua  sentenza  ;  dove  gli  altri 
per  trarne  il  vero  disputano  ,  che  in  dub- 
bio sia  ,  essi  con  le  loro  dispute  1'  hanno 
posto    iu    quislione ,   dove  egli  non   v'  era. 

(i)  AmminicoUf  tioè  aiuti  ^  S9s tentarne ntit 


212  DEGI-T    ASOLACI 

Ora  non  aspetliao  i  miei  compagni  che  io 
a  ciascuna  parie  ra'  opponga  delle  loro 
contese,  che  sono  per  lo  più  di  soveixhio. 
Io  di  tanto  con  loro  gareg^erò,  di  qnan- 
to  fie  bastevole  a  fargli  racconoscenti  delle 
loro  torte  e  mal  prese  vie.  Dìjo  aduncjue. 
Madonna  ,  che  conciossiacosaché  Amore 
niente  altro  è  che  disio,  il  quale  come  che 
sia  d'intorno  a  quello  che  c'è  piaciuto,  si 
gira,  perciocché  amare  senza  disio  non  si  può 
odi  goder  quello  che  noi  amiamo,  o  d'al- 
tramente goderne  che  noi  non  godiamo,  o  di 
goderne  sempre ,  e  di  bene  che  noi  con  la 
volontà  all'amate  cose  cerchiamo;  e  disio  altro 
non  è  ,  che  Amore  ,  perciocché  desiderare 
cosa  che  non  s'  ami  ,  non  è  di  nostra 
possa,  ne  può  essere  in  alcun  modo;  ogni 
amore  e  ogni  disio  sono  quel  medesimo 
e  r  uno  e  V  altro.  E  questi  sono  in  noi 
di  due  maniere  solamente,  o  naturali  , 
o  di  nostra  volontà.  Naturali  sono  ,  sic- 
come è  amare  il  vivere  ,  amare  lo  inten- 
dere ,  amare  la  perpetuagione  di  se  mede- 
simi ,  i  figliuoli  ,  e  le  giovevoli  cose  ,  che 
la  natura  senza  mezzo  alcuno  ci  dà  ,  e 
sempre  durano  ,  e  sono  in  tutti  gli  uomi- 
ni ad  un  modo.  Di  nostra  volontà  sono 
poi  quegli  altri  ,  che  in  noi  separatamente 
si  creano ,  secondo  che  essa  volontà  invitata 
dagli  obbietti  muove  a  desiderare  or  uno  or 
altro  ,  or  questa  cosa  or  quella  ,  or  molto 
or  poco  ,  e  questi  disii  e  scemano  e  cre- 
scono ,  e  si  lasciano  e  si  ripigliano  ,   e  ba- 


LlBKollL  2t3 

5laco    e    non    tastniio  ,    e    in    qucsi''  animo 
d'  una  maniera  e  in   quello  soao    d'  altra  , 
siccome  noi  medesimi  vogliamo  ,  e  acconci 
siamo  a  dar  loro  ne'  nostri  animi   alloggia- 
mento   e    .stato.    INIa  non    a  ventura    né  a 
caso  ci    furono  co'-i    date    queste    guise    di 
disii  ,   Madonna  ,   (he  io    vi    ragiono  ,    anzi 
con  ordinalo  consiglio  di  chiunque  s'è  co- 
lui ,  che  è  di    noi    e  di   tutte  le  cose    |  ri- 
ma e  verissima    cagione.  Perciocché  volen- 
do egli    che  la    generazion    degli    uomini  , 
siccome    anco    quelle    degli    altri    animali  , 
s'  andasse    col  mondo  perpetuando    ricove- 
randosi di  tempo  in  tempo ,  s'  avvide  esse- 
re di    necessità  crear    in  tutti  noi    altresì  , 
come  in  loro  ,    questo  amor    di  vita  ,    che 
io  dissi  ,    e    de'  figliuoli  ,    e  delle  cose  che 
giovano    e    fanno  a  nostro    migliore  e  più 
perfetto  stato ,  il  quale  amore  se  stalo  non, 
fosse  ,    sarebbe    co'  primi   uomini    la    no- 
stra   spezie    finita  ,    che    ancor  dura .     Ma 
perciucché    avendoci    esso  a    maggiori  cose 
e  a  più    alio  fine  creati  ,    che  fatto  gli  al- 
tri animali    non   avea  ,    aggiunse  ne'  nostri 
animi  le  parti  della  ragione,  fu  di  mestie- 
ro  ,    acciocché    ella    in    noi    vana    e  oziosa 
non    rimanesse  ,    che  egli    la  volontà  ,    che 
io  dissi,  eziandio  aggiugnesse  in  noi  libera 
e  di  nostro  arbitrio  ,    con  la  quale  e    disi- 
derare  e  non  disiderore  potessimo  d'intor- 
no alle  altre  cose  ,  secondo  che  a  noi    ve- 
lìisse    parendo    il    migliore.    Cosi    avviene , 
ehe  nelle  naturali  e  primiere  nostre  voglie 


ir4  DF^I^I    ASOLANT 

tutti  amiamo  e  disideriamo  ad  un  modo , 
siccome  fanno  gli  altri  animali  medesimi  , 
i  quali  procacciano  di  vivere  e  di  bastare 
al  meglio  che  essi  possoi^a  ciascuno  ;  ma 
nelle  altre  non  così ,  perciocché  io  tale  ne 
potrò  amare  ,  che  non  amerà  Peiottiuo  , 
e  tale  amerà  egli  ,  che  io  per  avventura 
non  amerò  ,  o  egli  molto  V  amerà  ,  dove 
io  r  amerò  poco.  Ora  è  da  saper  quello  , 
di  che  jeri  Gismondo  ci  ragionò,  che  per- 
ciocché la  natura  non  s'inganna,  i  disii  che 
naturali  sono,  sono  slmilmente  buoni  sem- 
pre ,  né  possono  rei  essere  in  alcuna  ma- 
niera giammai  ,  ma  gli  altri ,  il  che  non 
ci  ragionò  g'à  jeri  Gismondo  ,  perciocché 
la  nostra  volontà  può  irgannarsi  ,  e  più 
sovente  il  fa  che  io  non  vorrei  ,  e  buoni 
e  rei  esser  possono  altresì ,  come  sono  i 
fini ,  a  cui  ella  dirizza  il  disio.  E  di  questa 
maniera  di  disii  è  quello ,  di  cui  ci  propo- 
se il  ragionare  Gismo))do  ,  ed.  il  quale 
amore  generalmente  chiamano  le  genti  tut- 
to di,  e  per  lo  quale  noi  amanti  comune- 
mente ci  chiamiamo  ;  conciossiacosaché  se- 
condo r  arbitrio  di  ciascuno  amiamo  ,  e 
disamiamo  ,  e  diversamente  amiamo,  e  uoa 
necessariamente  sempre  ,  e  tutti  quel  me- 
desimo ,  e  ad  un  modo  ,  siccome  avviene 
ne'  naturali  disii.  Perchè  egli  e  buono  e 
reo  esser  può  secondo  la  qualità  del  fine  , 
che  dalla  nostra  volontà  gli  é  dato.  Quan- 
tunque Gi-ìmondo  per  sostegno  delle  sue 
ragioni ,    che    cadeano  ,    co'  naturali    disii 


Libro  III.  2 1 5 

nel  mescolasse ,  volendoci  dimostrar  per 
questo  ,  che  egli  buono  fosse  sempre  ,  ne 
potesse  malvagio  essere  iu  alcun  tempo. 
Perciocché  chi  non  sa  ,  che  se  io  gentile 
e  valorosa  douna  amerò  ,  e  di  lei  lo  'nge- 
gno  ,  r  onestà  ,  la  cortesia ,  la  leggiadria  , 
e  r  altre  parli  dell'  animo  più  che  quelle 
del  corpo  ,  uè  quelle  del  corpo  per  se  , 
ma  in  quanto  di  quelle  dell'  animo  sono 
fregio  ed  adornamento  ;  chi  non  sa  dico  , 
che  se  io  cosi  amrrò  ,  il  mio  amore  sarà 
Luono  ,  perciocché  buona  sarà  ia  cosa  da 
me  amata  e  disiderata  ?  Ed  allo  'ncontro 
se  io  ad  amare  disonesta  e  stemperala  don- 
na mi  disporrò»  o  pure  di  casta  e  di  tem- 
perata quello,  che  suole  essere  obbietta 
d'  animo  disonesto  e  stemperato  ,  come  si 
potrà  dire  che  tale  amore  malvagio  e  fello 
non  sia;  conciossiacosaché  quello  che  si  cer- 
ca ,  è  in  se  medesimo  fello  e  malvagio  ? 
Certo  siccome  a  chi  ia  quella  giisa  ama  , 
le  più  volte  avviene  che  quelìe  venture  lo 
seguono,  che  ci  disse  Gismondo  che  segui- 
vano gli  amanti,  risvegliamento  d'ingegno, 
sgombramento  di  sciocchezza ,  accrescimen- 
to di  valore  ,  fuggimento  d'  ogiii  voglia 
bassa  e  villana  ,  e  delle  uoje  della  vita  in 
ogni  luogo  in  ogni  tempo  dolcissimo  & 
salutevolissimo  riparo  ;  così  a  chi  in  qvie- 
sta  maniera  disia ,  altro  che  male  avvenire 
non  gliene  può  :  perciocché  bene  spesso 
queir  altre  sciagure  lo  'ucontrano  ,  nell« 
quali  GÌ  mostrò  Perottiao^  cke  incontrava* 


2l(5  DF.GLl    ASOLANI 

no  gli  amanti  cotanle  e  così  gravi  :  scor- 
ni ,  sospetti  ,  pentimenti  ,  gelosie  ,  sospiri  , 
l;»grime  ,  dolori  ,  manche7za  (li  tutte  le 
buone  opere  ,  di  tempo  ,  d'  onore  ,  d'ami- 
ci ,  di  consiglio  ,  di  vita  ,  e  di  se  medesi- 
mo perdezza  e  distruggimenlo.  Ma  non 
credere  tuttavia  Glsmondo  ,  pcrcioccliè  io 
così  parli  ,  che  io  per  avventura  stimi 
buono  essere  lo  amare  nella  guisa  ,  che  tu 
ci  hai  ragionato.  Io  tanto  sono  da  te,  quanto 
tu  dalla  verità  lontano  ,  dalla  quale  ti  di- 
scosti ocni  volta  ,  che  fuori  de' termini  de' 
duo  primi  sentimenti  e  del  pensiero  ti  la- 
sci dal  tuo  disiderio  traportare  ,  e  di  loro 
amando  non  stai  contento.  Perciocché  è 
■verissima  opinione  a  nei  dalle  più  appro- 
date scuole  degli  antichi  diffinitori  lascia- 
ta ,  nulla  (i)  altro  essere  il  buono  amore  , 
che  di  bellezza  disio.  La  qual  bellezza  che 
cosa  è  ,  se  tu  con  tanta  diligenza  per  io 
addietro  avessi  d'  intendere  procacciato  * 
con  quanta  ci  hai  le  parli  della  tua  bella 
donna  voluto  jeri  dipingere  sottilmente, 
uè  come  fai  ,  ameresti  tu  già  ,  né  quel- 
lo ,  che  tu  cerchi  amando  ,  aresti  a  gli 
altri  lodato ,  come  hai .  Perciocché  ella 
non  è  altro  ,  che  una  grazia  ,  che  di  pro- 
porzione e  di  convenenza  nasce  e  d'armo- 
nia nelle  cose;  la  quale  quanto  è  più  per- 
fetta   ne'  suoi    suggelti ,    tanto    più    amabili 


(i)  Amor  buono  è  disio  di  bellezza. 


Libro  UT.  217 

essere  ce  gli  fa  ,  e  più  vaghi  ,  ed  è  acci- 
dente uei;li  nomini  non  meno  dell'animo, 
che  del  corpo.  Perciocché  siccome  è  hello 
qnel  corpo  ,  le  cui  raemhra  tengono  pro- 
porzione tra  loro  ,  così  è  hello  quello  ani- 
mo ,  le  cui  virtù  fanno  tra  se  armonia  ;  e 
tanto  più  sono  di  hellezza  partecipi  e  Tuno 
e  l'altro  ,  quanto  in  loro  è  quella  grazia  , 
che  io  dico  ,  delle  loro  parti  e  della  iorp 
convenenza  più  compiuta  e  più  piena.  E 
adunque  il  huon  amore  disiderio  di  hellez- 
za tale  ,  quale  tu  vedi  ,  e  d'  animo  pari- 
mente e  di  corpo  ,  ed  a  lei ,  siccome  a 
suo  vero  ohhietto  ,  hatte  e  stende  le  sue 
ali  per  andare.  Al  qual  volo  egli  due  fine- 
stre ha  ,  r  una  ,  che  a  quella  dell'  animo 
lo  manda  ,  e  questa  è  V  udire  ,  1'  altra  , 
che  a  quella  del  corpo  lo  porta  ,  e  questa 
è  il  vedere.  Perciocché  siccome  per  le  for- 
me, che  a  gli  occhi  si  manifestano,  quan- 
ta e  la  hellezza  del  corpo  conosciamo  9 
così  con  le  voci ,  che  gli  orecchi  ricevono, 
quanta  quella  dell'animo  sia,  comprendia- 
mo. JNè  ad  altro  fine  ci  fu  il  parlare  dalla 
natura  dato  ,  che  perchè  esso  fosse  tra 
noi  de'  nostri  animi  segno  e  dimoslramen- 
lo.  Ma  perciocché  il  passare  a'ioro  ohhielti 
per  queste  vie  la  fortuna  ed  il  caso  soven- 
te a' nostri  disiderj  tor  possono  da  loro, 
siccome  spes<?o  avviene,  lontanandoci;  che 
come  tu  dicesti  ,  a  cosa  ,  che  presente 
'  non  ci  sia  ,  1'  occhio  ,  ne  V  orecchio  non 
si  stende  ;  quella  medesinia  natura  ,   che  i 


2l8  DEGLI    A80LANT 

due  senllmentl  daii  u'avta,  ci  diede  pari" 
mtnfe  il  pensiero  ,  cn]  quale  potessimo  al 
godimento  delle  une  bellezze  e  delle  altre ', 
quandunque  a  noi  j  iacesse  ,  pervenire. 
Conciossiacosaché  ,  siccome  ci  ragionasti  tu 
ieri  lungamente  ,  e  le  bellezze  del  corpo  e 
quelle  dell'  animo  ci  si  rappresentano  col 
pensarvi  ,  e  pigliasene  ogni  volta  ,  che  a 
noi  medesimi  piace ,  senza  alcuno  osta- 
colo godimento.  Ora  siccome  alle  bellez- 
ze dell'  animo  aggiugnere  ,  ne  fiutando  , 
lìè  t(  ccando  ,  né  gustando  non  si  può  , 
cosi  non  si  può  né  piili  né  meno  eziandio 
a  quelle  del  corpo,  perciocché  questi  sen- 
timenti tra  le  siepi  di  più  materiali  obbiet- 
ti si  rinchiudono ,  che  non  fanno  quegli 
altri.  Che  perchè  tu  fiutassi  di  questi  fiori, 
o  la  mano  stendessi  tra  quc^t'  erbe  ,  o  gu- 
stassine,  bene  potresti  tu  sentire  quale  di 
loro  è  odorante,  quale  (i)  fiatoso,  quale 
amaro,  quale  dolce,  quale  aspero,  quale 
morbido  ;  ma  che  bellezza  sia  la  loro ,  se 
tu  non  gli  mirassi  altresì,  mica  non  potre- 
sti tu  conoscere  più  di  quello,  che  potesse 
conoscere  un  cieco  la  bellezza  d'una  dipin- 
ta immagine,  che  davanti  recata  gli  fosse. 
Perchè  se  il  buono  amore ,  come  io  dissi  , 
è  di  bellezza  disio ,  e  se  alla  bellezza  altro 
di  noi  e  delle  i>ostre  senlimenta  non  ci 
scorge ,  che  l'occhio  e  l'orecchio  ed  il  pen- 


(i)  Fi»loso  ,  cioi  puz^olentt. 


Libro  ITT.  21  q 

siero,  tutto  quello,  che  è  dagli  amanti  eoa 
gli  altri  sentimenti    cercato    fuori    di    ciò  , 
che  per    sostegno    della    vita    si    procaccia, 
non  è  buono  amore ,  ma  è  malvagio  ;  e  tu 
in  questa  parie  amatore  di  bellezza  non  sa- 
rai,   o    Gismondo  ,    ma  di  sozze  cose.  Per- 
ciocché   sozzo  e   laido  è  l'andar  di  qne'  di- 
letti cercando,  che  in  strariera  balia  dimo- 
rano, ed  avere  non  si  possouo  senza  occu- 
pazione   dell' altrui,    e    sono    in    se  stessi  e 
disagevoli  e  uocenli  e  terrestri  e  (i)  limac- 
ciosi: polendo  tu  di  quelli  avere,  il  godere 
de' quali  nella  nostra  potestà  giace,    e   go- 
dendone nulla   s'occupa   che    alcuno  tenga 
proprio  suo  ,  e  ciascuno    è  in  se    agevole  , 
innocente,   spiritale,    puro.    Questi  bastava 
che  tu  jeri  ci   avessi  lodati,   o  Gismondo  : 
questi    potrai    tu    ad    ogni    tempo    con    le 
prose  e  con    le  rime    innalzare:    che  sopra 
il  convenevole  senza  fallo  alcuno  essi  giam- 
mai non  saranno  innalzati.   Di  quegli  altri 
se  tu  pure  ragionar  ci   volevi ,  biasimando- 
gli a  tuo  potere  e   avvallandogli    dovevi  tu 
farlo  :  che  il  buono  amore  aresti  lodalo  ac- 
conciamente in  questa   guisa ,  dove  tu  l'hai 
sconciamente  in  quella  maniera  vituperato. 
11  quale  perciocché   grande    Iddio   si    dice 
essere,  io  ti  conforterei,  Gismondo ,  che  tu, 
ora  il  contrario  facessi  in  ammenda  del  tuo 
errore  di  quello ,  che  fé'  già  Stesicoro  negli 


(O    Limacciosi  y    cioè   gieni  di  Limo  ^   o    di  fango  y  o 
di  belletta . 


220  HECLl    A/SOLANI 

antichi  leiupì  in  ammenda  del  sno:  per- 
ciocché avendo  eijli  co' suoi  versi  la  Greci 
Elena  vituperala,  e  fatto  per  fjncslo  cicco, 
da  capo  in  sua  leda  rlcartandone  tornò 
sano.  Così  tu  ocgi  conlrariairicnte  tanto  di 
]oro  ci  rifavellassi  dispre7zari(logli ,  quanto 
tu  jcri  ci  hai  apprezztìndrgU  ragionalo,  e 
si  riaverai  tu  la  luce  del  diritto  giudicio, 
che  hai  perduta.  Tacque  l.av indio  così  un 
poco,  detto  che  egli  chbc  infin  qui,  e  co- 
n:e  avviene  che  si  fa  ragionando  (i)  foslatosi 
ricoglieva  spirilo  per  lijarlarc;  quando  la 
Bciua  soavemente  alquanto  sopra  se  recatasi 
così  a  lui  con  sereno  aspelfo  cominciò,  e 
disse:  Bene  avete  fatto  Lavinello,  per  certo 
a  sovvenirci  ora  di  quello,  poeti  e  versi 
ricordandoci ,  di  che  per  avventura  la  va- 
ghezza de'  vostri  ragioname^'ti  lacendol  voi 
ci  arcbhe  tenuta  obbliosa.  Perciocché  aven- 
do i  vostri  compagni,  siccome  noi  ahhiamo 
inteso,  tra  gli  loro  ragionamenti  di  questi 
dì  cotante  e  cosi  belle  rime  mescolate,  che 
le  vostre  donne  udite  hanno  ,  non  volete 
ancor  voi  ora  alcuna  delle  vostre  mescolare» 
e  tramettere  in  questi  parlari  ,  che  noi 
ezirsudio  ascoltiamo ,  poscia  che  le  loro  uon 
abbiamo  ascoltale  ?  Se  io  rime  avessi ,  Ma- 
donna,  rispose  con  riverente  fronte  Lavi- 
nello, le  quali  di  tanto  fossero  di  quelle 
de' miei    compagni  più  vaghe,    quanto  sete 


(i)  Sostatosi  y  cioè  fermatosi. 


Libro  III.  221 

Toi  tìelle  nostre  donne  maggiore,  io  per 
avveutura  potrei  oggi  senza  biasino  d'arro- 
ganza recitarne  alcuna,  siccome  essi  fecero 
jeri  e  dianz'  jeri  le  molte  loro,  che  voi  dite. 
Ma  io  non  le  bo  pure  di  gran  lunga  al 
nostro  picciolo  primicr  cerchio  b.jstevoli  , 
jì'^n  che  elle  ardissero  di  lasciarsi  in  così 
ampio  teatro  ,  quale  la  vostra  presenza  è  , 
in  alcuna  g.iisa  sentire.  Perchè  piaccia  più. 
tosto  a  vostra  Maestà  di  non  mi  porre  ad- 
dosso quel  peso,  che  io  portar  non  posso. 
Voi  di  troppo  ci  onorale,  riprese  la  Reina, 
eoa  la  vostra  grande  umanità,  e  le  vostre 
donne  si  porranno  di  voi  dolere,  le  quali 
noi  come  sorelle  onoriamo.  JMa  lasciando 
ciò  andare,  voi  di  certo  ci  fareste  ingiuria, 
se  di  quello  non  voleste  rallegrarci,  di  che 
hanno  i  vostri  compagni  le  loro  ascol- 
tatrici  rallegrate  ,  e  di  che  tuttavia  sentia- 
mo, che  sete  abbondevole  e  dovizioso  an- 
cor voi .  Per  la  qual  cosa  non  trovando 
Lavinello  via,  come  onestamente  ricusare 
gliele  potesse ,  dopo  altre  parole  sì  di  ma- 
donna Berenice,  che  la  Reina  cortesemente 
pregava  che  al  tutto  1©  facesse  dire  alcuna 
canzone,  e  sì  di  Gismondo,  che  diceva  che 
egli  n'era  maestro,  esso  così  disse:  Io  dirò. 
Madonna,  poi  che  così  piace  a  vostra  Maestà, 
e  dirò  pure,  come  io  potrò;  e  poscia  che 
a  questo  fare  mi  chiamate  ora ,  che  io  del- 
le tre  innocenti  maniere  di  diletti ,  che 
Lene  amando  si  sentono,  vi  ragiovava, 
quello  di  loro,  che    tre   mie  canzoni  nal;^ 


222  DrGLI     A SOLINI 

ad  un  corpo  ne  raccogliessero  già,  in  parte 
vi  l'accoutt.'iò,  acciocché  io  cosi  più  tosto 
questo  rischievole  passo  valicato  l'altri  par- 
te de'  miei  ragionamenti  possa  con  più  si- 
curo piede  fornire ,  e  ciò  detto  cosi  inco- 
mincio la  primiera. 

Perchè'' l  piacer  a  ragionar  ni  invoglia^ 
E  di  sua  propria  man  mi  detta  Amore , 
]Se  da  L'uri  né  da  V altro  ardisco  aitarmi; 
Sgomhrimisi  del  patto  ogni  altra  voglia , 
E  sol  questa  mercede  appaghi  il  core  ^ 
Tanto  di  io  dlca^  e  possa  contentarmi. 
CJi  ai)er  dinanzi  sì  bel  viso  panni y 
Si  pure  vociy  e  tanto  alti  pensieri , 
Clie  perdi  io  mai  non  speri 
Per  forza  di  mio  ingegno,  o  per  altr  arte 
Cose  leggiadre  e  nove , 
Che^n  milC  anni  volgendo  il  cielnonpiove, 
QuaC  io  le  stnto  al  cor ,  stender  in  carte  ; 
Pur  le  mìe  ferme  stelle 
Porban  ad  or  ad  or,  dì  io  ne  favelle. 
Era  ne  la  stagion  ,  che  '/  ghiaccio  perde 
Da  le  viole ,  e  '/  Sol  cangiando  stile 
La  faccia  oscura  a  le  campagne  ha  tolta  : 
Quando  tra  '/  bel  cristallo  el  dolce  verde 
jMli  corse  al  cor  la  mia  donna  gentile 'y 
Che  correr  vi  dovea  sol  una  volta. 
Alia  Ventura  in  quel  punto  avea  disciolta 
La  treccia  d'oro  :  e  quel  soave  sguardo 
Lieto  cortese  e  tardo 
ylrmavan  sì  felici  e  cari  Imni, 
Che  quant^  io  "vidi  poi 
Vago  amoroso  e  pelle.grln  fra  noi  y 


Libro  ITI.  22  3 

Rimembrando  di  lor  tenni  ombre  e  fumi  ; 
E  dicea  fra  me  stesso  : 
yljnor  senza  alcun  dubbio  è  qui  da  presso. 

Ben  diss^ loH  ver,  che  come  l  dì  col  Soie^ 
Così  con  la  mia  donna  ylìnor  ven  sempre^ 
Che  dn  begli  occJd  mai  non  s^allontana. 
Poi  senti    ragionando  dir  parole  ^ 
E  risonar  in  sì  soavi  tempre  , 
Che  già  non  mi  sembiar  di  lingua  umana, 
Correa  da  parte  un<i  chiara  fontana^ 
Che  vide  Vacque  sue  quel  dì  più  vive 
Avanzar  per  le  rive , 
E  'ncontro  i  raggi  de  le  luci  sante  ^ 
Ogni  ramo  inchinarsi 
Del  bosco  intorno^  e  piìk  frondoso  farsi  ^ 
E  fiorir  l'erbe  sotto  le  sue  piante  ^ 
E  quetar  tutti  i  venti 
Al  suon  de'' primi  suoi  beati  accenti. 

Quante  dolcezze  con  amanti  unquanco 
Non  eran  itate  certo  infin  quel  giorno^ 
Tutte  fur  meco  ;  e  non  la  scorsi  appena. 
Trincea  la  neve  il  vestir  puro  e  bianco 
Dal  collo  ci  piedi:  eV  bel  lembo  d' intorno 
Avea  virtù  da  far  l'aria  serena. 
L'andar  toglieva  V alme  a  la  lor  pena^ 
E  ristorava  ogni  passato  oltraggio  : 
Ma  V  parlar  dolce  e  saggio  , 
Che  ni  avea  già  da  me  stesso  diviso, 
E  i  begli  occhi ,  e  le  chiome  , 
Che  fur  legami  a  le  mie  care  soìne. 
De  le  cose  parean  di  paradiso 
Scese  qua  giuso  in  terra  ^ 
Per  d(ir,  &l  mondo  pace,  e  torli  guerrot 


224  DEGLI    ASOLA  NT 

Deh  se  per  ì72Ì'>  dentili  voci  morCali, 
E  san  eli  dotila  pur  queste  bellezze^ 
Beato  cìiì  l'ascolta ,  e  chi  la  mira  : 
J^da  se  noti  son\  chi  mi  darà  tinte  all^ 
Cli  LO  segua  leiy  s'avvien  eli  ella  non  p rezze 
Di  star   là  'x>e  si  piagne  e  si  sospirai 
Così  pensava:  e'n.  quanto  occh'O  si  gira^ 
T^idi  un^  che^l  dolce  volto  dlpingea 
Parte  ^  e  parte  scrivea 
Ne  l'alma  dentro  le  parole  el  suono 
Dicendo  :   queste  ornai 
Penne  da  gir  con  lei  tu  sempre  arai, 
jillor  mi  scossi:  e  qual  io  qui  mi  sono. 
Tal  la  mia  donna  bella 
M'era  nel  petto  in  viso  ed  in  favella, 
lìimanti  qui ,   Canzon  ;  poiché  de  l^alto 
Mio  tesoro  infinito 
Così  poveramente  t"  hai  vestito. 

Delta  questa  canzone  volea  Laviuell* 
a' suoi  ragionamenti  ritornare:  ma  la  Rei- 
na, che  del  suo  dire  di  tre  canzoni  nate 
ad  un  corpo  non  s'era  dimeaiicata;  esseu- 
donele  questa  piaciuta,  volle  che  egli  eziandio 
alle  altre  due  passasse:  onde  egli  la  se- 
conda in  questa  guisa  incominciando  segui- 
tò, e  disse: 

Se  ne  la  prima  voglia  mi  rinvesca 
Inanima  desiosa,  e  pur  un  poco 
Per  levarmi  da  lei  Vale  non  stende^ 
Meraviglia  non  è:  di  sì  dolce  esca 
Movono  le  faville  ,  e  nasce  il  foco , 


Libro  III,  2a5 

Clì  a  ragionar  di  voi  donna  ni  accende, 

T^oi  siete  dentro  :  e  ciò  che  fuor  risplende ^ 

Esser  altro  non  può  ,  che  vostro  raggio» 

Ma  per  eh'  io  poi  non  aggio 

In  ritrarlo  ad  altrui  le  rime  accorte  , 

Ben  ha  da  voi  radice 

Tutto  quel,,  che  per  me  se  ne  ridice'. 

Ma  le  parole  son  debili  e  corte'. 

Che  se  fosser  bastanti  , 

Ne  ""nvagliirei  mille  cortesi  amanti. 

Però  che  da  quel  dì,  clì  io  feci  in  prima 
Seggio  a  voi  nel  mio  cor,  altro  die  gioja 
Tutto  questo  mio  viver  non  è  stato. 
E  se  per  lunghe  prove  il  ver  s'estima, 
(Quantunque  dì  io  mi  viva,  o  dì  io  ini  moja^ 
Non  spero  d'esser  mai ,  se  non  beato  ; 
Sì  fermo  è  7  pie  del  mio  felice  stato  . 
E  certo  sotto  V  cerchio  de  la  luna 
Sorte  gìojosa  alcuna. 
Ed  un  ben,  quanto'' l  mio,  non  si  ritrova» 
Che  scaltri  è  lieto  alquanto , 
Immantenente  poi  V assale  il  pianto'. 
Ma  io  non  ho  dolor  ^   che  mi  rimoya 
Da  la  mia  festa  pura  , 
Vostra  mercè,  Madonna,  e  mia  ventura. 

E  se  duro  destin  a  ferir  viemmi 

Con  più  forza  talor ,  di  là  non  passa 
Da  la  spoglia,  ondalo  vo  caduco  e  frale; 
Che'' l piacer,  di  che  Amor  armato tiemmi^ 
Sostiene  il  colpo,  o  gir  oltra  noi  lassa. 
Ita  \e  sedete  voi  ,  che  V  fate  tale. 
Però  s"  io  vivo  a  tempo  ,  che  mortale 
Fora  ad  altrui,  non  è  per  proprio  ingegno^ 
Bembo  VoL  I,  i5 


22^  DFOLI    ASOT ANI 

Jo  per  Vìe  nacijiu  un  seono 
yid  o^ni  strul  de  le  sventure  umane  : 
Ma  i)oi  Siete  il  mio  schermo: 
E  perdi  io  sìa  di  mia  natura  infermo  » 
Sottri  7  caso  di  me  poco  rimane. 
Ijasso  ,  ma  chi  può   dire 
IjC  tante  guise  poi  dfl  mio  gioire  ? 

Che  spesso  un  giro  sol  degli  occhi  vostri^ 
Una  sol  ì'oce  lìi  allentar  lo  spirto 
Mi  l'Ssa  in  mezzo  7  cor  tanta  dolcezza^ 
Che  noi  ponan  contar  lingue  né  inchiostri', 
Aè  coA  7  verde  serva  Unirò  o  mirto  , 
Corìi  ei  le  forme  d'ogni  sua  vaghezza. 
Ed  ho  sì  Valma  a  questo  cibo  avvezza^ 
C  K  a  lei  piacer  non  può ,  né  la  dtsvia 
Cosa  ,  che  voi  non  sia , 
O  col  Vostro  pensar  non  s''accompagne; 
E  quando  il  giorno  breve 
Copre  le  rive  e  le  piaggie  di  neve; 
E  quando^l  lungo  infiannna  le  campagne ^ 
E   quando  aprono  i  fiori; 

quando  i  rami  poi  tornan  mmon. 

Gìgli y  c(dta  i  viole ^  acanto^  e  rose  ^ 
E  rubini^  e  zaffiri^  e  perle ^  ed  oro 
Scopro^  s'io  mito  ntl  bel  vostro  volto. 
Dolce  armonia  de  le  più  care  cose 
Sento  per  Caere    andar ,    e  dolce  coro 
Di  spiriti  celesti  y  s*  io  v  ascolto. 
Tutto  quel  y  che  diletta^  insieme  accolto 
E  p<nto  col  piacer ,  che  mi  trastulla 
òe  di  voi  penso ,  è  nulla  . 
JSe  g  arerei  cìì  Amor  tanto  s'avanzi , 
l^erclì  ha  la  face  e  Varco  j 


Libro  HI.  227 

Quanto  per  voi  mio  prezioso  incarco  : 
Kd  or  mei  par  veder ,  dì  a  voi  dinanzi 
Voli  superbo  ,  e  dica  : 
Tanto  son  io,  quanto  vìe  questa  amica» 
T^è  tu  per  gir,  Canzon,  ad  altro  albergo 
Del  mio  ti  partirai  \ 
Se  quanto  rozza  sei,  conoscerai, 

E  poi  di  questa  passò  Lavi  nello  ezian- 
dio alla  terza  senza  dimora ,  e  disse . 

Da  poi  cìì  Amor  in  tanto  non  si  stanca 
Dettarmi  quel ,   ond!  io  sempre  ragioni  ; 
E  V  piacer  più   die  mai  dentro  mi  punge^ 
Ancor  dirò  ;  ina  se  dal  vero  manca 
La  voce  mia,  madonna  il  mi  perdoni, 
Che''n  tutto  dal  nostr  uso  si  disgiunge. 
E  come  salirei ,   dov^  ella  aggiunge , 
Io  basso  e  grave  ed  ella  alta  e  leggerai 
Basti  mattino  e  sera 
Lì  alma  inchinarle,  quanto  si  convene', 
E  qualche  pura  scorza 
Segnar  allor,  cheH  gran  desio  mi  sforza. 
Del  suo  bel  nome,  e  le  più  fide  arene , 
Acciocché  V  mar  la  chiami , 
Ed  ogni  selva  la  conosca  ed  ami. 

Questo  faccia  il  desir  in  parte  sazio. 
Che  vorria  alzarsi  a  dir  de  la  mia  donna. 
Ma  tema  di  cader  lo  tiene  a  freno. 
E  se  per  le  sue  lode  unqua  mi  spazio  , 
67/'  è  ben  d'alto  valor  ferma  colonna  ; 
iVo«  è  però,  cK io  creda  dime  a  pieno ^ 
Ma  perdi  altrui  lo  stato  mio  sereno 


228  DEGLI     ASOLANI 

Cerco  mostrar,  che  sol  da  lei  diriva , 
Forza  è  talor^  eli  io  scriva , 
Coììioi^ni  mio  pensier  iriJi  si  miete', 

'    O  fli  quella  soave 
j^ura ,  che  del  mio  cor  volge  la  chiave^ 
O  pur  di  voi ,  che  7  mio  sostegno  siete. 
Stelle  lucenti  e  care , 
Se  non  quando  di  voi  ini  siete  avare. 

Voi  ditte  al  viver  mio  Pun  fido  porto  : 
Che  comedi  sol  di  luce  il  mondo  ingombra, 
E  la  nebbia  sparisce  innanzi  al  vento  ; 
Così  mi  vien  da  voi  gioja  e  conforto, 
E  così  d^ogni  parte  si  disgombra 
Per  lo  vostro  apparar  noja  e  tormento. 
U altro  è,  quando  parlar  madonna  sento. 
Che  d  ogni  bassa  impresa  mi  ritoglie:, 
E  quel  laccio  discioglie , 
Che  gli  animi  stringi  ndo  a  terra  inclina. 
Tal ^  eh  io  nd  Jido  ancora, 
Quand" io  sarò   di  questo   career  fora, 
F.ir  di  me  stesso  a  la  m  irte  rapina  ; 
E'' n  più  leggiadra  forma 
Rim-mer  degli  amanti  esempio  e  norma. 

Il  terzo  è  7  mio  so  Ungo  alto  pensiero , 
Col  qiial  entro  a  mirarla  ,  e  cerco,  e  giro 
Suoi  tanti  onor,  che  sol  un  non  ne  lasso: 
E  scorgo  il  bel  sembiante  umile  altero  , 
E  7  riso  ,  che  fa  dolce  ogni  martiro  , 
E''l  cantar,  che  pò  ùria  mollire  un  sasso. 
O  quante  cose  qui  tacendo  passo  , 
Cile  mi  stan  chiuse  al  cor  sì  dolcemente, 
jOL  raffermo  la  mente 
in  un  giardin  di  novi  fiori  eterno  : 


Libro  III.  229 

Ed  odo  a  dir  nelV  erba  , 
y4  la  tua  donna  questo  si  riserba  : 
Ella  potrà  qui  far  La  state  e  V  verno. 
JJi  co ta"*  viste  vago 
Pascomi  sempre^  e  d'altro  non  irC appago* 

E  chi  non  sa^  quanto  si  gode  in  cielo 
Vedendo  Dio  per  Vanirne  beate 
Provi  questo  piacer ,  di  eli  io  gli  parlo. 
Da  quel  dì  innanzi  mai  caldo  né  gelo 
Non  temerà^  né  altra  indignitate 
jirdirà  de  la  ruta  unque  appressarlo', 
E  pur  eli  un  poco  mova  a  salutarlo 
Madonna  il  dolce  e  grazioso  ciglio  ^ 
Più  di  nostro  consiglio 
Non  avrà  uopo^  e  vincerà  il  destino'. 
Che  quelle  vaghe  luci 
^  salir  sopra  7  del  gli  saran  duci  ; 
E  mostrerangll  il  piti  dritto  camminox 
E  potrà  gir  volando 
Ogni  cosa  mortai  so'^to  lasciando . 

Ove  ne  vai,   Canzon ,  scannerà  è  meco 
Uuna  compagna  e  Valtral 
Già  non  sei  tu  di  lor  più  ricca  0  scaltra^ 

Ispeditosi  Lavinello  del  dire  delle  tre 
canzoni  ,  i  suoi  primieri  ragiouaraeuti  cosi 
riprese: 

Questo  poco ,  ]\Tadonna  ,  che  io  v'  ho 
fin  qui  detto ,  sarebbe  alle  nostre  donne 
potuto  per  avventura  bastare  per  dimo- 
straraenlo  della  menzogna  ,  che  l' uno  e 
r  altro  de'  miei  corapagrù  sotto  le  molte 
falde   delle  loro  dispute  aveauo  questi  gior- 


2.So  DKGLI  ASOLANI 

ni  ,  siccome  udito  avete  ,  assai  acconcia- 
mente nascosa,  ma  non  a  voi  ,  ne  pure  alla 
vostra  fanciulla  ,  che  così  vagamente  Y  al- 
tr'jeri  alle  tavole  di  vostra.  Maestà  cantan- 
do ci  mostrò  qtiello  ,  che  io  dire  ne  do- 
vea  ,  poscia  che  i  miei  compagni  per  le 
pedate  dell'  altre  due  mettendosi  aveano  a 
tacerlo.  Nella  qual  cosa  tuttavia  ben  prov- 
vide senza  fallo  alcuno  al  mio  gran  biso- 
gno la  fortuna  di  questi  ragionamenti. 
Perciocché  andando  io  questa  mattina  per 
tempo  da  costor  toltomi  e  del  castello 
uscito  solo  in  su  questi  pensieri  ,  posto  il 
pie  ìq  una  vietta  ,  per  la  quale  questo 
colle  si  sale  che  e'  è  qui  dietro  ,  senza  sa- 
pere dove  io  m'  andassi  ,  perveani  a  quel 
boschetto,  che  la  più  alta  parte  della  vaga 
montagnetta  occupando  cresce  ritoado  , 
come  se  egli  vi  fosse  stato  posto  a  misura. 
jNon  ispiacqne  agli  occhi  miei  quello  in- 
contro ;  anzi  rotto  il  pensar  d'  amore  ed 
in  sul  pie  fermatomi,  poscia  che  io  mirato 
r  ebbi  così  dal  di  fuori  ,  dalli  vaghezza 
delle  belle  ombre  e  del  selvareccio  silenzio 
invitato  mi  prese  disiderio  di  passar  tra 
loro  ,  e  messomi  per  un  sentiero,  il  quale 
appena  segnato  dalla  vietta  ove  io  era  di- 
partendosi nella  vaga  selva  entrava  ,  e  per 
entro  passando  non  ristetti  prima,  sì  m'eb- 
be in  uno  aperto  non  molto  grande  il  (i) 


(t)  Poco  parcfolt,  cwè  poco  apparente. 


Libro  HI.  iSi 

poco  parevole  tramltello  portato  .  Dove 
come  10  fui ,  cosi  dall'  uuo  de'  canti  mi 
•veune  una  capaniiuccia  veduta,  e  poco  da 
lei  discosto  tra  gli  alberi  un  uom  lutto 
solo  Itiitamente  passeggiare  caiiutissimo  e 
barbuto  e  vestito  di  panno  simile  alle  cor- 
teccie  de'  querciuoli  ,  tra'  quali  egli  era. 
Non  s'era  costui  avveduto  di  me,  il  quale 
in  profondo  pensiero  essendo  ,  siccome  a 
me  parea  di  vedere  ,  tale  volta  nello  spa- 
ziare si  fermava  ,  e  stalo  eh'  egli  era  cosi 
un  poco  ,  a  passeggiare  lento  lento  si  ri- 
tornava ,  e  cosi  più  volte  fatto  avea  , 
quando  io  mi  pensai  che  questi  potesse 
essere  quel  santo  uomo  ,  che  io  avea  udi- 
to dire  che  a  guisa  di  romito  si  stava  ia 
questo  d'intorno  ,  venutovi  per  meglio  po- 
tere nello  studio  delle  sante  lettere  dimo- 
rando pensale  alle  alte  cose.  Perchè  volen- 
tieri mi  sarei  fatto  più  avanti  per  salutar- 
lo ,  e  se  egli  era  colui  ,  che  io  istimava 
che  egli  fosse  ,  ricordandomi  che  io  avea 
oggi  a  dire  dinanzi  a  vostra  Maestà  ,  per 
avere  da  lui  eziandio  alcun  consiglio  d' in- 
torno a'  ml(  i  rai^ioiameuti.  Perciocché  io 
avea  inteso  che  e^jli  era  sce  ziatissimo  ,  e 
che  con  tutto  che  egli  fosse  di  santa  e  di- 
sagevole vi'a  ,  siccome  quegli  che  di  radici 
d'  erbe  e  di  coccole  salvatiche  e  d'  acqua 
e  sempre  solo  vivea  ,  egli  era  nontlimtno 
affabilissi  no ,  e  poteasi  di  ciò,  che  altri 
avesse  voluto  ,  sicuramente  dimandarlo  , 
che  egli    a  ciascuiio    sempre  dolce  e  uma= 


2^2  DEGLI    ASOLANI 

Dissimo  rispondea.  Ma  villania  mi  purea 
fare  a  torlo  da'  suoi  pensieri  ,  e  cosi  mi- 
randolo mi  (i)  stava  in  pendente.  Né  stetti 
guari ,  che  egli  si  volse  verso  la  parie  , 
dove  io  era  ,  e  veggendoml .  occasione  mi 
diede  a  quello,  che  io  cercava.  Perciocché 
incontro  passandogli  con  molta  riverenza  il 
salutai.  Stette  nel  mio  saluto  alquanto  so- 
pra se  il  santo  uomo ,  e  poi  verso  me 
con  miglior  passo  facendosi  disse  :  Dunque 
sei  tu  pure  qui  ora  il  mio  Lavinello  :  E 
questo  detto  ravvicinatomisi  e  di  me  amen- 
due  le  gote  soavemente  prendendo  mi 
basciò  la  fronte.  Nuova  cosa  mi  fu  senza 
fallo  alcuno  1*  essere  quivi  cosi  amichevol- 
mente ricevuto  e  per  nome  chiamato  da 
colui  ,  del  quale  io  alcuna  contezza  non 
avea  ,  né  sapea  in  che  modo  egli  avere  di 
me  la  si  potesse.  Perchè  da  subita  maravi- 
glia soprappreso ,  e  mirando  colai  mezzo 
con  vergogna ,  il  santo  uomo  pure  per 
vedere  se  io  racconoscere  nel  potessi  ,  e 
non  racconoscendolo ,  siccome  quello,  che 
io  altra  volta  vedulo  non  avea  ,  stetti  per 
buono  spazio  senza  nulla  dire  infinoattan- 
to  ,  che  egli  con  un  dolce  sorriso  del  mio 
maravigliare  raiostrò  che  s'accorgesse.  Laon- 
de io  preso  ardire  così  risposi:  Qui  è  ora. 
Padre  ,    Lavinello   per  certo  ,    siccome    voi 


(i)  Stare  in  pendente  y  cioè  in  dubbio  ,    è  bel  mod» 
di  dire. 


Libro  III.  233 

dite  ,  non  so  se  a  caso  venutoci  ,  o  pure 
per  volere  del  cielo.  Ma  voi  il  fate  sopra 
modo  maravigliare  ,  nò  sa  pensare  come 
ciò  sia  ,  che  voi  lui  conosciate,  il  quale  né 
in  questo  luogo  fu  altra  volta  più  ,  né  vi 
vide  ,  che  egli  sappia  ,  giammai.  Allora  il 
buon  vecchio ,  che  già  per  mano  preso 
m'avea ,  movendo  verso  la  capanna  il  pas- 
so con  lieto  e  tranquillo  sembiante  disse  : 
Io  non  voglio,  Lavinello  ,  che  tu  di  cosa  , 
che  ad  alto  possa  piacere ,  ti  maravigli. 
Ma  perciocché  tu  ,  come  io  veggo  ,  a  pie 
qui  dal  castello  venuto  salendo  il  colle 
puoi  avere  alcuna  fatica  sostenuta  più  to- 
sto che  no,  siccome  dilicato,  che  mi  pare 
che  tu  sii  ,  andiamci  colà  ,  e  sì  sederai ,  e 
io  ti  terrò  volentieri  com]Tagnia  ,  che  non 
sono  perciò  il  più  gagliardo  uom  del  mon- 
do ,  e  quello  ,  che  io  so  di  te  ,  sedendo  e 
riposando  ti  farò  chiaro.  Indi  con  pochi 
vale  hi  sotto  alcune  ginestre  guidatomi  , 
che  dinanzi  la  picciola  casa  erano  ,  sopra 
il  piano  d'  un  tronco  d'  albero  ,  il  quale 
lungo  le  ginestre  posto  a  lui  e  a'  suoi 
osti  semplice  e  bastevole  seggio  facea  ,  si 
pose  a  sedere  ,  e  volle  che  io  sedessi ,  e 
poi  che  m'ebbe  alquanto  lasciato  riposare , 
incominciò:  Tanto  è  largo  e  cupo  il  pela- 
go della  divina  provvidenza  ,  o  Figliuolo  , 
che  la  nostra  umanità  in  esso  mettendosi  , 
né  termine  alcuno  vi  truova  ,  né  in  mez- 
zo può  fermirsi  ;  perciocché  vela  di  mor- 
ule ingegao  tauto  oltre  non  porta,  e  fune 


2!?4  DEGLI    ASOLANI 

di  nostro  guidicio  ,  per  molto  clie  ella  vi 
si  stenda  ,  no  i  bast^  a  pigliar  fondo  ,  in 
roanieia  che  bine  si  veggono  molte  cose 
tutto  di  avvenire  volute  e  ordinate  da  lei; 
ma  come  elle  avve  gano  ,  o  a  che  fine  , 
noi  non  sappiamo  »  siccome  ora  in  questo 
mio  co  loscerli  ,  di  che  ti  maravigli  ,  è 
avvenuto.  E  così  seguendo  mi  raccontò  , 
che  dormendo  egli  questa  notte  prossima- 
mente passata  gli  era  nel  sonno  parato 
vedermi  a  se  venire  tale  ,  quale  io  venni  : 
e  dettogli  chi  io  era,  e  tutti  gli  accidenti  di 
questi  due  passati  giorni ,  e  le  nostre  dis- 
pute ,  e  il  mio  dover  dire  d'oggi  alla  pre- 
senza di  vostra  Maestà ,  e  qu<dlo  che  io  in 
parte  pensava  di  dirne  ,  che  è  quanto  te- 
slè  udito  avete  ,  raccontatogli  ,  dimandarlo 
di  ciò  che  ne  gli  paresse,  e  che  esso  d'in- 
torno a  questo  faito  dicesse,  se  a  lui  con- 
venisse ragionarne ,  come  a  me  conveniva. 
Laonde  egli  con  questa  immaginazione  de- 
statosi e  levatosi  buona  pezza  v'avea  pensa- 
lo ,  e  tuttavia  ,  quando  io  il  soproggiunsi , 
vi  pensava.  Di  che  egli  a  guisa  di  cono- 
sciuto mi  ricevette,  e  a  se  già  per  la 
contezza  della  notte  fatto  dimestico  e  fami- 
gliare. Crebbe  in  cento  doppi  la  mia  dian- 
zi presa  maraviglia  ,  udendo  il  santo  uo- 
mo ,  e  la  credenza  ,  che  io  vi  recai  della 
s<.)a  santità,  divenne  senza  fine  maggiore: 
e  cosi  tutto  d'orrore  e  di  riverenza  pieno» 
come  esso  tacque  :  Ben  veggio  io  ,  dissi 
Padre ,  che  io   non  senza  volere  degl'  Iddii 


Libro  ITI.  235 

qui  sono ,  a'qiiali  voi  cotanto  siete ,  quan- 
to si  vede ,  caro.  Ora  perciocché  si  dee 
credere  che  essi  con  l'avuta  visione  v*abhia- 
no  dimostrato  essere  di  piacer  loro  che 
voi  a  questo  mio  maggiore  uopo  ajuto  e 
consiglio  mi  prestiate  ,  credo  io  acciò  che 
la  nostra  Reina  dolce  cu.ra  della  loro  Mae- 
stà non  come  io  posso  ,  ma  come  essi  vo- 
gliono ,  s'  o:iori ,  piacciavi  al  voler  loro 
soddisfare ,  che  al  mio  oggimai  non  debbo 
io  dir  più.  Anzi  pure  a  colui  piaccia  ,  al 
quale  ogni  ben  piace  ,  che  io  al  tuo  desi- 
derio possa  con  la  sua  volontà  soddisfare  , 
così  rispose  il  santo  uomo.  E  così  risposto^ 
e  gli  occhi  verso  il  cielo  alzati  e  per  pic- 
ciolo spazio  con  fiso  sguardo  teuutovegli  , 
a  me  rivolto  in  questa  guisa  riprese  a  di- 
re :  Grande  fascio  avete  tu  e  i  tuoi  com- 
pagni abbracciato,  Laviuello,  a  me  oggimai 
non  meno  di  figliuol  caro ,  a  dir  d'Amore 
e  della  sua  qualità  prendendo  ,  sì  perchè 
infinita  è  la  moltitudine  delle  cose  ,  che 
dire  vi  si  posson  sopra  ,  e  sì  ancora  mag- 
giormente ,  perciocché  tutto  il  giorno  tut- 
te le  genti  ne  quistionano ,  quelle  parti  ad 
esso  dando  ,  che  meno  gli  si  converrebbe 
dare  ,  e  quelle  ,  che  sono-  sue  certissime  , 
proprissime  ,  necessarissime  tacendo  e  da 
parte  lasciando  per  non  sue  ,  la  qual  cosa 
ci  fa  poi  più  malagevole  il  ritrovarne  la 
verità  contro  le  opinioni  degli  altri  uomini , 
quasi  allo  'ndietro  camminando.  Non  per- 
tanto non  dee  alcuno  di  cercarne   s|)avea- 


236  DEGLI    ASOLANI 

tarsi,  e  percliè  falicoso  sia  il  poter gingnc- 
re  a  questo  seano ,  ritrarsi  da  farne  pruo- 
va.  Perciocché  di  ]  oche  altre  cose  può 
avvenire  ,  o  forse  di  no|i  niuna  ,  che  lo 
infendere  ciò  che  elle  sono  ,  più  ci  debba 
esser  caro,  che  il  sapere  che  cosa  è  Amo- 
re. 11  che  quanto  a  voi  sia  ora  nelle  di- 
spute de'  tuoi  compagni  ,  e  in  quello  che 
la  siimi  di  poterne  dire,  avvenuto,  e  chi 
più  oltre  si  sia  fallo  di  questo  intendimen- 
to ,  e  chi  meno  ,  ne  rimetto  io  a  madon- 
na la  Reina  il  giudicio.  Ma  dello  avere 
avuto  ardire  di  cercarne  ,  bella  loda  dare 
vi  se  ne  conviene.  Tuttavolta  se  a  te  gio- 
va che  io  ancora  alcuna  cosa  ne  rechi  so- 
pra ,  e  più  avanti  se  ne  cerchi,  facciasi  a 
tuo  soddisfacimento  ,  pure  che  non  istimi 
che  la  verità  sotto  queste  ginestre,  più  che 
altrove,  si  stia  nascosa.  E  affine  che  tu  in. 
errore  non  islii  di  ciò,  che  detto  hai,  che 
amore  e  disiderio  sono  quello  stesso,  io  ti 
dico  ,  che  ecli  nel  vero  non  è  così.  Ma 
vegga  SI  prima  ,  che  cosa  in  noi  ,  o  pure 
che  parte  di  noi  è  Amore  ,  dipoi  che  egli 
non  sia  disiderio  ,  ti  farò  chiaro.  E  adun- 
que da  sapere  ,  che  sic»  ome  nella  nostra 
intellettiva  (i)  parte  dell'animo  sono  pure 
tre  parli  ,  o  qualità  ,  o  spezie  ciascuna  di 
loro  differente  dall'  alt»  e  e  separata  :    per- 


(v)  La    parte  intellettiva    dell'  animo  è  divisa  in  tre 
spezie. 


Libro  ITI.  287 

ciocche    v'  è    primieramente    V  intelletto  , 
che  è  la  parte  di  lei  acconcia  e  presto  al- 
lo 'utenJere  ,    e  può  nondimeno  ingannar- 
si :    v'  è  per  secondo  lo  intendere  ,    che  io 
dico  ,  il  quale  nnn  sempre  ha  luogo  ;  che 
non    sempre     s'   intendono    le    infelligihiii 
cose  ;    anzi  non    1'  ha    egli  ,  se    non  tanto, 
quanto    esso    intelletto  si    muove    e    \olge 
con     profitto    d'  intorno  a  quello  ,    che    a 
'  lui  è  proposto  per  intendersi  e  per   saper- 
si :    evvi  dopo  queste    ultimatamente ,  e  di 
loro  nasce    quella  cosa  o  luce  ,  o  immagi- 
ne ,  o  verità  ,  che  dir  la  vogliamo  ,  che  a 
noi  bene  intesa  si  dimostra  ,  frutto  e  par- 
to delle  due  primiere,  la  qual  tuttavia    se 
è  male  intesa  ,    né  verità  ,    ne    immagine  , 
ne  luce  dire  si   può  ;   ma  caligine    e  abba- 
gliamento   e    menzogna  :    così    uè    più    né 
meno  sono  nella  nostra  vogliosa  parte    del 
medesimo    animo    pure  tre  (1)    spezie  per 
gli    loro     ufficii  propria    e    dall'  altre  due 
partita    ciascuna.    Conciossiacosaché  v'  è  di 
prima    la  volontà  ,  la    qual  può    e    volere 
parimente  e  disvolere  ,  fonte  e  capo    delle 
due    seguenti  :    e   che  v'  è  dopo  qnesla    il 
volere  ,  di  cui  parlo ,  e  ciò  è  il  disporsi  a 
mettere  in  opera  essa  volontà  o  moho  ,    o 
poco  ,  o  ancora  contrariamente,  che  è  dis- 
volendo :     e    che    v'  è  per    ultimo  quello  , 
che  di    queste  due  si    genera  :    il    che    se 


(t)  Tre  specie  della  parte  vogliosa  dell'  animo. 


238  DEGLI   ASOLÀNI 

piace  ,  amore  è  detto  ;  se  dispiace  ,  odio 
per  lo  suo  contrario  necessariamente  si 
convien  dire.  INasce  adunque  (i)  amore, 
Lavinello,  e  creasi  nella  guisa  ,  che  tu  hai 
veduto  ,  td  è  in  noi  ,  o  di  noi  quella  parte, 
che  tu  intendi.  Ora  che  egli  non  sia  disi- 
derio  ,  in  questo  modo  potrai  vedere.  Per- 
ciocché hene  è  vero  ,  che  desiderar  cosa 
per  noi  nun  si  può,  che  non  s'ami;  ma 
non  perciò  ne  viene,  che  non  s'ami  cosa  , 
che  non  si  disideri  altresì  :  perciocché 
se  n'amano  molte,  e  non  si  disiderano,  e 
ciò  sono  tutte  quelle  ,  che  si  posseggono. 
Che  tosto  che  noi  alcuna  cosa  possediamo, 
a  noi  manca  di  lei  il  disiderio  in  quella 
parte  ,  che  noi  la  possediamo ,  e  iu  luogo 
di  lui  sorge  e  sottentra  il  piacere.  Che  al- 
tri non  disidera  quello  ,  che  egli  ha  ,  ma 
egli  se  ne  diletta  goder.done  :  e  tuttavia 
egli  l'ama  ed  hallo  caro  vie  più  che  pri- 
ma ,  siccome  fai  tu  ,  il  quale  mentre  an- 
cor bene  T  arte  del  verseggiare  ,  e  dtl  ri- 
mare non  sapevi,  sì  l'amavi  tu  assai  ,  sic- 
come cosa  bella  e  legg'adra  ,  che  ella  è  , 
ed  insieme  la  disideravi.  Ma  ora  ,  che 
1'  hai  ,  ed  usar  la  sai  ,  tu  più  non  la  disi- 
deri, ma  solamente  a  te  giova  ed  etti  caro 
di  saperla,  ed  amila  molto  ancor  più,  che 
tu  prima  che  la  sapessi  e  possedessila,  non 
facevi.  La  qual  cosa  meglio  ti  verrà  parendo 
vera,  se  tu  a  quello,  che  odio  e  timor  siano, 

(i)  Amort  e  desiderio. 


Libro  III.  289 

parimente  lisgiiarderai.  Percloccìiè  quantun- 
que temere  di  ninna  cosa  lion  si  pos^a,  <*he 
non  s'abbia  in  odio  ;  pure    egli  non  è  che 
alle  volte  non  s'o  lii  alcuna   cosa    senza  te- 
merla.  Che  tu  puoi  avere  in  odio  i  vioL.tori 
delle  mogli  altrui,    e  di  loro  tuttavia   non 
temi ,  perciocché  tu   moglie    non   hai ,  che 
essere  ti  possa   violata  .li  io  in    odio    ho    i 
rubatori  dell' ali  iui  ricrhtzze,  re  perciò  di 
lor  temo,  che  io   non    ho   ricrhczza  da  te- 
merne, rome  tu  vedi.   Per  la  qual  cosa  iie 
segue ,  che  siccome  odio  può  in  noi  essere 
senza    timore,    cosi   vi    può    amoie    essere 
senza  disio.  INon  è    adunque    di-io    amore, 
ma  è  altro.  Tutlavir\  io  non  voglio,  Laviiiel- 
lo,  ragionar  teco  e  di^]1utare  così  sonilmeu- 
te  ,  come  per  avventura  farei  tra  filosa  h  e 
nelle    scuole,     E    sia    per    me ,  .se  così  a  te 
piace  ,  amore  e  desiderio  quello  stesso .  Ma 
io  sapere  da  te  vorrei,    poscia  che  tu  questa 
notte  detto  m'  hai  ,    che  amore  può  essere 
e  buono  e  reo  secondo  la  qualità  degli  ob- 
bietti e  il    fine    che  egli  è  daio,    ptrthè  è 
che    gli    amanti   alle    volte    s'appigliano    ad 
obbietti  malvagi    e  cattivi?  INon  è  egli  per- 
ciò, che   essi  nello  amare  il  senso  seguono, 
che  la  ragione?  Non  per    altro   che    io  mi 
creda,  risposi.  Padre,  che  per  cotesto.  Ora 
se  io  ti   dimanderò    allo' incontro,    seguitò 
il  santo  uomo,  perchè  avviene  che  gli  aman- 
ti eziandio   (i)    s'invogliano    degli    obbietti 


(i)  S' invogliano  f  cioè  prendono  voglia. 


24-0  DEGLI    ASOLANI 

convenevoli  e  sani ,  non  mi  risponderai  tu 
ciò  avvenire  per  questo  ,  che  essi  amando , 
quello  che  la  ragione  detta  loro  più  seguo- 
no, che  quello  che  il  senso  pon  loro  in- 
nanzi? Così  vi  risponderò,  dissi  io,  e  non 
altrimenle.  E  adunque,  diss' egli ,  ne  gli 
uomini  il  seguir  la  ragione,  più  che  il 
senso ,  buono  :  a  allo  'ncotro  il  seguire  il 
senso  ,  più  che  la  ragione ,  reo  .  E ,  dissi 
io ,  senza  fallo  alcuno.  Ora  mi  di' ,  riprese 
egli,  che  cagione  fa  ,  che  negli  uomini  se- 
guire il  senso  più  che  la  ragione,  sia  reo? 
Fallo,  risposi,  ciò,  che  essi  la  cosa  miglio- 
re abbandonano,  che  è  la  ragione,  ed  es- 
sa lasciano,  che  appunto  è  la  loro;  laddove 
alla  men  buona  s'appigliano,  che  è  il  senso 
ed  esso  seguono,  che  non  è  il  loro.  Che  la 
ragione  miglior  cosa  non  sia,  che  il  senso, 
io,  diss'egli ,  non  ti  niego  :  ma  come  di'  tu 
che  il  senso  non  è  il  loro,  non  è  egli 
degli  uomini  il  sentile?  A  quello  che  io 
avvedere  me  ne  possa,  Padre,  voi  ora  mi 
tentate,  risposi;  ma  io  nondimeno  vi  ubbi- 
dirò, e  dissi:  Siccome  nelle  scale  sono  gra- 
di, de' quali  11  primiero  e  più  basso  ninno 
n'ha  sotto  se,  ma  il  secondo  ha  il  primo, 
e  il  terzo  ha  l'uno  e  l'altro  ,  e  il  quarto 
tutti  e  tre  ;  cosi  nelle  cose ,  che  Dio  create 
ha  iufino  alla  spezie  degli  uomini ,  dalla  j 
più  vile  incominciando  essere  si  vede  av 
venuto.  Perciocché  sono  alcune,  che  altro  j 
che  l'essere  semplice  non  hanno,  siccome 
sono  le  pietre,  e  questo  morto  legno,  che 


Libro  IIT,  341 

aoi  ora    sedendo    premiamo.    Altre    hauuo 
l'essere  e  il  vivere  ,    siccome    souo  tutte  le 
erbe,  tutte  le  piante.  Altre  hinno  Tessere 
e  la   vita  e  il  senso,  siccome    han-io   le  tìe- 
re.  Altre    poi  sono,   che  hanno  l'essere    e 
la  vita    e  il    senso    e    la  ragione,  e  questi 
siara  noi.  Ma  perciocché  quella  cosa  più  si 
dice  esser  di  ciascuno,  che  altri  meno  ha, 
come  che  Tessere  e  il  vivere  sicno  parimente 
delle  piante  ;  non  si  dice   tuttavia  ,  se  non 
che  il  vivere  è  il  loro ,  perciocché  Tessere 
delle  pietre  è ,  e  di  molte  altre   cose  pari- 
mente ,  delle  quali   non  è  poi  la    vita  .     E 
quantunque  Tessere  e  il  vivere  e  il  sentire 
sieno  delle  fiere,  come  io  dissi,  medesima- 
mente ciascuno,    non    per    tanto  il  sentire 
solamente  si  dice  essere  il  loro ,  perciocché 
il  vivere  essi  hanno  in  comune  con  le  piante 
e  con  le  pietre ,  delle  quali  non  è  il   sen- 
tire. Simigliantemente    perchè    Tessere  e  il 
vivere  e  il  senso  e  la  ragione  sieno  in  noi, 
dire  per  questo  non  si  può  che  Tessere  sia 
il  nostro,  o  il  vivere,  o  il  sentire,  che  sono 
dalle  tre  maniere,  che  io  dico,  avute  me- 
desimamente, e  non  pur  da  noi;  ma  dicesi, 
che  é  la  ragione ,  di  cui  le  tre  guise  delle 
create  cose  sotto  noi  non   hanno  pai  te.  Se 
cosi  è ,  disse  allora  il  sauto   uomo ,  che  la 
ragione  sia  degli  uomini    e    il    senso    delle 
fiere ,  perciocché  dubbio  non  è  che  la  ra- 
gione   più    perfetta    cosa    non    sia ,   che   il 
senso,  quelli  che  amando  la  ragione  seguo- 
no ,  ne'  loro   amori    la    cosa    più    pei  fetta, 
Bembo  VoU  l,  l^ 


554*  r>EGLl    ASOLA.NI 

geijwenclo    fanno    intanto    come   uomìiìi  ;  e 

•  •  1  • 

qutill  che  seguono  il  senso,  dietro  alla  me- 
no   perfetta    mettendosi   fanno  come  fiere. 
Così  non  fosse  egli  da  questo  canto,  rispo- 
si io  ,  Padre  ,  vero  cotesto  ,    che  voi  dite  , 
come  egli  è.  Adunque  possiamo  noi  la  mi- 
glior parte   nello  amare  abbandonando,  dis- 
s'  egli ,  che  è  la  noitra,  alla  men  buona  appi- 
gliarci, che  è  l'altrui?  Possiamo,  rispos'io, 
per  certo.  Ma  perchè  è ,  diss'  egli,  che  noi 
questo  possiamo?  Perciocché  la  nostra  volon- 
tà ,  risposi,  con  la  quale  ciò  si  fa  o  non  fa, 
è  libera  e  di  nostro  arbìtrio,  come  io  dissi, 
e  non  stretta,  o  più  a  questo  che  a  quello 
seguire  necessitata.  Ora  le  fiere  ,  seguitò  egli, 
possono    elleno  ciò  altresì  fare,  che  la  mi- 
glior parte,  e  quella  ,  che  è  la  loro,  abban- 
donino e  a  dietro  lascino  giammai?   lo  di- 
rei  che   esse  abbandonare  non  la   possono  , 
ri'^posi  ,  se   non    sono  da    istrano    accidente 
violeutate.   Perciocché  ad  esse  volontà  libe- 
ra non  è  data ,  ma   solo  appetito ,  il  quale 
dalla  forma  delle  cose  islrane  con  lo  stru- 
mento delle  sentimenta  invitato  sempre  die- 
tro al  senso  si  gira.   Perciocché  il  cavallo  , 
quandunque    volta    a   bere    ne    lo  'nvita   il 
gusto ,  veduta  l'acqua  egli  vi  va ,  e  a  bere 
si  china,    dove    la    briglia    ritraendo   non 
glielo  vieti  colui ,    che  gli  è  sopra.  Quanto 
■vorrei  che  tu    altramente    m'avessi    potuto 
rispondere,  Lavinello,  disse  il  santo  uomo. 
Perciocché  se  noi  possiamo  ne'  nostri  amori 
^lla  men  buona  parte  appigliandoci  la  mi< 


Libro   III.  243 

gliore  abbandonare ,  e  le  fiere  non  possono, 
esse  non  operando  come  piante,  e  noi  ope- 
rando come  fiere,  peggior  condizione  pare 
che  sia  in  questo  la  nostra,  figliuolo,  a  quello 
che  ne  segue,  che  non  pare  la  loro;  e  que- 
sta nostra  volontà  libera  ,  che  lu  di'  a  no- 
stro male  ci  sarà  suta  data,  se  questo  è  vero. 
E  potrassi  credere  che  la  natura  quasi  pen- 
tita d'avere  tanti  gradi  posti  nella  scala 
delle  specie  ,  che  tu  di',  poscia  che  ella  ci 
ebbe  creati  col  vantaggio  della  ragione,  più 
ritorre  non  la  ne  potendo,  questa  libertà 
ci  abbia  data  dell'  arbitrio,  affine  che  in. 
questa  maniera  noi  medesimi  la  ci  togliessi- 
mo del  nostro  scaglione  volontariamente  a 
quello  delle  fiere  scendendo  ;  a  guisa  di 
Febo^  il  quale  poscia  che  ebbe  alla  Trojana 
Cassandra  l'arte  dell'  indovinare  donata  ; 
pentitosi,  e  quello  che  fatto  era  (i)  fra- 
stornare non  si  possendo,  le  diede  che  ella 
non  fosse  creduta.  Ma  tu  per  avventura 
che  ne  stimi?  parti  egli  che  così  sia?  Io, 
Padre,  quello ,  che  me  ne  paja  o  non  paja, 
non  so  dire  ,  risposi  ,  se  io  non  dico  che 
tanto  a  me  ne  pare,  quanto  pare  a  voi . 
Ma  pure  volete  voi ,  che  io  creda  che  la 
natura  si  possa  pentere,  che  non  può  errare? 
Mai  no ,  che  io  non  voglio  che  tu  il  creda. 


<i)  Frastornare  ,  cioè  Jar  t§rnare  a,  dielr».  3oc«, 


744  DKGH    ASOLàNI 

disse  il  santo  iiotao.  B^i'i  voi^Iio  che  tu  con- 
si  Ieri ,  Fiìiliiiolo,  clic  la  Datura,  la  quale 
nel  vero  errar  non  può,  non  avrebbe  alla 
nostra  volouià  dalo  il  potere  dietro  al  sen- 
so sviandoci  farci  scendere  aMa  specie,  che 
sotto  noi  è,  se  ella  dalo  medesimamenle 
non  l'avesse  il  potere  dietro  alla  ragione 
inviandoci  a  quella  farci  salire,  che  c'è 
sopra.  Perciocché  ella  sarebbe  slata  ingiusta, 
avendo  nelle  cose  da  se  in  uso  ed  in  so- 
stentamento di  noi  create  posta  necessità  di 
sempre  in  quelli  privilegi  servarsi,  che  ella 
concessi  ha  loio,  a  noi,  che  signori  ne  sia- 
mo ed  a'  quali  esse  tutte  servono  ,  avere 
dato  arbitrio  d'arrischiare  il  capitale  da  lei 
donatoci  sempre  in  perdita  ,  ma  in  guada- 
g  IO  non  mai.  INè  è  da  credere  ,  che  alle 
tante  e  cosi  possenti  maniere  d'allei tevoU 
"Vaghezze  ,  che  le  nostre  sentimeula  porgo- 
no air  animo  in  ogni  stalo,  in  ogni  tempo, 
in  ogjii  luogo,  perchè  noi  dietro  all'appe- 
tito avvallandoci  sozze  fiere  diveniamo,  ella 
ci  abbia  concesso  libero  ed  agevole  iuchina- 
mento,  ed  a  quelle,  che  l'intelletto  ci  met- 
te innanzi  affine  che  noi  con  la  ragione 
innalzandoci  dlvenif^mo  Iddìi  ,  ella  il  poter 
poggiare  ci  abbia  tolto  e  negato.  Perciocché, 
o  Lavinello ,  che  pensi  tu  che  sia  questo 
eterno  specchio  dimostrantesi  a  gli  occhi 
nostri  così  uno  sempre,  cosi  certo,  cos^ 
inf iricnhilc,  così  luminoso,  del  sole  che  tu 
Baili?  e  <{ueir  altro  della  sorella  che  uno 
pxedesiiiio  non  è  mai  ?  e  gli  lauti  splendori. 


LiBKO  llL  S43 

clie  da  ogni  parte  si  veggono  di  questa 
circonferenza  ,  che  intorno  ci  si  gira  ,  ora 
queste  sue  bellezze  ,  ora  quelle  altre  sco- 
prendoci ,  santisgima  ,  capacissima  ,  maravì- 
gliosa  ?  Elle  non  sono  altro  ,  Figliuolo ,  che 
vaghezze  di  colui ,  che  è  di  loro  e  d'ogni 
altra  cosa  dispensatore  e  maestro,  le  quali 
egli  ci  manda  incontro  a  guisa  di  messaggi 
invitantici  ad  amar  lui.  Perciocché  dicono  i 
savj  uomini ,  che  perciocché  noi  di  corpo 
e  d'animo  (1)  constiamo,  il  corpo,  siccome 
quello  che  d'acqua  e  di  fuoco  e  di  terra 
e  d'aria  è  mescolato,  discordante  e  caduco 
da'  nostri  genitori  prendiamo  ,  ma  l'animo 
esso  ci  dà  purissimo  ed  immortale  e  di  ri- 
tornare a  lui  vago ,  che  ce  V  ha  dato.  iMa 
perciocché  egli  in  questa  prigione  delle 
membra  rinchiuso  più  anni  sta  ,  che  egli 
lume  non  vede  alcuno,  mentre  che  noi 
fanciulli  dimoriamo ,  e  poscia  dalla  turba 
delle  giovenili  voglie  ingombrato  ne'  ter- 
restri amori  perdendosi,  può  del  divino  di- 
menticarsi, esso  in  questa  guisa  il  richiama, 
il  sole  ogni  giorno ,  le  stelle  ogni  notte,  la 
luna  vicendevolmente  dimostrandoci.  Il  qua- 
le dimostramento  che  altro  è ,  se  non  una 
eterna  voce  ,  che  ci  sgrida  :  O  stolti  che 
"vaneggiate  ?  Voi  ciechi  d' intorno  a  quelle 
vostre  false  bellezze  occupali  a  guisa  di 
Narciso  vi  pascete  di   vano    disio  ,    e    non 


^i)  Constiamo  f  cioè  siamo  compotti. 


246  T)V.GL1    ÀSOLANI 

v'accorgete  che  elle  sono  ombre  della  vera, 
che  voi  abbandonate.  I  vostri  animi  sono 
eterni;  perchè  di  fuggevole  vaghezza  gl'in- 
nebbriale  ?  Mirate  noi  come  belle  creature 
ci  siamoy  e  pensate  quanto  dee  esser  bello 
colui ,  di  cui  noi  siam  ministre .  E  sen- 
za dubbio  ,  Figliuolo ,  se  tu  il  vero  della 
mondana  caligine  dinanzi  a  gli  occhi  levan- 
doti vorrai  la  verità  sanamente  considera- 
re, vedrai  alla  fine  altro  che  stolto  vaneg- 
giamento non  essere  tutti  i  vostri  più  lo- 
dati disii.  Che  per  tacere  di  quegli  amo- 
ri ,  i  quali  di  quanta  miseria  sien  pieni  , 
li  Perottiniani  amami  e  Peroltino  medesi- 
mo essere  ce  ne  possono  abbondevole  esera- 
pio  ,  che  fermezza ,  che  interezza ,  che  sod- 
disfazione hanno  perciò  quegli  altri  anco- 
ra ,  che  essi  cotanto  cercar  si  debbano  e 
pregiare  ,  quanto  Glsmond)  ne  ha  ragio- 
nato ?  Senza  fallo  tutte  queste  vaghezze 
mortali ,  che  pascono  i  nostri  animi  ve- 
dendo ,  ascoltando  ,  e  per  1'  altre  senti- 
menta  valicando  ,  e  mille  volte  col  pensie- 
ro entrando  e  rientrando  per  loro  ,  ne 
come  esse  giovino  so  io  vedere  ,  quando  \ 
elle  a  poco  a  poco  in  maniera  di  noi  (1) 
s' indonnano  co'  loro  piaceri  pigliandoci  , 
che  poi  ad  ahro  non  pensiamo  ,  e  gli  occhi 
alle  vili  cose  inchinati  con  noi  medesimi 
non    ci  raffrontiamo    giammai  ,    ed    infine 


(t)  S'indonnano  ^  tioè  si  fanno  donne  e  patrone» 


Libro  III.  247 

Siccome  se  il  beveraggio  della  maliosa  Cir- 
ce preso  avessimo  ,  d'  uomini  ci  cangiamo 
in  fiere  :  né  in  che  guisa  esse  così  piena- 
mente dilettino ,  so  io  considerare  ,  ponia- 
mo ancora  che  falso  diletto  non  sia  il  lo- 
ro ,  quando  elle  sì  compiute  essere  in  sug- 
getlo  alcuno  non  si  vedono  né  vedranno 
mai ,  che  esse  da  ogni  lor  parte  soddisfac- 
ciano chi  le  riceve ,  e  pochissime  sono 
le  più  che  coraportevolmente  non  peccanti. 
Senza  che  esse  tutte  ad  ogni  brieve  caldic- 
ciuolo  s'ascondono  di  picciola  febbre  che 
12Ì  assaglia  ,  o  almeno  gli  anni  vegnenti  le 
portan  via  seco  la  giovanezza,  la  bellezza  , 
la  piacevolezza  ,  i  vaghi  portamenti ,  i  dol- 
ci ragionamenti ,  i  canti ,  i  suoni  ,  le  dan- 
ze ,  i  conviti  ,  i  giuochi ,  e  gli  altri  pia- 
ceri amorosi  traendo.  II  che  non  può  non 
essere  di  tormento  a  coloro,  che  ne  soii 
vaghi  ;  e  tanto  ancor  più  ,  quanto  più  essi 
a  que'  diletti  si  sono  lasciati  prendere 
ed  (i)  incapestrare.  A'quali  se  la  vecchiez- 
za non  toglie  questi  disii,  quale  più  mise- 
ra discouvenevolezza  può  essere ,  che  la 
vecchia  età  di  (2)  fanciulle  voglie  contami- 
nare, e  nelle  membra  tremanti  e  deboli  (.i) 
affettare  i  glovenili  pensieri?  Se  gli  toglie, 
quale  sciocchezza  é  amar  giovani  cosi  acce- 


(t)   Incapestrare  ,   cioè   legare  ,   allacciar  cnl  capestro. 
(a)  FanciuUe  per  fanciullesche  ^  nuovamt'nte  posta» 
(3)  Affettare ,  cioè  ansiosamente  bramare. 


£48  DEGLI  Asor.iisri 

samente  cose ,  che  poi  amare  quelli  mede- 
simi non  po<?sono  attempati  ?  e  credere 
che  sopra  tutto  e  giovevole  e  dilettevole 
sia  quello  ,  che  nella  miglior  parte  delia 
vita  uè  diletta  né  giova?  Che  miglior  par- 
te della  vita  nostra  è  per  certo  quella  , 
Figliuolo,  in  cui  la  parte  di  noi  migliore, 
che  è  l'animo,  da  (i)  servaggio  degli  ap- 
petiti liberata  regge  la  men  buona  tempe- 
ratamente ,  che  è  il  corpo  ,  e  la  ragioue 
guida  il  senso  ,  il  quale  dal  caldo  della 
giovanezza  portato  non  l'ascolta,  qua  e  là 
dove  esso  vuole  scapestratamente  traboc- 
cando. Di  che  io  ti  posso  ampissima  testi- 
mofiianza  dare,  che  giovane  sono  stato  al- 
tresì ,  come  tu  ora  sei ,  e  quando  alle  co- 
se ,  che  io  ili  quegli  anni  più  lodar  solca 
e  desiderare  ,  torno  con  l'animo  ripensando, 
quello  ora  di  tutte  me  ne  pare  ,  che  ad  un 
bene  risanato  infermo  soglia  parere  delle  vo- 
glie che  esso  nel  mezzo  ddle  febbri  avea  , 
che  schernendosene,  conosce  di  quanto  egli 
era  dal  convenevole  conoscimento  e  gusto 
loulano.  Per  la  qual  cosa  dire  si  può,  che 
sanità  della  nostra  vita  sia  la  vecchiezza,  e 
la  giovanezza  infermità  ;  il  che  tu  quando 
a  quegli  an^ù  giugnerai ,  vedrai  così  esser 
vero  ,  se  forse  ora  veder  noi  puoi.  INTa 
tornando  al  tuo  compagno  ,  che  ha  le 
molte  feste  de' suoi  amanti  cotanto  sopra  il 


(i)  Servaggio  )  cioè  stryitù,. 


Libro  ITI.  241^ 

cielo  tolte  ne'  suoi  ra£;ionaraenli ,    lasciamo 
staio  che  le  minori    di  loro  asseguire  non 
si  possano    senza    mille    noje  tuttavia  ;  ma 
quando  è  ,    che  ecli  nel    mezzo   delle    sue 
più  compiute  giojc  non  sospiri  ,    aJcnn  al- 
tra   cosa  più    che   puma    disiderando  ?    o 
quando  avviene  che  quella  conformità  del- 
le veglie  ,    quella    comunanza    de'  pensieri 
della    fortuna  ,    qurlla    concordia   di  tutta 
una    vita  in  due  amanti  si  trovi?    quando 
si  vede  ninno  essere,  che  ogni  giorno  seco 
stesso  alle  volte  non  si  discordi  ,    e    talora 
in   maniera  ,  che  se  nviO  lasciare  se   mede- 
simo potesse,  come  due  possono  l'uno  l'al- 
tro ,  molti  sono  ,  che  si    Inscerehbono  ,  ed 
un  altro  animo  si  niiilierehbono  ed  un  al- 
tro  corpo.  E  per  venire,  La  vinello,  «ziandio 
a' tuoi    amori,    io  di  certo    gli  loderei,    e 
passerei    nella    tua    opinione   in  parte  ,    se 
essi    a  disiderio  di    più  giovevole    obbietto 
t'  invitassero  ,  che  quello  non  è  ,    che  essi 
ti    mettono  innanzi  ,    e  non  tanto    per   se 
soli  ti  piacessero  ,  quanto  perciò  ,  che  essi 
ci    possono    a  miglior    segno    fare  e   meno 
fallibile    intesi.    Perciocché    non    è    (t)    il 
buono    amore  disio  solamente  di    beVezza , 
come  tu    stimi  ;    ma  è    della  vera   l)ellezza 
disio  ,    e  la  vera    bellezza  non  è  umana    e 
mortale  ,  che  mancar  possa  ,    ma  è  divina 
ed  immortale  :  alla  qual  per  avventura    ci 


(i)  Il  buono  umore  è  diti»  di  vera  bellezza. 


25o  DEGLI    ASOLANI 

possono  queste  bellezze  iaiìalzare  ,  che  tu 
lodi  ,  dove  elle  da  noi  sieno  in  quella  ma- 
niera, che  esser  debbono,  riguardate.  Ora 
che  si  può  dire  in  loro  loda  perciò  ,  che 
pure  sopra  il  convenevole  non  sia  ?  cou- 
ciossiacosachè  del  loro  allellameuto  presi  si  . 
lascia  il  vivere  in  questa  umana  vita  ,  co-  1 
me  Tddii.  Perciocché  Iddii  sono  quegli  uo- 
mini ,  Figliuolo ,  che  le  cose  mortali  sprez- 
zano ,  come  divini  ,  ed  alle  divine  aspira- 
no ,  come  mortali  :  che  consigliano  ,  che 
discorrono  ,  che  prevedono  ,  che  hanno 
alla  sempilernilà  pensameuto  ,  che  muovo- 
no ,  e  reggono,  e  temprano  il  corpo,  che 
è  loro  iti  governo  dato  ,  come  de  gli  dati 
nel  loro  fanno  e  dispongono  gli  altri  Iddii. 
O  pure  che  bellezza  può  tra  noi  questa 
tua  essere  così  piacevole  e  così  piena ,  che 
proporzion  di  parli  ,  che  in  umano  ricevi- 
mento si  truovino  ,  che  couvenenza  ,  che* 
armonia  ,  che  ella  empiere  giammai  possa 
e  compiere  alla  nostra  vera  soddisfazione  e 
appagamento  ?  O  Lavinello  Lavinello,  non 
sei  tu  quello ,  che  cotesta  forma  ti  dimo-  , 
strK,  ne  sono  gli  allri  uomini  ,  ciò  che  di  | 
fuon  appare  di  loro  altresì:  ma  è  l'animo 
di  cia^scuno  quello  ,  che  egli  è  ,  e  non  la 
figura  ,  che  col  dito  si  può  mostrare.  Né 
sono  i  nostri  animi  di  qualità ,  che  essi 
con  alcuna  bellezza  ,  che  qua  giù  sia,  con- 
formare si  possano  ,  e  di  lei  appagarsi 
giammai.  Che  quando  bene  tu  al  tuo  ani- 
mo quante  ne  sono  potessi  por  davanti ,  e 


Libro  ITT.  25i 

ìa  scelta  con  ceti  eri^li  di  luffe  loro  ,  e  ri- 
formare a  tuo  modo  quelle  che  in  alcuna 
parte  ti  paressero  mancanti  ,  non  lo  appa- 
gheresti perciò  ,  né  men  tristo  ti  partiresti 
da'  piaceri,  che  avessi  di  tutte  presi ,  che  da 
quegli  ti  soglia  partire  ,  che  prendi  ora. 
Essi  perciocché  sono  immortali ,  di  cosa  , 
che  mortai  sia,  non  si  possono  contentare. 
Ma  perciocché  siccome  dal  sole  prendono 
tntte  le  stelle  luce,  così  quanto  è  di  bello 
oltra  lei  dalla  divina  eterna  bellezza  pren- 
de qualità  e  stato:  quando  di  qcieste  alcu- 
na ne  vieu  loro  innanzi ,  bene  piacciono 
esse  loro ,  9  volentieri  le  mirano  ,  inquan- 
to di  quella  soao  immagini  e  lumicini  , 
ma  non  se  ne  contentano  ,  né  se  ne  sod- 
disfanno tuttavia,  pure  della  eterna  e  divina, 
di  cui  esse  sovvengono  loro,  e  che  a  cercar 
di  se  medesima  sempre  con  occulto  pungi- 
mento  gli  stimola ,  disiderosi  e  vaghi.  Per- 
chè siccome  quando  alcuno  in  voglia  di 
mangiare  preso  dal  sonno  e  di  mangiar 
sognandosi  non  si  satolla  ,  perciocché  non 
è  dal  senso ,  che  cerca  di  pascersi  ,  la  im- 
magine del  cibo  voluta  ,  ma  il  cibo  ;  cosi 
noi  mentre  la  vera  bellezza  e  il  vero  pia- 
cere c^'r chiamo  ,  che  qui  non  sono  ,  le  lo- 
ro ombre ,  che  in  queste  bellezze  corpora- 
li terrene  e  in  questi  piaceri  ci  si  dimo- 
strano ,  agognando  non  pasciamo  T  ani- 
mo,  ma  lo  inganniamo.  La  qual  cosa  é 
da  vedere  che  per   noi  non  si  faccia ,    ac- 


252  DBGLI     ASOJ.\Nl 

ciocche  con  noi  il  nostro  buon  guardiano 
non  s*  adiri ,  e  in  balia  ci  la<;ci  del  malva- 
gio ,  Vfggendo  cho  per  noi  più  amore  ad 
una  poca  buccia  d'  un  volto  si  porla  e  a 
queste  misere  e  manchevoli  e  bugiarde 
vaghezze  ,  che  a  quello  immenso  splendo- 
re ,  del  quale  questo  sole  è  ra£;i;io  ,  e  alle 
sue  vere  e  felici  e  sempiterne  bellezze  non 
portiamo.  E  se  pure  questo  nostro  vivere  è 
un  dormire,  siccome  coloro  i  quali  a  gran 
notte  addormentati  con  pensiero  di  levarsi 
la  dimane  per  tempore  dal  sonno  soprat- 
tenuti ,  si  sognano  di  destarsi  e  di  levarsi, 
perchè  tuttavia  dormendo  sì  levano  ,  e 
presa  la  guarnaccia  s'incominciano  a  vesti- 
re ;  cosi  noi  non  delle  immagini  e  sem- 
bianze del  cibo,  e  di  questi  aombrati  diletti 
e  vani ,  ma  del  cibo  istesso  ,  e  di  quel- 
la ferma  e  soda  e  pura  contentezza  nel 
sonno  medesimo  procacciamo  ,  e  a  pascere 
iucominciaiicene  cosi  sognando,  acciocché 
poi  risvegliati  alla  Reina  delle  fortunate 
isole  piacciamo.  Ma  tu  forse  di  questa 
Reina  altri  volta  non  hii  udito.  Non,  pa- 
dre, diss'io,  che  me  ne  paja  ricordare,  né 
intendo  di  qu-d  piacimento  vi  parliate. 
Dunque  l'udirai  tu  ora,  disse  il  santo  no- 
mo ,  e  seguitò:  Hanno  tra  le  lo»o  più  se- 
crete  memorie  «li  antichi  maestri  delle 
sante  cose,  essere  u'ia  (i)  Reina  in  quelle 


(0  Beiiia  delle  Isole  fortunau. 


Libro  III.  253 

Isole  ,  che  io  dico  ,  Fortunate  ,  bellissima  , 
e  di  mari>iglioso  aspetto,  ed  ci  nata  di 
cari  e  preziosi  vestiri  ,  e  sempre  giovane. 
La  qual  marito  non  vuole  già  e  servasi 
■vergine  tutto  tempo  ,  ma  bene  d'  essere 
amata  e  vagheggiata  sì  contenta.  Ed  a 
quegli ,  che  più  1'  amano  ,  ella  maggior 
guiderdone  dà  de*  loro  amori  ,  e  couvenc- 
■vole  secondo  la  loro  affezione  a  gli  altri. 
Ma  ella  di  tutti  in  questa  guisa  ne  fa 
pruova.  Perciocché  venuto  che  ciascuno 
Y  è  davanti  ,  che  è  secondo  che  essi  sono 
da  lei  fatti  chiamare  or  uno  or  V  altro  , 
essa  con  una  verghetta  toccatigli  ne  gli 
manda  via.  E  questi  incontanente  ,  che  del 
palagio  della  Reina  sono  usciti  ,  s'  addor- 
mentano ,  e  cosi  dormono  inihioattanto 
che  essa  gli  fa  risvegliare.  Rilornano  adun- 
que costoro  davanti  la  Reina  un'  altra 
volta  risvegliati  ,  ed  i  sogni  ,  che  hanno 
fatti  dormendo,  porta  ciascuno  scritti  nel- 
la fronte  tali  ,  quali  falli  gli  hanno  né 
più  né  meno  ,  i  quali  essa  legge  presta- 
mente. E  coloro,  i  cui  sogni  ella  vede  es- 
sere stati  solamente  di  cacciagioni  ,  di  pe- 
scagioni, di  cavalli,  di  selve,  di  fiere,  essa  da 
se  gli  scaccia  ,  e  mandagli  a  stare  così  veg- 
ghiando  tra  quelle  fiere  ,  con  Je  quali  essi 
dormendo  si  sono  di  star  sognati  :  percioc- 
ché dice  che  se  essi  amata  l'avessero  essi 
almeno  di  lei  si  sarcbbono  sognati  qualche 
yolla ,  il  che     poscia    che    essi    non    hanno 


s54  DEftLI    ASOLArfl 

f.itto  c;iammal,  vuole  che  va<lano  e  si  viva- 
no con  le  lor  fiere.  Quegli  altri  poi,  a' quali 
è  parato  ne' loro  sogni  di  mercalanlare,  o 
di  f?,overnare  le  famiglie ,  e  le  comunanze, 
o  di  fare  somiglianti  co5e  tuttavia  poco 
di  Ila  Reina  ricordandosi ,  essa  gli  fa  essere 
allresi  cjuale  mercatante,  quale  cittadino, 
quale  (i)  anziano  nelle  sue  città  di  cure  e 
di  pensieri  gravandogli  e  poco  di  loro  cu- 
randosi parimente.  Ma  quelli,  che  si  sono 
sognati  con  lei ,  essa  gli  tiene  nella  vSua  cor- 
te a  stare  e  a  ragionare  seco  tra  suoni  e 
cauti  e  soUrizzi  d'  infinito  contento,  chi 
più  presso  di  se,  e  chi  meno,  secondo  che 
essi  con  lei  sognando  più  o  meno  si  sono 
dimorati  ciascuno.  Ma  io  per  avventura  , 
Lavinello,  oggimai  troppo  lungamente  li  di- 
moro, il  quale  più  V(;glia  dei  avere  ,  o  for- 
se mestiero  ,  di  ritornarli  alla  tua  compa- 
gnia ,  che  di  più  udirmi.  Senza  che  oltre 
a  ciò  a  te  gravoso  potrà  essere  lo  indugia- 
re a  più  alo  sole  la  partita  ,  che  oggimai 
tutto  il  cielo  ha  riscaldato,  e  vassi  tuttavia! 
rinforzando  .  A  me  voglia  ne  mestiero  fa 
punto  che  sia.  Padre,  diss' io  ancora,  di  ri- 
loj  narmi ,  e  dove  a  voi  nojoso  non  sia  il 
ragifinare,  sicuramente  niuna  cosa  mi  ricor- 
da che  io  facessi  giammai  cosi  volentieri , 
come  ora  volentieri  v'ascolto.  INè   di   sole  , 


(i)  Ansiano  ,  cioè  Priore  ^  che  precede  agli  altri 


Libro  UT.  255 

che  (i)  sormonti ,  vi  pigliate  pensiero,  po- 
scia che  io  altro   che   a  scendere    non  ho, 
il  che  ad  ogni  ora  far  si  può  agevolmente. 
Nojoso  agli  antichi    uomini    non    snoie    già 
essere  il  ragionare  ,  disse  il   buon  vecch'o , 
che  è  piuttosto  un  diporto  della  vecchiezza, 
che  altro.  Né  a  me  può  nojosa    esser  cosa 
che  di  piacere  ti  sia.  Perchè  seguasi  :  E  cosi 
seguendo  disse:  Dirai  adunque  a  Perottino 
e  a  Gismondo,  Figliuolo  ,  che  se  essi  non  vo- 
gliono essere  tra  le  fiere  mandati  a  veggliia- 
re ,  quando  essi  si  risveglieranno ,  essi  mi- 
glior sonno  si  procaccino  di  fare  ,  che  quel- 
lo non  è,  che  essi  ora  fanno.  E  tu  Lavinello, 
credi  che  non  sarai  perciò  caro  alla  Reina, 
che  io  dico,  poscia  che  tu  poco  di  lei  so- 
gnandoti tra  questi  tuoi  vaneggiamenti  con- 
sumi più  tosto  senza  prò,  che  tu  in  alcuna 
vera  utilità   di  te  usi  e  spenda    il   dormire 
che  t'è  dato.  E  infine  sappi  che  buono  amo- 
re non  è  il  tuo.  Il  quale  posto  che  non  sia 
malvagio  in  ciò,  che  con  le    beslievoli  vo- 
glie non  si   mescola,  si  è    egli    non    buono 
in  questo  ,  che  egli  ad  immortale  obbietlo 
non  ti  tira,   ma  tienti    nel  mezzo    dell'una 
e  dell'altra  qualità  di  disio,  dove  il  dimo- 
rare tuttavia  non  è  sano,  conciossiacosaché 
nel  pendente  delle  rive  stando  più  agevol- 


(i)  Sormonti j  cioè  s'alzi. 


256  DEGLI     ISOLANI  ' 

meute  nel  fondo  si  sdrucciola,  clie  alJi  (i) 
velia  non  si  sale.  E  chi  è  colai,  che  a'  pia-    i 
ceri  d'alcuu   senso  dando  fede,    per   molto    4 
che  egli  si  proponga  di  non  inchinare  alle    ì 
ree  co'ie,  egli  non  sia  ahneao  nlle  volle  per    ^ 
inganno  preso?  considerando  che  pieno  d'in- 
ganni è  il  senso,  il  quale  una  medesima  cosa 
quando  ci  fa  parer  buona,  quando  milvagia, 
quand.i)  bella  ,  quando  sozza  ,  quando  piace- 
ToJe,  quando  dispettosa  ?  Senza  che  come  può 
essere  alcun  disio  buono,  che  poiigi  ne' diletti 
delle  sentimenta  ,  quasi  nell'  acqua  ,  il  suo 
fondamento ,  quando  si  vede  che  essi  avu- 
ti ,  inviliscono,  e  tormentano  non  avuti  ,  e 
tutti    sono    brevissimi    e    di  fuggitivo  mo- 
mento? ]Nè  fanno  le  belle  e  segnate    paro- 
le ,    che  da    colali  amanti    sopra  ciò  si  di- 
cono,  che  pure  cosi  non  sia:   l  quali  dilelti 
tuttavolla  se  il  pensiero  fa  continui,  quan- 
to   sarebbe   raen   male  ,    che  noi    la  mente 
non    avessimo    celeste    e    immortale  ,    che 
non  è  avendola  di  terreno  pensiero  ingom- 
brarla ,  e  quasi  seppellirla  ?  Ella  data  non 
ci  fu  ,  perchè   noi    T  andassimo  di    mortai 
veleno    pascendo  ,    ma  di  quella   salutevole 
ambrosia  ,  il  cui  sapore  mai  non  tormenta, 
mai    non    invilisce ,    sempre    è    piacevole  , 
sempre   caro.   E    questo   altramente  non  si 
fa  ,  che  a  quello   Dio  i  nostri  animi  rivol- 
gendo ,  che  ce  gli  ha  daii.  Il  che  farai  tu. 


(i)  VeUa  è  la  cima  degli  alberi. 


Libro  ITI.  257 

Figliuolo ,  se  me  udirai  ,  e  penserai ,  che 
esso  tutto  questo  sacro  tempio ,  che  noi 
mondo  chiamiamo  ,  di  se  empiendolo  ha 
fabbricato  con  maravi^^Iioso  consiglio  ,  ri- 
to «do  ,  e  in  se  slesso  ritornante  ,  e  di  se 
medesimo  bisognoso  e  ripieno  ,  e  cinselo 
di  molli  cieli  di  purissima  susta oza  sempre 
in  giro  moventisi,e  allo 'ucontro  del  mag- 
giore tutti  gli  altri  ,  ad  uno  de'  quali  die- 
de le  molte  stelle,  che  da  ogni  parte  lu- 
cessero, e  a  quelli  ,  di  cui  esso  è  conteni- 
tore, una  n'assegnò  per  ciascuno,  e  tutte 
volle  che  il  loro  lume  da  quello  splendore 
pigliassero,  che  è  reggitore  de' loro  corsi  , 
facitore  del  di  e  della  notte  ,  apportatore 
del  tempo  ,  generatore  e  moderatore  di 
tutte  le  nascenti  cose.  E  questi  lumi  fece 
che  s'  andassero  per  li  loro  cerchj  ravvol- 
gendo con  certo  e  ordinato  giro,  e  il  loro 
assegnato  cammino  fornissero ,  e  fornito 
ricominciassero,  quale  in  più  breve  tem- 
po ,  e  quale  in  meno.  E  sotto  questi  tutti 
diede  al  più  puro  elemento  luogo  ,  e  ap- 
presso empiè  d'  aria  tutto  ciò  che  è  infino 
a  noi.  E  nel  mezzo  ,  siccome  nella  più  in- 
fima parte,  fermò  la  terra  quasi  (i)  ajuo- 
la  di  questo  tempio,  e  d'intorno  a  lei 
sparse  le  acque  elemento  assai  men  grave, 
che  essa  non  è  ,  ma  vie  più  grave   dell'  a- 


(1)  Aiuola,  cioè  picciola  aja  e  piazicUa, 

Bembo  VoU  I,  17 


258  DEGLI    ASOLAM 

Yi-i ,  (li  cui  è  poscia  il   fuoco  più    leggiero. 
Quivi  dilttlo  li  sarà  estimare,    in  che  ma- 
niera per    queste  quatJro     parli  le  quattro 
guise    della   loio    qualità  si  vadano    mesco- 
lando ,  e  come  esse  in   uu   tempo  e    accor- 
danti  sieno  e  discordanti  tra  loro  :    mirare 
gli  as-./ctti   della   mutabile  Luna ,  riguardare 
alle  faiiche  del  Sole  ,  scorgere  gli  altri  gi- 
ri   deir   erranti    stt-lie  ,    e    di    quelle    die 
non  soao  così   enanii  _,  e  di  tulli  le  cagio- 
ni ,  Je  operagioni  consideiando  portar   l'a- 
nimo  per  lo  cielo  ,  e  quasi  con  la    natura 
parìar-tJo    conoscere    qua:>lo  brieve  e  poco 
e  quello,  che  noi   qui  amiamo,  quando  il 
più     lui;go     spazio    di     questa     nostra     vita 
mortale  due  giorni  ap})eua  non  sono  d'uno 
de'  veri    anni  di  quesli  cieli  ,    e  quando  la 
minore  delle  conosciute  stelle  di  quel  tan- 
to e  così  infinito  nuaiero  è  di  tutta  questa 
soda   e  ritonda  circu'ifercuza  ,    che  terra  è 
delta,  maggiore,  per  cui  noi  cotanto  c'in- 
superbiamo :     della  quale     ancora     quello  , 
che    noi    abitiamo  ,    è  a  rispetto  dell'  altro 
stretta    e    menomissima    particiuola.    Senza 
che  qua  ogni  cosa  v'  è  debole  e    inferma  , 
venti,  piogge,  ghiacci,  nevi,  freddi,  caldi 
vi  sono  ,  e  febbri ,  e  fianchi  ,  e  stomachi  , 
e  gli  altri  cotanti  morbi  ,  i  quali  nel   vola- 
menlo  del  buon  vaso  male  per  noi  dall'an- 
tica   Pandora    scoperchiato    ci    assalirono  , 
dove  là    ogni  cosa    v'  è  snna  e  stabile  e  di 
co  ivenevole  pcrfezion  piena,  che  né   mor- 
te   v^aggiugDC,    uè  vecchiezza  vi  perviene, 


Libro  ITI.  ìtSg 

uè  difetto  alcuno  v'  ha  luogo  .  Ma  vio 
maggiore  diletto  ti  sarà  e  più  seu/.a  line 
maraviglioso  ,  se  tu  da  questi  cieli  che 
si  veggono  ,  a  quelli  che  uoii  si  veggono 
passerai  ,  e  le  vere  cose  ,  che  ivi  sono , 
coiìtemplerai  d'  uno  ad  altro  sormoutan- 
do  ,  ed  in  questo  modo  a  quella  bc^Uez- 
za,  che  sopra  es^i  e  sopra  ogni  bellez^ii  è, 
innalzerai,  Lavinello,  i  tuoi  disii.  Percioc- 
ché certa  cosa  è  tra  coloro  ,  che  usali  so- 
no di  mirare  non  meno  eoa  gli  occhi 
dell'  animo  ,  che  del  corpo  ,  olirà  questo 
sensibile  e  material  mondo  ,  di  cai  ei  io 
ora  t'ho  ragionato,  e  ciascuno  ne  ragiona 
più  spesso  ,  perciocché  si  mira  ,  essere 
un  allro  mondo  ancora  nò  materiale  né 
sensibile  ,  ma  fuori  d'  ogni  miniera  di 
questo  separato  e  puro  ,  che  intorno  il 
sopraggira,  e  che  è  da  lui  cercato  sempre, 
e  sempre  ritrovato  parimeute  ;  diviso  da 
esso  tutto  ,  e  tutto  in  ciascuna  sua  parte 
dimorante  ,  divinissimo  ,  intendeiitissimo  , 
illuminatiisimo  ,  ed  esso  stesso  di  se  stesso 
e  migliore  e  maggiore  tanto  più  ,  quanto 
egli  più  si  fa  alla  sua  cagione  ultim  i  pros- 
simano  ;  nel  qual  cielo  bene  ha  ezian- 
dio tutto  quello  ,  che  ha  in  questo  ,  ma 
tanto  sono  quelle  cose  di  più  ecéel'ente 
stato ,  che  non  son  que5te  ,  quanto  tra 
queste  sono  le  celesti  a  miglior  condizio- 
ne ,  che  le  terrene.  Perciocché  ha  esso  la 
sua  terra,  come  si  vede  questo  avere,  che 
verdeggia  ,    che    mania    fuori  sue  piante  , 


2.6o  DEGLI    ASOLANT 

che    sostiene    suoi    animali  ,    ha    il    mare  , 
che  per  lei  si   mescola  ,    ha  1'  aria  ,    che  li 
cii^iie  ,  hu  il  iuoco  ,  ha  la  luna  ,  ha  il  so- 
le, ha  le  stelle,   ha  gli  ali  ri  cieli.   Ma  qui- 
vi  i)è    seccauo  le  erbe  ,    nò  invecchiano    le 
piante ,    uè    muojoQo    gli    animali  ,    né  si 
turba    il    mare,    né    s'oscura     l'aere,    né 
riarde  il  fuoco,  né  sono  a  continui    rivol- 
gimenti   i  suoi    lumi    necessitati,    o  i  suoi 
cieli.  Non    ha  quel  mondo    d'  alcun  muta- 
meuto    mcstiero;    perciocché  uè  stale  ,    né 
verno  ,  né  jeri  ,    né  dimane  ,    né  vicinan- 
za ,  né  lontanauza  ,  né  ampiezza  ,  né    stret- 
tezza (r)  lo  circonscrive,  ma  del  suo  stato 
si    contenta  ,    siccome  quello  ,    che  è  della 
somma    e    per    se    stessa  bastevole    felicità 
pieno  :  della  quale  gravido  egli   partorisce, 
ed  il    suo  parto    è    questo  mondo   medesi- 
mo ,  che  tu  miri.  Fuori    del  quale  se  per 
avventura  non  ci  pare  che  altro  possa    es- 
sere, a  noi  adivien  quello,  che  adiverreb- 
be   ad  uno  ,     il    quale     ne'  cupi    fondi  del 
mare    nato    e  cresciuto  ,    quivi  sempre  di- 
jnorato    si    fosse ,  perciò  che  egli  non   ])0- 
trebbe    da    se   isti  mare    che    soj)ra  1'  acque 
v'  avesse    altre    cose  ;    né    crederebbe     che 
fiondi    più   belle  ,    che  alga  ,    o  campi    più. 
vaghi,    che    di    rena,    o    fiere    più    gaje, 
che     pesci  ,    o  abitazioni  d'  altra    maniera  , 
che  di  cavernose  pietre,  o  altre  dementa, 
che    terra    ed  acqua  ,   fossero    e    vedessersi 

WM—l"^^»^«^"  ■   -■  ■  ■■  ■      I   I  II.  ■■—■■!  11». 

(i)  t'O  Ciroonscrive  ^   cioè  lo  ristrignc  y  o  terminai^ 


Libro  ìli.  2^1 

in  alcun  luogo.  Ma  se  esso  a   noi    passas^e 
ed  al   nostro  cielo  ,  veduto  de'  prali   e  del- 
le selve  e  de'colli   la  dipintissima  verdura  , 
e  la    varietà  degli    animali  ,    quali  per  uo- 
drirci  »  e  quali  per  agevolarci  nati ,  vedu- 
to le  città  ,  le  case  ,  i  templi  ,    che  vi  so- 
no ,  le  molte  arti  ,  la  maniera  del   vivere  ^ 
]a  purità  dell'  aria  ,  la  chiarezza  del    sole  , 
che    spargendo    la  sua   luce    per    lo    cielo 
fa    il    giorno,    e    gli    splendori    della    not- 
te ,     che    nella    sua     oscura    ombra    e   di- 
pinta   la    rendono  e  meravigliosa  ,    e  le  al- 
tre così  diverse  vaghezze  del  mondo  e  cosi 
infinite  ,    esso    s'  avvedrebbe  ,    quanto    egli 
falsamente    credea  ,    e    non    vorrebbe    per 
niente  alla  sua  primiera  vita  ritornare.  Cosi 
noi  miseri  d' intorno  a  questa  bassa  e   fec- 
ciosa palla  di  terra  mandati  a    vivere    be- 
ne   miriamo    1'   aere    e    gli    uccelli    che  '1 
■volano  ,    con  quella  maraviglia    medesima  , 
con    la    quale    colui    farebbe    il  mare    ed  i 
pesci  che  lo  notano  ,  parimente  ,    e  per  le 
bellezze  eziandio  discorriamo  di  questi  cie- 
li ,  che  in  parte  vediamo.  Ma  che  oltre    a 
questi    altre    cose  sieno    vie  più  da  dovere 
a  noi  essere  ,  che  le  nostre  a  quel  marino 
uomo  non  sarebbono,  e  maravigliose  e  ca- 
re,    o    in    che  modo  ciò  sia,    nella  nostra 
povera    stimativa  non    cape.  Ma  se    alcuno 
Iddio  vi  ci  portasse,  Lavincllo ,  e  mostras- 
seleci,    quelle   cose  solamente   vere    ci  par- 
rebbono ,    e    la    vita ,    che    ivi  si   vivesse , 
vera  ^ita  ,  e  tulio  ciò  ,  che  qui  è ,  ombra 


262  DEGLI    ASOLANI 

ed  immagine  di  loro  essere  ,  e  non  allro  : 
e  giù  in  queste  tenebre  riguardando  da 
quel  sereno  gli  altri  uomini ,  che  qui  fos- 
sero ,  chiameremmo  noi  miseri  ,  e  di  loro 
ci  prenderebbe  pietà  ,  non  che  noi  più  a 
così  fatto  >ivere  tornassimo  di  nostra  "vo- 
lontà giammai.  Ria  the  li  posso  io,  Lavi- 
nello,  qui  dire?  Tu  sei  giovane  ,  e  ron  so 
come  quasi  per  lo  coiiti;'.uo  pare  che  nel- 
la giovanezza  non  appiglino  questi  pensieri, 
o  se  appigliano  ,  siccome  pianta  in  (1) 
aduggiato  terreno  ,  essi  poco  (2)  allignano 
le  più  volte.  Ma  se  pure  nel  tuo  giovane 
animo  utilmente  andassero  innanzi  ,  dove 
tu  al  fosco  lume  di  due  occhi  pieni  già 
di  morte  qua  giù  t*in vaghi,  che  si  può  isti- 
mare  che  tu  a  gli  splendori  di  quelle  eterne 
bellezze  facessi  così  vere,  così  pure,  C04  gen- 
tili ?  E  se  la  voce  d'una  lingua  ,  la  quale  po- 
co avanti  non  sapea  fare  altro  che  piagnere, 
e  di  qui  a  poco  starà  muta  sempre ,  ti  suole 
essere  dilettevole  e  cara  ;  quanto  si  dee 
credere  che  ti  sarebbe  caro  il  lagiouare  e 
l'armonia,  che  fanno  i  cori  delle  divine 
cose  tra  loro?  E  quando  a  gli  atti  d'vina 
semplice  donnicciuola,  che  qui  empie  il  nu- 
mero dell'altre,  ripensando  prc  di,  e  ricevi 
soddisfacimento ,  quale  soddisfacimento  pen- 


htnt. 


(1)  Aduggiato ,  cioè-  di  mahgnr   ombra   adombrato. 
(  ì)  Allignano  ,  etoè  s'attaccano  ,  appigUan»  ,   t>engo?iff; 


Libro  III.  263 

si  tu  cbe  riceverebbL'  il  tuo  animo ,  se  egli 
da  queste  caligiui  col  pensiero  levandosi   e 
puro  ed  iiiuocenle  a  quelli  caiitiori  passando, 
le  grandi  opere  del  Signore  cbe  là  su  regge 
mirasse  e  rimirasse  iuieutamtiite,  e  ad  esso 
con   casto  affetto  offeresse    i    suoi  disii?    O 
FÌ£;liuolo ,  questo  piacere   è    t?in.o,  quanto 
comprendere   non  si  può  da  cbi  noi    pruo- 
va  ,  e  provar  non  si    può,  men  re  di  que- 
st'altri si  fa  caso.  Perciocché  con  occhi  di 
talpa,  siccome  i  nostri  a:iimi  sono  di  queste 
voi^lie  fasciati,    non  si  può    sofferlre  il  So- 
le. Quantunque  ancora  con  purissimo  ani- 
mo compiutamente  non   vi  s'aggiugue.   Ma 
siccome  quando  alcuno  strano  passando  di- 
nanzi   al    palagio    d'un  Re ,   come  che  egli 
noi  veda,  uè  altramente  sappia  cbe  egli  Re 
sia,  pensa  fra  se  stesso  quello  dovere  essere 
grande  uomo ,  che  quivi  sta ,  reggendo  pie- 
no di  sergenti  ciò  cbe  v'è,  e  tanto  maggio- 
re ancora  lo  stima  ,  quanto  egli  vede  essere 
quegli  medesimi  sergenti  più  orrevoli  e  più 
ornati  :  così  tutto  cbe  noi  quel  gran  Signo- 
re con  veruno  occhio  non  vediamo ,  pure 
possiam  dire  che  egli  gran  Signore  <lee  es- 
sere ,  poscia  che  ad  esso  gli    elementi  tutti 
e  tutti    i    cieli    servono,    e    sono   della  sua 
Maestà  fanti.  Perchè  gran  senno  faranno  i 
tuoi  compagni  ,  se  essi  questo  Prence  cor- 
teggeranno   per    lo    innanzi ,    siccome    essi 
fatto   banno  le  loro  donne  per  lo  addietro, 
e  ricordandosi  cbe  essi  sono  in  un  tempio, 
^d    adorare   oggimai    si    disporranno ,    che 


a64  BEGLI   ASOLANI 

vaneggiato  haiiDO  eglino  assai,  ed  il  falso  e 
tei  resici  e  e  mortale  amore  spogliandosi  si 
■vestiranno  il  vero  e  celeste  ed  immortale  , 
e  tu,  se  ciò  farai»  altresì.  Perciocché  ogtii 
bene  sta  con  questo  disio  ,  e  da  lui  ogni 
male  è  lontano.  Quivi  non  sono  (i)  emu- 
lazioni: quivi  non  sono  sospelti:  quivi  non 
sono  gelosie  :  conciossiacosaché  quello ,  che 
s'ama,  per  molli  che  lo  amino,  non  si  to- 
glie che  altri  molti  non  lo  possano  amare, 
ed  insieme  goderne  non  altramente,  che  se 
un  solo  amandolo  ne  godesse.  Perciocché 
quella  infinita  deità  tutti  ci  può  di  se  con- 
tentare, ed  essa  tuttavia  quella  medesima 
riman  sempre.  Quivi  a  ninno  si  cerca  in- 
ganno, a  niuno  si  fa  ingiuria,  a  ninno  si 
rompe  -  fede .  Nulla  fuori  del  convenevole 
né  si  procaccia ,  né  si  concede,  né  si  desi- 
dera. Ed  al  corpo  quello,  che  é  bastevole 
si  dà  ,  quasi  (2)  un'  offa  a  Cerbero  perchè 
non  (3)  latri,  e  all'animo  quello,  che  più 
è  lui  richiesto  ,  si  mette  innanzi .  ]Né  ad 
alcuno  s'interdice  il  cercar  di  quello  ,  che 
egli  ama  :  né  ad  alcun  si  toglie  il  potere  a 
quel  diletto  aggiugnerc,  a  cui  egli  amando 
s' invia  .  ]Nè  per  acqua  ,  i.è  per  terra  vi  si 


(i)  Emulazioni^  cioè  invìdie. 

(2,1  Un  offa  a  Cerbero  ,  cioè  un  hnccon  di  polliglia^  o 
di  composizion  sì  fatta  in  bocca  a  Cerbero  ;  di  che  Virg. 
parla  nel  sesto:  Melle  soporatatìi  et  mcdicatam  fnigibas 
O/fam. 

(i)  Latrar  vale  abbajare. 


Libro  111.  2G5 

va,  ne  muro,  né  letto  sì  sale.  jXè  d'armali 
fa  bisogno ,  uè  di  scoria ,  di  mcssaggiero. 
Iddio  è  liiUo  quello  ,  che  ciascun  vede , 
che  il  disldera .  Non  ire,  non  scor;.i,  non 
pentimenti,  non  mutazioni,  non  false  alle- 
grezze, i;on  vane  speranze  ,  non  dolori,  non 
paure  v'  hanno  luogo .  INè  la  fortuna  v'ha 
potere  ,  nò  il  caso.  Tutto  di  sicurezza  ,  tutto 
di  tranquillità  ,  lutto  di  contentezza,  tutto  dì 
felicità  v'è  pieno  E  queste  cose  di  qua  giù,  che 
gli  altri  uomini  cotanto  amano,  per  lo  (i) 
asseguimento  delle  quali  si  vede  andare  cosi 
spesso  tutto '1  mondo  sottosopra,  ed  i  fiumi 
stessi  correre  rossi  d'umano  sangue,  ed  il 
mare  medesimo  alcima  fiata,  il  che  questo 
nostro  misero  secolo  ha  veduto  molte  volte 
ed  ora  vede  tuttavia;  gl'imper]  dico,  e  lo 
corone,  e  le  signorie,  esse  non  si  cercano 
per  chi  là  su  ama,  più  di  quello  che  si 
cerchi  da  chi  può  in  gran  sete  l'acqua  d'uà 
puro  fonte  avere,  quella  d'un  torbido  e 
paludoso  (2)  rigagno.  Laddove  allo  'ncontro 
la  povertà,  gli  esilj ,  le  pressure,  se  soprav- 
vento ìo  ,  il  che  tutto  di  vede  avvenire  chi 
CI  vive,  esso  con  ridente  volto  riceve  ricor- 
dandosi che  quale  panno  cuopra ,  o  quale 
terra  sostenga  ,  o  qual  muro  chiuda  questo 
corpo ,  non  è  da  curare  ;  pure  che  all'  ani- 


(0  Asseguimento  y  cioè  conseguire  ^  ottenere. 
(2)     Rigagno     è    un    ruscelletto     torbido ,    che    tosto 
majisa. 


265  DEGLI    ASOLANI 

mo  la  sua  ricrliczza ,  la  sua  patria ,  la  sua 
libertà  per  poco  amore  che  eijli  loro  porli, 
non    sia    negata .    Ed    in  brieve    nèr  esso  ai 
dolci  stali  cou  soverchio  diletto  si  fa  incou- 
tro,    uè    dispettosamente    rifiuta    il    vivere 
7iegli  amari.  Ma  sta    nell'una    e    nell'  altra 
maniera  temperato  tanto  tempo,  quanto  al 
Sigi^or,  che  T  ha  qui   mandato,    piace  che 
egli  ci  stia .  E  dove  gli  altri  amanti  e  viven- 
do sempre  temono  del  morire,  siccome  di 
cosa   di    tutte   le    feste  loro    dissipatrice,  e 
poscia  che  a  quel  varco  giunti  sono,  il  pas- 
sano sfoizalamente    e    maninconiosi;    egli, 
quando  v'  è  chiamalo,  lieto  e   volentieri   vi 
va,  e  pargli  u  ciré  d'un  misero  e  lamenloso 
albergo  alla  sua  lieta  e  festevole  casa.  E  di 
vero  che  altro  si  può  dire    questa    vit^i ,  la 
quale  più  tosto  morte  è  che  uoi  qui  pere- 
grinando viviamo,  a  tante  uoje,  che  ci  as- 
salgono da  ogni  parte  così  spesso  ,   a  tante 
dipartenze,  che  si  fauno  osri  eiorno  da^e 
cose  che  più  amiamo,  a  tante   morti,    che 
si  vedono  di  coloro  dì  per  dì,  che  ci  sono 
per  avventura  più  cari,  a  tante  altre  cose 
che  ad  ogni  ora  nuova   cagione   ci    recar.o 
di  dolerci,  e  quelle  più  molte    volte,    che 
noi  più  di  festa  e  più    di    sollazzo  doverci 
essere  riputavamo?    11  che  quanto  in  te  si 
faccia  vero,   lu  il  sai.    A    me   certo    pare 
mill'anni ,  che  io  dallo  invoglio  delle  mem- 
bra   sviluppandomi  ,   e    di   questo   carcere 
volando  fuora  ,  possa  da  così  fallace  alber- 
go  partendomi    là,  onde   io  mi  mossi,  ri- 


LiRRo  TIT.  2G7 

tornare,  ed  aperti  quegli  ocehl ,  elie  in 
questo  eamminosi  ehiuJono,  mirar  con  essi 
quella  iutfl'abile  bellezza,  di  eui  sono  aman- 
te sua  dolce  mercè  già  buon  tt  mpo,  ed  ora 
perchè  io  vecchio  sia ,  come  tu  mi  vedi , 
ella  non  m*ha  perciò  meno  che  in  altra 
età  caro,  né  mi  rifiuterà  perchè  io  di  cosi 
grosso  panno  vestito  le  vada  innanzi.  Quan- 
tunque né  io  con  qnesfo  panno  v'andrò  ,  né 
lu  con  quello  v'andrai.  IVè  altro  di  questi 
luoghi  SI  porta  alcun  seco  dipartendosi,  che 
i  suoi  amori  .  1  quali  se  sono  di  questi 
bellezze  stati,  che  qua  giù.  sono,  perciocché 
elle  colà  su  non  salg('no,  ma  rimangono 
alla  terra  di  cui  elle  sono  figliuole,  elle  ci 
tormentano,  siccome  ora  ci  sogliono  quelli 
disii  tormentare  ,  de*  quali  godere  non  si 
può  né  molto  né  poco.  Se  sono  di  quelle 
di  là  su  stati ,  essi  maravigliosamente  ci- 
trastullano,  poscia  che  ad  esse  pervenuti 
pienamente  ne  godiamo.  Ma  perciocché 
quella  dimora  è  sempiterna,  si  dee  credere, 
Lavinello,  che  buono  amore  sia  quello,  del 
quale  goder  si  può  eternamente,  e  reo 
quell'altro,  che  eternamente  ci  condanna 
a  dolere  .  Queste  cose  ragionatemi  dal 
santo  uomo  perciocché  tempo  era  che  io 
mi  dipartissi  ,  egli  a  me  rimase  il  venirme- 
ne. 11  che  poscia  che  ebbe  detto  Lavinello, 
a' suoi  ragionamenti  pose  fine. 


269 


TAVOLA 

DELLE    COSE    NOTABILI, 


E  de'Vocaboli  dichiarali  negli  Asolani 
del  Bembo. 


Ji 


bhagUaggine  che  significa  Pag,  i56 

jlddolora  che  significhi  lOO 
addestrare    significa  adattare,  accO' 

rnodare  184 

jidiiggiato  che  significa  262 

Affettare   verbo  che  denota  247 

Atfótti  dell'  A'ìhnt  quanti  l3o 
Affetto  naturale  non  potersi  mesco  •> 

lare  nelle  passioni  jSz 
A/'uola  che  significa  zSj 
Alla  scapestrata  avverbio  che  signi- 
fica 128 


270 

AUef^glato  ryoce^  che  significa  n^ 

yllliìs^rezza  iti  che  modo  si  fa  a  noi 

ma^f^iore  Go 
uilìe grezza  affetto  ch^AY  animo  i3o 
u4llegre2ze  che  passano  il  convenevo- 
le non  sono  vere  allegrezze  60 
ylllignare  che  significa  263 
amante  è  v.igo  di  cose  vane  e  fuor 

di  ragione  60 
j4 manti  in  che    modo    non   possono 

morire  Sj 
l>4 manti,  vivendo  von  possono  vivere , 

e  morendo  non  possono  morire  40 

Amanti  e  loro  stato  65.   66.  67 

Amanti  e  loro  dolori  in  amore  69 

Amanti  si  dolgono  d'Amore   109.  no 

Amanti  fingono    11 5.  116 
Amare  le  donne  non  è  amare  altrui 

ma  se  medesimo   i22.  123 

Amare  quello  che  è  i36 
Amare   come    si   dee,    e    quello  che 

si  dee   j36.  187 
Afnaro  qua!  propriamente  sia  27 
Amaro  delV  animo  die  cosa  sia  64 
Aniazoni  volsero  durar  senza    com- 
pagnia d' uomini   e    non  poterò- 
no  j  26 
Amicizia  quando  nacque  i5i 
Arnminicolo  voce  che  significa  21  r 
Amor  delle  fiere  verso  i  figliuoli  26 
Afnor    di    Francesca    e    Paolo ,    di 
'Tarquinio con  Lucrezia^  di  Pa- 
ris e  d'  Elena  29.  3o 


*7' 

Amor  e  dlùo  212.  a 38 

^mor  buono  è  disio  di.  bellezza  2.10 

Amor  da  quali  parenti  sia  nato  2i.  23 

è  detXo  da  amaro  2.3 

è  cagion  d'ogni  dolore  24 

non  può  esser  senza  amaro  28 

in  che  modo  è  stato  chiamato  28 

perchè  è  cliiamato  Dio  3i 

che  potere  abbia  33 

che  effetti  faccia  34 

suo  giuoco  e  riso  4^ 

sua  f orina  47.  4^ 
perchè  ignudo^  fanciullo,  alato^ 
con  la  face ,  con  Varco ,  e 

con  gli  strali  47.  48.  49 
non  è   altro ,    che   quanto    noi 

stessi  vogliamo  49 
suoi  malvagi  effetti  56 
che  desiderj  generi  5j 
nel  principio  dolcemente  ap- 
plaude 70 
sue  parti  ed  operazioni  96 
suoi  miracoli  ii2 
se  cessa ,  cessano  le  consuetU' 

dini  de' jnortali  i2r 

è  naturale  in  noi  i34 

sua  bontà  147 

Amor  dà  Tessere  ,  e  il  bene  essere  1 5o 

è  cagion  di  tutte  le  cose  iS'Z 

sue  dolcezze  j56 

suoi  frutti  187 
in  ogni  luogo   ci  fa  sentir  de' 

suoi  doni  igi.  16^ 


272 

può  esser  hiiono  e  re.o  210.  211 
non  è  altro  ,  che  disio  21Z 
ha  due  finestre  2 1 7 
può  esser  senza  disio  2 38 
//  buono  quale  è  24Q 
ytinori  la'ici^'i  disconvengono  a  vec- 
chi 248.  249 
j/iauna  altm  non  è  che  armonia  167 
'u4.nimo  quante  facce  abbia  g3 
uinimo  nostro  in  quante   parti  è  dì- 
viso  dagli  anticJù  filosofi  i3o 
sue  strade  son  duo  l32 
anziano  voce  che  significa  264 
^  piombo  avverbio  che  significa  144 
yipostroje  ad  Amore  86 
appresso  il  mangiare  che  significhi  96 
.Argia  e  suo  amore,  e  dolore  46.  ^6 
udrgomento  del  1.  Libro  degli  Aso- 
lani  contenuto    in    una   canzone 
cantata  da  una  Damigella  8 
'Argomento  del  li.  Libro  9 
Argomento  del  IH.  Libro  io 
Aringo  che  significa  196 
Artemisia  con  la   morte    del    marito 

ruppe  la  felicità  de''  suoi  amori  65 

Asolo  castello  del  Trivigiano  5 

Asseguiniento  voce  265 

Assidenza  che  cosa  sia  210 

A'^^cciarsi  verbo  che  significa  86 
Avvallare  significa  abbassare^  e  po- 
trebbe  anco    dirsi   alcuna,  volta 

circondare,  35.  219.  2\3^ 


273 


Saììa  voce  che  significa  126 

Bamha  voce  che  significa  i35 

Battagliero  che  significa  i53 

Beare  che  significa  ib8 

Bellezze  d'una  donna   descritte  del 

Bemho  1 58 
Bellezza,  che  cosa  è  216 
Bellezze  sono  due  qualità ,  dell'  ani- 
mo,  e  del  corpo  217 
Bellezze  terrene  immagini  delle  cele- 
sti 245.  246 
Beni  e  mali  di  tre  maniere  25 
Bontà  cC Amore  147 
franco  che  cosa  sia  169 


^Cammelli  e  loro  natura  124 

\Canzone  ove  si  dimostra    il  piacere 
che    prendono    gli    Amanti    del 
morire,  che  non    gli    lascia  mo- 
rire 39 
[Canzone  del  fuoco  e  del  pianto  ca- 
gionato da  Amore                                 48 
Canzone  del  piacer  d'Amore                   107 
Canzone    dell'  onore    che    s'acquista 

per  Amore  108 

Canzone  della  partita  del   Cuore  116 

Canzone    in   Lode    della    bellezza    e 

dell'  onestà  187.  e  seg^ 

Canzoni  delle   dipartenze    de  miseri 
Bemho  Voi*  i,  18 


374. 

ari  tanti  78.  e  ^^§S' 

Canzoni  sopra  i  tre   sensi  principali 

dell'  ìLorno  222 
Carte  d'innamorati  come  siano  114 
Cercare  nome ,  cioè  quesito  2oc5 
Cessando  ramare  cessano  ie  consue- 
tudini de'  mortali  121 
C etera  d'Orfeo  che  significhi  ò% 
Che  cosa   si  convenga  ad  uomo  let- 
terato 9  5 
Che  effetto  faccia  Todio  99.  100 
Che  cosa  sia  causa  di  dolore  loi 
Chi  non  ama  niuna  cura  prende    di 

se  medesimo    i83.  184 

Ciocchetta  che  significa  i58 

Circonscriver  che  significa  260 
Cocitura  voce  in  che  modo  usata  dal 

Boccaccio  42 

Colomba  rapita  da  un*  Aquila   144'  ^4^ 

Comparazione  degli  amanti   iio.  Hi 

Comunquemente  che  significa  20 
Conclusioni  de'  ragionamenti  quanto 

importino  5  2 

CondÌ7Àone  delle  cose  umane  2  65.  266 

Confanevole  vai  conveniente  167 

ConstAìre  per  esser  composto  246 

Cantra  operazione  voce  che  significa  4^ 

Cornelia  fomii^lia  illustre  5 
Cose  maggiormente   giovevoli,    quali 

sono  148 


275 


^  Descrizione  cV Asolo  castello  del  Tri- 

vigiano  5 
Descrizion    del    giardino   della    Rei" 

na  12.  i3 
Desideri  amorosi  sono  di  due  manie- 
re 212 
Desìderj    cV  amore    allora     crescono 

quando  la  speranza  manca  72.  78 
Desiderio  è  capo  e   origine   di   CuCte 

le  altre  passioni  55 

Derrata  che  significa  160 

DiJ falla  che  significa  26 

DifiLto  avverimi  che  significa  144 

Dio  come  chiami  gli  uomini  345 

Disagguaglianza  voce  che  significhi  1 14 

DiserviCo  che  significa  17 

Diiiderio  affetto  dell'animo  i3o 

Disio  è  amore  212.  238 
Disio    naturale   può    esser    buono    e 

reo  21^ 

Diurno  voce  che  significa  83 
Dolcezza  che  si  sente  nel  contemplar 

le  cose  celesti  2.62,  e  segg. 

Dolcezze  d amore  iò6 
Dolcezze     del     pensiero     son     degli 

amanti  e  non  d'altri  172 
Dolore  non  nasce  da   altro    che    da 

amore  24 

Dolore  che  si  sente  in  amore  68 

Dolore  affetto  deW  animo  i3© 


275 

Donna  hella  descritta  dal  Bem- 
bo i58.  159 

Donna    ed    uomo  erano  un  sol  cor 

pò  ,  123 

Donne  sono  pia  arrendevoli  agli 
assalti  d'  amore  che  gli  uomi- 
ni 75.  7^ 

Donne  e  danno  conformi  i©3 

Donne  di  Lenno  vollero  durar  sen- 
za compagnia  d^  uomini  ,  e  non 
poterono  126 

E 

lEffetti  degli  amanti  47 
Esisto  uccise  il  suo  jratel  cugino  67 
Elisa  abbandonata  da  Enea  si  am- 
mazzò da  se  stessa  65 
Emulazione  che  significa  264 
Erbe  inutili  lo5 
Erranza  per  errore  201 
Esempio   di  Alceste  ,    di   P  il  ade  ,    e 

di    Oreste  i52 

Di  Le  and  o  i65 

Di   O'feo  168 

Di  Sresicoro  219 
Esempio  di  chi  fosse    nato    nel  fon- 
do del  mare  ,  e  condotto   sopra 

la  terra   'i^\o.  261 
Esempi  di  persone  a  cui    dopo    mol- 
ta allegrezza  sia   venuto   grave 

dolore  65 


Esempi  di  Cadmo    e    dEaco    e    Fe- 
tonte 
Evadna  e  suo  amore  e  dolore 
Esterno  voce  che  significa 


177 
ii3 

84 


Falda  che  significa 

fanciullo  voce  aggettiva  per  fanciul- 
lesco 

Fattibile  voce  che  significa 

Favole  perchè  trovate 

Fi  atoso  che  significa 

Fibra  che  significa 

Fiere  quanto  amino  i  figliuoli  i6. 

Fortuna  esser  femmina 

Fortune  amorose  non  durano  sem- 
pre in  un  medesimo  stato 

Francesca  e  Paolo  come  finirono  il 
loro  amore 

Frastotnare  che  significa 

Fruiti  dell'  amore 

Fuggevole  voce  che  significa 


G 


i58 

247 

54 

3a 

21S 

167 

62 

243 

187 

5r 


Damigella     della 


Gelosia  degli  amanti.  -jS.  e  segg. 

Gentiluomini  Viniziani  che  erano  alle 
nozze  della 
Reina  di  Cipri 
Giganti  perchè  da  Poeti  son  fu- 
ti ,  che  volessero  torre  il  cielo 
agli  Dei  i36 


2?^ 

Giovani  e    Glovcino    come  si   consi'- 

derino  104 

Cismonclo  propone  a  compagni,  che 
si   varia    a    ragionare    nel   giar- 
dino  II.  12 
Gli    amatiti   perchè  se  fonano  in  ama- 
re pili  il.  senso  che  la  ragione         289 
Gli  uomini  senza  le  donne    non    es- 
sere interi   12.3.                                       124 
Gli  uomini  senza  le  donne    non  po- 
Irebbono  reggere  le  cose  appar- 
tenenti al  vivere  IZ4.                           I25 
Gomitolo  voce  che  significa  76 
Gradi  ìielle  cose  create                             240 
Gragnuola  che  sitinijìca                              164 
Guardingo  che  sigmjica                           166 


Iddio  che  cosa  è  265 
Il  desiderio  è  capo  ed  orìgine  di  tut- 
te le  altre  passioni  55.  56 
Il  potersi  dolere  è  ne  i  dolori  grandi 

(jnaìche  sollevamento  ijS 
Imbeccare,  cioè  dare  in  becco  ,   dar 

da  mangiare  164 
Impalmare  ed  impalmato  che  signi- 
fica 1 42 
Im pedalarsi  che  significa  149 
Impassionarc  verbo  die  significa  122 
Increscioso  voce  die  significhi  12 
Incapestrare  che  significa  247 
Indicibile  che  significa  iò6 


279 

Jndisiare  verbo  che  significa  87 

Indonnarsi  che  significa  246 

InJ eticità  degli  amand  61.  62 
lìijeliciLà  di  Artemisia,  di  Elisa ^    e 

di  Niobe  65 
Jnfer?mtà  amorose  quanto  più  im'ec- 
chi  uno ,    tanto    meno    sono    sa- 
nabili ^6 
Ingaggiato  che  significa  jg 
Ingozzato  voce  che  significhi  lOi 
Intellettiva  parte  dell'  animo  di  quan- 
te specie  è  236 
Interezza  voce  che  signifìca  iz3 
Invogliare  verbo  che  significa  72.  289 
Isione^  e  sua  pena,  agguagliato  agli 

amanti  85 


Lab  ole  che  significa  154 
I/amante  dee  volgersi  alle  cose  ce- 
lesti 2  59 
Laodomia  e  suo  amore  e  dolore  46 
Lamento  di  P erottine  della  sua  in- 
felicità in  ^more  83.  84 
Latrare  che  denota  264 
Legge  degli  antichi  nelle  cene  189 
Licema  degli  amanti  quale  sia  ii3 
Limaccioso  che  significa  219 
Logoro  voce  che  significa  83 
Lotta  che  cosa  sia  100 


zSo 

Jj' uomo  secondo  la  qualità    de'  suoi 

amori  è  titlV  altra  Dita  premiato     267 

M 

Madonna  Berenice  espone  alla  Rei- 
na di    Cipri    i    ragionamenti    di 

Perottino  207 

JMali  e  beni  di  tre  maniere  2 5 

Mancipio  voce  die  significa  74 

]S/lenomnre  significa  scemare  igS 

Mente  perchè  ci  fu  data  da  Dio  206 

J[iercare  verbo  _,  che  significa  23 

JVliracoli  quali  si  dicono  44 
Miracoli  d amore  altro  non  sono  che 

menzogne  118 
Mlolte  cose  si  amano,  che  non  si  de- 
siderano 288 
Mondo  immateriale  ed  insensibile  269 

N 

Natura  degli  Amanti  no.  in 

T^ atura  non  può  far  mole  alcuno  161 

Naturare  verbo  che  significa  77 

Nequitosi  voce  che  significa  ili 
Niobe  per  la  morte  de' figliuoli  perde 

ogni  sua  felicità  65 
Non  si  porta  altro  dagli  uomini  nel- 

r  altra  vita,  che  i  loro  amori  267 


o 

Obhlico  voce  che  significa  58 

Occhi  e  loro  dolcezze  in  ornare  iSG 

Odierno  voce  che  significa  Q^ 

Odio  e  suoi  effetti  gg.  loo 

Cffa  a  Cerbero  264 
Ogni  cosa  creata  aver  principio    da 

Amore  i5i.  e  seg. 

Opinione     d'alcuni    Filosofi    che    gli 

uomini  abbiano  due  anime  34.  35 

Orbacche  voce  che  significa  i34 

Orbezza  voce  che  significa  65 
Orecchie   e    loro    dolcezze    in    amO" 

re  i65.  166 
Oreste  per  amore  uccise  il  suo  fratel- 
lo cugino  68 
Orfeo  in  che  modo  al  suon  della  es- 
tera traesse  le  fiere  e  gli  alberi  Sz 
Orfeo  quietò  col  suon  della  cetera  le 

furie  deW  Inferno  168 


Palpitante  che  significa  i58 

Panthea  Asiana  ,    suo  amore  e  do- 

lare  4^ 
Paola  e   Francesca  come  finirono  il 

loro  amore  2^ 

Parare  verbo  che  s  igni  fra  85 

Parevole  voce  che  significa  23 1 

Parlare  perchè  ci  fu  dato  2.1  j 


28z  ' 

Passioni  fìeir  animo  quali  sieno  55 

Paure  che  si  sentono  amando  66 
Pazzie  defili  amami  35.                       e  segg. 
Penilen-zio  è  fine  delle   cose  che  to  - 
^liamo  a  fare  e  ci  vanno  fai- 

lice  6G 

Pemiellata  voce  che  significa  49 
Pensiero  genera  dolcezza  solo  negli 

amanti  i'^2, 
Pensici  o  manda  per  infinite  vie  dol 

ce  zza  alt  anima  18  r 

Pensiero  ci  scorge  alla  bellezza  2ij.  218 

Peroctino  ricusa  ragionare  17 

Propone  il  suo  ragionamento  18 
Perdita  delle   cose    è   cagione    della 
passione    degli    uomini,    e    non 

Amore   100.  I02 

Perturbazioni  quali  siano  55 
Perturbazioni  e  ragione  parti  dell' a- 

nimo  1 3o 
Perno  che  sia  204 
Pesca  frutto  come  scritta  dal  Bembo  97 
Piacere  che  si  sente  in  vedere  la  co- 
sa aivata  i57 
Piattello  voce  the  significa  j02 
Poeti  quando,  e  a  che  fine  trovaro- 
no i  versi  3l 
Poeti    alcuna     volta   favoleggiando 

dicono  d  vero  66 

Possedere  come  sia  dichiarato  63 
Potenza  d'Amore  3o.                           e  segg. 

Pressura  voce  die  significa  87 

Principi  d'amore  quali  70 


283 

Proemio  del  1.   Lib.  i 

Proentio  del  II.    Ldf.  qj 

Proemio  del  111.   Lih.  ig^ 

Propagazione  voce  che  significa  i^.q 

Proposta   di   Gì  smondo  g8.  ^  ^^^g» 

Providenza    divina   quanto    larga  e 

projfjnda  233 


Quanto  importi  il  ragionar  d' Amore  235 
Quali    slatto    le    cose   maggiormente 

giovevoli  148 

R 

Raccomunare  che  significa  igo 
Ragione  e  pcnurbazioni  parti  del- 
l'animo j  So 
Ragioìie  e  senso  240.  241 
Ragionamento  di  Qismondo  88.  esegg» 
Di  Lavinello  208.  209 
Ragione  perchè  si  dica  esser  propria 

dell'  uomo  24  r 

Rassodare  Tore  che  significa  41 
Reina  di   Cipro  maritò  una  sua  Da- 

in  igeila.  6 

Reina    delC  Isole  fortunate  253 

Ricovero  voce  che  sigrìifica  g3 

Ri i; agno  che  cosa  è  2^5 

Riguardoso  i^ore  che  significa  47 

Rimbambite  verbo  vhe  sigmfica  48 

Pùnverziie  che  significa  145 


284 

B.LSchievole  voce  che  significa  \^ 

Hitornare  al  voniito  che  signijica  5(3 

Fiomito  trovalo  da  Lavinelìo  23i 


Scherzi  e  giuochi  d'^dmore  4»^.  e  segg. 
òchiamazzato  che  significa  144 
Scilinguagnolo  che  cosa  sia  164 
Sciocchezze  degli  amanti  46 
òmgno  voce  che  significa  124 
Sembievole  che  significa  lyg 
Senio  e  ragione  241 
Servaggio  che  significa  248 
Sestina  della  infelicità  d' Amore  6z  e  segg, 
Silogizzare  verbo  che  significa  120 
Sirocchievolmente  che  significa  i53 
Smagare  verbo  che  significa  140 
Snervare  verbo  che  significa  74 
Snodare  verbo  che  significa  cff.  i5t 
Sogno  del  Romito  trovato  da  La- 
vinello.  234 
Sollecitudine  affetto  dell'  animo  i3o 
Somiglianze  de*  sei  moni  non    deono 

essere  ponderate  io3 

Soprastato  che  signif-Jù  iz 

Sormontare  che  signifca  255 

Sorte  degli  Amanti  40 

Sostare  verbo  che  signifca  42 

Sostato  voce  che  significa  220 

Sozzare  verbo  che  significa  86 
Specie  diverse  delle  cose  create   da 

Dio  240 


385 
Spolpare  verbo  che  significa  «74 
Sporto  in  juori  che  significa  129 
Star  con  le  mani  a   cintola  j    che  si- 
gnifica                                  _       _  uj 
Stare  in  pendente  per  star  dubbioso  202 
Stato  degli  amanti  66.  67 
Stesicoro  vituperando  Elena   co'  suoi 
versi  accecò  f    e    lodandola  tor- 
nò sano  :ìI9-  220 
Stritolare  verbo  che  significa  67 
Subbio  voce  che  significa  119 
Succhio  e  sugo  voci  40 

T 

Talli  voce  che  significa  184 
,  Tantalo  74 
Tarquinio  e  suo  amore ,  che  fine  eb- 
bero Zo 
Timone  Ateniese    nemico    degli   uo- 
mini 120 
Tizio  pasce  un  avoUojo  del    suo  fe- 
gato 85 
Tostana  voce  che  significhi  106 
Tralignare  che  significa  i5c 
Travalicare  che  significa  i3o 
Tre  essere  le  regolate  maniere  degli 

affetti  dell"  uomo  l3l 


Vagimento  e  vagire  che  significa  125 

Udire  è  finestra  d'Amore  217 


286 

J^ edere  è  finestra  d'Amore  217 

Trarsi  quando^  ed  a  clic  fine  trovati 

da  Poeti  3i 
'Tratta  che  significa  ^  25  > 
T^icendevohnente  che  significa  126 
Viver  detr  uomo  è  un  morire  266 
Teista  de^li  amanti  acutissima  e  sot- 
tilissima 1 60 
Vizzo  e  guizzo  i{j2 
Vogliosa^    parte  dell*  animo  ,  e    sue 

specie  zS-j 

V  lont.à  deir  uo^no  libera  287.  2^8 
Uomo  non  può  far  cosa  che  pia  gli 

conveng'J^  quanto  giovar  a  molti  2 

ZI  omo  ('  donna  erano  un  sol  corpo  128 
Utilità    che    si    trae  dalle  lettere  t  e 

dalla  scrittura  4 


Fine  della  Tavola. 


ERlVOm  CORREZIONI 

Pag.  8r   1.  3o  scorge  scorgo 

84  J.     4  iuiige  luiiijhe 

88  J.     5  potevano  poLevano 
99  I.  3o  coiiciossicosa-  conciossiacosa- 
ché elle 

128  1.     3  taire  fruire 

239  1.  26  seguono,  che  Seguono  più  che 


f'rv'-'.:'o   rìdi  presente   yalawe 
f^o.'Jl  N."    i8.    ih  a  soldi  ^.     -     3.    14.  - 
RiùraUo  dell'  Autore  .     .     .     »    — .   io.   - 
Legatura.      .     .     .  '   .     .     .     »  — .     4*  * 


Lir.     4-     ^• 


Coìiìspond.   ad    It.  mnù  Lir.     3.  87.  e. 


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J  1983